JACK WHITE, DON’T TAKE ME HOME!

Ci vieni ad ascoltare Jack White a Bruxelles a novembre, ti chiese Ste un giorno di settembre. Un brivido. Cazzo, sì, gli rispondesti all’istante, d’istinto; che altro avresti potuto fare? Poi fino a domenica 16 novembre è stata solamente attesa, un’eterna, trepidante ed estenuante attesa. Intanto qualcuno ha trascorso settimane a organizzare il viaggio, a cercare un posto dove pernottare; ha prenotato e pagato online l’appartamento, i biglietti del concerto e quelli dell’aereo. Senza rendertene conto sarà già sabato 15 novembre. Saranno le 4 e 30 del mattino e tu non avrai dormito; sarai al Charlie, dietro alla stazione Porta Nuova di Torino, a berti a serrande abbassate ancora una tequila con Fu, il gestore, e con due ragazzi inglesi, che ti staranno raccontando delle loro disavventure da turisti con i carabinieri torinesi. Guarderai l’orologio. Cazzo, esclamerai, sono le 5 e 30, devo scappare! Fuori sarà ancora buio e starà continuando a piovere. Prenderai l’auto, sfreccerai verso casa, lascerai l’auto in doppia fila, entrerai in casa, ti laverai, ti cambierai, afferrerai la valigia e ti rifionderai in auto. Devi trovarti dall’altra parte di Torino alle 6! Lì ti aspetteranno Dragoon, Ste e Cin, fedeli compagni di innumerevoli concerti. Parcheggerai, li raggiungerai. Che faccia hai, ti sentirai chiedere. Stanotte ho fatto after, risponderai loro come se fosse la cosa più naturale al mondo; tanto non sarei mai riuscito a prendere sonno, aggiungerai per perorare le tue ragioni. Uno fra Ste o Dragoon non perderà occasione di farti notare quanto tu stia sbiascicando, sebbene tu sia convinto di parlare in fiorentino emendato. È anche comprensibile, giacché stanotte hai fatto il pieno di alcol, nemmeno se da domani debba entrare in vigore il proibizionismo. Dragoon prenderà la sua auto, scannerà per la Torino-Milano. Per dimostrargli tutta la tua solidarietà ti accascerai al suo fianco sul sedile anteriore e, in un men che non si dica, entrerai in una sorta di coma farmacologico. Così un’ora e mezza più tardi, alle 7 e 30, vi ritroverete al Terminal 2 di una Malpensa a cui non rimane altro da fare che chiedere pietà a delle nubi furibonde, dagli occhi iniettati di sangue, che continuano a infierire su di lei e su Milano con crudeli manrovesci di pioggia. Davanti alle porte scorrevoli 1

dell’aeroporto ti girerai una sigaretta e la fumerai a metà. Stai tossendo come un tisico. Cercherai inutilmente di fare mente locale. Cazzo, ti sei dimenticato di stampare i biglietti del volo, e ora? Mai scoraggiarsi, ci sarà Dragoon, che nel frattempo si sarà isolato dal mondo con le sue cuffie enormi color porpora, ma che ha stampato tutto e già fatto il check-in online per tutti. Una salvezza. Poco importa se mezz’ora prima, ai cancelli del gate, il tuo bagaglio a mano, che eccede di un centimetro o poco più rispetto alle misure consentite, sia stato sgarbatamente rimbalzato da una solerte operatrice dalla voce stridula che indossa un paio di occhiali da sole (cosa insolita trovandovi al chiuso) e sia stato fatto imbarcare in stiva alla modica cifra di trentacinque euro; poco importa, imprecazioni a parte, perché ti ritroverai sull’aereo, entusiasta come un bimbo che ha appena scoperto la masturbazione; così entusiasta da fregartene degli altri passeggeri quando con uno sguardo d’intesa ai tuoi tre amici ti metterai a urlare “Jack White, cazzo, Jack White!” oppure quando ti rivolgerai a Cin dicendogli alla moda di Grillo “Ciiiin, sei circondatoooo!” o “Ciiiin, è una guerraaa” (ci si diverte con poco insomma). Del decollo, del volo e dell’atterraggio ti ricorderai ben poco, se non della scomodità dei sedili che ti costringeranno per l’intero viaggio a inchiodare le ginocchia alla schiena di chi avrà la sfortuna di sedersi di fronte a te; come pure non ti ricorderai dell’aeroporto di Bruxelles (a parte i lunghissimi tapis roulant orizzontali molto comodi se fai fatica a camminare dritto) o della navetta che da esso vi accompagnerà alla Gare de Bruxelles-Central. Strano, pioverà anche lì. Comunque il tuo primo lucido ricordo risalirà alle 11 del mattino e sarà quello della porta d’ingresso dell’appartamento preventivamente affittato: nessuna toppa, solo una maniglia in acciaio con innestati quattro bottoncini numerati sui quali, per aprirla, andrà digitato il codice opportuno. Un motivo, questo, per Cin per chiedervi, ogni qual volta lascerete l’appartamento, se abbiate preso con voi le chiavi (risate a non finire insomma). Intanto i tuoi tre amici scommetteranno 10 a 1 che non sopravvivrai alla giornata: un buon motivo per deluderli. Vi metterete a girare per Bruxelles e le uniche parole che riuscirai a dire saranno “Caffè” e “Birra”, cioè non penserai ad altro che a soddisfare i tuoi impulsi primordiali. Invece ti troverai in pieno centro, dietro all’angusta eppur sontuosa Grand Place, a divorare una squisita zuppa di pesce su di un marciapiede e le patatine fritte da Fritland. Ste, per pura curiosità si metterà a leggere le recensioni sul locale su trip advisor. Tra tutte, molto positive a dire il vero, ce n’è una negativa: una stella. Che c’è scritto, gli chiederai. Questo 2

tizio, ti risponderà, dice che le patatine vengono fritte due volte, due volte! Anche l’ignoranza culinaria delle tradizioni franco-belghe può essere un ottimo motivo per una risata. E mangerete anche un waffel con cioccolato e panna vicino al celebre Manneken Pis, una statuetta raffigurante un bambino che orina, irriverente simbolo dell’imperturbabilità di spirito brussellese. Entrerai poi in un altro locale che produce waffel solo perché Cin dovrà andare di corpo per la quarta volta nell’arco della giornata; tuttavia avrai la possibilità di prenderti il tuo tanto agognato caffè. Ah, il caffè! Poi, mentre ormai le tue gambe e i tuoi piedi sembreranno godere di vita propria come la coda mozzata di una lucertola, con un’andatura da fare impallidire perfino il peggiore zombie in The Walking Dead, dovrai ciondolare per altri chilometri in mezzo a una via pedonale, tanto gremita di persone da suscitarti un principio di panico, alla volta di un centro commerciale dai troppi piani, con tante di quelle scale mobili da farti rimpiangere di non essere in un dipinto di Escher. L’ultimo piano del centro commerciale è interamente occupato dalla Fnac, perché, sì, là dovrete farvi cambiare i biglietti stampati a Torino, per il concerto di Jack White, con dei biglietti veri. Una volta cambiati, il solo vederli vi procurerà un’erezione istantanea (queste sì che sono soddisfazioni, cazzo!). Soprattutto però non ti renderai conto di esserti già sgolato almeno tre deliziose doppio malto belghe prima dell’ora di cena, e soltanto allora potrai comprendere appieno l’intimo significato del Manneken Pis; già, avrai la vescica piena e temerai che possa fare la fine di un palloncino nella troposfera. Tornerete a casa per la doccia per poi uscire nuovamente e dirigervi a cenare al Moeder Lambic, un pub anonimo, come tanti altri tutto sommato, ma al cui interno rimarrai piacevolmente turbato dal numero impressionante delle spillatrici che sul lungo bancone si cela e dove consumerai un tagliere di formaggi e salumi, accompagnandoli a qualche altra birra. A che ora ci svegliamo domani mattina, vi chiederà il prammatico Ste a un tratto. Quasi tutti siamo insolitamente concordi. Non oltre le 11, ci giriamo la città e alle 17 e 30 prendiamo l’autobus e andiamo dritti al concerto. Buoni propositi quindi, peccato che gli altri debbano sempre fare i conti con la tua inconscia incoerenza, il tuo marchio di fabbrica. Comunque pagherete e prenderete congedo dal Moeder, ormai sarete tutti leggermente brilli. Ste, Dragoon e Cin saranno visibilmente assonnati, invece tu, da che eri prossimo alla morte, improvvisamente riacquisterai coscienza delle tue capacità motorie. Vorrai andare a ballare, rock possibilmente, vorrai andare a fare casino. A tal fine prenderai pertanto un mignolo di whisky a 6 euro, e imprecherai. Ma che cazzo prendi un whisky nel Paese della birra, verrai inesorabilmente rimproverato. C’è poco da fare, avranno ragione. Così ti metterai a importunare la gente 3

per strada alle 3 di notte sotto gli sguardi increduli e divertiti dei tuoi tre amici, chiedendo informazioni in un inglese che non credevi di riuscire a parlare con cotanta disinvoltura e sicumera. Sono tutti inglesi a quanto pare, tutti turisti, nessuno è al corrente o sa di un qualche locale in cui ascoltare del buon rock. Sarai costretto a demordere, i tuoi amici ti obbligheranno a desistere, probabilmente vorrebbero ucciderti, o sedarti. Comprensibile che siano stremati, sono in piedi dalle 5 di mattina, loro. Prendendo atto della tua incapacità a deambulare, rincaserete. A pochi metri da casa però non potrai fare a meno di comprarti un’altra birra, una latta di Gordon Finest Platinum da mezzo litro e da 12° che ti berrai sul terrazzo, mica può finire così tranquillamente la serata. Farai le 4 e 30 a chiacchierare con Cin intorno ai massimi sistemi, senza considerare che sei praticamente sveglio da più di 36 ore, mentre Ste e Dragoon staranno già dormendo della grossa. Bene, coma. È domenica, apri gli occhi, è l’una. Anche gli altri si sono appena svegliati. Ottimo, siete stati tutti fedeli ai propositi della sera prima a quanto pare. Non si uscirà prima delle 2. Caffè, birra, sembra che di giorno tu non sia in grado di pronunciare altro che bisillabi. Occorre pranzare, ma dove? Vagherete intorno alla Grand Place per un’ora, forse due. Uno vorrà mangiare questo, l’altro quell’altro. È tardi ormai, vi ritrovate davanti all’ennesimo pub. Basta, entriamo qui, vi prego, farai a loro. Cucina belga, proprio quello che stavamo cercando, ti guarderanno orgogliosi di te. Tu vorrai assaporare una Le Corne, birra servita in un boccale a forma di corno, e una Delirium Tremens, che bel nome! Comunque Cin e Ste prenderanno due pentole ricolme di cozze cotte nella birra, tu un coniglio cucinato in una birra alle ciliegie, Dragoon invece manzo (ogni piatto è accompagnato da una porzione di patatine, strano); quest’ultimo vi sorprenderà non poco, si divorerà il tutto e si prosciugherà una birra nel giro di cinque minuti a dir tanto. Fra un quarto d’ora dovrà incontrarsi al Parc du Cinquantenaire col fratello che studia in Erasmus in una cittadina non tanto distante da Bruxelles. Rimarrai basito, una vera e propria sorpresa per te, ma Dragoon sosterrà di avertelo detto il giorno prima, come da mesi ti aveva già annunciato che non sarebbe venuto ad assistere al concerto di Jack White. Una tabula rasa, la tua memoria non solo si comporta come una RAM nel breve termine, ma lo fa anche in quello lungo, bella scoperta! Perciò Dragoon prenderà il suo cappotto e si congederà con scioltezza. Voi invece finirete di pranzare con estrema calma e pace dei sensi. Doppio caffè, altre birre. È giunta l’ora di prendere il pullman e raggiungere il Forest National. Non potrai fare a meno di meravigliarti degli interni dell’autobus. Sedili in pelle, rifiniture in legno pregiato, maniglie per reggersi in cuoio, uno 4

schermo LCD che ti dice le coincidenze con gli altri mezzi a ogni fermata; a Torino pullman simili durerebbero il tempo di uscire dalla fabbrica. È inutile dire che durante l’intero tragitto, della durata di mezz’ora, dirai e sentirai dire “Jack White, cazzo! Jack White!”: un trio, il vostro, che a quanto entusiasmo non ha nulla da invidiare a delle dodicenni in fila per un concerto degli One Direction. Ed eccovi qui, tu, Ste e Cin con i biglietti in mano di fronte al Forest Central, un grande palazzetto dello sport in cemento, dalla pianta circolare. Ti strapperanno il biglietto e faranno un controllo accurato degli zaini e delle borse. Cazzo, le giacche, moriremo di caldo in mezzo a circa 8000 persone! Ci sarà un guardaroba, v’interrogherete colpevoli della vostra mancanza d’organizzazione. Guardaroba, macché, non ce n’è traccia. Ci sarà una lockers room tuttavia, una camera affastellata di armadietti. Prendi la chiave alla cassa, paghi 10 euro e quando gliela riporti ti ridanno indietro 5 euro. Nient’altro da aggiungere, vostro onore. Una Jupiler o due e ci si fionderà al parterre, il più possibile sotto al palco. Saranno le 20, si spegneranno le luci. Apriranno il concerto i Lucius, band indie pop statunitense la cui conoscenza merita di essere approfondita. Finita la performance il palco verrà circondato da un enorme telone bianco. I preparativi dureranno all’incirca un’altra ora. Nel frattempo dal centro del tendone sbucherà un organizzatore in abito, occhiali, pizzetto e cappello dalla tesa larga neri, che inizierà a sciorinare una predica su quanto sia stupido filmare o fotografare con gli smartphones i concerti, poiché si rischia di non partecipare appieno alla magia del live; cionondimeno le foto dell’esibizione si potranno trovare sulla pagina Facebook dell’artista: sacrosanta verità, scroscio di applausi. Pausa, Cin avrà una crisi, va presa altra birra. Una questione spinosa. Si mette a repentaglio l’inizio del concerto, converrete. Eroicamente Cin si sacrificherà per la causa. Potrebbero mancare pochi secondi all’inizio dell’evento che aspettate da mesi, eppure in un men che non si dica ve lo ritroverete nuovamente affianco, col suo solito sorriso occhialuto e colmo di autocompiacimento. Si meriterà decisamente gli applausi e i complimenti da parte tua e di Ste. I belgi intorno a voi inizieranno a guardarvi contrariati, quasi come se foste bestie rare. Dai che se ci va bene ci farà anche qualche pezzo dei White Stripes, dirai a Ste. Ma va, figurati, ribatterà cercando di non cedere all’illusione celata nel suo sogno. Il tendone bianco si spalanca, sparisce nel buio. Una luce azzurrognola si spiega su Dominic Davis al basso, Dean Fertita alle tastiere, l’energico Daru Jones alla batteria e la sublime Lillie Mae Rische al violino (e adesso speri che qualche anima pia 5

possa tradurle quello che avrai scritto in queste righe cosicché ella possa interessarsi a te e ti chieda infine di sposarla). La scenografia è essenziale, ma suggestiva. Le inconfondibili note di High ball stepper con un’acustica d’eccezione aprono il live. Le vostre anime iniziano a tracimare d’estasi, un brivido che si spande dallo sterno alle unghie dei piedi e delle mani e fino ai capelli (anche chi, come te, di questi non ne abbia più tanti, sarà comunque preda della sindrome dei capelli fantasma, che in qualche modo li sentirai rizzarsi). Fa il suo ingresso sul palco, Jack White entra in scena, Jack White, cazzo, Jack White! Jack White che indossa una camicia blu a fiorellini bianchi, un paio di bretelle e una fascia nera a un braccio; una fascia che hanno anche gli altri componenti del gruppo e che simboleggia il lutto per Isaiah “Ikey” Owens, ex-tastierista di White scomparso lo scorso ottobre. Ah, Jack sembra devastato, fai a Ste nell’orecchio. In effetti sembra sperduto, testa china, sguardo assorto al pavimento, sembra barcollare, piuttosto confuso. Tuttavia ti devi ricredere. Non appena White mette mano alla sua chitarra, si rianima e vi rianima. Il concerto non poteva iniziare meglio! Il pubblico va in visibilio, per quanto possa farlo un pubblico composto nella prevalenza da belgi. Un ragazzo, poco distante da voi, vicinissimo al palco, tenta di fare salire sulle spalle la sua minuta ragazza. È un attimo, un addetto dello staff gli punta la torcia in faccia facendola lampeggiare. Non sia mai che questi belgi si divertano troppo, constati col tuo vicino. Tu, Cin e Ste di sicuro siete euforici, vi mettete a saltare e a urlare senza sosta, a tal punto che un giovane belga, un ragazzino che sembra saperla lunga, soprattutto per il crestino biondo che gli sormonta il cranio rasato e l’aria da ribelle incazzato, davanti a Cin, osserva terrorizzato quest’ultimo e si defila sommessamente fra la folla. Tuttavia non venite cazziati dal classico personaggio coi tappi alle orecchie, un episodio che a un qualsiasi concerto in Italia invece potrebbe verificarsi. Da High ball stepper si passa a Lazaretto, un climax pregno d’elettricità vivificatrice. Una scossa che mette in moto ogni muscolo del corpo e che v’inonda con un’intensità insperata. A un certo punto noti 3 parallelepipedi giganteschi che volteggiano appesi al soffitto sopra la band, disposti a formare un III romano, ognuno dei quali ha 3 luci incassate. C’entrerà con la fissazione del chitarrista statunitense per il numero 3, ti chiedi. Ma la risposta preferisci lasciarla a chi si tormenta notte e giorno scervellandosi sulle ossessioni altrui. Il frontman statunitense pare posseduto da una virtuosa frenesia ispiratrice e gira a saltella per il palco, creando non poche difficoltà al tecnico che ad ogni canzone gli deve portare e 6

cambiare la chitarra. Ed è proprio dopo Lazaretto che vedi dipingersi sul volto di Ste un’espressione di profondissimo stupore che si tramuta in vera commozione. Jack White e i suoi suonano Dead Leaves and the Dirty Ground dei White Stripes, e non sarà l’unica che faranno. Passerà a Hotel Yorba, Cannon, I fought piranhas, We're Going to Be Friends fino alla sorpresa finale. Faranno pezzi tratti da Blunderbuss e Lazaretto, anche se con vostro grande rammarico non vi suonerà Freedom at 21, ma ve ne farete presto una ragione. Tuttavia non pare che la scaletta sia stata definita in precedenza, poiché di tanto in tanto, durante una canzone, White chiama a raccolta la bella violinista e il bassista, il quale una volta viene perfino mandato a quel paese, per dire loro il prossimo pezzo. Hai una voglia immonda di fumare, ma hai già imparato a tue spese che non conviene farlo, soprattutto se sei alto un metro e novanta: sei già stato cacciato una volta, o forse due. Comunque qualcuno da qualche parte lo sta facendo, ne vedi le nuvolette di combustione. Sarà qualche altro italiano, pensi e lo invidi oltremodo, ma non ci vorrà molto tempo prima che venga allontanato. Tra ballate alla We’re Going Be Friends, canzoni più spinte alla Three women, una cover di Loretta Lynn, due pezzi dei Racounters, ma purtroppo nessuno dei The Dead Weather, JacK White e i suoi compagni suoneranno per due ore ininterrotte, più di una ventina di brani, il batterista si sarà sparato un assolo stupendo e voi sarete madidi di sudore e sorpresi nell’accorgervi di come il vostro entusiasmo abbia contagiato gli altri spettatori intorno a voi, i quali si stanno dimenando da mezz’ora in balia di un’estasi prorompente. La band farà cinque minuti di pausa, a dir tanto. Jack tornerà sul palco per le ultime cinque canzoni, memorabile e pregna di potenza evocatrice Would You Fight for My Love?, per chiudere con Seven Nation Army. Ste non ce la fa più a trattenersi, lo vedi strillare e scagliarsi repentinamente in prima fila, lo vedi sparire mentre tenta di pogare con qualcuno. Provi anche a cercare una spiegazione per la quale Jack White non abbia fatto una data in Italia. Probabilmente se avesse eseguito nel nostro Paese Seven Nation Army, meglio conosciuta dal popolo italico come PO-POPOPO-PO, sarebbero dovute accorrere in mezzo alla ressa almeno tre ambulanze. Comunque sì, Jack White è un performer della madonna, tiene il palco come ben pochi rockers al mondo ancora sanno fare! Finisce il concerto che sono le 23 e vi scambierete pareri entusiasti. Durante il viaggio di ritorno in tram ognuno di voi canticchierà o fischietterà la canzone che più l’ha colpito. Ste sentirà al cellulare Dragoon che ora si trova nelle vicinanze dell’appartamento. V’incontrerete con lui e il fratello dietro la 7

Grand Place, ormai divenuta in soli due giorni il punto di riferimento per le vostre sortite alcoliche. Prenderete una pitta disgustosa nella prima gastronomia greca che troverete. Birra, dirai agli altri. Non ne avevo dubbi, ti controbatterà Dragoon, mentre Cin si metterà a ridere. Deciderete di spostarvi al Delirium Tremens, pub che si snoda su tre piani. Una volta dentro, nel piano interrato, vi accorgerete dell’ambiente decisamente rustico e dei vassoi di latta, delle tovagliette in spugna da bancone e dei boccali incollati al soffitto. Vi siederete al fondo su un soppalchetto e metterete mano al menù, un vero e proprio catalogo Ikea delle birre che ne conta più di tremilacentotrentadue. Assorti nella sua lettura, non avrete il tempo di accorgervi del fatto che il locale sia gremito di ultras gallesi dalla maglietta rossa e per lo più rasati. È un attimo. Improvvisamente escono da chissà dove una bandiera gallese gigante e una bambola gonfiabile. All’unisono una trentina di loro si cimenterà in un coro dall’estrema complessità semantica e sintattica: DOOOOOOOOOOOOOOON'T TAKE ME HOOOME, PLEASE, DON'T TAKE ME HOME. I JUST DON'T WANNA GO TO WOORK, I WANNA STAY HEERE AND DRINK ALL YA BEER, PLEASE DON'T, PLEASE DON'T TAKE ME HOOOME!1 Coro che ascoltato le prime tre volte può anche risultare simpatico e carino, ma che dopo un loop estenuante da tre ore filate potrà risultare leggermente snervante, a tratti allucinogeno. Cercherai gli sguardi degli altri avventori, tutti quanti allibiti, inermi dinanzi a tanta perseveranza canora. Frattanto ordinerai tre birre, le più forti nel menu, d’altronde non puoi mica pretendere di conoscere le più prelibate, e imparerai il coro gallese a memoria; ti metterai a cantarlo dapprima timidamente e, pian piano, sempre più forte, fino a strillarlo, sbattendo una seggiola di legno ripetutamente sul pavimento per fare ancora più macello; fino a bucare i timpani al buon Dragoon che non potrà fare a meno di ridere di gusto della tua idiozia; canterai così forte e così male che stupirai perfino un gallese ubriaco, seduto a qualche metro di distanza da te, il quale, per dimostrare a tutti voi la sua più profonda stima, vi stringerà la mano esaltando la vostra solidarietà alla loro causa. Guarda là, ti dirà poco dopo Ste indicandoti con lo sguardo una ragazza che dall’altra parte del locale sta venendo nella vostra direzione. Un corpicino perfetto, capelli corvini, corti, 1

Non credo che occorra tradurre il testo, ma lo faccio comunque volentieri: Non portarmi a casa / Ti prego, non portarmi a casa / Non voglio proprio andare a lavorare / Voglio restare qua a bermi birra / Ti prego, non portarmi a casa.

8

carnagione caffelatte, un paio di jeans strappati e una canotta nera con su impressa una scritta RAMONES argentata. La donna della tua vita. Ma il destino, si sa, è beffardo e tu hai smesso di credere in certe cazzate. La ragazza si starà dirigendo impavida in mezzo agli ultras gallesi davanti a voi. Si pianterà di fronte al più nerboruto e con coraggio gli chiederà cortesemente di smettere di cantare perché lei è venuta lì, proprio al Delirium Tremens, per ascoltare la musica e fare due chiacchiere con l’amica a un tono di voce ragionevole. Folle, vorresti urlarle, non hai idea di quello che potrebbero farti quei tipi! E invece no, ti sbaglierai come al solito, il gallese sembrerà comprensivo, andrà dal suo compare più vicino e gl’intimerà di smettere e di avvisare gli altri di fare altrettanto. I gallesi smetteranno di cantare. Fiera di sé, la ragazza lo ringrazierà e ritornerà al suo posto. Un secondo dopo, da un’altra parte del locale il coro riprenderà, e tu con loro. Alle 3 di notte i camerieri vi cacceranno perché devono chiudere il pub. La folla al suo interno si riverserà per la strada in cerca di qualche altro luogo in cui continuare a fare baldoria. Invece voi tornerete a casa completamente dimentichi di essere stati qualche ora prima al concerto di Jack White. In lontananza sentirete ancora i gallesi cantare il loro memorabile coro. Andrete a dormire cantandolo anche voi. Quel che resta del lunedì successivo è piuttosto trascurabile. Caffè, birra, ormai ai tuoi amici sembri un celebroleso vizioso. Per la gioia di Dragoon andrete a visitare la zona del parlamento europeo e vi fermerete al Parlamentarium, il museo dell’Unione Europea. Lo girerete con curiosità e, in mezzo a un coacervo psichedelico di display multimediali e interattivi, vi sentirete dei provetti Mazzini, Cattaneo o dei Gioberti, tanto europeismo trasuderete. Poi vi troverete di fronte alle fotografie degli attuali europarlamentari e tra queste scorgerete quella di Matteo Salvini, l’eletto con più presenze davanti alle porte dei campi rom rispetto a quelle in europarlamento. Tornerete all’aeroporto e tu verrai nuovamente fermato davanti all’imbarco da un’addetta dell’Easyjet. Di nuovo per il bagaglio a mano. Ma questa volta verrà semplicemente messo in stiva senza alcun ulteriore esborso da parte tua. Finalmente in Italia. Atterrerete a Malpensa, Dragoon brucerà la Milano-Torino e lascerà te, Cin e Ste in corso Novara. Lo saluterete e salirete sul 35. Ah, di nuovo a casa! Nessuna decorazione, grezzo come piace a voi e l’LCD montato sul soffitto che mostra una schermata nera di DOS sulla quale si sussegue una sfilza di scritte bianche con la dicitura FATAL ERROR. A voi 9

comunque non importerà nulla, ve ne fregherete perché starete ancora cantando, perché da lì a una settimana ancora canterete DOOOOOOOON’T TAKE ME HOME. PLEASE, DON’T TAKE ME HOOOOOOOME!

(Nello stilare questo resoconto di viaggio non è stata maltrattata nessuna birra)

Victor De Paoli

10

Jack White, dont' take me home.pdf

almeno tre deliziose doppio malto belghe prima dell'ora di cena, e. soltanto allora potrai comprendere appieno l'intimo significato. del Manneken Pis; già, avrai ...

241KB Sizes 6 Downloads 207 Views

Recommend Documents

dont-call-me-baby.pdf
... use British English spelling throughout. You will see doubled letters (focussed), ou's (colour). and 're' (centre) as well as a few other differences from American ...

steve-krug-dont-make-me-think-second-edition.pdf
software and hardware products described in it. Trademarks. Throughout this book, trademarks are used. Rather than put a trademark symbol in every.

TAKE ME HOME TONIGHT. SCRIPT.pdf
TAKE ME HOME TONIGHT. SCRIPT.pdf. TAKE ME HOME TONIGHT. SCRIPT.pdf. Open. Extract. Open with. Sign In. Main menu. Displaying TAKE ME HOME ...

steve-krug-dont-make-me-think-second-edition.pdf
ax'hftLo, ax'eflifs, ax'wfld{s, ax';f+:s[lts tyf ef}uf]lns. ljljwtfo'Qm ljz]iftfnfO{ cfTd;ft\ u/L ljljwtfaLrsf] Pstf, ;fdflhs. ;f+:s[lts P]Soa4tf, ;lxi0f'tf / ;b\efjnfO{ ;+/If0f Pj+ k|jw{g ...

pdf-1452\papa-jack-jack-johnson-and-the-era-of-white ...
Try one of the apps below to open or edit this item. pdf-1452\papa-jack-jack-johnson-and-the-era-of-white-hopes-3rd-third-printing-edition.pdf.

Make-Me-A-Jack-Reacher-Novel.pdf
Chicago, Phoenix, and San Francisco, and through the hidden parts of the internet, up against thugs and assassins every step of. the way—right back to where ...

pdf-146\take-me-home-an-autobiography-by-john-denver.pdf
... about the legacy of John Denver please visit his website: www.johndenver.com. Page 3 of 8. pdf-146\take-me-home-an-autobiography-by-john-denver.pdf.

Watch Take Me Home Tonight (2011) Full Movie Online Free ...
Watch Take Me Home Tonight (2011) Full Movie Online Free .MP4_________.pdf. Watch Take Me Home Tonight (2011) Full Movie Online Free .