ISSN 2037-6677
DPCE online 2015-2
STATI UNITI – La Corte Suprema interviene sull’azionabilità dei diritti garantiti dal Medicaid di Marco Antonio Simonelli
Il 31 marzo i giudici della Corte Suprema hanno emesso una pronuncia (Armstrong v. Exceptional Child Center) destinata ad avere un impatto dirompente sugli effetti della riforma sanitaria promossa dal Presidente Obama. I giudici hanno affermato che la supremacy clause, contenuta al par. 2, art. 6 della Costituzione, non attribuisce ai cittadini un diritto individuale azionabile in sede giudiziale. Nell’opinione della Corte, estesa dal justice Antonin Scalia, noto per le sue posizioni conservatrici, si sostiene che in forza della supremacy clause le Corti statali sono tenute a dare priorità alla legge federale in caso di contrasto con leggi statali, ma in nessun caso questa costituisce «la fonte di un qualsivoglia diritto federale» e certamente non conferisce alcuna legittimazione all’azione individuale. Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, una struttura sanitaria dello Stato dell’Idaho, l’Exceptional Child Center, aveva citato in giudizio due funzionari del Idaho’s Department of Health and Welfare, responsabili per l’amministrazione del Medicaid nello Stato, per avere erogato rimborsi inferiori a quelli previsti dal Medicaid Act. www.dpce.it
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Il Medicaid Act, il cui ambito di operatività è stato esteso con la riforma nota col nome di Obamacare, consiste in un programma di cooperazione tra Governo federale e Stati, per fornire assistenza sanitaria agli individui meno abbienti; in base a quanto previsto dal Medicaid i prestatori del servizio ricevono i pagamenti direttamente dai singoli Stati, che poi vengono rimborsati, secondo percentuali variabili, dal Governo federale. La partecipazione a questo programma avviene su base volontaria, ma gli Stati che decidono di aderirvi devono rispettare i requisiti richiesti dalla legge federale e dal Secretary for Health and Human Services (HHS), competente per l’applicazione della legge. Per usare le parole della Corte, il Medicaid è dunque un “bargain”: gli Stati ricevono fondi federali che però devono essere spesi nelle modalità imposte dal Congresso. Proprio in ragione della sua natura di programma cooperativo, e sebbene la Corte di Appello Federale per il nono circuito avesse affermato la sussistenza di un “implied right of action” della struttura fornitrice del servizio ad ottenere l’ottemperanza dell’Idaho Department of Health and Welfare con la section 30 del Medicaid Act, i supremes con una decisione presa a maggioranza di 5 a 4, hanno riformato la sentenza della corte inferiore giungendo alla conclusione diametralmente opposta. Nonostante ciò costituisca sotto alcuni profili un’oggettiva limitazione della portata del Medicaid, la Corte ha affermato che riconoscendo ai privati il potere di ottenere l’applicazione della legge federale, si limiterebbe il potere del Congresso, previsto dall’art. 1 della Costituzione, di implementare la legge federale. Dunque l’unica conseguenza che grava sugli Stati che disattendono le previsioni del Medicaid è quella non vedersi erogare i fondi che il Governo federale stanzia per la copertura delle spese sanitarie previste dal Medicaid. Per quello che riguarda invece i fornitori dei servizi, questi non avranno altra alternativa per ottenere i rimborsi secondo le percentuali previste dal Medicaid, che rivolgersi allo U.S. Secretary for Health and Human Services; tuttavia la procedura di fronte ad esso è molto farraginosa, e nelle more del contenzioso gli Stati possono continuare ad applicare le leggi vigenti, in quanto non rientra tra i poteri della agenzia federale la sospensione cautelare di un provvedimento. In conclusione, questa pronuncia sembra aver messo in discussione l’effettività delle disposizioni legislative che tutelano il diritto alla salute dei meno abbienti, giacché i diritti garantiti dal Medicaid vengono ad essere di fatto “without remedies”. www.dpce.it
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