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La decretazione d’urgenza nella sentenza 12/2015 del Tribunale Costituzionale spagnolo e la sua idoneità in materia economica: una riflessione comparata con l’esperienza italiana The emergency rule-making in decision 12/2015 of the Spanish constitutional tribunal and its effectiveness in the economic sphere: a comparison with the Italian case Luigi Ferraro

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La decretazione d’urgenza nella sentenza 12/2015 del Tribunale Costituzionale spagnolo e la sua idoneità in materia economica: una riflessione comparata con l’esperienza italiana – Tribunale Costituzionale spagnolo, sentenza del 5 febbraio 2015 n. 12 (STC 12/2015) di Luigi Ferraro

1. – Con la sentenza n. 12/2015 (da ora in poi anche STC 12/2015) il Tribunal Constitucional spagnolo ha rigettato la questione di costituzionalità promossa da 50 deputati del Gruppo Parlamentare Socialista avverso il Real Decreto-Ley 6/2013, del 22 marzo, teso a garantire i titolari di determinati prodotti finanziari di risparmio e investimento. La decisione è meritevole di attenzione poiché da un lato offre l’opportunità di riflettere – anche in una chiave comparata – sulla giurisprudenza costituzionale di quel Paese riguardo il presupposto di straordinaria e urgente necessità all’origine di un decreto-legge, dall’altro analizza l’idoneità di tale fonte del diritto in una situazione di difficoltà economica, che purtroppo oggi è divenuta diffusa in ragione della grave crisi che ha colpito l’Europa con ripercussioni talvolta importanti sul patrimonio dei diritti sociali dei suoi cittadini. Entrando nel merito della questione, il motivo di illegittimità su cui si basa la domanda dei deputati socialisti si incentra per l’appunto sull’assenza del presupposto www.dpce.it

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ora richiamato che, ai sensi dell’art. 86 della Costituzione spagnola (CE), è indispensabile per il ricorso del Governo alla decretazione d’urgenza. Il Tribunale si ricollega alla sua «dottrina consolidata», secondo la quale la condizione di straordinaria e urgente necessità richiesta dalla Carta fondamentale «“non è, in alcun modo, una clausola o espressione priva di significato dentro cui il naturale margine di apprezzamento politico del Governo si muove liberamente senza alcuna restrizione, ma, al contrario, è la constatazione di un limite giuridico nel ricorso al decreto-legge”, per cui, questo Tribunale può, “nel caso di uso abusivo o arbitrario, respingere la qualificazione che gli organi politici fanno di una determinata situazione come di ‘straordinaria e urgente necessità’ e, conseguentemente, dichiarare l’incostituzionalità del presupposto abilitante”» (fundamento jurídico 3). In ragione di ciò, il Tribunal Constitucional (anche TC) ritiene che la valutazione sulla sussistenza della condizione straordinaria di necessità e urgenza sia innanzitutto politica e che, dunque, debba spettare al Governo quale «titolare costituzionale della potestà legislativa di urgenza» e al Congresso dei Deputati in sede di convalida del decreto-legge. Al TC compete solo un «controllo esterno» di costituzionalità, finalizzato a verificare da un lato che la qualificazione da parte degli organi politici di una specifica situazione come necessaria ed urgente sia esplicita e opportunamente motivata, dall’altro che sussista un rapporto strumentale ed adeguato tra le misure previste nel decreto e la situazione straordinaria che si vuole disciplinare. In relazione al contenuto economico del decreto de quo, poi, il TC rammenta come già sia stata riconosciuta nella propria giurisprudenza l’idoneità di tale fonte del diritto per fronteggiare «difficili congiunture economiche», come, ad esempio, nel caso delle misure tributarie per il risanamento dei conti pubblici, della nuova normativa per la nascita e il trasferimento delle imprese, dei provvedimenti di stimolo per il mercato delle automobili etc., cioè tutte fattispecie in cui il giudice delle leggi ha evidenziato l’urgenza delle misure in rapporto ad una situazione di crisi economica (f.j. 3). Dopo aver richiamato la sua «dottrina consolidata» sui profili generali della decretazione d’urgenza, l’Alto Tribunale ha incominciato ad esaminare il contenuto specifico del decreto legge ora sottoposto alla sua attenzione. Quest’ultimo prevede l’istituzione di una Commissione di vigilanza, di natura amministrativa, sui prodotti www.dpce.it

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finanziari misti di capitale e debito subordinato, alla quale sono state assegnate una serie di funzioni tra cui vanno ricordate: l’analisi dei fattori che sono alla base dei reclami giudiziari ed extra-giudiziari avanzati nei confronti delle imprese di credito da parte dei titolari dei suddetti prodotti finanziari; la presentazione al Congresso dei Deputati di un parere trimestrale sugli aspetti fondamentali che emergono dai reclami; l’individuazione di proposte capaci di agevolare la tutela di coloro che acquistano i titoli in questione (art. 1). In riferimento a questa disposizione normativa i ricorrenti lamentano l’assenza del requisito di straordinaria necessità e urgenza, poiché nella «Exposición de Motivos» del Real Decreto-Ley non solo non vi è un sufficiente richiamo alle ragioni che legittimano l’adozione di quella fonte normativa, ma manca altresì una soluzione globale e completa a favore dei proprietari dei titoli di investimento, necessaria per giustificare «il ricorso a una norma eccezionale» che avrebbe permesso di recuperare in via immediata il risparmio investito. Alla luce di tali doglianze il TC – attraverso il «controllo esterno» di costituzionalità – inizia la propria valutazione con la «Exposición de Motivos» e vi rinviene effettivamente un solo passaggio argomentativo a sostegno della scelta per il decreto-legge. Nelle motivazioni si sostiene unicamente che le misure previste «si inquadrano in un contesto di urgente e straordinaria necessità» per l’immediatezza dei loro effetti sul processo avviato in Spagna di ristrutturazione delle imprese di credito, peraltro nel rispetto degli accordi siglati per ottenere l’assistenza finanziaria europea (Boletín Oficial del Estado, 23 marzo 2013, Exposición de Motivos, punto IV). Il giudice delle leggi spagnolo, però, richiama anche gli argomenti esposti dal Ministro dell’Economia in sede di dibattito parlamentare per la convalida del Real Decreto-Ley, da cui ricava ulteriori ragioni a favore dell’adozione di quest’atto avente forza di legge, a completamento della «Exposición de Motivos». Il rappresentante del Governo, infatti, ha sostenuto che l’Esecutivo con queste misure ha inteso incrementare in modo sollecito il ricorso all’arbitrato quale soluzione più rapida e semplice – rispetto alla via giudiziaria – per risolvere le controversie nate dalla commercializzazione di taluni prodotti di investimento, favorendone così il recupero da parte dei risparmiatori. L’opzione per la fonte normativa che presuppone una situazione di straordinaria necessità e urgenza si giustifica, per di più, anche in www.dpce.it

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considerazione della tutela dei piccoli investitori, che nella gran parte dei casi si trovano a sopportare – in un contesto come quello attuale di crisi economica – una situazione di particolare vulnerabilità. Tutto ciò integra gli estremi di quella «difficile congiuntura economica» che per il TC può essere affrontata opportunamente con un decreto-legge, secondo la sua consolidata giurisprudenza (f.j. 4). Per il Tribunale Costituzionale, allora, la «Exposición de Motivos» e quanto sostenuto dal Ministro dell’Economia evidenziano insieme quelle motivazioni esplicite e ragionevoli a supporto del decreto-legge che ne escludono un uso arbitrario, così come richiesto in sede di «controllo esterno» di costituzionalità. Infatti, non sono state invocate formule rituali o generiche, bensì una concreta situazione economica – cui la fonte normativa deve porre rimedio – che riguarda la liquidità dei prodotti misti di investimento a favore di quei piccoli risparmiatori danneggiati dalla loro commercializzazione. Dopo la motivazione alla base del decreto-legge la successiva verifica che spetta al TC attraverso il «controllo esterno» di legittimità riguarda l’adeguato rapporto di strumentalità tra le misure previste nel decreto e la situazione di straordinaria necessità e urgenza. I deputati ricorrenti contestano tanto la scelta della fonte normativa che reputano «sproporzionata» per la costituzione di una Commissione di vigilanza a carattere amministrativo, quanto lo stesso ruolo di questa Commissione che non è destinata ad apportare, a loro giudizio, alcun miglioramento per la situazione dei piccoli risparmiatori, poiché i meccanismi di gestione dei prodotti finanziari in questione sono stati già previsti dalla Ley 9/2012. In relazione al primo rilievo il Tribunal Constitucional ritiene che l’importanza delle funzioni assegnate alla Commissione e l’individuazione da parte sua di misure immediate, tra cui i rimedi alternativi a quelli giudiziari che possano tutelare in modo più rapido i piccoli investitori, giustificano il ricorso del Governo al decreto-legge; per ciò che concerne, invece, la seconda contestazione il giudice delle leggi evidenzia come sia proprio la normativa impugnata – e non quella invocata dai ricorrenti – a stabilire la disciplina necessaria per il controllo dei procedimenti arbitrali che si vogliono adottare nel caso di specie (f.j. 5). Dunque, in forza delle motivazioni sinora richiamate il Tribunal Constitucional ritiene adeguate le ragioni di straordinaria

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necessità e urgenza che sono alla base del Real Decreto-Ley 6/2013, sicché rigetta la questione di costituzionalità. Tuttavia, la decisione dell’Alto Tribunale non è stata condivisa da due giudici che hanno manifestato opinioni dissenzienti, ammesse com’è noto nel sistema di giustizia costituzionale spagnolo. Il primo Magistrato (L.I. Ortega Álvarez) contesta l’utilizzo della decretazione d’urgenza da parte del Governo; difatti, riprendendo quanto già sostenuto dai ricorrenti, a suo giudizio sulla materia de qua sarebbe stata possibile anche l’adozione di un regolamento in sintonia con le funzioni tipiche dell’Esecutivo, poiché è stata costituita «ex novo» una Commissione di vigilanza priva di funzioni esecutive e dotata di soli poteri consultivi, oltre a quelli di proposta. Del resto, secondo il Magistrato l’ambito di disciplina del decreto-legge deve coincidere in via di principio con quello della legge, nel rispetto ovviamente dei limiti di materie fissati in Costituzione, sicché la decretazione d’urgenza non dovrebbe intervenire laddove fosse sufficiente il regolamento. Nel caso di specie, allora, diventa fondamentale verificare la validità dell’opzione governativa a favore del decretolegge, secondo «criteri strettamente giuridico-costituzionali» e, quindi, non invasivi del giudizio politico che è alla base di quest’atto normativo. Per l’opinione dissenziente – che considera decisiva, tra le altre cose, la motivazione circa la necessità del provvedimento adottato – il Governo spagnolo non è riuscito a provare che l’atto con forza di legge fosse più idoneo, rispetto alla scelta regolamentare, per la risoluzione della situazione di urgente necessità e «per la disciplina di un organo amministrativo». L’altro Magistrato (F. Valdés Dal-Ré), infine, appunta i suoi rilievi critici in particolare sulla sussistenza del presupposto di straordinaria necessità e urgenza. A tal riguardo, prendendo spunto da precedenti decisioni del Tribunal Constitucional (STC 68/2007, f.j. 7), il Giudice dissenziente distingue tra due differenti tipologie di ragioni che possono giustificare tale presupposto: quelle «básicas e instrumentales». Le prime offrono le motivazioni generali a fondamento dell’intero atto avente forza di legge, le seconde si presentano come motivazioni specifiche rispetto a singoli «bloques normativos» in cui si articola la medesima fonte-atto. Invero, secondo la dissenting opinion, le ragioni per l’utilizzo del decreto-legge, soprattutto con riguardo alla «Exposición de Motivos», sono generiche; come già segnalato in Sentenza, si www.dpce.it

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registra un solo concreto riferimento a motivi che possono giustificare il presupposto abilitante, mentre sarebbero dovute emergere ragioni ulteriori e più stringenti di necessità e di urgenza legate alla fattispecie esaminata dal Tribunale Costituzionale. Il Magistrato, egualmente, non condivide il richiamo del giudicato a quanto sostenuto dal Ministro dell’Economia in sede di convalida del decreto-legge. Anche quest’intervento non illustra le ragioni capaci di giustificare il ricorso da parte del Governo a tale fonte del diritto, poiché si limita ad «una semplice elencazione degli obiettivi perseguiti» dall’Esecutivo, così da garantire solo la «copertura politica» al Real Decreto-Ley 6/2013 (il Magistrato F. Valdés Dal-Ré si richiama nella sua dissenting opinion alle ragioni già da lui illustrate – sempre in un’ottica di dissenso e in modo ancora più ampio – nell’ATC 43/2014, laddove, ad esempio, ancora con riguardo ad un decreto-legge, lamentava che la ragione «básica» di quel provvedimento era espressa in realtà con «formule rituali» ed «evanescenti», rendendo perciò impossibile il controllo di costituzionalità). In breve, le due opinioni dissenzienti ora illustrate, seppure da angoli di visuale parzialmente diversi, sembrano convergere sulla necessità di rendere più rigoroso il controllo di costituzionalità sulle ragioni che spingono il Governo ad impiegare la decretazione d’urgenza – pur nella consapevolezza dello spazio che bisogna riconoscere «al giudizio puramente politico» (L.I. Ortega Álvarez) – in quanto il tentativo da parte del giudice costituzionale dovrebbe essere quello di arginare la sempre maggiore pervasività degli Esecutivi.

2. – Due sono gli aspetti problematici che emergono dalla STC 12/2015, anche nella prospettiva comparata con l’esperienza italiana: la situazione di straordinaria necessità e urgenza che rappresenta il c.d. “presupposto abilitante” (secondo la locuzione utilizzata nella giurisprudenza costituzionale spagnola) per l’adozione del decreto-legge e l’idoneità di questa fonte per affrontare un contesto di crisi economica. In via preliminare sembra opportuno rammentare il noto procedimento con cui si può ricorrere alla decretazione d’urgenza in Spagna. Ai sensi dell’art. 86.1 CE, «in caso di straordinaria e urgente necessità, il Governo potrà emanare disposizioni legislative provvisorie, che assumeranno la forma di decreti-legge e che non www.dpce.it

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potranno influire sull’ordinamento delle istituzioni fondamentali dello Stato, sui diritti, doveri e libertà dei cittadini di cui al Titolo I, sul regime delle Comunità Autonome e sul diritto elettorale in generale». Dopo aver sancito il presupposto su cui si basa l’adozione del decreto-legge e aver individuato le materie sottratte alla sua disciplina, nel secondo comma si evidenziano le ulteriori peculiarità di questa fonte del diritto: «i decreti legge dovranno essere immediatamente sottoposti per la discussione e la votazione al Congresso dei Deputati, convocato a tale fine, se non sia riunito, entro 30 giorni dalla promulgazione. Il Congresso dovrà pronunciarsi espressamente, entro detto termine, per la loro convalida o abrogazione, secondo una procedura speciale e sommaria stabilita dal regolamento». Come si vede, dunque, il decreto-legge entro il termine breve di 30 giorni deve essere esaminato dal solo Congresso – che è poi la Camera politica – affinché lo si possa convalidare, senza alcuna modifica, oppure abrogare. Nel caso della convalida, essa conferisce al decreto un valore definitivo, eliminandone quel carattere provvisorio richiamato dal primo comma dell’art. 86 CE; ad ogni modo, va precisato che in questa fase l’atto normativo in oggetto non si converte in legge, bensì conserva la sua natura di decreto-legge, sempre «che persista la situazione di “straordinaria e urgente necessità”» (in tal senso cfr. P. Santolaya Machetti, Veinticinco años de fuentes del derecho: el decreto-ley, in Rev. derecho pol., nn. 58-59, 2003/2004, 389). Nell’ipotesi dell’abrogazione, invece, vi è uno specifico accordo all’interno del Congresso per non procedere alla convalida, per cui il decreto sarà abrogato con efficacia ex nunc in seguito al voto di questa Camera (cfr. A.S. De Vega Garcia, La clausula «extraordinaria y urgente necesidad» del decreto-ley en la jurisprudencia constitucional española, in Rev. estudios pol., n. 68, 1990, 258). Infine, il terzo comma prevede che «nel termine stabilito al comma precedente, le Cortes potranno dar loro corso nella forma di progetti di legge mediante procedura d’urgenza». In quest’ultima disposizione, cioè, viene sancita anche la possibilità che il decreto sia convertito in legge, in tal caso naturalmente da parte di entrambi i rami del Parlamento che potranno apportarvi eventuali modificazioni rispetto al testo normativo originario. Secondo una parte della dottrina l’art. 86 CE sembrerebbe sancire – tra il secondo e il terzo comma – un’alternatività tra la convalida del decreto-legge e la sua conversione, rilevando così www.dpce.it

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un contrasto con l’art. 151.4 del Regolamento del Congresso dei Deputati per cui, al contrario, il decreto dovrebbe convertirsi in legge solo dopo la sua convalida (tale profilo critico è bene evidenziato da A.M. Carmona Contreras, El decreto-Ley en tiempos de crisis, in Revista catalana de dret públic, n. 47, 2013, 17). Tuttavia, altro orientamento dottrinario, in ragione di una norma costituzionale poco perspicua e dell’impossibilità di procedere in 30 giorni alla conversione, sostiene che comunque l’obiettivo del Costituente «fu di “includere” e “unire” in uno stesso atto entrambe le vie» (questa posizione è illustrata da R. Tur Ausina, La participación de la oposición en el control de los Decretos-leyes, in Cuadernos de Derecho Público, n. 8, 1999, 108 s.), nel senso di considerare la convalida quale previo requisito per la successiva conversione (così F. Balaguer Callejón [Coord.], G. Cámara Villar, M.L. Balaguer Callejón, J.A. Montilla Martos, Introducción al derecho constitucional, Madrid, Tecnos, 2013, 191; la prassi si muove nella direzione di un gran numero di decreti-legge che sono semplicemente convalidati, mentre pochi di essi sono anche convertiti in legge). Volendo comunque soffermare l’attenzione sulla condizione richiesta dall’art. 86.1 CE, cioè della straordinaria necessità ed urgenza, va rilevato come il tenore testuale della disposizione costituzionale evidenzi immediatamente la centralità di questo presupposto, che non a caso viene qualificato come “abilitante” per il ricorso al decreto-legge. Uno dei suoi aspetti principali è rappresentato dall’urgenza che impone l’utilizzo di una fonte normativa diversa dalla legge ordinaria, il cui lungo procedimento di formazione ne renderebbe intempestivo l’uso rispetto ad una situazione che si presenta – ancor di più – come straordinaria, dunque grave e fuori dall’ordinario. Il decreto-legge, quindi, si distingue per un carattere eccezionale che gli consente di rispondere ad uno stato di necessità, nel senso di «offrire una risposta alle mutevoli prospettive della vita attuale» (STC 6/1983, f.j. 5; per la dottrina su questi punti cfr., ad esempio, A.S. De Vega Garcia, op. cit., 265 ss.). Proprio sul presupposto di straordinaria necessità ed urgenza si concentra quella duplice valutazione politica e giuridica cui si è richiamato il Tribunal Constitucional nella decisione oggetto del presente contributo. Il giudizio politico sulla sussistenza di questa condizione spetta innanzitutto al Governo, la cui opzione dovrà poi essere avallata almeno dal Congresso dei Deputati con la convalida, se non dall’intero Parlamento con la conversione in legge; peraltro, già con la convalida www.dpce.it

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la Camera politica riesce ad offrire una maggiore copertura democratica al decretolegge, risultando esigui nell’esperienza spagnola i casi di conversione in un testo legislativo. Il margine di apprezzamento da parte dell’Esecutivo è molto ampio, tant’è vero che la sua valutazione sulla necessità dell’intervento con decreto-legge può anche relazionarsi agli obiettivi del proprio indirizzo politico che esigono un intervento più rapido rispetto ai tempi della legge ordinaria. In questo caso si potrà parlare di una necessità relativa che fa da contrappunto alla necessità assoluta di intervento nelle ipotesi di pericolo grave per il sistema costituzionale, cioè una situazione che integra gli estremi di quello «stato di eccezione» di cui all’art. 116 CE, distinto dai presupposti per l’adozione del decreto-legge (STC 6/1983, f.j. 5; cfr. G.J.M. Barreiro González, Sobre la extraordinaria y urgente necesidad de los decretos-leyes, in Derecho Privado y Constitución, n. 17, 2003, 53 s.). Accanto alla valutazione politica si aggiunge quella giuridica da parte del Tribunale Costituzionale, in quanto dovrà essere stimata la sussistenza del presupposto di straordinaria necessità e urgenza che svolge la funzione di limite rispetto alla discrezionalità del Governo nell’utilizzo del decreto-legge (STC 29/1982, f.j. 2). Tale controllo giuridico si sviluppa in due direzioni, come illustrato dal TC nella sentenza 12/2015 in commento: innanzitutto, è necessario che gli organi politici definiscano in modo esplicito e motivato la situazione quale straordinaria ed urgente; di poi deve seguire una valutazione da parte del giudice delle leggi sull’adeguato rapporto tra il contenuto del decreto, cioè le misure adottate, e la situazione che il Governo vuole affrontare (STC 182/1997, f.j. 3). Per ciò che concerne la motivazione, questa può essere ricavata dalla «Exposición de Motivos» che accompagnano la pubblicazione del decreto e dal dibattito parlamentare di convalida. Non è possibile che il Governo ricorra a formule di stile, generiche o ancor di più ambigue, che non permettono la valutazione al Tribunal Constitucional sui casi e sulle ragioni effettive che hanno sostenuto la scelta dell’Esecutivo a favore del decreto-legge. Ciononostante, questo tipo di valutazione potrebbe lasciare comunque un certo margine di apprezzamento anche al giudice delle leggi per il naturale spazio di discrezionalità insito nel giudizio

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sulle motivazioni, il che suggerisce allo stesso TC un rigore di analisi attraverso il criterio della ragionevolezza. L’altro aspetto dell’adeguato rapporto (conexión de sentido) tra le misure adottate e la situazione di straordinaria e urgente necessità si può valutare tenendo conto del «contenuto … e [del]la struttura … delle disposizioni racchiuse nel Reale Decreto-Legge» (STC 12/2015, f.j. 3). L’Alto Tribunale ha avuto modo di precisare che, ad esempio, il Governo non deve ricorrere a misure senza alcuna relazione – diretta o indiretta – con il contesto cui si vuole fare fronte, né tantomeno a provvedimenti che non siano in grado di incidere in via immediata sulla situazione giuridica esistente (STC 29/1982, f.j. 3). Proprio quest’adeguato rapporto (conexión de sentido), nell’ipotesi di convalida,

deve continuare a persistere quale fattore di

legittimità del decreto-legge. Tuttavia, come per l’esame delle motivazioni, anche per quest’ultimo aspetto il TC è consapevole del margine discrezionale che potrebbe essere speso nel giudizio di costituzionalità, per cui ritiene che solo «dinanzi a casi di evidente assenza» di adeguatezza tra il contenuto del decreto e la situazione concreta o di «“mera arbitrarietà, sotto la forma dell’eccesso di potere legislativo”», si possa pervenire ad un pronunciamento di illegittimità (cfr. A.S. De Vega Garcia, op. cit., 275 s., il quale si richiama ad «un “juicio de contradicción” o de contraste» tra le misure adottate e la situazione che si intende affrontare con il decreto). Questo atteggiamento di self-restraint da parte del Tribunale Costituzionale conduce ad una dichiarazione di incostituzionalità del decreto-legge solo dinanzi ad una evidente mancanza del c.d. “presupposto abilitante” ex art. 86 CE, che significa, conseguentemente, un «uso abusivo o arbitrario» di tale atto normativo da parte del Governo, fuori da ogni ragionevole discrezionalità politica. Non è un caso come unicamente nel 2007 – per la prima volta – il TC abbia sanzionato l’illegittimità costituzionale di un decreto-legge sottoposto al suo esame; nella sentenza 68/2007, per l’appunto, il giudice delle leggi ha mantenuto fermo il proprio indirizzo giurisprudenziale fin qui illustrato sui presupposti per l’adozione del decreto-legge, eppure – a differenza di tutte le precedenti occasioni – in questo caso ha ritenuto violate le esigenze richieste dall’art. 86 CE sulla straordinaria necessità e urgenza, infrangendo «quella permissività» fino ad allora sempre mantenuta rispetto alle scelte www.dpce.it

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governative (cfr. A. Díaz de Mera Rodríguez, Gobierno de la crisis. Uso y abuso del Decreto-ley, in Asamblea – Revista parlamentaria de la Asamblea de Madrid, n. 24, 2011, 146 ss.). Si rileva, pertanto, un atteggiamento più rigoroso dell’Alto Tribunale al fine di evitare un utilizzo arbitrario della decretazione d’urgenza da parte dell’Esecutivo che si ripercuote naturalmente sulla corretta dinamica dei rapporti tra quest’ultimo e il Parlamento, come si avrà modo di evidenziare meglio più avanti. La STC 68/2007 è utile anche per esaminare l’altro aspetto problematico che emerge dalla sentenza ora commentata, cioè l’idoneità del decreto-legge rispetto alle esigenze economiche. In passato il Tribunal Constitucional aveva valutato questa fonte del diritto «strumento costituzionalmente lecito per affrontare congiunture economiche problematiche» (STC 23/1993, f.j. 5) e l’indirizzo giurisprudenziale viene ora ribadito nella stessa STC 12/2015. Difatti, in forza di quanto già esaminato in precedenza, il giudice delle leggi qualifica come «difficile congiuntura economica» la descritta condizione dei piccoli risparmiatori e ribadisce l’idoneità della decretazione d’urgenza a fronte delle necessità economiche. Nella STC 68/2007, però, tra le motivazioni alla base dell’illegittimità del decreto-legge – che prevede misure urgenti per favorire l’occupazione e il sistema di protezione in caso di disoccupazione – si evidenzia come il Governo abbia adottato misure economiche di carattere strutturale, piuttosto che misure congiunturali cioè più strettamente collegate a situazioni concrete di cui dovranno essere vagliate la necessità e l’urgenza (v. A. Díaz de Mera Rodríguez, op. cit., 152 ss.). Secondo il TC è legittimo attraverso quest’atto avente forza di legge adottare rimedi capaci di rispondere a situazioni «di eccezionalità, gravità, rilievo e imprevedibilità» che richiedono – come le definisce emblematicamente lo stesso giudice delle leggi – «acciones quirúrgicas de emergencia» (STC 68/2007, f.j. 10), quindi mirate ad una situazione economica congiunturale, senza avere quel carattere sistemico e generale proprio delle misure strutturali, adottate invece nella fattispecie al vaglio di costituzionalità. Ebbene, a differenza di quanto deciso in quest’ultimo giudicato, nella più recente STC 12/2015 la tutela dei piccoli investitori, specialmente quelli che patiscono una situazione economica di particolare vulnerabilità, è considerata dal Tribunale proprio come una «difficile congiuntura economica», per cui il decreto-legge è giudicato idoneo ad affrontare tale contesto. www.dpce.it

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D’altra parte, lo stato di crisi economica che ha interessato l’intera Europa, tra cui anche la Spagna, può sollecitare il ricorso alle misure urgenti e necessarie che rappresentano la caratteristica principale del decreto-legge (E. Guillén López, La crisis económica y la dirección política: reflexiones sobre los conceptos de necesidad y de elección en la teoría constitucional, in Revista de Derecho Constitucional Europeo, n. 20, 2013, 442, si esprime in termini critici sull’utilizzo in questo caso dell’atto con forza di legge in ragione della sua «minore legittimità dal punto di vista democratico»). Come è ben noto la situazione di necessità economica si è aggravata al punto tale da far concludere in soli 12 giorni – nell’estate del 2011 – la riforma della Costituzione spagnola in tema di stabilità finanziaria. Tuttavia, con la sua giurisprudenza il Tribunal Constitucional sembra aver individuato un criterio per evitare il rischio – pure possibile – di un abuso da parte dell’Esecutivo nell’utilizzo della decretazione d’urgenza, soprattutto per rispondere in modo sollecito alle istanze di contabilità pubblica avanzate dall’Unione Europea e dai mercati finanziari. Nel decreto-legge, cioè, devono essere adottate misure economiche di tipo congiunturale, quindi collegate a specifiche situazioni che possono giustificare la condizione di straordinaria necessità e urgenza e che ancora di più – rispetto ad altre situazioni – meritano un’attenta valutazione sui presupposti costituzionali per il pericolo che si possano ledere i diritti fondamentali della persona, come si vedrà a breve.

3. – Alla luce di quanto descritto sulla decretazione d’urgenza e sulla sua giurisprudenza costituzionale in Spagna, può essere utile procedere ad una breve comparazione con il nostro ordinamento sugli aspetti evidenziati nella STC 12/2015. In proposito si palesano interessanti analogie e differenze tra i due Paesi; da subito emerge che il presupposto di straordinaria necessità e urgenza richiamato dall’art. 86.1 CE è molto simile a quanto sancito dalla Costituzione italiana all’art. 77, 2° comma. In entrambe le esperienze giuridiche il decreto-legge rappresenta un’eccezione rispetto al principio della titolarità e dell’esercizio della funzione legislativa da parte del Parlamento, tant’è vero che sia in Spagna che in Italia l’atto del Governo assume un carattere provvisorio che ne impone nel primo caso la convalida e/o conversione, nel secondo la sola conversione in legge. Proprio quest’ultimo profilo segna invece una delle differenze più significative, poiché il www.dpce.it

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Costituente spagnolo ha inteso distinguere tra la convalida e la conversione, mentre la nostra Carta fondamentale ha previsto unicamente quest’ultimo istituto. Ne consegue che – nel caso in cui il Congresso dei Deputati non intenda procedere alla convalida – l’effetto abrogativo sul decreto-legge sarà irretroattivo, a differenza del caso italiano della decadenza, in quanto la convalida deve intervenire ‘solo’ sulla provvisorietà dell’atto rendendolo definitivo per il futuro (cfr. A.S. De Vega Garcia, op. cit., 258; A.M. Carmona Contreras, op. cit., 16); allo stesso modo, oltre a tale efficacia ex nunc, proprio perché «la convalidación del decreto … permette il prolungamento dei suoi effetti», nella prassi spagnola non ha avuto seguito il fenomeno della reiterazione che al contrario è ben noto nella nostra esperienza interna (D. Fiumicelli, Dalla “urgenza nel provvedere” alla “opportunità/convenienza del provvedimento”: la decretazione di urgenza tra origine storica, crisi economica e Corti costituzionali. Un confronto tra i casi di Italia e Spagna, in Osservatoriosullefonti.it, n. 2, 2014, 20, in particolare nota 82). Ancora sotto l’aspetto delle differenze, non può non evidenziarsi come l’ordinamento straniero in esame abbia stabilito direttamente in Costituzione le materie su cui è preclusa la decretazione d’urgenza, procedendo ad una scelta diversa rispetto al modello italiano in cui si è optato per il rango legislativo di tale divieto, in base all’art. 15, della legge 400/1988 (G.J.M. Barreiro González, op. cit., 51, richiamando la giurisprudenza costituzionale spagnola, precisa che il divieto si può anche dedurre «logicamente da altre previsioni della Costituzione», come nelle materie riservate alla legge organica e in quelle per cui è previsto il necessario intervento legislativo). In ogni caso, si registra in entrambe le esperienze costituzionali un ampio ricorso a questa fonte del diritto, sicché i giudici delle leggi dei due Paesi hanno cercato di porre un argine per evitarne un utilizzo patologico (a quest’ultimo riguardo cfr., per tutti, A. Celotto, L’ “abuso” del decreto-legge, Padova, Cedam, 1997). Pure sotto tale profilo è suggestiva la comparazione, dal momento che i rispettivi Tribunali costituzionali nello stesso anno 2007 hanno proceduto per la prima volta a dichiarare costituzionalmente illegittimo un decreto-legge per ragioni legate alla mancanza del presupposto di straordinaria necessità e urgenza: nel caso spagnolo si è già citata la STC 68/2007, in quello italiano il richiamo è alla nota decisione n. 171/2007 della nostra Corte costituzionale, successivamente confermata nella sent. n. 128/2008 (per una ricostruzione sulla nostra giurisprudenza costituzionale circa i www.dpce.it

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presupposti per l’adozione del decreto-legge, a partire dalla sent. n. 29/1995, cfr. P. Carnevale, Il vizio di “evidente mancanza” dei presupposti al debutto quale causa di declaratoria di incostituzionalità di un decreto-legge. Il caso della sentenza n. 171 del 2007, in www.aic.it, 18 luglio 2007). In realtà, l’obiettivo comune è quello di evitare l’impiego eccessivo di questo istituto da parte degli Esecutivi, tentando di farlo rientrare nel perimetro fissato dalle rispettive Carte fondamentali. Entrambi i giudici costituzionali hanno inteso rispettare innanzitutto la valutazione politica dei propri Governi e Parlamenti riguardo al presupposto, limitando – come ad esempio in Italia – il vaglio di costituzionalità all’ipotesi di «evidente mancanza» dei «casi straordinari di necessità e d’urgenza», il che ribadisce nella sostanza anche l’indirizzo del Tribunal Constitucional spagnolo teso a contenere l’«uso abusivo o arbitrario» del decreto-legge nell’eguale ipotesi di palese mancanza del c.d. presupposto abilitante (STC 29/1982, f.j. 3; sui «simili … percorsi interpretativi» seguiti dalle Corti costituzionali italiana e spagnola, cfr. D. Fiumicelli, op. cit., 70). Sempre nella prospettiva comparata pure la nostra Consulta, come si sa, ha proceduto all’individuazione degli elementi da cui poter ricavare l’evidente mancanza del presupposto straordinario ed urgente; allo stesso modo del TC spagnolo, il giudice delle leggi italiano si è affidato agli «indici testuali, interni o esterni al decreto», come il Preambolo, la relazione che accompagna il d.d.l. di conversione e il resoconto del dibattito parlamentare (v. R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, Torino, Giappichelli, 2009, 143). È palese la necessità avvertita dalla nostra Corte costituzionale che il Governo sottolinei le ragioni esplicite e motivate, come suggerisce la giurisprudenza spagnola, che lo portano ad optare per la decretazione d’urgenza, affinché il successivo scrutinio di costituzionalità possa ancorarsi ad elementi il più possibile oggettivi tali da non confonderlo con il giudizio di tipo politico (su «casi paradigmatici di carenza dei presupposti di straordinaria necessità e d’urgenza» con riferimento all’esperienza italiana, v. C. Redi, Decreto-legge: strumento di legislazione “straordinariamente ordinario”?, in Osservatoriosullefonti.it, n. 2, 2011, 8 ss.). Anche l’altro aspetto problematico che è emerso dalla STC 12/2015 – cioè l’idoneità del decreto-legge per contrastare le situazioni di difficoltà economica – www.dpce.it

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può essere analizzato in una prospettiva speculare con l’esperienza italiana, a testimonianza di un percorso parallelo pure su questo punto tra i due ordinamenti. È utile ricordare, ad esempio, come il Governo italiano nel dicembre 2011, solo per richiamarsi agli ultimi anni, ricorse proprio ad un decreto-legge (c.d. Decreto salvaItalia, n. 201) per affrontare la problematica situazione economica che in quel periodo stava patendo il suo momento di maggiore gravità per il nostro Paese sui mercati finanziari. A tal riguardo, il Preambolo di quel decreto sottolineava in modo emblematico «… la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il consolidamento dei conti pubblici, al fine di garantire la stabilità economicofinanziaria del Paese nell’… eccezionale situazione di crisi internazionale e nel rispetto del principio di equità …». In questo caso i presupposti di straordinaria necessità e urgenza si concretizzavano in un contesto di crisi economica, tanto che l’Esecutivo ricorse – proprio attraverso il decreto-legge – a misure gravose anche per i diritti sociali dei cittadini, quale la materia pensionistica inserita in quel provvedimento. Alla luce di ciò sembrerebbe, dunque, che una situazione di difficoltà economico-finanziaria possa costituire una condizione di straordinaria necessità e urgenza. Non di meno, si pone in modo problematico il tema dell’idoneità dell’atto con forza di legge in un ambito di questo tipo, soprattutto quando si incide in modo significativo sui diritti fondamentali delle persone, come dimostra la recentissima sentenza n. 70/2015 della nostra Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità del comma 25, dell’art. 24, dello stesso decreto-legge n. 201/2011, nella parte in cui – per gli anni 2012/2013 – limitava la rivalutazione monetaria dei trattamenti pensionistici, nella misura del 100 per cento, esclusivamente alle pensioni di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS. Non è un caso che tra le ragioni di incostituzionalità la Consulta abbia ravvisato la violazione proprio di quel principio di eguaglianza richiamato dal Governo nel sopra citato Preambolo, a dimostrazione ulteriore di quanta cautela sia necessaria ai fini dell’utilizzo della decretazione d’urgenza. Indubbiamente, la grave crisi che ha colpito l’Europa senza risparmiare la Spagna e l’Italia ha richiesto (e richiede) misure immediate di contrasto, anche al fine di tranquillizzare quei mercati finanziari sensibili alla celerità delle soluzioni. Proprio www.dpce.it

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l’immediatezza dei rimedi adottati viene accolta dalla STC 12/2015 (f.j. 5) come uno dei fattori che giustifica il ricorso al decreto-legge nella prospettiva dell’urgenza che ne è alla base (sull’immediatezza di efficacia del decreto-legge in tema di politica economica, cfr. G.J.M. Barreiro González, op. cit., 47). In realtà, poiché la crisi attuale ha anche una natura legata al grave debito pubblico dei bilanci statali, «i Governi devono adottare misure che non possono attendere il successivo ciclo finanziario», così come è vera la considerazione che «quanto più severa è la crisi, maggiore sarà la pressione per adottarle» in tempi rapidi (così si esprime A.M. Carmona Contreras, op. cit., 10). Ciononostante, se in una condizione di difficoltà economica è richiesta l’immediatezza dei provvedimenti, è pur certo che tale situazione accompagnata dall’urgenza delle soluzioni potrebbe rendere meno rigorosa da parte degli Esecutivi la valutazione sugli altri presupposti – quali necessità e straordinarietà – che egualmente governano l’adozione del decreto-legge e sono decisivi in tema di diritti fondamentali. Come precisa la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale di Madrid, questa fonte del diritto può essere adeguata in relazione alla materia economica, ma a condizione di contrastare una situazione di «difficile congiuntura», che quindi si ricollega a concrete situazioni di cui devono essere valutate la straordinaria necessità e urgenza. Ne consegue, allora, l’illegittimità di un decretolegge in cui siano adottate al contrario riforme di carattere strutturale, la cui portata generale e pervasiva le collocherebbe fuori dai presupposti necessari per l’adozione dell’atto avente forza di legge. Tali indicazioni naturalmente sembrano essere valide anche per i decreti-legge autonomici, ora previsti dai nuovi Statuti delle Comunidades Autónomas, le quali di recente stanno ricorrendo sempre di più a questa fonte normativa – nuova a livello territoriale – per affrontare tra l’altro le proprie difficoltà di bilancio (sul decreto-legge autonomico v. F. Balaguer Callejón [Coord.], G. Cámara Villar, M.L. Balaguer Callejón, J.A. Montilla Martos, op. cit., 202 s.). Il complesso di queste considerazioni evidenzia la centralità del ruolo degli Esecutivi che, anche in ragione del difficile contesto economico-finanziario, hanno acquisito una «maggiore capacità normativa» attraverso l’ampio ricorso alla delega legislativa (soprattutto in Italia) e al decreto-legge, oltre che alla prevalente iniziativa legislativa rispetto agli altri soggetti legittimati (si tratta di quanto sostenuto per la www.dpce.it

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Spagna da A. Díaz de Mera Rodríguez, op. cit., 140; per l’Italia cfr. D. Fiumicelli, op. cit., 83 ss.). La constatazione che in particolare il decreto-legge «si è convertito in uno strumento “ordinario” di risposta normativa» in sede di «politica economica» (cfr. P. Santolaya Machetti, op. cit., 393) pone naturalmente il tema delle conseguenze sulla forma di governo. La giurisprudenza costituzionale spagnola e italiana manifestano la necessità di individuare il «punto di equilibrio fra Governo e Parlamento», come dimostra a contrario «l’abuso della decretazione d’urgenza [che] è suscettibile di incidere sugli equilibri istituzionali nonché di alterare i caratteri della stessa forma di governo e l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento» (v. R. Bin, G. Pitruzzella, op. cit., 140). È noto come anche in Spagna si assista attualmente ad un ampio ricorso da parte governativa a tale fonte del diritto, pur senza conoscere le «degenerazioni più evidenti che si sono fatte strada nel contesto italiano» come sembrano dimostrare peraltro i dati numerici di comparazione tra i due Paesi (difatti, volendo richiamare proprio questi ultimi tempi di crisi economica, si registrano nell’anno 2014 17 decreti-legge in Spagna a fronte dei 27 in Italia, nel 2013 ancora 17 decreti-legge in Spagna e 26 nel nostro Paese, nel 2012 infine 29 in Spagna contro i 32 del nostro Paese; sull’insieme di questi aspetti, sostanziali e numerici, cfr. D. Fiumicelli, op. cit., 24 e 79 ss.). Ancora nell’esperienza spagnola l’importanza del ruolo del Governo è testimoniata dal ricorso massiccio alla convalida del decretolegge, piuttosto che alla conversione, così che le sue disposizioni “sono acquisite” in toto dal Congresso dei Deputati senza alcuna possibilità di modifica (così A. Ghiribelli, Necessità ed urgenza del decreto-legge nelle recenti pronunce del giudice costituzionale. Un confronto con il caso spagnolo, in www.forumcostituzionale.it, 13 settembre 2008, 3). In entrambi gli ordinamenti il tema è quello del recupero del ruolo del Parlamento all’interno della forma di governo, soprattutto in termini di “copertura” democratica rispetto alle misure adottate in un decreto-legge che, come si è visto, possono anche incidere sui diritti della persona; dall’altro lato, però, è altrettanto significativa l’urgenza dei rimedi nelle situazioni di crisi economica come quella che si sta attraversando. Dunque, ancora una volta, la soluzione non può che rinvenirsi nel bilanciamento delle diverse esigenze. A tal riguardo, la differente esperienza che la Spagna ci offre con la convalida – soprattutto come momento prodromico www.dpce.it

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all’eventuale conversione – non sembra convincente, dal momento che la prima, la convalida, non consente al Congresso dei Deputati di incidere sul contenuto dell’atto avente forza di legge, riservando tale possibilità solo alla seconda, cioè alla conversione, che però a sua volta raramente diviene il naturale epilogo del procedimento di adozione di un decreto-legge. In tale prospettiva sembra allora opportuno richiamare – seppure brevemente in questa sede – quanto stabilito dal progetto italiano di revisione costituzionale ancora in corso di approvazione, che nell’ambito della scelta per un bicameralismo imperfetto statuisce: «il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione» (c.d. “proc. leg. a data certa”, novellando art. 72, c. 7, Cost., del Ddl Cost. A.C. 2613-A e abb.). È evidente il tentativo di dare vita ad un istituto tendenzialmente alternativo alla decretazione d’urgenza che garantisca non solo al Governo tempi certi e brevi per l’esame di taluni disegni di legge, ma anche al Parlamento l’esercizio effettivo della funzione legislativa nel rispetto della separazione democratica dei poteri. In questo modo «il decreto-legge potrebbe essere … recuperato alle sue finalità istituzionali originarie, quale strumento utile a fronteggiare soltanto le situazioni di emergenza reale ed oggettiva … quali le calamità naturali, l’emergenza economica imprevista ed imprevedibile (corsivo nostro), la necessità di misure finanziarie di immediata efficacia …» (cfr. R. Tarchi, Il disegno di legge di riforma costituzionale n. 1429 del 2014. Osservazioni sparse di carattere procedurale e sostanziale, in Osservatoriosullefonti.it, n. 2, 2014, 22). Anche su questo punto, però, può essere utile la comparazione con il modello spagnolo. Secondo il Tribunal Constitucional il ricorso al decreto-legge è da considerarsi necessario solo quando il procedimento legislativo di urgenza non consente di adottare i provvedimenti con la rapidità richiesta dalla situazione che si vuole disciplinare (STC 6/1983, f.j. 5; STC 23/1993, f.j. 4; STC 68/2007, f.j. 6). Tuttavia, l’esperienza di quel Paese dimostra, in senso contrario, un impiego di questa fonte del diritto più ampio rispetto alle limitazioni sollecitate dal giudice www.dpce.it

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costituzionale, a dimostrazione che l’immediatezza garantita dall’atto avente forza di legge suggerisce al Governo talvolta di andare oltre il presupposto dei casi realmente eccezionali, nonostante si possa disporre di un tipo di iter legislativo più rapido. In conclusione, dunque, la possibile modifica della nostra Carta fondamentale con la previsione del “procedimento legislativo a data certa” sembra potersi accogliere favorevolmente proprio per il tentativo di limitare il ricorso al decreto-legge, purché sussista comunque un comportamento di self-restraint da parte dell’Esecutivo – anche nel caso dell’urgenza dettata da una situazione di difficoltà economica e senza arrivare a scelte sanzionabili dalla Corte costituzionale – al fine di garantire gli equilibri della forma di governo parlamentare nel pieno rispetto del principio democratico, peraltro già tante volte recessivo nell’evolversi dell’attuale crisi economico-finanziaria dei Paesi dell’Unione Europea.

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