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Principi comunitari ed obblighi di bonifica per il proprietario non responsabile. Il diritto comparato insegna come correggere gli errori del Codice dell’ambiente European principles and the duty of reclamation for the non-responsible landlord. Comparative Law teaches how to amend shortcomings in the Environmental Code Laura Assunta Scialla

Tag: decontamination, landowner, CJEU

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Principi comunitari ed obblighi di bonifica per il proprietario non responsabile. Il diritto comparato insegna come correggere gli errori del Codice dell’ambiente – Corte di Giustizia dell’Unione europea (terza sezione). Sentenza 4 marzo 2015, causa C-534/13,

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e a c Fipa Group Srl e a. di Laura Assunta Scialla

1. – La sentenza in commento affronta una problematica di particolare interesse che, nell’ordinamento italiano, ha provocato un intenso dibattito dottrinale e contrasti giurisprudenziali: quella relativa, cioè, alla possibile estensione dell’obbligo di effettuare la bonifica dei siti inquinati anche nei confronti del proprietario del terreno che non sia il diretto responsabile dell’inquinamento (In dottrina F. Giampietro, Codice dell’ambiente: l’(incoerente) attuazione dei principi ambientali in materia di bonifica e danno ambientale, in Ambiente svil., 2009, n.4, 333 ss.; R. Russo, Bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati: osservazioni sull’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in Riv. giur. ambiente, 1998, 429 ss.; P. Pagliara, I profili amministrativi, penali e civili della nuova disciplina sulla bonifica dei siti inquinati – Osservazioni (critiche) a margine dei decreti “Ronchi” e “Ronchi bis”, in Dir. giur. agr. e ambiente, 1998, 202 ss.; M. Santaloci, La bonifica e il ripristino dei siti inquinati nel decreto n. 471/1999, in Dir. giur. agr. e ambiente, 2000, n.1, 227 ss.; G. Manfredi, La bonifica dei siti inquinati tra sanzioni, misure www.dpce.it

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ripristinatorie e risarcimento del danno all’ambiente, in Riv. giur. ambiente, 2002, 667 ss.). Gli articoli 241, 242, 244 del Codice dell’ambiente (d.lgs 3 aprile 2006 n.152) impongono alle amministrazioni statali e provinciali di individuare il responsabile dell’inquinamento: l’obbligo della messa in sicurezza sembrerebbe imporsi a carico di chi abbia materialmente prodotto il danno in virtù del principio di inquinamento. Accanto a tali disposizioni, ci sono tuttavia varie norme che in un certo qual modo identificano una funzione, una responsabilità anche in capo al proprietario, in termini di responsabilità oggettiva. Mentre una parte della giurisprudenza, basandosi sui principi europei di precauzione, dell’azione preventiva e del “chi inquina paga”, ritiene che il proprietario sia tenuto ad adottare le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica anche qualora non sia l’autore della contaminazione, un’altra parte della magistratura italiana esclude, al contrario, qualsiasi responsabilità del proprietario non

responsabile

della

contaminazione

e

nega,

di

conseguenza,

che

l’amministrazione possa imporgli la bonifica del proprio suolo (Ex multis A. Savini, Sito contaminato e proprietario successore incolpevole. Ovvero della responsabilità immaginaria, nota a TAR Toscana, Firenze, Sez. II, 10 aprile 2011, n. 573, in Dir. giur. agr. e ambiente, 2011, n. 6, 425 ss.). In qualche pronuncia il giudice amministrativo ha precisato che il soggetto non responsabile dell’inquinamento non può rispondere del danno prodotto, neanche a titolo di responsabilità oggettiva, che presupporrebbe almeno l’imputabilità del fatto materiale della condotta (Cfr TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913, in Riv. giur. ambiente, 2007, 830). Gli orientamenti che si sono espressi a favore dell’imputabilità dell’obbligo di bonifica anche nei confronti del proprietario non responsabile hanno per lo più impostato le proprie argomentazioni prendendo in considerazione l’articolo 245 dell’ambiente, che consente anche ai proprietari di attivare il procedimento di bonifica. In realtà si tratta di un’evidente forzatura delle disposizioni vigenti, dal momento che la norma non impone, ma conferisce la facoltà al proprietario di prendere l’iniziativa per la messa in sicurezza. Non si tratta, quindi, di un’imposizione, ma di un comportamento soltanto eventuale; secondo altri orientamenti, a norma dell’art. 253 del Codice dell’ambiente, il criterio d’imputazione dell’obbligo di bonifica al proprietario sarebbe ricavabile dal riferimento agli oneri reali, che insistono sul terreno, e che quindi graverebbero www.dpce.it

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sull’acquirente o sul proprietario, prescindendo dal titolo di responsabilità, e sfuggendo dal criterio d’imputazione soggettiva e dal nesso causale (cfr. A. Nervi, Tutela ambientale e bonifica di siti contaminati, in Riv. Dir. civ., 2004, n.2, 708 ss., che sottolinea il ruolo svolto dalla proprietà, quale “criterio per imputare a singoli consociati l’obbligo di procedere alla bonifica ambientale”. In senso analogo R. Russo, Osservazioni sull’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in Riv. giur. ambiente, 1998, 444 e P. Carpentieri, Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati: obblighi del proprietario (I) (II), in Ambiente, 2002, 635 ss. In giurisprudenza TAR Lazio, Roma, 14 marzo 2011, n. 2263, in www.giustizia-amministrativa.it). La giurisprudenza ha ritenuto, infine, ammissibile che il proprietario non responsabile fosse coinvolto nella messa in sicurezza del fondo, attraverso un provvedimento contingibile ed urgente ex art. 54 d. lgs 18 agosto 2000, n. 267, adottato dall’ente comunale (Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27 giugno 2007, nn. 5286 e 5289; Cons. St.,sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 16 luglio 2009, n. 4379, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina F. Vanetti, E. Alotto, Responsabile dell’inquinamento. Comportamenti omissivi e responsabilità ambientale, in Riv. giur. ambiente, 2012, n.6, 773 ss.). La questione è giunta all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha optato per l’interpretazione maggiormente letterale delle disposizioni relative agli obblighi di bonifica ed ha escluso che la normativa italiana estenda questa responsabilità anche al proprietario che non sia responsabile dell’inquinamento prodotto, per assenza del nesso causale. Tuttavia il giudice amministrativo ha comunque rimesso il giudizio alla Corte di Giustizia, che è stata chiamata a verificare se la disciplina italiana, per come interpretata nel provvedimento di remissione, sia conforme al principio "chi inquina paga". 2. – Il principio europeo impone all’operatore, responsabile dell’inquinamento, di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, così come stabiliti dalla pubblica autorità, per aspirare al mantenimento di uno stato accettabile dell’ambiente. Tale principio, pur avendo origini consolidate nel diritto internazionale e in quello comunitario, presenta rilevanti difficoltà applicative e interpretative. Infatti se inizialmente, nel diritto europeo, l’approccio alle tematiche ambientali era tipicamente di natura economica, si è poi giunti ad una www.dpce.it

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interpretazione prevalentemente giuridica da cui far discendere la responsabilità civile e il risarcimento del danno da parte dei soggetti responsabili, con lo svolgimento delle proprie attività, dei danni arrecati all’ambiente (In dottrina A.M. Citrigno, G. Moschella, Tutela dell’ambiente e principio “chi inquina paga”, Milano, Giuffrè, 2014). Il principio, pertanto, presuppone che sia stato arrecato un danno all’ambiente e i costi siano da imputare al soggetto responsabile; esso opera laddove le misure preventive non siano state efficaci. L'applicazione del principio “chi inquina paga” non sembra prevedere che l’operatore non responsabile possa essere tenuto a sostenere oneri collegati con la riparazione di un danno ambientale. I meri proprietari di fondi danneggiati che non hanno causato il danno non svolgono alcun ruolo nel sistema della direttiva sulla responsabilità ambientale e quest’ultima non trova alcuna applicazione nei loro confronti. Si afferma cioè l’idea che il principio “chi inquina paga” si rivolga in sostanza all’azione della Comunità e non ai singoli, con l’effetto che non possa applicarsi per sostituire o integrare una norma nazionale. La Corte di Giustizia ha ritenuto, con la pronuncia in commento, che la dir. 04/35 vada interpretata nel senso che, qualora sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito, la normativa nazionale non incorre nella violazione del diritto comunitario se non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione anche al proprietario del sito, non responsabile della contaminazione. Il principio "chi inquina paga", garantisce quindi agli Stati un livello di autonomia, che consente di prevedere eccezioni. Nell’ordinamento italiano il d. lgs 152/2006, che si ispira a tale principio, si fonda sul nesso di causalità ed individua nella responsabilità dell’autore dell’inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell’obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all’eventuale bonifica del sito inquinato. Rispetto al proprietario che non sia direttamente responsabile dell’inquinamento, il Codice dell’ambiente prevede una responsabilità patrimoniale piuttosto limitata, che si sostanzia nell'obbligo di rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l'esecuzione dei suindicati interventi.

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3. – Se, dunque, l’ordinamento comunitario pare non costituire un ostacolo alla vigente disciplina nazionale che, in sostanza, viene interpretata nel senso di escludere l’obbligo di bonifica a carico di proprietari non responsabili (in senso conforme

P. Salvemini,

La parola fine della Corte di Giustizia sui confini della

responsabilità per danno ambientale del proprietario incolpevole del sito inquinato. Nota a Corte di Giustizia UE, sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, in www.rivistaaic.it) , va anche considerato che la stessa direttiva comunitaria consente agli Stati membri di adottare misure maggiormente restrittive di tutela ambientale. Uno sguardo, seppur rapido, alle discipline vigenti in altri Paesi mostra che le impostazioni normative si fondano non solo sul criterio della diretta responsabilità degli inquinamenti provocati, ma su un principio di maggiore funzionalizzazione degli obblighi di bonifica. Nell’ordinamento giuridico francese, la legge n.366 del 24 marzo 2014 obbliga alla messa in sicurezza sia il responsabile dell’inquinamento che colui che avrebbe dovuto controllare sulla corretta gestione del sito. Nel caso di inquinamento del suolo, prodotto da diverse tipologie di attività, tra cui quella realizzata da una installation classeé pour la protection de l’environnement, o da un’installazione nucleare di base, il soggetto ritenuto responsabile del danno è individuato nell’ultimo exploitant della struttura. Come ipotesi generale, l’art. L556-3 del Codice dell’ambiente ha statuito che, a titolo sussidiario, qualora non si individui uno dei responsabili sopra descritti, debba ritenersi responsabile del danno il proprietario del terreno in cui sono presenti i suoli inquinati, se è dimostrabile la sua negligenza o che non sia estraneo a tale inquinamento. Simile impostazione si riscontra in Germania dove, con la legge federale sulla protezione del suolo e sul risanamento dei siti contaminati”del 17 marzo 1998, modificata nel 2012, è previsto che ogni soggetto, che svolga un’attività potenzialmente inquinante, ha l’obbligo generale di agire in modo da non arrecare danni al suolo. L’obbligo di ripristino ambientale sorge in capo al soggetto responsabile, e in sua assenza, ne rispondono il proprietario o il gestore del sito. Qualora non sia possibile compiere un’operazione di bonifica, per arginare i possibili rischi alla salute umana e all’ambiente, devono essere adottate altre misure di messa in sicurezza e di protezione del sito. Nel Regno Unito l’Environmental Protection Act 1990, successivamente modificato, all’art. 78 F, corredata dalle dettagliate previsioni delle linee guida (par. 7: Liability), attribuisce alle autorità locali il compito di individuare il soggetto o il gruppo di soggetti nei cui www.dpce.it

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confronti, in applicazione del principio “chi inquina paga”, siano imputabili i costi da sostenere per il risanamento, distinguendo due categorie di responsabilità: la prima fa riferimento ai soggetti la cui attività sia accertata in rapporto di causalità con l’inquinamento, e la seconda (in assenza dei primi) ai proprietari o ai detentori dei siti inquinati. Nel caso di concorso di più soggetti nella produzione o diffusione di fonti di inquinamento, possono essere statuite responsabilità concorrenti graduate, tramite una riparto di operazioni e di costi finanziari. Nell’ipotesi in cui non

sia

possibile

individuare

un

soggetto

direttamente

responsabile

dell’inquinamento, l’assunzione dei costi è a carico della enforcing authority. La possibilità di poter recuperare, totalmente o parzialmente, i costi rientra nel potere decisionale dell’autorità locale. In Spagna, con la legge n. 22 del 28 luglio 2011, è prescritto che le operazioni di decontaminazione e di recupero dei suoli inquinati, su richiesta delle Comunità autonome, siano svolte dai soggetti inquinatori

che

rispondono di tale obbligo solidalmente con i proprietari e possessori dei suoli contaminati. E’ dall’analisi comparativa quindi, e non è dall’ordinamento comunitario, che proviene l’impostazione maggiormente rigorosa e funzionale al ripristino dell’ambiente inquinato. Se l’unica categoria giuridica che viene considerata resta quella dello stretto nesso di causalità tra produttore del danno e soggetto obbligato alla bonifica, si mostra in realtà di applicare il minimo comune denominatore nella disciplina ambientale, ma che può non essere sufficiente in situazioni di degrado come quelle che esistono in alcuni territori italiani. Quando al contrario, come avviene in altre esperienze giuridiche, l’ambiente assume un valore particolarmente apprezzato, si nota che la problematica del nesso causale resta sullo sfondo ed appare maggiormente sfumata, perché ciò che rileva è soltanto la materiale risoluzione dell’inquinamento. Entrano in gioco allora altre e diverse categorie giuridiche, già presenti anche nel nostro ordinamento, se si pensa alla disciplina ricavabile dagli articoli 2051 e 2053 del codice civile, senza voler considerare le varie ipotesi di responsabilità oggettiva. L’obbligo di bonifica anche sul proprietario non responsabile produrrebbe un maggiore controllo sulla gestione e manutenzione dei terreni, poiché costringerebbe i titolari del diritto di proprietà a predisporre misure per impedire l’accesso ai suoli da parte di sconosciuti, quando e nei casi in cui lo stesso proprietario non sia anche in accordo con gli inquinatori. D’altronde la www.dpce.it

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proprietà è funzionalizzata ai fini sociali, nel nostro ordinamento, e non vi sarebbero contrasti con i principi costituzionali. Con tale finalità l’estensione dell’obbligo di bonifica costituirebbe applicazione del principio di prevenzione, piuttosto che “chi inquina paga”, e si prescinderebbe dai limiti rigidi imposti dall’esigenza di ricercare sempre e comunque il nesso causale. La Corte di Giustizia ha in sostanza soltanto segnalato all’Italia che l’inserimento di una disciplina diversa e maggiormente incisiva, in questo stato di cose, non può avvenire attraverso l’interpretazione giurisprudenziale. Ma ben può il Parlamento, qualora in tal senso si orientasse la volontà politica, allinearsi alla normativa degli altri Paesi ed indirizzarsi verso una normativa maggiormente efficace al rispetto del valore dell’ambiente, tenendo sempre ben presente che è il modello preventivo che va costantemente ricercato e perseguito.

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2000, n.1, 227 ss.; G. Manfredi, La bonifica dei siti inquinati tra sanzioni, misure. ISSN 2037-6677. Page 3 of 10. 20152 - 8c - Scialla.pdf. 20152 - 8c - Scialla.pdf.

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