Red Moon, Ali di Fuoco (Bluenocturne N° 20)

Fire Study Study Trilogy 03

Quando la notizia che lei è una Cercatrice d'Anime si propaga come un incendio incontrollabile per tutta Sitia, alla Cittadella dilaga l'inquietudine, e Yelena, già considerata con sospetto a causa del suo passato, si ritrova più isolata che mai. Ma all'improvviso il nemico di sempre torna a colpire, più crudele ed efferato che mai. E a lei non rimane che affrontarlo, abbracciando fino in fondo il proprio destino. Perché questa volta avrà una sola occasione per mettere alla prova i limiti del proprio potere e per salvare ciò che ha di più caro al mondo. visitaci al sito www.eHarmony.it

La loro bellezza è incantevole. Il loro potere senza limiti. Per secoli la solitudine ha dato loro la caccia, ma all'improvviso un raggio di luce illumina le tenebre della loro esistenza con la promessa di un amore destinato a durare per l'eternità.

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fire Study Luna Books © 2008 Maria V. Snyder Traduzione di Gigliola Foglia Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2010 Harlequin Mondadori S.pA. Milano Prima edizione Bluenocturne luglio 2010 Questo volume è stato impresso nel febbraio 2011 da Grafica Veneta SpA - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico quindicinale n. 36 dell'30/07/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p A. Via Marco D'Aviano 2-20131 Milano

VOLUME 096

Capitolo 1 «È patetico, Yelena» si lamentò Dax. «Un onnipotente Cercatore d'Anime che non è affatto onnipotente. Dove sta il divertimento?» concluse allargando le lunghe braccia magre con scherzosa frustrazione. «Spiacente di deluderti, ma l'onnipotente al titolo non ce l'ho attaccato io.» Mi scostai dagli occhi una ciocca di capelli. Dax e io avevamo lavorato per ampliare i miei poteri magici, senza successo. E mentre facevamo pratica al pianterreno della torre di Irys nel Mastio (che era anche la mia, dal momento che lei me ne aveva assegnato tre piani) cercavo di non permettere all'esasperazione di interferire con le lezioni. Dax stava tentando di insegnarmi a spostare degli oggetti con la mente. Con il suo potere aveva ridistribuito il mobilio, allineato le lussuose poltrone in file ordinate e rovesciato il divano su un fianco, ma i miei sforzi di ripristinare la precedente disposizione dei mobili e di impedire a un tavolino d'angolo di inseguirmi fallirono. Non per mancanza d'impegno, comunque: la camicia mi si appiccicava alla pelle sudata. All'improvviso rabbrividii. Malgrado il fuocherello che ardeva nel caminetto, i tappeti e le imposte chiuse, il soggiorno era ghiacciato. Le pareti di marmo bianco, meravigliose durante la stagione torrida, assorbivano tutto il calore durante la stagione fredda, considerai immaginando il calore della stanza che seguiva le venature verdi della pietra e fuggiva all'esterno. Dax Verdelama si tirò giù la tunica. Alto e magro, il mio amico aveva il tipico fisico di un membro del Clan Verdelama. Mi ricordava una foglia d'erba, compreso il filo tagliente... la sua lingua. «Evidentemente non hai alcuna capacità di muovere oggetti» constatò. «Proviamo con il fuoco. Perfino un bambino saprebbe accendere un fuoco!» E posò una candela sul tavolo. «Un bambino? Adesso stai davvero esagerando!» La capacità di una persona di accedere alla fonte del potere si manifestava alla

pubertà. «Quisquilie.» Dax agitò una mano come per scacciare una mosca. «Adesso concentrati e cerca di accendere questa candela.» Lo scrutai sollevando un sopracciglio. Fino a quel momento, tutti i miei tentativi su oggetti inanimati erano finiti in niente. Potevo guarire il corpo del mio amico, udire i suoi pensieri e perfino vedere la sua anima, ma quando prendevo un filo di magia e cercavo di usarlo per muovere una sedia, non succedeva nulla. Dax levò tre dita abbronzate. «Tre motivi per cui dovresti essere capace di farlo. Uno, sei potente. Due, sei tenace. E tre, hai battuto Ferde, il Ladro d'Anime.» Che era fuggito, ed era libero di iniziare un altro carosello di furti d'anime. «Rammentarmi Ferde mi aiuterà, secondo te?» replicai, caustica.

«Dovrebbe essere un incitamento. Vuoi che ti elenchi tutte le

eroiche imprese che hai...»

«No. Andiamo avanti con la lezione.» L'ultima cosa che volevo era sentire Dax citare gli ultimi pettegolezzi. La notizia che ero un Cercatore d'Anime si era diffusa per il Mastio dei Maghi come semi di soffione trasportati dal vento. E io ancora non riuscivo a pensare a quel titolo senza che un fremito di dubbio, preoccupazione e paura mi stringesse il cuore. Accantonai tutti i pensieri che mi distraevano e mi collegai alla fonte del potere. Ricopriva il mondo come una coltre, ma solo i maghi sapevano tirarne fili di magia da usare. Raccolsi un filamento e lo indirizzai verso la candela, esprimendo la volontà che si formasse una fiamma. Niente. «Prova con maggiore intensità» suggerì Dax. Aumentando la potenza, mirai di nuovo. Dietro la candela, il viso di Dax si fece rosso e lui sputacchiò, come soffocando un colpo di tosse. Un lampo mi ferì gli occhi quando lo stoppino prese fuoco. «Che sfacciataggine!» La sua espressione offesa era comica.

«Be', la volevi accesa.» «Già, ma non volevo farlo io per te!» Guardò in giro per la stanza come se cercasse la pazienza per vedersela con una bambina ribelle. «Accidenti agli Zaltana e ai loro bizzarri poteri! Costringere me ad accendere la candela, puah! E pensare che volevo vivere le tue avventure per interposta persona.» «Bada a quello che dici sul mio clan. Altrimenti...» Provai a escogitare una buona minaccia. «Altrimenti cosa?» «Dirò a Secondo Mago dove sparisci ogni volta che lui toglie dallo scaffale uno di quei vecchi libri.» Bain era il mentore di Dax e si dilettava di storia antica, mentre il mio amico preferiva imparare i più recenti passi di danza. «D'accordo, d'accordo. Hai vinto e hai difeso le tue ragioni. Non sei capace di accendere il fuoco. Mi limiterò a tradurre le lingue antiche.» E aggiunse con una certa acidità: «E tu limitati a trovare anime». Scherzava, ma io sentii una corrente nascosta nelle sue parole. Il suo disagio nei confronti dei miei poteri era pienamente giustificato. L'ultimo Cercatore d'Anime era nato a Sitia circa centocinquant'anni prima, e durante la sua breve vita aveva trasformato i suoi nemici in schiavi privi d'intelletto ed era quasi riuscito a dominare il paese. La maggior parte dei Sitiani non aveva reagito bene alla notizia che c'era un altro Cercatore d'Anime. Il momento d'imbarazzo passò quando uno scintillio malizioso accese gli occhi verde bottiglia di Dax. «Meglio che vada, adesso. Ho da studiare. Abbiamo una verifica di storia domani, ricordi?» Gemetti, pensando al grosso tomo che mi aspettava. «Anche la tua conoscenza della storia sitiana è patetica.» «Per due motivi» replicai sollevando le dita. «Una, Ferde Daviian. Due, il Consiglio sitiano.» Dax agitò la mano, ma prima che potesse dire alcunché, borbottai: «Lo so. Quisquilie». Lui sorrise e dopo essersi avvolto nel mantello uscì, lasciando entrare una folata di vento artico che fece ondeggiare le fiamme nel

camino. Mi avvicinai al caminetto, scaldandomi le mani al fuoco mentre i miei pensieri tornavano a quelle due ragioni. Ferde apparteneva al Clan Daviian, un gruppo rinnegato del Clan Semedisabbia. I Daviian volevano di più dalla vita che vagabondare per le Pianure Avibiane e raccontare storie. Nel tentativo di acquisire maggiori poteri, Ferde aveva rapito e torturato dodici ragazze per rubare le loro anime. Valek e io l'avevamo fermato prima che potesse completare l'impresa. Mi pulsò nel cuore una dolorosa nostalgia di Valek. Toccai il suo ciondolo a forma di farfalla che avevo appeso al collo. Lui era tornato a Ixia un mese prima, e mi mancava ogni giorno di più. Forse avrei dovuto cacciarmi in una situazione che mettesse a rischio la mia vita: Valek aveva un talento per comparire quando più avevo bisogno di lui. Disgraziatamente, quei tempi erano carichi di pericoli e non c'erano state molte opportunità di stare insieme. Bramavo di essere assegnata a una noiosa missione diplomatica a Ixia, ma il Consiglio sitiano non avrebbe approvato la spedizione finché non avesse deciso che cosa fare di me. Nel corso dell'ultimo mese, gli undici rappresentanti di clan e i quattro Maestri Maghi che costituivano il Consiglio avevano litigato a proposito del mio nuovo ruolo di Cercatore d'Anime. Dei quattro Maestri, Irys Gemmarosa, Quarto Mago, era la mia più forte sostenitrice mentre Roze Pietrapiuma, Primo Mago, era la mia più forte detrattrice. Fissai il fuoco, seguendo la danza delle fiamme lungo i ciocchi. I miei pensieri indugiarono su Roze. La casualità del divampare qua e là cessò. Le fiamme si muovevano con uno scopo, si dividevano e gesticolavano come attori su un palcoscenico. Bizzarro. Battei le palpebre. Anziché tornare alla normalità, la fiamma crebbe fino a riempire la mia visuale e chiudere fuori il resto della stanza. I vividi schemi di colore mi trafiggevano gli occhi. Li chiusi, ma l'immagine rimase. L'ansia mi corse sulla pelle. Malgrado la mia robusta barriera mentale, un mago tesseva magia attorno a me. Catturata, guardai mentre la scenografia di fuoco si trasformava in un'immagine esatta di me. La Me di Fiamma si chinò su un corpo prono. Dal corpo si levò un'anima, che io poi inalai. Il corpo

senz'anima si alzò in piedi e la Me di Fiamma indicò un'altra figura. Voltandosi, il corpo aggredì il nuovo personaggio e poi lo strangolò. Allarmata, cercai di bloccare la visione di fuoco, senza successo. Fui costretta a contemplare me stessa creare altre persone prive d'anima, che si diedero a una massiccia frenesia di omicidi. Poi un esercito le attaccò. Lampeggiarono spade di fuoco. Schizzarono fiamme di sangue. Sarei rimasta impressionata dal livello di dettaglio artistico del mago, se non fossi stata inorridita dal fiammeggiante massacro. Infine, il mio esercito fu annientato e io fui catturata in una rete di fuoco. La Me di Fiamma venne trascinata, incatenata a un palo e inondata d'olio. Scattai indietro nel mio corpo. Ritta presso il focolare, sentii la rete di magia contrarsi attorno a me, minuscole fiammelle eruppero sui miei vestiti. E dilagarono. Non riuscii a fermarne l'avanzata. Maledicendo la mia mancanza di abilità con il fuoco, mi chiesi perché non possedessi quel talento magico. Poi nella mia mente echeggiò una risposta. Perché ci serve un

modo per ucciderti.

Mi allontanai barcollando dal fuoco. Il sudore mi colò a rivoli lungo la schiena mentre il rumore di sangue che friggeva mi vibrava nelle orecchie. Avevo la bocca arida e il cuore mi cuoceva nel petto. L'aria rovente mi bruciò la gola. L'odore di carne carbonizzata mi riempì le narici e mi si rivoltò lo stomaco. Il dolore aggredì ogni pollice della mia pelle. Niente aria per urlare. Mi rotolai sul pavimento, cercando di soffocare le fiamme. Bruciavo. L'attacco magico finì, liberandomi dal tormento. Mi lasciai cadere al suolo e respirai l'aria fredda. «Yelena, che cosa è successo?» Irys mi toccò la fronte con una mano ghiacciata. «Va tutto bene?»

La mia maestra e amica mi scrutò. La preoccupazione le copriva il viso e riempiva gli occhi di smeraldo. «Sto bene» gracchiai, tossendo. Irys mi aiutò a rizzarmi a sedere. «Guardati i vestiti. Ti sei data fuoco?» Nera fuliggine striava la stoffa e fori di bruciature disseminavano le maniche e la gonna pantalone. Avrei dovuto chiedere a mia cugina Nucci di cucirmi un altro completo, pensai desolata. Sospirai. Avrei anche potuto ordinarle un centinaio di tuniche di cotone e gonne pantalone, per risparmiare tempo. Gli eventi, attacchi magici inclusi, cospiravano per mantenere la mia vita interessante. «Un mago mi ha inviato un messaggio attraverso il fuoco» spiegai. Benché sapessi che Roze era la maga più potente di Sitia e poteva superare le mie difese mentali, non volli accusarla senza prove. Prima che Irys potesse interrogarmi, domandai: «Com'è andata la seduta del Consiglio?». Non mi era stato permesso di assistervi. Anche se il brutto tempo non invogliava a camminare fino alla Sala del Consiglio, la cosa mi bruciava ancora. Il Consiglio mi voleva ben informata su tutti gli argomenti che affrontavano quotidianamente, come parte del mio addestramento per diventare una figura di collegamento tra loro e il Territorio di Ixia. Il mio addestramento come Cercatore d'Anime, tuttavia, restava una materia su cui non avevano ancora trovato un accordo. Secondo Irys, la mia riluttanza ad apprendere poteva essere la causa dell'indecisione del Consiglio, lo invece pensavo che li preoccupasse la possibilità che seguissi la stessa via del Cercatore d'Anime di tanto tempo prima, una volta scoperta l'estensione dei miei poteri. «La seduta...» Le sue labbra si torsero in un sorriso storto. «Bene e male. Il Consiglio ha acconsentito a sostenere il tuo addestramento.» Si interruppe, e io mi feci forza per il successivo frammento di notizia. «Roze era... contrariata dalla decisione.» «Contrariata?» «Ferocemente contraria.» Almeno adesso sapevo la motivazione che stava dietro il

messaggio di fuoco. «Pensa ancora che tu sia una minaccia. Così il Consiglio ha acconsentito a lasciare che sia lei ad addestrarti.» Mi trascinai in piedi. «No.» «È l'unica strada.» Ricacciai indietro una rispostaccia. C'erano altre opzioni. Dovevano esserci. Ero nel Mastio dei Maghi, dannazione. Doveva esserci un altro mago che potesse lavorare con me. «Perché non te o Bain?» «Volevano un mentore che fosse imparziale. Tra i quattro Maestri, restava solo Roze.» «Ma lei non è...» «Lo so. Questo potrebbe essere un vantaggio. Lavorando con Roze, sarai in grado di convincerla che non hai intenzione di dominare il paese. Comprenderà il tuo desiderio di aiutare sia Sitia sia Ixia.» La mia espressione dubbiosa rimase. «Tu non le piaci, ma la sua determinazione a mantenere Sitia un luogo sicuro e libero supererà qualsiasi sentimento personale.» Irys mi consegnò un rotolo, bloccando il mio commento sarcastico sui sentimenti personali di Roze. «Questo è arrivato durante la seduta del Consiglio.» Aprii il messaggio. Era una convocazione da Uomo-di-Luna. Diceva: Yelena, ho trovato ciò che cerchi. Vieni. Era il tipico messaggio che poteva mandarmi Uomo-di-Luna, il mio Tessitore di Storie e amico Semedisabbia: ermetico e vago. Immaginai avesse scritto il biglietto con un ghigno diabolico sulla faccia. Come mio Tessitore di Storie, sapeva che io cercavo molte cose. Scoprire informazioni sui Cercatori d'Anime e trovare un equilibrio tra Sitia e Ixia stavano in cima alla mia lista. Anche una tranquilla vacanza non sarebbe stata male, ma ero certa che lui si riferisse a Ferde.

Ferde Daviian, Ladro d'Anime nonché assassino di undici ragazze, era fuggito dalle celle del Mastio con l'aiuto di Cahil Ixia, e da allora il Consiglio aveva dibattuto su come trovarli entrambi. La mia frustrazione montava di giorno in giorno. Ferde si era indebolito parecchio da quando, durante il nostro scontro, avevo strappato da lui le anime, fonte del suo potere magico. Ma gli sarebbe bastato uccidere un'altra ragazza per riacquistare parte della sua energia. Per il momento non era stata denunciata nessuna scomparsa, ma la consapevolezza che lui rimaneva in libertà mi artigliava il cuore. Per non pensare all'orrore che Ferde poteva causare, mi concentrai sul messaggio che avevo in mano. Uomo-di-Luna non aveva espressamente chiesto che fossi sola, ma liquidai l'idea di dirlo al Consiglio non appena il pensiero prese forma nella mia mente. Ora che avessero deciso il da farsi, Ferde sarebbe sparito da un pezzo. Sarei partita senza informarli. Irys l'avrebbe chiamato il mio sistema buttati in una situazione e spera in bene. Fatta eccezione per qualche incidente di minore entità, in passato aveva funzionato. E a quel punto, allontanarmi dalla Cittadella aveva maggiori attrattive. Irys si era allontanata quando avevo srotolato il biglietto, ma da come mi guardava si intuiva che era curiosa. Le dissi del messaggio. «Dovremmo informare il Consiglio» commentò. «Perché? Così che possano discutere di ogni possibile dettaglio per un altro mese? Il messaggio invita me. Se avrò bisogno del tuo aiuto, manderò qualcuno a cercarti.» Sentii la sua decisione ammorbidirsi. «Non dovresti andare da sola.» «Bene. Porterò Leif con me.» Dopo un istante di esitazione, Irys accettò. Come membro del Consiglio non era felice della cosa, ma aveva imparato a fidarsi del mio giudizio. Mio fratello Leif probabilmente sarebbe stato contento quanto me di svignarsela dal Mastio e dalla Cittadella, visto che la crescente animosità di Roze Pietrapiuma nei miei confronti lo metteva in una posizione difficile. Preso come apprendista da Roze, era diventato per promozione uno dei suoi aiutanti. La sua capacità magica di

percepire le emozioni aiutava Primo Mago a determinare la colpevolezza delle persone riguardo a un crimine, e le vittime a ricordare dettagli di quanto era loro accaduto. La prima reazione di Leif quando ero ricomparsa a Sitia dopo un'assenza di quattordici anni era stata di odio. Si era convinto che il mio rapimento nel Territorio di Ixia fosse stato attuato per fare dispetto a lui, e che il mio ritorno dal nord fosse un complotto ixiano per spiare Sitia. «Credo che dovremmo dire ai Maestri Maghi del messaggio di Uomo-di-Luna» disse Irys. «Sono certa che Roze gradirebbe sapere quando potrà cominciare il tuo addestramento.» Mi accigliai, e presi in considerazione di dirle del meschino attacco con il fuoco da parte di Roze. No. Me la sarei vista con Primo Mago da sola, decisi infine. Disgraziatamente, avrei avuto tempo in abbondanza da passare con lei. «Avremo una riunione dei Maestri, questo pomeriggio. Sarà il momento ideale per informarli dei tuoi piani.» lo mi imbronciai, ma lei non fece una piega. «Bene. Ci vediamo più tardi» mi salutò. Irys veleggiò fuori dalla torre prima che avessi il tempo di protestare. Potevo ancora raggiungerla con la mente, però. Le nostre menti restavano sempre collegate, come se ci trovassimo entrambe nella stessa stanza. Avevamo ciascuna i nostri pensieri privati, ma se io parlavo a Irys, lei mi sentiva. Se avesse sondato i miei pensieri e ricordi più profondi, sarebbe stata considerata una violazione del Codice Etico dei maghi. La mia cavalla Kiki e io condividevamo lo stesso legame: una chiamata mentale era tutto ciò che occorreva perché lei mi udisse. Comunicare con Leif o con il mio amico Dax si rivelava invece più difficile: dovevo consapevolmente attingere potere e cercarli, e una volta trovati, dovevano permettermi di accedere ai loro pensieri. Benché possedessi la capacità di prendere una scorciatoia per i loro pensieri ed emozioni attraverso le loro anime, i Sitiani consideravano questa facoltà una violazione del Codice Etico. Avevo spaventato Roze usandola per proteggermi contro di lei. Pur con

tutto il suo potere, non aveva potuto impedirmi di toccare la sua essenza. L'ansia mi annodava lo stomaco. Anche il nuovo titolo di Cercatore d'Anime mi stava stretto. Mi ritrassi da quella vena di riflessioni solo quando mi avvolsi nel mantello prima di lasciare la torre. Mentre attraversavo il campus del Mastio, la mia attenzione tornò alle meditazioni sulla comunicazione mentale. Il mio legame con Valek non poteva essere considerato una connessione telepatica. Per me, la mente di Valek era irraggiungibile, ma lui aveva la misteriosa facoltà di sapere quando avevo bisogno di lui e si connetteva con me. Mi aveva salvato molte volte la vita tramite quel legame. Rigirandomi attorno al polso il bracciale a forma di serpente che mi aveva regalato, riflettei sulla nostra relazione finché un vento mordente misto ad aghi di ghiaccio non si portò via tutti i caldi pensieri su di lui: la stagione fredda era calata su Sitia. Schivai pozzanghere fangose schermandomi il viso dal nevischio. I bianchi edifici marmorei del Mastio erano schizzati di mota e apparivano grigi nella luce fioca, riflettendo alla perfezione la triste giornata. Trascorrendo nella nordica Ixia la maggior parte dei miei ventun anni, avevo sopportato quel genere di tempo solo per pochi giorni durante la stagione fresca, prima che l'aria fredda spazzasse via l'umidità. Ma secondo Irys, quell'orrida afa caratterizzava le giornate sitiane durante la stagione fredda, e la neve era un evento eccezionale che di rado durava più di una notte. Avanzai faticosamente verso l'edificio amministrativo del Mastio, ignorando gli sguardi ostili degli studenti che si affrettavano tra una lezione e l'altra. Uno dei risultati di aver catturato Ferde era stato l'immediato cambiamento del mio status, da apprendista ad Aiutante di un Mago. Dal momento che Irys e io ci eravamo accordate per una collaborazione, lei si era offerta di condividere con me la sua torre, proposta che avevo accettato con sollievo, lieta di essere lontana dalla scostante freddezza dei miei compagni studenti. Il loro disprezzo non era niente a paragone della furia di Roze quando mi vide entrare nella sala riunioni. Mi preparai alla sua

sfuriata, ma Irys balzò in piedi e spiegò perché ero venuta. «Yelena ha ricevuto un messaggio da un Tessitore di Storie Semedisabbia» disse. «Potrebbe aver localizzato Ferde e Cahil.» Gli angoli della bocca di Roze si piegarono sdegnosamente verso il basso. «Impossibile. Attraversare le Pianure Avibiane per tornare al suo clan sull'Altopiano Daviiano sarebbe un suicidio. Ed è troppo ovvio. Cahil probabilmente sta portando Ferde nelle terre dei Danzatempesta o in quelle dei Buonsangue. Cahil ha molti sostenitori là.» Roze era stata il campione di Cahil nel Consiglio. Cahil era stato allevato da soldati che erano scampati al colpo di stato a Ixia, e lo avevano persuaso di essere il nipote del defunto re di Ixia e quindi legittimo erede al trono. Lui si era dato da fare per conquistarsi dei sostenitori e aveva tentato di costituire un esercito per sconfiggere il Comandante Ambrose. Tuttavia, dopo aver scoperto di essere in realtà figlio di un semplice soldato, aveva liberato Ferde ed era scomparso. Roze aveva incoraggiato Cahil. Nutrivano entrambi la convinzione che fosse solo questione di tempo prima che il Comandante Ambrose puntasse le sue mire sulla conquista di Sitia. «Cahil potrebbe evitare le pianure per arrivare all'altopiano» propose Zitora Cowan, Terzo Mago. I suoi occhi color miele erano offuscati dalla preoccupazione, ma essendo la più giovane dei quattro Maestri Maghi i suoi suggerimenti tendevano a essere ignorati dagli altri. «E come può saperlo questo Uomo-di-Luna? I Semedisabbia non si avventurano fuori dalle pianure a meno che non sia assolutamente necessario» obiettò Roze. «Questo è ciò che vogliono farci credere» ribatté Irys. «Potrebbero aver mandato in avanscoperta degli esploratori.» «In un modo o nell'altro» intervenne Bain Buonsangue, Secondo Mago, «dobbiamo considerare tutte le possibilità. Ovvio o no. occorre che qualcuno confermi che Cahil e Ferde non sono sull'altipiano.» Con i suoi capelli bianchi e le palandrane fluenti, l'aspetto di Bain coincideva con quella che avevo supposto fosse la

tradizionale uniforme di un mago. Dal suo viso rugoso irradiava saggezza. «lo vado» dichiarai. «Dovremmo mandare dei soldati con lei» suggerì Zitora. «Dovrebbe accompagnarla Leif» aggiunse Bain. «Come cugini dei Semedisabbia, lui e Yelena saranno i benvenuti nelle pianure.» Roze si passò le dita affusolate tra i corti capelli bianchi e si accigliò, apparendo immersa in profondi pensieri. Con le temperature più fredde, aveva smesso di indossare gli abiti senza maniche che prediligeva sostituendoli con vestiti a maniche lunghe. La sfumatura di un profondo blu mare dell'indumento assorbiva la luce e quasi pareggiava la sua pelle scura. Uomo-di-Luna aveva la stessa tonalità di carnagione, e mi chiesi di che colore sarebbero stati i suoi capelli se non li avesse rasati. «lo non intendo mandare nessuno» disse infine Roze. «È una perdita di tempo e di risorse.» «lo vado. Non mi serve il tuo permesso.» Mi alzai, preparandomi ad andarmene. «Ti serve il mio permesso per uscire dal Mastio» ribatté Roze. «Questo è il mio dominio. Sono io responsabile di tutti i maghi, inclusa te, Cercatrice d'Anime.» Le sue mani batterono sui braccioli del seggio. «Se io avessi il controllo del Consiglio, ora saresti nelle celle del Mastio ad attendere l'esecuzione. Niente di buono è mai venuto da un Cercatore d'Anime.» Gli altri Maestri la fissarono a bocca aperta, sconvolti, ma lei proseguì. «Guardate soltanto alla nostra storia. Ogni Cercatore d'Anime è stato avido di potere. Potere magico. Potere politico. Potere sulle anime delle persone. Yelena non sarà diversa. Certo, adesso gioca a fare l'ufficiale di collegamento e ha acconsentito a sottoporsi al mio addestramento, ma è solo questione di tempo. Già...» Roze accennò alla porta. «Già vuole scappare via prima che io possa iniziare la prima lezione.» Le sue parole echeggiarono nel silenzio attonito. Roze guardò le espressioni inorridite degli altri maghi e si lisciò le grinze del vestito. La sua avversione nei miei confronti era ben nota, ma questa volta si era spinta troppo oltre.

«Roze, questo era proprio...» Lei sollevò la mano, impedendo a Bain di continuare. «Conoscete la storia. Siete stati avvertiti molte, molte volte, dunque non dirò altro al proposito.» Si alzò dal seggio. Torreggiando di sette pollici buoni sopra di me, guardò in basso. «Vai, allora. Prendi Leif con te. Considerala la tua prima lezione. Una lezione sulla futilità. Quando torni, sarai mia.» Roze fece per andarsene, ma io catturai un filo dei suoi pensieri nella mia mente.

... dovrebbe tenerla occupata e fuori dai piedi. Roze si fermò prima di uscire. Guardandosi dietro le spalle, mi rivolse un'occhiata allusiva. Resta fuori dagli affari di Sitia, e potresti

essere l'unico Cercatore d'Anime nella storia a sopravvivere oltre i venticinque anni. Va' a dare un'altra occhiata ai tuoi libri di storia, Roze, ribattei io. La caduta di un Cercatore d'Anime è sempre registrata insieme alla morte di un Maestro Mago. Roze mi ignorò e lasciò la sala riunioni, ponendo fine alla seduta. Andai a cercare Leif. I suoi alloggi erano vicini all'ala degli apprendisti sul lato orientale del campus. Lui viveva nell'edificio dei Maghi, che ospitava coloro che si erano diplomati al Mastio ed ora stavano insegnando a nuovi studenti o lavorando come aiutanti dei Maestri Maghi. Gli altri maghi che avevano completato il corso di studi erano assegnati a diverse città per servire i cittadini di Sitia. Il Consiglio cercava di avere un guaritore in ogni cittadina, ma i maghi con poteri rari (come la capacità di leggere lingue antiche o trovare oggetti smarriti) si spostavano di luogo in luogo a seconda delle necessità. I maghi con grandi poteri provavano l'esame per il livello di Maestro prima di lasciare il Mastio. Negli ultimi vent'anni, soltanto Zitora l'aveva passato, portando a quattro il numero dei Maestri. Nella storia di Sitia, non c'erano mai stati più di quattro Maestri per

volta. Irys pensava che un Cercatore d'Anime potesse essere abbastanza forte da sottoporsi all'esame di Maestro, lo non ero d'accordo. Loro avevano già il massimo, e a me mancavano le basilari facoltà magiche di accendere fuochi e muovere oggetti... capacità che tutti i Maestri possedevano. Inoltre era già abbastanza brutto essere un Cercatore d'Anime; tentare e fallire la prova di Maestro sarebbe stato troppo da sopportare. O così supponevo. Le voci su quell'esame erano a dir poco inquietanti. Prima ancora che raggiungessi la porta di Leif, quella si aprì e mio fratello sporse fuori la testa. La pioggia gli inzuppò in un attimo i corti capelli neri, io lo ricacciai dentro precipitandomi nel suo soggiorno, gocciolandogli poltiglia fangosa sul pavimento pulito. Il suo appartamento era ordinato e arredato in modo essenziale. L'unico indizio sulla sua personalità si poteva ricavare dalle poche pitture che decoravano la stanza. Alle pareti erano appesi una dettagliata raffigurazione di un raro fiore di ylang-ylang nativo della Giungla Illiais, il dipinto di un fico strangolatore che soffocava un mogano morente, e il disegno di un leopardo silvestre accovacciato su un ramo. Leif squadrò con rassegnazione la mia figura inzaccherata. I suoi occhi color giada erano l'unico tratto che avevamo in comune. Il suo corpo tarchiato e la mascella quadrata erano l'assoluto opposto del mio viso ovale e della mia figura snella. «Non possono essere buone notizie» esordì. «Dubito che sfideresti questo tempaccio solo per un saluto.» «Hai aperto la porta prima che potessi bussare» replicai. «Devi sapere che c'è qualcosa nell'aria.» Leif si asciugò la pioggia dalla faccia. «Ho sentito il tuo odore mentre arrivavi.» «Odore?» «Puzzi di lavanda. Fai il bagno nel profumo di mamma o ti limiti a lavarci il mantello?» scherzò.

«Com'è prosaico. Stavo pensando a qualcosa di un tantino più magico.» «Perché sprecare energia usando la magia quando non sei costretto? Tuttavia...» Gli occhi di Leif si fecero distanti e io sentii il sottile pizzicore del potere che veniva attirato. «Apprensione. Eccitazione. Irritazione. Ira» elencò lui. «Deduco che il Consiglio non ha ancora votato per farti Regina di Sitia?» E quando non risposi, continuò: «Non preoccuparti, sorellina, sei ancora la principessa della nostra famiglia. Sappiamo tutti e due che papà e mamma vogliono più bene a te». Le sue parole avevano un che di tagliente, e io ricordai che non era passato molto tempo da quando lui voleva vedermi morta. «Esaù e Perl ci amano allo stesso modo. Hai davvero bisogno che ci sia io nei paraggi per correggere i tuoi preconcetti. Ho dimostrato già altre volte che ti sbagliavi. Posso farlo ancora.» Leif si piazzò le mani sui fianchi e sollevò un sopracciglio, dubbioso. «Hai detto che avevo paura di tornare al Mastio. Ebbene...» Spalancai le braccia, schizzando gocce d'acqua sulla tunica verde di Leif. «... eccomi qui.» «Sei qui. Te lo concedo. Ma non sei impaurita?» «Ho già una madre e un Tessitore di Storie. Il tuo ruolo è quello dell'irritante fratello maggiore. Attieniti a ciò che sai fare meglio.» «Oooh. Ho toccato un nervo scoperto.» «Non voglio litigare con te. Tieni.» Estrassi il messaggio di Uomodi-Luna dalla tasca del mantello e glielo porsi. Lui svolse la carta bagnata, scorrendo il biglietto. «Ferde» disse, giungendo alla stessa conclusione cui ero arrivata io. «L'hai detto al Consiglio?» «No. I Maestri lo sanno.» Misi Leif al corrente di quanto era accaduto nella sala riunioni, omettendo il mio scambio di vedute con Roze Pietrapiuma.

Le ampie spalle di Leif si incurvarono. Dopo un lungo istante, disse: «Maestro Pietrapiuma non crede che Ferde e Cahil stiano andando all'Altopiano Daviiano. Non si fida più di me». «Questo non lo sai con...» «Lei pensa che Cahil sia diretto in un'altra direzione. Normalmente manderebbe me per localizzarlo e inviarle un messaggio. Insieme, potremmo affrontarlo. Adesso mi trovo assegnato alla caccia al valmure selvatico.» «Valmure?» Mi ci volle un momento per collegare il nome alla creaturina dalla lunga coda che viveva nella giungla. «Ricordi? Una volta davamo loro la caccia tra gli alberi. Erano così rapidi e scattanti che non ne prendevamo mai uno. Ma siediti e tieni in mano un pezzo di caramella alla linfa, e ti salteranno in grembo e ti seguiranno per tutta la giornata.» Quando non risposi, Leif si fece piccolo per il senso di colpa. «Dev'essere stato dopo che...» Dopo che io ero stata rapita e portata a Ixia. Tuttavia riuscivo a immaginare un giovanissimo Leif che scorrazzava per la giungla inseguendo un valmure dalle zampe alate. L'insediamento del Clan Zaltana era stato costruito in alto sui rami degli alberi, e mio padre diceva scherzosamente che i bambini imparavano ad arrampicarsi ancor prima che a camminare. «Roze potrebbe essere in errore sulle intenzioni di Cahil. Dunque impacchetta un po' di quelle caramelle di linfa. Potremmo averne bisogno» dissi io. Leif rabbrividì. «Almeno sarà più caldo nelle pianure, e l'altopiano è ancora più a sud.» Lasciai gli alloggi di Leif, diretta alla mia torre per preparare i bagagli. Il vento soffiava di traverso e minuscoli pugnali di ghiaccio, mi pungevano la faccia mentre mi affrettavo attraverso la tormenta. Irys mi stava aspettando nella sala di ricevimento appena oltre l'enorme ingresso della torre. Le fiamme nel focolare pulsarono allo sbuffo d'aria fredda che si insinuò tra i battenti mentre io lottavo per

chiuderli. Mi affrettai verso il caminetto e tesi le mani. La prospettiva di viaggiare con un tempo del genere non era allettante. «Leif sa accendere il fuoco?» domandai a Irys. «Penso di sì. Ma non importa quanto sia bravo, il legno bagnato non prende.» «Grandioso» borbottai. Dal mio mantello zuppo si levava fluttuando il vapore. Drappeggiai l'indumento umido attorno a una sedia e poi la trascinai più vicino al fuoco. «Quando partirai?» chiese Irys. «Subito.» Mi gorgogliò lo stomaco e mi resi conto di aver saltato il pranzo. Sospirai, sapendo che la cena sarebbe stata probabilmente una fredda fetta di formaggio e pane raffermo. «Devo incontrare Leif nel fienile. Oh, sputodiserpe!» imprecai, ricordandomi di un paio di impegni. «Irys, puoi dire tu a Gelsi e Dax che inizierò il loro addestramento quando torno?» «Quale addestramento? Non si tratta di magia...» «No, no. Autodifesa.» Indicai il mio archetto. Il bastone di legno d'ebano lungo cinque piedi era ancora infilato nell'apposito sostegno sul mio zaino. Gocce d'acqua imperlavano e scintillavano sull'arma. Lo estrassi, sentendo il solido peso del bastone tra le mie mani. Sotto la superficie d'ebano c'era un legno color oro. Immagini di me bambina, della giungla, della mia famiglia e così via erano state incise nel legno. Perfino gli amorevoli occhi di Kiki erano stati inclusi nella storia della mia vita. L'archetto, dono di una maestra artigiana del Clan Semedisabbia che aveva pure allevato Kiki, si muoveva senza scosse nelle mie mani. «Bain sa che non ci sarai alla sua lezione mattutina» disse Irys. «Ma ha detto...» «Non mi avrà assegnato dei compiti a casa» gemetti. Il solo pensiero di trascinarmi dietro il pesante libro di storia mi faceva dolere la schiena. Irys sorrise. «Ha detto che ti aiuterà a recuperare con gli studi

quanto torni.» Sollevata, raccolsi lo zaino, controllando il contenuto per vedere di quali altre provviste avessimo bisogno. «Nient'altro?» domandò Irys. «No. Che cosa avete intenzione di dire al Consiglio?» domandai. «Che Roze ti ha incaricato di apprendere ulteriori particolari circa la tua magia dai Tessitori di Storie. Il primo Cercatore d'Anime documentato in Sitia era un Semedisabbia, lo sapevi?» «No.» Ero sorpresa, ma non avrei dovuto esserlo. Dopotutto, quello che sapevo sui Cercatori d'Anime non avrebbe riempito neanche una pagina in uno dei libri di storia del Maestro Bain. Quando terminai di fare i bagagli, salutai Irys e mi feci strada a forza contro il vento fino al refettorio. La brigata di cucina aveva sempre un rifornimento di razioni da viaggio a portata di mano per i maghi. Presi cibo sufficiente per una settimana. Mentre mi avvicinavo alle scuderie, potei vedere poche teste di cavalli temerari sporgere dagli stalli. Il muso rame e bianco di Kiki era inconfondibile perfino nella cupa mezza luce. Lei nitrì un saluto e io le aprii la mia mente.

Noi andiamo?, chiese. Sì. Mi dispiace portarti fuori in una giornata così orrida. risposi io. Non cattiva con Signora-di-Lavanda. Signora-di-Lavanda era il nome che mi avevano dato i cavalli. Assegnavano nomi alle persone proprio come noi daremmo il nome a un animale domestico. Sorrisi, ricordando il commento di Leif a proposito del mio fare il bagno nella lavanda.

Lavanda odora come... Kiki non aveva le parole per descrivere le

proprie emozioni. Un'immagine mentale di un cespo di lavanda grigioazzurra con i suoi grappoli di fiori viola si formò nella mente di Kiki. Sensazioni di appagamento e sicurezza accompagnarono l'immagine. Il corridoio principale della scuderia echeggiava come se fosse vuoto malgrado la pila di sacchi di mangime lì vicino. Le spesse travi

di sostegno dell'edificio si ergevano come soldati tra gli stalli e la fine della fila scompariva nella semioscurità.

Leif?, domandai a Kiki. Uomo Triste in stanza dei finimenti, rispose la cavalla. Grazie. Camminai lemme lemme verso il retro del fienile,

aspirando il familiare aroma di cuoio e sapone da sella. L'odore secco di paglia mi pizzicò la gola e si attaccò al lezzo terrestre di letame.

Tracciatore, anche. Chi? Ma prima che Kiki potesse rispondere individuai il capitano Marrok nella stanza dei finimenti insieme a Leif. L'estremità aguzza della spada di Marrok era puntata al petto di Leif.

Capitolo 2 «Sta' indietro, Yelena» ordinò Marrok. «Leif, rispondimi.» Il viso di mio fratello era impallidito, ma la mascella era serrata in una linea ostinata. Il suo sguardo incontrò il mio, interrogativo. «Che cosa vuoi, Marrok?» domandai. I lividi sulla faccia del capitano erano sbiaditi, ma l'occhio destro era ancora gonfio e arrossato malgrado gli sforzi del Guaritore Hayes per riparargli lo zigomo fratturato. «Voglio trovare Cahil» rispose lui.

«Tutti vogliamo trovarlo. Perché stai minacciando mio fratello?»

Usai un tono severo per rammentare a Marrok che adesso aveva a che fare con me. Talvolta, avere una pessima reputazione presentava qualche vantaggio.

Marrok mi guardò. «Lui lavora con Primo Mago. Lei è incaricata della ricerca. Se ha un qualsiasi indizio su dove trovare Cahil, manderà Leif.» Accennò alle briglie nelle mani di mio fratello. «In una giornata come questa, lui non sta certo andando al mercato o a fare una cavalcata di piacere. Ma non vuole dirmi dove è diretto.» Continuava a stupirmi la velocità con cui notizie e pettegolezzi si diffondevano tra le guardie del Mastio. «Glielo hai chiesto prima o dopo che hai estratto la spada?» La punta della lama di Marrok oscillò. «Che importanza ha?» ribatté lui. «Be', in genere le persone sono più disposte a collaborare se non hanno un'arma puntata al petto.» Rendendomi conto che Marrok era un soldato di carriera che faceva la maggior parte dei suoi discorsi con la spada, cambiai tattica. «Come mai non hai pensato di seguirlo?» Le capacità di Marrok nel seguire una traccia avevano impressionato a tal punto i cavalli che gli avevano dato il nome di Tracciatore. Marrok si toccò la guancia e trasalì. Potei indovinare i suoi pensieri. Aveva seguito Cahil con la più totale fedeltà, ma lui l'aveva

picchiato e torturato per scoprire la verità sulla propria ascendenza popolana, lasciandolo infine per morto. Il capitano rinfoderò la spada con un'unica rapida mossa, come se avesse preso una decisione. «Non posso seguire Leif. Mi percepirebbe con la sua magia e confonderebbe la mia mente.» «Non sono in grado di farlo» protestò Leif. «Davvero?» Marrok appoggiò la mano vicino alla spada, riflettendo. «Ma io sì» mormorai io. L'attenzione di Marrok scattò di nuovo verso di me. «Marrok, non sei in condizioni di viaggiare. E non posso lasciarti uccidere Cahil. Prima, il Consiglio vuole parlargli.» lo volevo parlargli. «Non cerco vendetta» mi assicurò Marrok. «Allora cosa vuoi?» «Aiutare.» Marrok strinse l'elsa della sua arma. «Che cosa?» dicemmo allo stesso tempo Leif e io. «Sitia ha bisogno di Cahil. Solo il Consiglio e i Maestri sanno che non ha sangue reale. Sitia ha bisogno di un prestanome dietro cui aggregarsi. Qualcuno che li guidi in battaglia.» «Ma lui ha contribuito alla fuga di Ferde» obiettai. «Ed è possibile che Ferde stia già torturando e stuprando un'altra ragazza mentre noi parliamo!» «Cahil era solo confuso e sopraffatto dopo aver appreso la verità sulla propria nascita, lo l'ho cresciuto. Lo conosco meglio di chiunque altro. Probabilmente rimpiange già la sua impulsività. Ferde con ogni probabilità è morto. Se riuscirò a parlare con Cahil, sono sicuro che tornerà indietro senza combattere, e potremo sistemare la cosa con il Consiglio.» Il potere mi sfiorò. «È sincero sulle sue intenzioni» disse Leif. Ma le intenzioni di Cahil? L'avevo visto spietato e opportunista

nel suo tentativo di costituire un esercito, ma mai impulsivo. Tuttavia lo conoscevo soltanto da due stagioni. Presi in considerazione l'idea di usare la magia per vedere i ricordi di Marrok, ma sarebbe stata una violazione del Codice Etico dei maghi, a meno che lui non mi desse il suo consenso. Così glielo chiesi. «D'accordo» rispose Marrok, incontrando il mio sguardo. C'era un'ombra di dolore nei suoi occhi grigioazzurri. I suoi corti capelli grigi erano diventati completamente bianchi dopo l'aggressione di Cahil. Concedermi il permesso di entrare nella sua mente era abbastanza per convincermi della sua sincerità, ma malgrado le buone intenzioni lui voleva ancora costituire un esercito e attaccare Ixia. E questo andava contro le mie convinzioni. Ixia e Sitia avevano solo bisogno di comprendersi a vicenda e lavorare insieme. Una guerra non avrebbe aiutato nessuno. Lasciare Marrok alla Cittadella dandogli modo di influenzare il Consiglio a favore di un attacco, oppure portarlo con me? Le sue capacità di battitore sarebbero state un vantaggio in più, considerai. «Se ti permetto di venire con noi, devi obbedire a tutti i miei ordini. Intesi?» domandai. Marrok si rizzò come se fosse sull'attenti in una formazione militaresca. «Sissignore.» «Sei abbastanza in forze per cavalcare?» «Sì, ma non ho un cavallo.» «Questo si sistema. Ti troverò un cavallo Semedisabbia. Tutto quello che dovrai fare è reggerti forte.» Sogghignai, pensando alla speciale andatura a folata di vento di Kiki. Leif rise e il suo corpo si rilassò all'allentarsi della tensione. «Vuoi convincere il Mastro di Stalla a prestarti il suo cavallo? Be', buona fortuna!» «Che cosa vuoi dire?» domandai. «Garnet è l'unico altro cavallo Semedisabbia nelle scuderie del Mastio.»

Mi sgonfiai, sconfitta al solo pensiero dell'ostinato, irritabile Mastro di Stalla. E adesso? Nessun altro cavallo sarebbe stato in grado di tenere il passo con noi.

Miele, disse Kiki nella mia mente. Miele? Miele avibiano. Uomo Capo ama miele. Il che significava che se mi fossi offerta di portare del miele avibiano per il Mastro di Stalla, lui avrebbe potuto prestarmi Garnet. Lasciammo la Cittadella attraverso la porta sud e ci dirigemmo verso la valle. Campi coltivati disseminati di stoppie di grano e solchi di carri si estendevano a destra della strada, mentre le Pianure Avibiane dominavano il lato sinistro. Con il freddo, le lunghe erbe delle pianure erano passate dal giallo e rosso al marrone. Le piogge avevano creato vaste pozzanghere, trasformando il paesaggio ondulato in una specie di palude e ammorbando l'aria con il puzzo della vegetazione marcescente. Leif montava Rusalka, e Marrok stringeva le redini di Garnet in una morsa ferrea. Il suo nervosismo influenzava l'alto cavallo Semedisabbia, che scartava di lato a ogni rumore. Kiki rallentò perché potessi parlare con lui. «Marrok, rilassati. Sono io quella che ha promesso di portare a casa una cassa di miele avibiano, e di ripulire i finimenti del Mastro di Stalla per tre settimane.» Il capitano abbaiò una risata, ma mantenne la presa serrata. Era ora di cambiare tattica. Mi protesi verso la coltre di potere che si librava sul mondo e tirai un filo di magia, collegando la mia mente a quella di Garnet. Il cavallo sentiva la mancanza di Uomo Capo e non gli piaceva l'estraneo che portava in groppa, ma si chetò quando gli mostrai la nostra destinazione.

Casa, concordò Garnet. Voleva andarci. Dolore. La presa rigida di Marrok feriva la bocca sensibile del cavallo, e

capii che il capitano non si sarebbe rilassato neanche se l'avessi minacciato di lasciarlo indietro. Sospirando, mi insinuai nella mente di Marrok. La sua preoccupazione e la sua paura erano incentrati più su Cahil che su se stesso. L'ansia derivava dalla sensazione di non avere il controllo del possente cavallo pur reggendone le redini. E anche dal non essere padrone della situazione, dovendo prendere ordini da lei. Un oscuro sottofondo nei suoi pensieri che mi riguardavano fece suonare un campanello d'allarme nella mia mente. Mi sarebbe piaciuto esplorare più in profondità, ma lui mi aveva dato il permesso di vedere soltanto i suoi ricordi di Cahil, non di sondargli la mente. Così mi limitai a inviargli alcuni pensieri calmanti. Anche se non poteva udire le mie parole, avrebbe dovuto essere in grado di reagire al tono tranquillizzante. Dopo un po', Marrok non si reggeva più così rigido, e il suo corpo si muoveva insieme ai movimenti del cavallo. Quando Garnet si sentì a proprio agio, Kiki svoltò a est nelle pianure. Dai suoi zoccoli schizzò fango quando accelerò. Diedi a Leif e Marrok il segnale di lasciar prendere il comando ai cavalli.

Per favore, trova Uomo-di-Luna, chiesi a Kiki. Con un lieve balzo, lei si lanciò nella sua andatura a folata di vento. Rusalka e Garnet le tennero dietro. Avevo la sensazione di essere trasportata da un fiume d'aria. Le pianure diventarono una macchia indistinta sotto gli zoccoli di Kiki, che volava a una velocità doppia rispetto al più rapido galoppo di un cavallo normale. Solo i cavalli Semedisabbia potevano raggiungere quell'andatura, e soltanto quando galoppavano nelle Pianure Avibiane. Doveva essere una facoltà magica, ma non avrei saputo dire se Kiki attingesse alla coltre di potere. Avrei dovuto interrogare Uomo-di-Luna in proposito, quando l'avessimo trovato. Le pianure abbracciavano un ampio settore della regione orientale di Sitia. Situate a sudest della Cittadella, si estendevano senza soluzione di continuità fino alla base delle Montagne di Smeraldo a est, e giù fino all'Altopiano Avibiano a sud. Con un cavallo normale, ci sarebbero voluti da cinque a sette

giorni per attraversarle. I Semedisabbia erano l'unico clan a vivere entro i loro confini, e i loro Tessitori di Storie avevano schermato quelle terre con una potente magia protettiva. Qualsiasi estraneo che si avventurasse nelle pianure senza permesso, si perdeva. La magia confondeva la mente dello straniero, che viaggiava in cerchio fino quando non capitava fuori dalle pianure oppure rimaneva senz'acqua e moriva. I maghi con grandi poteri potevano viaggiare senza essere influenzati dalla magia, ma i Tessitori di Storie sapevano sempre quando qualcuno attraversava la loro terra. Essendo lontani cugini dei Semedisabbia, i membri del Clan Zaltana potevano viaggiare indenni attraverso le pianure, mentre gli altri clan evitavano del tutto quella zona. Dal momento che Marrok montava un cavallo Semedisabbia, la protezione non lo attaccò e potemmo cavalcare per tutta la notte. Kiki infine si fermò per riposare al levar del sole. Mente Leif raccoglieva legna per il fuoco, io strigliai i cavalli e diedi loro da mangiare. Marrok diede una mano a mio fratello, benché lo sfinimento fosse inciso sulla sua faccia pallida. La pioggia e il nevischio si erano allentati durante la notte, ma nuvole grigie sigillavano il cielo. Il sito del nostro accampamento aveva erba in abbondanza per i cavalli. Si trovava su un punto elevato delle pianure, vicino a un affioramento roccioso con pochi alberi stenti che crescevano nelle vicinanze, e per noi era un posto solido in cui accamparci senza sprofondare fino alle caviglie nel fango. I nostri mantelli erano zuppi, così legai la mia corda fra due alberi per appenderli ad asciugare. Leif e Marrok trovarono qualche ramo asciutto, dopodiché mio fratello costruì una specie di piccola tenda con gli stecchi, fissò il legno e piccole fiammelle presero vita. «Esibizionista» commentai. Lui sorrise mentre riempiva un pentolino con acqua per il tè. «Sei gelosa.» «Hai ragione. Lo sono» ammisi con un gemito di frustrazione. Leif e io eravamo nati dagli stessi genitori, tuttavia avevamo poteri

magici differenti. Nostro padre, Esaù, non aveva magia palese, soltanto il fiuto per trovare e usare le piante e gli alberi della giungla per ricavarne cibo, medicine e per le sue invenzioni. Perl, nostra madre, era in grado di percepire se una persona possedeva poteri magici. Dunque, come aveva ottenuto, Leif, la capacità magica di accendere fuochi e percepire la forza vitale delle persone mentre io potevo influenzare le loro anime? Con il mio potere, potevo costringere mio fratello ad accendere un fuoco ma non potevo farlo da me. Mi chiesi se qualcuno nella storia sitiana avesse studiato il legame tra la magia e i genitori naturali. Bain Buonsangue, Secondo Mago, probabilmente l'avrebbe saputo, mi dissi. Possedeva una copia di ogni libro esistente a Sitia. Marrok crollò addormentato non appena finimmo di mangiare la nostra colazione a base di pane e formaggio. Leif e io restammo accanto al fuoco. «Gli hai messo qualcosa nel tè?» domandai. «Un po' di corteccia di citaroxylo per accelerare il processo di guarigione.» Rughe e cicatrici segnavano il viso di Marrok. Tra i lividi ingialliti lungo la mascella scorsi un filo di barba bianca. L'occhio gonfio trasudava sangue e lacrime. Striature rosse gli dipingevano la guancia destra. Il Guaritore Hayes non mi aveva permesso di contribuire alla guarigione di Marrok. Mi aveva lasciato dare una mano solo con le ferite minori. Un altro che temeva i miei poteri. Toccai la fronte di Marrok. Sentii la pelle bollente e secca, da cui emanava un fetido odore di carne putrida. Mi protesi verso la fonte del potere e sentii la magia protettiva dei Semedisabbia che mi sorvegliava in cerca di un segnale di tradimento. Raccogliendo un filo di potere, lo proiettai verso di lui, rivelando i muscoli e l'osso sotto la pelle di Marrok. Le ferite pulsavano di una luce rossa. Lo zigomo era stato frantumato e alcuni frammenti d'osso gli erano finiti nell'occhio, lesionandogli la vista. Piccole scure escrescenze di pus punteggiavano la zona lesa. Mi concentrai sul danno fino a quando la sua sofferenza non si

trasferì al mio viso. Un ago di dolore mi trafisse l'occhio destro mentre la vista mi si annebbiava e sgorgavano lacrime. Rannicchiandomi a palla, respinsi l'assalto, incanalando la magia dalla fonte del potere attraverso il mio corpo. Il flusso si ingorgò, e io mi tesi. Tutto a un tratto il flusso di potere tornò a scorrere con facilità, come se qualcuno avesse rimosso la diga di un castoro, lavando via il dolore. Il sollievo mi invase. Mi rilassai. «Credi che sia stata una buona idea?» domandò Leif quando aprii gli occhi. «La ferita era infetta.» «Ma tu hai usato tutta la tua energia.» «lo...» Mi rizzai a sedere, sentendomi stanca ma non esausta. «lo...» «Hai avuto aiuto» disse una voce scaturendo fuori dal nulla. Leif scattò in piedi per la sorpresa, ma io riconobbi la profonda tonalità maschile. Uomo-di-Luna comparve accanto al fuoco come se avesse preso forma dal calore che saliva e dalle ceneri. La sua testa glabra scintillò alla luce del sole. Per via del freddo, Uomo-di-Luna portava una tunica marrone rossastro a maniche lunghe e calzoni marrone scuro che si intonavano al colore della sua pelle, ma niente scarpe. «Niente pittura?» gli domandai. La prima volta che l'avevo incontrato si era condensato da un raggio di luce lunare, coperto solo di tintura indaco. Aveva proclamato di essere il mio Tessitore di Storie e mi aveva mostrato la storia della mia vita, sbloccando i miei ricordi d'infanzia. Sei anni di vita con mia madre, mio padre e mio fratello erano stati soppressi da un mago di nome Mogkan così che non rimpiangessi la mia famiglia dopo che mi aveva rapito. Uomo-di-Luna sorrise. «Non ho avuto tempo di coprirmi la pelle. Ed è una buona cosa che io sia arrivato proprio adesso.» Il suo tono comunicava dispiacere. «Altrimenti avresti speso tutta la tua energia.» «Non tutta» ribattei, suonando come un bambino bellicoso. «Sei già diventata un Cercatore d'Anime onnipotente?» replicò lui sgranando gli occhi con simulata, scherzosa sorpresa. «Mi inchino

davanti a te, o Grandissima!» aggiunse piegando il busto in avanti. «D'accordo, basta» dissi ridendo. «Avrei dovuto rifletterci prima di guarire Marrok. Contento, adesso?» Lui sospirò in modo teatrale. «Sarei soddisfatto se pensassi che hai imparato la lezione e non lo rifaresti. Tuttavia sono ben consapevole che continuerai a gettarti d'impulso nelle situazioni. È intessuto nella trama della tua vita. Non c'è speranza per te.» «È per questo che mi hai mandato a chiamare? Per dirmi che sono senza speranza?» Uomo-di-Luna si fece serio. «Mi piacerebbe. Abbiamo udito che il Ladro d'Anime è fuggito dal Mastio dei Maghi con l'aiuto di Cahil. Uno dei nostri Tessitori di Storie in esplorazione nell'Altopiano Daviiano ha percepito uno straniero che viaggiava con uno dei Parassiti.» «Cahil e Ferde sono sull'altopiano?» domandò Leif. «Pensiamo di sì, ma abbiamo bisogno di Yelena per identificare il Ladro d'Anime.» «Perché?» chiesi io. I Semedisabbia non sprecavano tempo in processi e incarcerazioni. Giustiziavano i criminali alla cattura. Tuttavia i Parassiti Daviian erano stati molto duri da trovare, e avevano maghi potenti. I Parassiti erano un gruppo di giovani Semedisabbia che non erano soddisfatti del modo di vivere della gente del loro clan, stare da soli e limitare i contatti con gli altri. Volevano i Tessitori di Storie Semedisabbia per usare i loro grandi poteri per governare tutta Sitia e non solo gli abitanti delle pianure. Si erano separati dal Clan Semedisabbia installandosi sull'Altopiano Daviiano, diventando il Clan Daviian. Il suolo arido e inospitale di quella zona rendeva la coltivazione un incubo, così i Daviian rubavano ai Semedisabbia, e si erano guadagnati il soprannome di Parassiti. I Semedisabbia si riferivano inoltre ai maghi dei Parassiti come ai Distorsori, dal momento che usavano la loro magia per scopi egoistici. «Occorre che tu identifichi il Ladro d'Anime perché lui potrebbe

aver mietuto altre anime, e solo tu puoi liberarle prima che noi lo uccidiamo» continuò Uomo-di-Luna con voce piatta e priva di emozione. Gli afferrai il braccio. «Avete trovato dei corpi?» «No. Ma mi preoccupa ciò che scopriremo quando razzieremo il loro campo.» L'orrore delle ultime due stagioni minacciò di sopraffarmi. Undici ragazze mutilate e stuprate da Ferde affinché lui potesse rubare le loro anime e guadagnare ulteriore potere magico. Valek e io l'avevamo fermato prima che potesse mietere l'ultima anima. Se ci fosse riuscito, Sitia e Ixia ora sarebbero state sotto il suo dominio. Invece, io avevo liberato tutte quelle anime in cielo. Il pensiero che lui potesse aver ricominciato era intollerabile. «Avete trovato il loro campo?» chiese Leif. «Sì. Ci scommettiamo le nostre vite» rispose Uomo-di-Luna. «I guerrieri del clan hanno esplorato tutto l'altopiano. Abbiamo trovato un vasto accampamento a sud, vicino al confine della Giungla Illiais.» E vicino alla mia famiglia. Dovevo aver lanciato un'esclamazione. perché Uomo-di-Luna mi toccò la spalla e la strinse. «Non preoccuparti per il tuo clan. Ogni guerriero Semedisabbia è pronto ad attaccare nel caso in cui i Parassiti mostrassero l'intenzione di lasciare il campo. Partiremo quando i cavalli saranno riposati.» Camminai tutt'attorno al fuoco da campo, sapendo che avrei dovuto dormire un po', ma incapace di rallentare i pensieri che mi vorticavano nella mente. Leif strigliava i cavalli e Marrok dormiva. Uomo-di-Luna si sdraiò accanto al fuoco, fissando il cielo. Marrok si svegliò all'imbrunire. Il suo occhio aveva smesso di colare sangue, e il gonfiore era sparito. Si tastò la guancia con un dito. La sorpresa gli illuminò il viso finché non scorse Uomo-di-Luna in piedi accanto a sé. Balzò in piedi ed estrasse la spada, brandendo l'arma contro il Tessitore di Storie. Perfino armato, Marrok appariva minuto accanto al muscoloso Semedisabbia, che torreggiava su di lui di almeno una spanna.

Uomo-di-Luna rise. «Vedo che ti senti meglio. Vieni. Abbiamo dei piani da fare.» Tutti e quattro sedemmo attorno al fuoco mentre Leif preparava la cena. Marrok si sistemò accanto a me, e con la coda dell'occhio notai che ogniqualvolta si toccava la guancia, fissava Uomo-di-Luna con incantato timore. E la sua mano destra non vagava mai lontano dall'elsa della spada. «Partiremo all'alba» annunciò Uomo-di-Luna. «Perché ogni cosa deve iniziare all'alba?» chiesi io. «I cavalli hanno una buona visione notturna.» «Questo darà ai cavalli una giornata intera per recuperare, lo cavalcherò insieme a te su Kiki. È la più forte. E una volta che raggiungeremo l'altopiano, non ci saranno fermate per riposare finché non avremo raggiunto gli altri.» «E poi cosa?» domandai. «Poi attaccheremo. Voi dovete stare vicino a me e agli altri Tessitori di Storie. Il Ladro d'Anime sarà protetto dai Distorsori. Una volta che avremo fatto breccia nello schieramento difensivo esterno, comincerà la parte difficile.» «Vedersela con i Distorsori» dissi io. Lui annuì. «Non potete muovere di nuovo il Vuoto?» domandò Leif. Il Vuoto era un foro nella coltre di potere all'interno del quale non esisteva magia. L'ultima volta che i Semedisabbia avevano scoperto un nascondiglio dei Parassiti, era protetto da uno scudo di magia che creava un'illusione. Il campo sembrava occupato solo da pochi guerrieri. Quando i Semedisabbia avevano spostato il Vuoto sopra i Parassiti, l'illusione si era infranta. Disgraziatamente l'accampamento conteneva il quadruplo dei soldati, e noi eravamo ampiamente soverchiati dal loro numero. «Conoscono quel trucco e riveleremmo la nostra presenza se cercassimo di spostare la coltre di potere» spiegò Uomo-di-Luna. «Allora come avete intenzione di battere i Distorsori?» domandai preoccupata. Se i Parassiti avevano accesso alla magia, sarebbe stata

una battaglia difficile. «Tutti i Tessitori di Storie Semedisabbia si collegheranno mentalmente e formeranno una solida rete magica che li imprigionerà e impedirà loro di usare la magia. Li terremo bloccati abbastanza a lungo perché tu trovi il Ladro d'Anime.» Rompendo il silenzio, Marrok chiese: «E Cahil?». «Ha favorito la fuga del Ladro d'Anime. Dovrebbe essere punito» rispose Uomo-di-Luna. «Il Consiglio vuole parlargli» dissi io. «E poi decideranno loro che cosa fare di lui» aggiunse Leif. Uomo-di-Luna si strinse nelle spalle. «Non è un Parassita. Dirò agli altri di non ucciderlo, ma in uno scontro massiccio potrebbe essere difficile.» «Probabilmente è con i capi Daviian» suggerì Marrok. «Marrok... tu e Leif trovate Cahil e portatelo a nord del campo di battaglia. Vi raggiungeremo dopo lo scontro.» «Sissignore» rispose Marrok. Leif annuì, ma potevo vedere una domanda nei suoi occhi.

Qualche problema?, chiesi raggiungendolo mentalmente. E se Cahil convince Marrok a non riportarlo al Consiglio? Se loro si alleano e io resto in minoranza? Ottimo argomento. Chiederò a Uomo-di-Luna di... Assegnare uno dei miei guerrieri a Leif, disse Uomo-di-Luna. Trasalii per la sorpresa. Non lo avevo sentito attingere potere per collegarsi con noi.

Che cos'altro puoi fare?, domandai. Non te lo dirò. Distruggerebbe la mia misteriosa figura di Tessitore di Storie. Il mattino seguente sellammo i cavalli e ci dirigemmo a sud verso l'altopiano. Pur col peso di due cavalieri, Kiki ci trasportava facilmente. Fermandoci solo una volta per mangiare qualcosa di

caldo e dormire un po', raggiungemmo il confine in due giorni. Al tramonto del secondo giorno, ci fermammo per far riposare i cavalli sull'orlo delle pianure. La piatta distesa dell'altopiano si estendeva fino all'orizzonte. Pochi ciuffi di erba secca si aggrappavano alla superficie cotta dal sole. Mentre le pianure avevano un po' di alberi, colline ondulate, rocce e affioramenti di arenaria, sull'altopiano c'erano solo irti cespugli, sabbia grossolana e pochi stentati alberi spinosi. Ci eravamo lasciati indietro il tempo freddo e nuvoloso. Il sole pomeridiano aveva riscaldato la terra abbastanza perché mi togliessi il mantello, ma non appena la luce scivolò nelle tenebre, si alzò una brezza fredda. Uomo-di-Luna andò a cercare il suo esploratore. Pur a quella distanza dall'accampamento dei Parassiti, era troppo rischioso accendere un fuoco. Rabbrividivo mangiando la mia cena di formaggio duro e pane raffermo. Uomo-di-Luna tornò con un altro Semedisabbia. «Questo è Tauno» lo presentò. «Ci mostrerà la via attraverso l'altopiano.» Scrutai il piccolo uomo armato di arco e frecce. Poco più alto di me, indossava calzoni corti a dispetto dell'aria frizzante. La sua pelle era dipinta, ma nella luce fioca non riuscii a distinguere i colori. «Partiremo quando si leverà la luna» annunciò Tauno. Viaggiare di notte era una buona idea, ma mi chiesi che cosa facessero i guerrieri durante il giorno. «Come fanno i Semedisabbia a restare nascosti sull'altopiano?» domandai. Tauno indicò la propria pelle. «Ci mimetizziamo. E celiamo i nostri pensieri dietro lo scudo-nulla dei Tessitori di Storie.» Guardai Uomo-di-Luna. «Uno scudo-nulla blocca la magia» spiegò lui. «Se dovessi esplorare l'altopiano con la magia, non percepiresti alcuna creatura vivente dietro lo scudo-nulla.» «Usare la magia per creare lo scudo non mette in allarme i Parassiti?» domandai. «Non se viene fatto in modo appropriato. È stato completato

prima che i Tessitori di Storie lasciassero le pianure.» «E i Tessitori di Storie dietro lo scudo? Possono usare la magia?» chiese Leif. «La magia non può penetrare lo scudo. Esso non ci blocca la visuale o l'udito, semplicemente ci protegge dall'essere scoperti con mezzi magici.» Mentre ci preparavamo a partire, pensai a ciò che aveva detto Uomo-di-Luna e mi resi conto che c'erano molte cose che ancora non sapevo sulla magia. Troppe. Ma il pensiero di impararne altre da Roze smorzava la mia curiosità. Quando la luna fu salita per un quarto del cielo nero, Tauno annunciò: «È ora di andare». I muscoli lungo la spina dorsale mi si irrigidirono per l'ansia quando Uomo-di-Luna si sistemò dietro di me in sella a Kiki. E se la mia carenza di conoscenze magiche mi avesse portato a mettere a rischio la missione? Decisi che non aveva senso preoccuparsene in quel momento. Inspirai profondamente, mi calmai e lanciai un'occhiata ai miei compagni. Tauno sedeva con Marrok in groppa a Garnet. Dall'espressione indispettita sul viso del capitano, capii che non era contento di condividere la sua cavalcatura con un guerriero Semedisabbia. E a peggiorare la situazione, Tauno aveva insistito per stare davanti e tenere le redini di Garnet. Per restare dietro lo scudo-nulla, il nostro tragitto attraverso l'altopiano doveva essere preciso. Tauno ci faceva strada. Il morbido fruscio degli zoccoli dei cavalli sulla sabbia dura era l'unico suono che turbava il silenzio della notte. La luna si arrampicò su per il cielo. A un certo punto avrei voluto lanciare un grido e spingere Kiki al galoppo, tanto per spezzare la tensione che premeva attorno a noi. Quando il cielo iniziò a schiarire verso est, Tauno si fermò e smontò. Facemmo una rapida colazione e demmo da mangiare ai cavalli. Quando il giorno si rischiarò, notai come si confondeva bene Tauno con i colori dell'altopiano, grigio e rossiccio.

«Da qui proseguiremo a piedi» annunciò Tauno. «Dobbiamo lasciare i cavalli. Prendete solo lo stretto necessario.» Il cielo limpido prometteva una giornata calda, così mi tolsi il mantello e lo infilai nello zaino. L'aria secca si mescolava a sbuffi di fine graniglia, irritandomi la gola. Decisi che avevo bisogno del mio coltello a serramanico. Agganciandomi il fodero attorno alla coscia destra, sfilai l'arma e ne azionai la lama. Applicai un po' di curaro sulla punta. La droga che paralizzava i muscoli sarebbe stata utile se Cahil non avesse collaborato. Dopo aver reinserito la lama, infilai l'arma nel fodero attraverso un foro nella tasca della gonna pantalone. Poi arrotolai in una crocchia i miei lunghi capelli neri e usai i grimaldelli per tenerli a posto. Alla fine impugnai l'archetto. Tutti quei preparativi non significavano che fossi preparata per la battaglia. Speravo di riuscire a trovare Cahil e Ferde e catturarli senza uccidere nessuno. Ma la cupa consapevolezza che avrei ucciso per salvarmi mi formava un nodo in gola. Tauno controllò i nostri abiti e le armi. Leif aveva il machete appeso in vita. Portava tunica e calzoni verdi. Marrok si era agganciato la spada al cinturone. Il fodero marrone scuro era in tinta con i calzoni. Mi resi conto che ci eravamo vestiti tutti con i colori della terra, e benché non ci mimetizzassimo con il paesaggio bene come Tauno, non saremmo neanche stati troppo visibili. Legammo bagagli e provviste alle selle dei cavalli, poi lasciammo gli animali a pascolare la poca erba che potevano trovare e ci avviammo verso sud. L'altopiano sembrava deserto. Il bisogno di esaminare l'area con la magia mi fremeva lungo la pelle, ma cercai di ignorarlo. Collegarsi con la vita attorno a me era diventato pressoché istintivo, e mi sentivo esposta e a disagio ignorando che cosa respirava nei paraggi. Prendendo una strada curva, Tauno infine si fermò e indicò un ciuffo di alberi spinosi. «Proprio oltre quel boschetto c'è il campo» bisbigliò. Scrutai l'altopiano. Dov'era l'esercito Semedisabbia? La terra ondeggiò come se la sabbia si fosse liquefatta. Le onde sul terreno crebbero. Mi misi una mano sulla bocca per soffocare un grido di sorpresa. Una fila dopo l'altra, i guerrieri Semedisabbia si alzarono in

piedi. Mimetizzati per confondersi con la sabbia, erano stati distesi a terra davanti a noi e io non li avevo notati. Uomo-di-Luna sorrise, divertito dal mio sgomento. «Hai imparato a contare sui tuoi sensi magici e hai dimenticato quelli fisici.» Prima che potessi rispondere, fummo raggiunti da quattro Semedisabbia che, pur essendo abbigliati allo stesso modo dei guerrieri, si comportavano con autorità. Emanavano ordini e da loro irradiava potere. Tessitori di Storie, intuii. Uno di loro tese a Uomo-di-Luna una scimitarra. Il suo sguardo acuto mi trafisse mentre studiava le mie fattezze. «Costei è il Cercatore d'Anime?» Il dubbio condiva le sue parole, ma parlò con dolcezza. «Non è come mi aspettavo.» «Che cosa ti aspettavi?» chiesi io. «Una grossa donna dalla pelle scura. Tu hai l'aria di non poter sopravvivere a una tempesta di sabbia, figuriamoci trovare e liberare un'anima.» «È una buona cosa che non sia tu il mio Tessitore di Storie» replicai, piccata. «Vieni facilmente distratto dal disegno della tela e non riesci a vedere la qualità dei filati.» «Ben detto» mi disse Uomo-di-Luna. «Giunco, mostraci il campo.» Il Tessitore di Storie ci condusse agli alberi e finalmente, attraverso gli irti aghi dei rami, vidi l'accampamento Daviian. L'aria vibrava attorno al campo come se una bolla di calore fosse intrappolata vicino al terreno. Un ampio fuoco per cucinare ardeva nell'area centrale. Molte persone vi giravano attorno, preparando la colazione o consumandola. Da lì le tende si diramavano a ventaglio, estendendosi fino a raggiungere l'orlo dell'altopiano. Socchiudendo gli occhi nella luce solare, guardai oltre il confine dell'accampamento. Soltanto le cime degli alberi della Giungla Illiais erano visibili. Mi ricordarono il momento in cui ero salita su una piattaforma costruita vicino alla cima dell'albero più alto della giungla e avevo visto per la prima volta la piatta distesa dell'altopiano. La parete di nuda roccia a strapiombo sulla giungla mi era parsa una scalata impossibile. Dunque perché porre il campo lì?,

mi domandai. Uomo-di-Luna si chinò accanto a me. «Il campo è un'illusione.» «Avete abbastanza guerrieri per attaccare?» chiesi, pensando che l'illusione nascondesse molti più Parassiti. «Tutti.» In quel momento i Semedisabbia lanciarono un grido di battaglia e si precipitarono verso il campo. Uomo-di-Luna mi afferrò per un braccio, trascinandomi con sé. «Stammi vicino.» Con Leif e Marrok proprio dietro di noi, seguimmo i Semedisabbia. Quando i primi guerrieri attraversarono l'illusione, scomparvero per un istante alla vista. Un rumore d'acqua corrente mi raggiunse mente la chimera si dissipava. Battei le palpebre alcune volte per abituare la vista a ciò che i Daviian avevano nascosto. Il fuoco centrale restava il medesimo. Ma invece di molti Parassiti attorno alle fiamme, c'era un solo uomo. Il resto del campo era deserto.

Capitolo 3 Quando l'illusione svanì, scomparvero anche la distesa di tende e tutti i Daviian. L'uomo solitario in piedi vicino al fuoco crollò prima che i guerrieri Semedisabbia potessero raggiungerlo. La prova che lì si era accampato un grosso esercito era impressa sul terreno. Tuttavia, quando infine i capi Semedisabbia ripristinarono l'ordine tra i guerrieri che correvano in giro alla cieca, molte delle tracce dei Daviian erano rovinate. E l'unico testimone aveva assunto del veleno. «Uno dei loro Distorsori» disse Uomo-di-Luna, tastando il cadavere con il piede nudo. «Ha mantenuto l'illusione e si è ucciso non appena si è spezzata.» «Se puoi far sgombrare l'area, forse riuscirò a dirvi dove sono andati» disse Marrok. I guerrieri Semedisabbia tornarono al boschetto di alberi spinosi. Uomo-di-Luna e io restammo presso il fuoco mentre Marrok e Leif giravano per il campo, Marrok cercando prove materiali e Leif sondando l'ambiente con la magia per captare le intenzioni dei Daviian. lo proiettai la mia consapevolezza mentale il più lontano possibile. Se avessi cercato una persona specifica, avrei potuto raggiungerla anche da una grande distanza, ma con una ricerca generica il mio potere riusciva a estendersi soltanto per dieci miglia all’incirca. Non raggiunsi nessuno sull'altopiano, e le creature viventi nella giungla erano troppe perché potessi distinguerle. Quando ebbero finito il loro giro, Marrok e Leif tornarono. Le loro espressioni cupe riflettevano cattive notizie. «Se ne sono andati da giorni. La maggioranza delle tracce punta a est e a ovest» riferì Marrok. «Ma ho trovato alcune punte metalliche con fibre di corda nel terreno vicino all'orlo dell'altopiano. Alcuni Parassiti potrebbero essersi calati nella giungla.» Toccai il braccio a Leif. «Gli Zaltana?»

«Se anche i Parassiti riuscissero a trovare il nostro insediamento in mezzo agli alberi, loro sono pur sempre ben protetti» rispose lui. «Perfino da uno dei Distorsori?» domandai. Leif sbiancò. «Le funi sono ancora là?» chiesi a Marrok. «No. Probabilmente gli altri hanno aspettato che scendessero e poi hanno tagliato la fune o se la sono portata via» rispose il capitano. «Sapete in quanti sono scesi?» chiese Uomo-di-Luna. «No.» «C'erano così tanti odori ed emozioni mescolati assieme» intervenne Leif. «Il bisogno di segretezza e di urgenza predominava. Si muovevano con uno scopo e si sentivano sicuri. Il gruppo che si è diretto a est era quello più numeroso e...» Leif chiuse gli occhi e annusò la brezza. «Non so. Ho bisogno di seguire la loro pista per un po'.» Marrok condusse Leif alle tracce orientali, lo chiesi a Kiki e agli altri cavalli di venire da noi. Mentre li aspettavamo, Uomo-di-Luna e gli altri Tessitori di Storie divisero i guerrieri in due gruppi e inviarono due esploratori, uno a ovest e l'altro a est. Ma quelli che si erano calati lungo la corda fin nella giungla? Che ne era di Cahil e Ferde? Erano con i Daviian? E se così era, da che parte erano andati? Quando arrivarono i cavalli, io presi il mio zaino dalla sella di Kiki. Aprendolo, estrassi la mia fune e mi diressi al bordo dell'altopiano. Trovai una delle punte di metallo di cui aveva parlato Marrok e vi legai l'estremità della corda. Poi strisciai sul ventre fino all'orlo finché potei guardare giù nella giungla. I fianchi della rupe apparivano lisci, senza appigli visibili. Lanciai la fune oltre il ciglio del precipizio, ma sapevo che non avrebbe raggiunto il fondo. L'estremità si fermò a un quarto della strada verso il basso. Anche con una corda più lunga, la discesa sembrava pericolosa. A circa metà strada, l'acqua sprizzava fuori da fessure nella parete. Le rocce sottostanti luccicavano.

Considerai la discesa. Una persona disperata avrebbe potuto tentarla, ma ciò che Leif aveva detto dei Parassiti non contemplava la disperazione. Uomo-di-Luna mi aspettava accanto ai cavalli. «Quando tornano gli esploratori, ci mettiamo in marcia» disse. Un'idea inquietante che mi ronzava nella mente infine prese forma. «La tua gente ha sondato l'altopiano e ha sorvegliato il campo. Come hanno fatto i Parassiti a svignarsela senza che se ne accorgessero?» «Alcuni dei loro Distorsori erano stati Tessitori di Storie. Devono aver imparato a creare uno scudo-nulla.» «Questo nasconderebbe la loro presenza soltanto a una ricerca magica. Che mi dici del fatto che non li hanno visti?» Prima che Uomo-di-Luna potesse rispondere, risuonò richiamo. Leif, Marrok e l'esploratore corsero verso di noi.

un

«Trovato una trincea» ansimò Marrok. «Si dirige a est poi a nord» aggiunse l'esploratore. «Cattive intenzioni» disse Leif. A nord verso le Pianure Avibiane, intuii. Verso le terre dei Semedisabbia, indifese perché i loro guerrieri erano qui sull'altopiano. Tutti quanti. Uomo-di-Luna si coprì il volto con le mani come se avesse bisogno di chiudere fuori le distrazioni e riflettere. Poco dopo, da ovest, arrivò il secondo esploratore. Sbuffi di sabbia sollevati dal suo passaggio ci raggiunsero prima di lui. «Un'altra trincea?» chiese Marrok. «La pista finisce. Sono tornati indietro sui loro passi» riferì l'esploratore. Uomo-di-Luna lasciò cadere le mani e prese a urlare ordini, mandando i guerrieri a nordest, e comandando ai Tessitori di Storie di prendere contatto con la gente che era rimasta indietro nelle pianure.

«Andiamo» disse, voltandosi per raggiungere gli altri. «No» risposi io. Lui si arrestò e guardò indietro. «Che cosa?» «Troppo ovvio. Non credo che Cahil avrebbe acconsentito a un piano simile.» «Allora dov'è andato?» domandò Uomo-di-Luna. «Il grosso dei Daviian si è diretto a est, ma penso che un piccolo gruppo sia andato o a ovest o a sud.» «La mia gente è in pericolo» disse Uomo-di-Luna. «E così la mia» ribattei. «Tu va' con i tuoi guerrieri. Se mi sbaglio, vi raggiungeremo.» «E se hai ragione, che cosa succede?» Già. Eravamo solo in tre. «lo verrò con voi» annunciò Uomo-di-Luna. Chiamò uno dei Tessitori di Storie e un tocco di magia mi fece pizzicare la pelle quando collegarono le loro menti. Non volendo intrufolarmi nella loro conversazione mentale, mi concentrai sulla ricerca di Cahil. Esaminai l'orlo dell'altopiano. Un ramo di uno degli alti alberi della giungla si protendeva verso la rupe. Potevo usare il mio uncino e la corda e agganciarlo... No, disse Leif nella mia mente. Suicidio. lo mi accigliai. Ma potrei dondolarmi...

No. Nucci saprebbe farlo. Nostra cugina scalava gli alberi come se

nelle vene le scorresse sangue di valmure.

Tu non sei Nucci. Con riluttanza abbandonai quel progetto. Anche se avessi potuto dondolarmi fino all'albero, dubitavo che chiunque altro mi avrebbe seguita. E allora sarei stata sola. Mi rimproverai per quel pensiero: vivere a Sitia mi aveva rammollito.

Ti ha reso più furba, obiettò Leif. Poi aggiunse: Non molto più furba, ma possiamo ancora sperare in un miglioramento.

«Da che parte?» chiese Tauno unendosi al nostro gruppo. lo guardai Uomo-di-Luna. Lui si strinse nelle spalle. «È più bravo a esplorare che a combattere. Avremo bisogno di lui» disse con sicurezza. lo sospirai alle implicazioni. «Ovest.» Forse avremmo trovato una via migliore per scendere nella giungla o, in caso contrario, avremmo seguito l'orlo dell'altopiano verso le terre del Clan Cowan. Una volta lì, avremmo svoltato verso sud dentro la foresta per poi tornare a est dentro la Giungla Illiais. Sperando di non arrivare troppo tardi. Montammo a cavallo. Tauno e Marrok ancora una volta ci guidarono. Il punto in cui i Daviian erano tornati indietro risultò evidente perfino a me. La sabbia compatta era stata trascinata dove si erano fermati, e verso ovest continuava una distesa di sabbia intatta. Tauno fermò i cavalli e attese ulteriori istruzioni. «Un trucco astuto. Posso annusare inganno e compiacimento» disse Leif. «Perché sono compiaciuti?» domandai. «Lasciare una falsa pista è una strategia piuttosto comune.» «Potrebbe trattarsi di Cahil» suggerì Marrok. «Tende a pensare di essere più intelligente di tutti. Forse credeva che questo stratagemma avrebbe indotto i Semedisabbia a inviare metà dei loro guerrieri nella direzione sbagliata.» Proiettai la mia coscienza magica oltre la sabbia liscia. Alcuni topi sgusciarono all'aperto, in cerca di cibo. Un serpente stava arrotolato su una roccia calda, crogiolandosi nel sole pomeridiano. Incontrai una strana presenza oscura. Ritirai la mia coscienza ed esaminai l'altopiano. In effetti, pochi passi più avanti c'era una piccola area dove la sabbia appariva soffice, come se fosse stata scavata e rimessa a posto. Scivolai giù da Kiki e mi incamminai verso la chiazza. Sentii la sabbia spugnosa sotto gli stivali. «Un Parassita deve aver seppellito qualcosa lì» disse Marrok.

Tauno sbuffò con disgusto. «Probabilmente hai trovato una delle loro fosse per l'immondizia.» Con Uomo-di-Luna ancora in groppa, Kiki si avvicinò. Odora bagnato, disse.

Bagnato cattivo o bagnato buono?, domandai. Solo bagnato. Prendendo l'arpione dallo zaino, cominciai a scavare. Gli altri mi osservavano con varie espressioni di divertimento, disgusto e curiosità. Quando ebbi scavato a una profondità di circa un piede, il grappino colpì qualcosa di duro. «Aiutatemi a sgombrare la sabbia.» Il mio riluttante pubblico si unì a me. Ma alla fine scoprimmo un pezzo di legno piatto. Marrok vi batté le nocche e dichiarò che era il coperchio di una cassa. Lavorando più in fretta per rimuovere la sabbia, cercammo i bordi. Il coperchio rotondo misurava circa due piedi di diametro. Mentre Tauno e Uomo-di-Luna discutevano sul perché i Parassiti avrebbero sepolto una scatola circolare, io trovai il margine e sollevai il coperchio. Una folata d'aria quasi risucchiò di nuovo giù l'assicella. Tutti restarono ammutoliti per lo stupore. Il coperchio copriva un buco nel terreno. E a giudicare dal risucchio d'aria nelle sue profondità, doveva essere molto profondo. La luce del sole illuminava un breve tratto del buco. Sotto l'orlo un paio di rozzi gradini erano stati intagliati nell'arenaria. «Riesci a percepire qualcuno là dentro?» chiese Leif. Attirando un filamento di potere, lo proiettai nelle tenebre. La mia coscienza toccò molte di quelle menti oscure, ma nessuna persona. «Pipistrelli» dissi. «Centinaia di pipistrelli. Tu?» «Solo meschina soddisfazione.»

«Potrebbe essere un'altra falsa pista?» chiese Marrok. «O una trappola?» gli fece eco Tauno, guardandosi attorno con rapidi movimenti furtivi, come preoccupato che la sabbia eruttasse Parassiti. «Uno di noi deve andare dentro e riferire» decise Uomo-di-Luna, guardando Tauno. «Sapevo che avremmo avuto bisogno di un esploratore.» Tauno trasalì come se avesse camminato su un carbone ardente. Il sudore gli imperlò il viso. Deglutì. «Avrò bisogno di una luce.» Leif recuperò le bisacce e ne tolse uno dei suoi stecchi per cucinare. «Questo non arderà a lungo» disse. Ne accese un'estremità e porse lo stecco a Tauno. Con il bastoncino fiammeggiante a illuminare la via, l'esploratore Semedisabbia strisciò dentro l'apertura a testa avanti. Benché fossi tentata di collegare la mia mente alla sua per vedere che cosa trovava, mi costrinsi a concentrarmi invece sul terreno sotto i miei piedi, cercando di scoprire un segno di vita che indicasse la fine della caverna. Il battito della giungla mi pulsò nell'anima, ma non potei dire se provenisse da un'apertura sotto terra o semplicemente dal fatto che eravamo così vicini. Aspettare si dimostrò difficile. Immaginai ogni genere di incidenti sulla strada di Tauno ed ero convinta che fosse caduto e si fosse rotto una gamba quando finalmente ricomparve. «I gradini portano a una grande caverna con molte gallerie e cornici. Ho individuato poche orme di piedi nella polvere, ma ho dovuto tornare indietro prima che la luce si spegnesse» ci informò. «Ho anche udito acqua gorgogliare nelle vicinanze.» Adesso sapevamo. Dei Parassiti erano passati per la caverna. «Leif, che cosa ti serve per far durare più a lungo una luce?» gli domandai. «Non starai pensando di andare là dentro, vero?» chiese Marrok. Sembrava inorridito. «Certamente. Vuoi trovare Cahil, non è vero?»

«Che cosa ti rende così sicura che lui sia andato da quella parte?» Guardai Leif. «Meschina soddisfazione» rispondemmo all'unisono. Mentre Leif e Tauno tornavano al campo Daviian in cerca di legna da ardere, Uomo-di-Luna e io discutemmo di cosa fare dei cavalli. Avremmo avuto bisogno dell'abilità di Marrok nel seguire le tracce e dell'acuto senso dell'orientamento di Tauno per trovare la strada attraverso la caverna. Leif e io dovevamo riportare Cahil al Consiglio, così rimaneva Uomo-di-Luna. «Non resterò indietro» annunciò lui. «Occorre che qualcuno dia cibo e acqua ai cavalli» risposi. Kiki sbuffò al mio indirizzo. Le aprii la mente.

Non c'è bisogno, disse. Noi aspettiamo poi andiamo. Andate dove? Mercato. Un'immagine del Mercato Illiais si formò nella mia

mente. In quanto principale centro commerciale del sud di Sitia, il mercato era incuneato tra l'orlo occidentale della Giungla Illiais e le terre del Clan Cowan.

Come sai del mercato?, domandai. Conosco terra come conosco erba. Sorrisi. La concisa visuale di Kiki sulla vita continuava a sorprendermi con i suoi molti livelli di emozione. Se avessi potuto vedere il mondo allo stesso modo, sapevo che mi avrebbe reso la vita più semplice. Uomo-di-Luna era stato a osservarmi. «Forse Kiki dovrebbe farti da maestra.» «A che proposito? Su come diventare un Cercatore d'Anime?» «No. Tu sei un Cercatore d'Anime. Lei può aiutarti a essere un Cercatore d'Anime.» «Altro ermetico consiglio da Tessitore di Storie?» «No. Trasparente come l'aria.» Uomo-di-Luna trasse un profondo respiro e sogghignò. «Prepariamo i cavalli.» Togliemmo loro briglie e redini e infilammo i finimenti dentro le

loro bisacce da sella. Quando Leif e Tauno ritornarono, facemmo l'inventario delle provviste, distribuendole tra i nostri zaini e rimettendo il resto nelle bisacce. I cavalli avrebbero tenuto le selle, ma ci assicurammo che niente penzolasse o intralciasse i loro movimenti. Il mio zaino pesava più del solito, ma avevo la spiacevole sensazione che potessimo aver bisogno di un po' degli arnesi che c'erano dentro. Quando fummo pronti, Leif accese le torce di legna intinta nell'olio vegetale che aveva messo nelle bisacce di Rusalka. Lasciò indietro la maggior parte dei suoi strani preparati e medicine. vantandosi di saper trovare qualsiasi cosa gli occorresse nella giungla. «Ammesso che troviamo una via d'uscita» borbottò Marrok. «Che cosa faremo se dovessimo perderci nelle grotte?» «Non succederà» rispose Uomo-di-Luna. «Segnerò il cammino con della pittura. Se non riusciamo a trovare l'uscita, torneremo all'altopiano. I cavalli aspetteranno finché Yelena non dirà loro di andare.» Uomo-di-Luna cinse con il braccio muscoloso le spalle di Marrok, e lui si tese come se si aspettasse un colpo. «Abbi fiducia in te stesso, Tracciatore. Non ti sei mai perduto» disse Uomo-di-Luna. «Non sono mai stato dentro una grotta.» «Allora sarà un'esperienza nuova per entrambi.» Gli occhi di Uomo-di-Luna scintillavano per l'aspettativa; Marrok invece ingobbì la schiena. lo non ero estranea a luoghi angusti e bui. Prima di diventare l'assaggiatore di cibo del Comandante, avevo trascorso un anno nella segreta del Comandante in attesa di esecuzione. Benché non fossi ansiosa di tornare in uno spazio ristretto, ero disposta a tutto per riacciuffare Ferde. «Ci sono poche caverne nella giungla» disse Leif. «La maggior parte di esse sono usate come tane dai leopardi arborei e vengono evitate,

ma io ne ho esplorate alcune.» Il suo sguardo incontrò il mio, e dal triste sorriso compresi che aveva frugato quelle grotte per cercare me. Tauno e Marrok reggevano una torcia ciascuno. Tauno fece strada, io lo seguii, strisciando attraverso la piccola apertura. Leif era appena dietro di me, poi veniva Marrok e infine Uomo-di-Luna. La luce delle torce rischiarava la galleria larga tre piedi. Segni di badile incidevano le pareti scabre, indicando che quello spazio era stato scavato dall'uomo. I gradini diventarono protuberanze che contribuirono a rallentare la nostra avanzata mentre scivolavamo giù per il corridoio ripido. Tossii quando la polvere che si alzava al nostro passaggio si mescolò al deciso flusso di aria umida e fredda. Solo quando raggiungemmo la caverna, la pressione attorno alle mie costole si allentò. La luce di Tauno si rifletteva da rocce che assomigliavano a denti. Alcune di queste pendevano dal soffitto e altre spuntavano dal terreno come se fossimo dentro la bocca di un gigantesco animale. «Non muovetevi» ordinò Marrok mentre esaminava il terreno. Le ombre danzavano sulle pareti butterate mentre Marrok cercava dei segni. Profondi pozzi di buio indicavano altre gallerie, e il pavimento era disseminato di piccole pozzanghere. Acqua che sgocciolava e colava riempiva l'aria di un piacevole mormorio che contrastava con lo sgradevole odore di minerale bagnato misto a pungente puzzo animale. Uomo-di-Luna aveva le sottolineavano il suo respiro.

spalle

ingobbite

e

brevi

ansimi

«Qualcosa non va?» gli domandai. «Le pareti mi premono addosso. Mi sento stritolato. Senza dubbio è la mia immaginazione.» Andò a segnare la galleria da cui eravamo sbucati nella caverna con pittura rossa. «Da questa parte» disse Marrok. Amplificata dalle pareti di pietra o dalla paura, la sua voce risuonò più alta del solito. Ci mostrò una serie di cornicioni che scendevano lungo un canale di scolo.

L'odore che si levava dal canale si fece pungente e acido. Ebbi un conato di vomito. Tauno iniziò a scendere. I cornicioni si rivelarono grossi pezzi di roccia impilati alla rinfusa l'uno sopra l'altro. In alcuni punti l'esploratore Semedisabbia si spenzolava da un lato e si lasciava cadere. Noi lo seguimmo e con qualche borbottio e imprecazione lo raggiungemmo. Ci aspettava sull'ultima mensola visibile. Dietro di lui, il canale terminava in un pozzo di tenebra. Tauno lasciò cadere la torcia, che atterrò su un piano di roccia molto più sotto. «Troppo lontano per saltare» disse. Estrassi il rampino dal mio zaino e incuneai le punte metalliche dentro una fessura, lieta di aver deciso di portarmelo dietro. Legando la fune all'uncino, saggiai la presa. Sembrava salda, ma Uomo-di-Luna si puntellò e abbrancò la fune quando Tauno saltò oltre l'orlo e scese. La fronte di Uomo-di-Luna grondava di sudore malgrado l'aria fredda. Il suo respiro irregolare riecheggiava dalle pareti. Quando Tauno fu quasi in fondo, Uomo-di-Luna lasciò andare la corda. Il grappino resse il peso dell'esploratore. Lui saltò l'ultimo tratto e raccolse la torcia, esplorando l'area prima di darci il segnale di via libera. Uno alla volta lo raggiungemmo in fondo al precipizio. Lasciammo in posizione il rampino nel caso avessimo necessità di tornare indietro. «Ho alcune buone notizie e alcune cattive» disse Tauno. «Diccele e basta» abbaiò Marrok. «C'è una via d'uscita da questa grotta, ma dubito che Uomo-diLuna e Leif ci passino.» Tauno ci mostrò una piccola apertura. La fiamma della torcia guizzò nella brezza proveniente dal canale. Guardai Leif. Anche se Marrok era più alto di lui, Leif aveva spalle ampie. Come avevano fatto a passarci Cahil e Ferde? Oppure avevano seguito una via diversa? Era difficile valutare la stazza basandosi sulla memoria, pensai. Forse non avevano incontrato alcun problema. «Prima esplora la galleria. Vedi che cosa c'è dall'altra parte» dissi a Tauno, e lui scomparve nel foro con agile grazia.

Leif si accosciò accanto all'apertura, esaminandola. «Ho dell'altro olio vegetale» annunciò. «Forse possiamo ungerci la pelle e scivolarci attraverso.» Arretrò quando la luce di Tauno rischiarò il passaggio. «Diventa più largo circa dieci piedi più in basso e termina in un'altra caverna» annunciò l'esploratore. Nero fango dall'odore atroce gli copriva i piedi. Quando gli chiedemmo di cosa si trattava agitò le dita dei piedi. «La fonte del puzzo. Guano di pipistrello. A montagne.» Quei dieci piedi furono i più lunghi da attraversare. Perdemmo un sacco di tempo per strizzare due uomini grandi e grossi come Leif e Uomo-di-Luna attraverso lo spazio angusto, e l'idea che avrebbe potuto essere impossibile raggiungere Cahil e gli altri mi tormentava. Per non parlare dell'attacco di panico che aveva sorpreso Uomo-diLuna quando per un momento si era incastrato, e che aveva portato al limite i nervi di tutti. Immersi fino alle caviglie nel guano di pipistrello, eravamo un gruppo davvero miserevole. Il mio smarrimento si rifletteva sul viso di ciascuno, e non era dovuto all'odore putrido e acido. Le spalle di Leif erano abrase fino alla carne e sanguinanti, e la pelle delle braccia di Uomo-di-Luna era lacerata in più punti. Gli gocciolava sangue dalle mani e il suo respiro era raspante. «Indietro. Dovremmo... tornare indietro» ansimò. «Cattiva idea. Cattiva idea. Cattiva idea.» Soffocai le mie preoccupazioni riguardo a Cahil. Collegandomi alla fonte del potere, raccolsi una fibra di magia e cercai la mente di Uomo-di-Luna. La claustrofobia aveva spinto da parte logica e ragione. Sondai più in profondità nei suoi pensieri per trovare il forte e imperturbabile Tessitore di Storie, rammentandogli l'importanza del nostro viaggio. Un Tessitore di Storie Semedisabbia non si lasciava prendere dal panico. Quando il respiro di Uomo-diLuna si acquietò, mentre la calma riprendeva il controllo delle sue emozioni, mi ritirai dalla sua mente. «Mi dispiace. Non mi piace questa grotta» si scusò lui poco dopo. «Non piace a nessuno» borbottò Leif. Trattenendo il mio filamento di magia, mi concentrai sulle braccia di Uomo-di-Luna. Larghi brandelli della sua pelle erano stati

strappati via. I miei arti superiori bruciarono di dolore mentre mi concentravo sulle sue ferite. Quando non riuscii più a sopportare il fuoco pungente, usai la magia per allontanarlo da me. Mi afflosciai per il sollievo, e sarei caduta a terra se Leif non mi avesse afferrato. Uomo-di-Luna si esaminò le braccia. «Non potevo prestarti la mia energia, stavolta» disse. «La tua magia mi teneva immobile.» «Questo cos'è?» chiese Leif. Sollevò alla luce la mia mano. Il sangue mi rigava la pelle, ma io non riuscii ad avvertire alcun danno. Quando avevo aiutato Tula, una delle vittime di Ferde e sorella di Opale, Irys aveva ipotizzato che avessi assunto in me le sue ferite e poi guarito me stessa. Supposi fosse successo lo stesso con lo zigomo fracassato di Marrok. Ma vedere la prova fisica trasformava la teoria di Irys in realtà. Fissai il sangue e mi sentii girare la testa. «Interessante» commentò Leif. «Interessante in senso buono o cattivo?» domandai. «Non lo so. Nessuno l'ha mai fatto prima.» Feci appello a Uomo-di-Luna. «Un paio di Tessitori di Storie hanno il potere di risanare, ma non così» spiegò lui. «Forse è qualcosa che solo un Cercatore d'Anime sa fare.» «Forse? Tu non lo sai? Allora perché mi hai indotto a credere di sapere tutto su di me?» lo punzecchiai. Lui si massaggiò il braccio appena risanato, «lo sono il tuo Tessitore di Storie. So effettivamente tutto su di te. Tuttavia, non so tutto sui Cercatori d'Anime. Definisci te stessa strettamente con quel titolo?» «No.» Lo evitavo, quel titolo. «Bene, allora» disse lui, come se questo sistemasse l'argomento. «Andiamo» ci sollecitò Marrok attraverso la camicia con cui si era coperto naso e bocca per bloccare il fetore. «La pista dei Daviian attraverso questo fango è facile da seguire.» Con Marrok alla guida, avanzammo con cautela. A circa metà

della caverna dei pipistrelli, percepii un risveglio. Inviando un sottile tralcio di potere, mi collegai con le menti oscure sopra di me mentre fluttuavano verso una coscienza collettiva. Il loro bisogno di cibo mi colpì, e attraverso di loro sentii l'esatta localizzazione di ogni pipistrello, di ogni parete, di ogni uscita, di ogni masso, e di ogni figura al di sotto. Si lanciarono. «Chinatevi!» urlai un secondo prima che calasse la nube di creature volanti. Il frullare di ali battenti raggiunse un crescendo mentre corpi neri ci volavano attorno. L'aria turbinava ed era piena di pipistrelli. Loro evitarono agilmente di sbattere contro di noi o l'uno contro l'altro mentre si dirigevano verso l'uscita, cercando gli insetti e le bacche della giungla. La mia mente viaggiava con loro. L'istintivo esodo di migliaia di pipistrelli in volo attraverso le strette gallerie della caverna era organizzato come un attacco militare. E come ogni evento ben pianificato, occorse tempo perché tutti uscissero. I muscoli nelle gambe mi bruciavano quando finalmente mi raddrizzai. Il rumore echeggiò nelle gallerie, poi svanì. Guardai i miei compagni. Nessuno sembrava ferito, anche se alcuni di noi erano schizzati di letame. Marrok aveva lasciato cadere la torcia e si copriva la testa con le braccia, ansimando. «Capitano Marrok» lo chiamai, sperando di calmarlo. «Dammi la tua torcia.» Il mio comando penetrò il panico. Raccolse lo stecco spento. «Perché?» «Perché i pipistrelli mi hanno mostrato la via d'uscita.» Trasalii disgustata quando la mia mano si chiuse sull'impugnatura coperta di guano. «Leif, puoi riaccenderlo?» Leif annuì. Le fiamme si alzarono. Quando la torcia arse da sé, lui chiese: «Quanto siamo lontani dalla giungla?». «Non molto.» Guidai il gruppo, stabilendo un'andatura rapida. Nessuno si lamentò. Tutti erano ansiosi quanto me di uscire dalla

grotta. Il rumore di acqua che scrosciava e la meravigliosa freschezza dell'aria furono gli unici segnali che avevamo raggiunto la nostra destinazione. Il giorno era diventato notte mentre noi attraversavamo la caverna. Dai pipistrelli sapevo che l'acqua fluiva lungo il pavimento dell'uscita e cadeva per circa venti piedi fino nella giungla infrangendosi su un ammasso di rocce. Gli altri mi seguirono fin sull'orlo del torrente. Spegnemmo le torce e attendemmo che i nostri occhi si abituassero alla debole luce della luna. Esaminai la giungla sottostante con la mente, cercando segni di un'imboscata e leopardi arborei. Anche i serpenti della collana erano un pericolo per noi, ma l'unica traccia di vita che sfiorai furono animaletti che scorrazzavano per il sottobosco. «Preparatevi a bagnarvi» dissi prima di immergermi nell'acqua gelida, alta fino al ginocchio. I miei stivali si riempirono immediatamente mentre guadavo verso il bordo. C'erano massi in abbondanza a cui aggrapparsi, ma o erano sotto l'acqua o bagnati. Scaricai lo zaino e lo gettai in basso, mirando a un punto asciutto sull'argine roccioso. «State attenti» raccomandai. Mi girai e mi accosciai, calandomi nella corrente. Tenendo la faccia sopra il livello dell'acqua, spinsi i piedi oltre l'orlo e tastai in cerca di un appiglio. Quando raggiunsi il fondo, i miei abiti erano zuppi, ma almeno l'acqua aveva lavato via il guano puzzolente. Una volta che tutti furono scesi, restammo gocciolanti a rabbrividire sull'argine. «E adesso che si fa?» chiese Leif. «È troppo buio per vedere segni di una pista» disse Marrok. «A meno che non facciamo delle altre torce.» Guardai il nostro gruppo cencioso, lo avevo un cambio d'abiti asciutto nello zaino, ma Tauno e Uomo-di-Luna non avevano niente con sé. L'argine era abbastanza ampio per accendere un fuoco. «Dobbiamo asciugarci e riposare un po'» decisi.

«Dovete morire» disse una voce alta dalla giungla.

Capitolo 4 Piovvero frecce. Tauno urlò quando una gli trapassò la spalla. «Cercate riparo» ordinò Marrok. Una freccia gli sporgeva dalla coscia. Corremmo verso il sottobosco. Uomo-di-Luna trascinò Tauno con sé. Marrok cadde. Una freccia mi sibilò vicino all'orecchio e si conficcò nel tronco di un albero. Un'altra urtò il mio zaino prima che mi tuffassi sotto un cespuglio. Sondai le cime degli alberi con la mente, ma non riuscii a percepire nessuno. «Scudo-nulla» urlò Uomo-di-Luna. «Niente magia.» Marrok giaceva allo scoperto, immobile. Continuavano a volare frecce, ma lo mancarono. Fissava il cielo. «Curaro!» urlai. «Le frecce sono trattate con curaro.» Gli autori dell'imboscata volevano paralizzarci, non ucciderci. Almeno non ancora. Il ricordo di quando mi ero ritrovata completamente inerme per la droga mi investì. Alea Daviian aveva cercato vendetta per la morte del fratello, così mi aveva punta con curaro e poi mi aveva portata in un carretto sull'altopiano per torturarmi e uccidermi. Poco lontano, Leif guaì. Una freccia gli aveva sfiorato una guancia. «Teobroma?» chiese prima che il viso gli si raggelasse. Naturalmente! L'antidoto ideato da mio padre, quello che mi aveva salvato da Alea, rammentai aprendo lo zaino con uno strappo. La pioggia di frecce rallentò, e un rumore frusciale che proveniva dall'alto segnalò che i nostri attaccanti stavano scendendo. Probabilmente per prendere meglio la mira. Trovai i pezzetti marroni di teobroma e me ne misi uno in bocca, masticandolo e deglutendolo immediatamente. Uomo-di-Luna imprecò e io uscii allo scoperto per correre da lui. Una freccia mi colpì alla schiena. L'impatto mi sbatté a terra. Il dolore mi percorse il corpo come un brivido.

«Yelena!» Uomo-di-Luna afferrò il mio braccio proteso e mi tirò verso di lui. «Qui.» Ansimai mentre il curaro attutiva il dolore nella parte inferiore della schiena. «Mangia questo.» Lui mangiò il boccone di teobroma senza la minima esitazione. L'asta di una freccia gli aveva inchiodato la tunica a un albero. Persi la sensibilità nelle gambe. «Sei stato colpito?» Lui liberò la camicia strappandola e si esaminò la pelle lungo il fianco destro. «No.» «Fingi di esserlo» bisbigliai. «Aspetta il mio segnale.» Improvvisa comprensione lampeggiò nei suoi profondi occhi scuri. Spezzò l'asta della freccia che l'aveva mancato, raccolse del sangue dalla mia schiena e si sdraiò, tenendo l'asta sullo stomaco tra due dita insanguinate, come se la freccia gli avesse perforato le viscere. La mano destra serrava la scimitarra. I primi uomini a raggiungere il suolo della giungla lanciarono dei richiami. Prima che potessero scoprirmi, infilai la mano destra nella tasca dei pantaloni, appoggiandola sull'impugnatura del coltello a serramanico. L'insensibilità mi si diffondeva lungo il busto, ma il teobroma contrastava gli effetti del curaro ed ero in grado di compiere movimenti limitati. Rimasi immobile, fingendo di essere paralizzata. «Ne ho trovato uno» annunciò un uomo. «Quaggiù ce n'è un altro.» «lo ne ho trovati due» disse una voce ruvida proprio sopra di me. «Ecco gli altri. Assicuratevi che siano inoffensivi prima di tirarli fuori. Buttateli vicino ai loro compagni nella radura» ordinò una quarta voce. L'uomo dalla voce aspra mi diede un calcio nelle costole e un dolore atroce si irradiò al torace e allo stomaco. Serrai i denti per soffocare un gemito. Quando mi afferrò per le caviglie e mi trascinò attraverso i cespugli e sulle pietre irregolari dell'argine, benedissi il curaro che avevo in corpo, perché attenuava il bruciore.

Il veleno, tuttavia, attutiva anche le mie emozioni. Sapevo che avrei dovuto essere terrorizzata, e invece provavo solo una moderata preoccupazione. La capacità del curaro di paralizzare il mio potere restava l'aspetto più spaventoso della droga. Anche se era in grado di contrastare i sintomi, infatti, il teobroma aveva il suo effetto collaterale: apriva la mente di una persona all'influsso magico. Anche se potevo usare il mio potere, ora non avevo alcuna difesa contro quello altrui. Marrok giaceva ancora dov'era caduto. Lo sferragliare della scimitarra di Uomo-di-Luna sul terreno mi raggiunse prima che lui venisse lasciato cadere accanto a me. «Ha le dita rattrappite attorno all'impugnatura» disse uno degli uomini. «Tanto non gli servirà a molto» scherzò un altro. Ascoltando le loro voci, contai cinque uomini. Due contro cinque. Proporzioni non pessime, a meno che le mie gambe non rimanessero insensibili. In quel caso, Uomo-di-Luna sarebbe stato da solo. Quando gli uomini ebbero portato Leif e Tauno all'argine, il capo degli assalitori abbassò lo scudo-nulla. Fu come se fosse stata tirata indietro una tenda, rivelando ciò che stava appostato dietro. Ora i pensieri di tutti e cinque gli uomini mi erano palesi. «Preparate i prigionieri per il rituale Kirakawa» ordinò il loro capo. «Non dovremmo sacrificare questi uomini» obiettò Voce Aspra. «Dovremmo usare il loro sangue per noi stessi. Tu dovresti restare.» Il mio sguardo incontrò quello di Uomo-di-Luna. Dovevamo agire al più presto. Soffocai il desiderio di entrare in contatto mentale con il Tessitore di Storie: il loro capo doveva essere un Distorsore potente per aver creato uno scudo-nulla così impercettibile, e c'era la possibilità che ci udisse. Lo stridere della ghiaia calpestata dagli stivali si avvicinò. Mi si serrò lo stomaco. «Ho ordini di portare la donna a Jal» annunciò il capo. «Ha progetti speciali per lei.»

Senza preavviso, la freccia nella mia schiena venne strappata fuori. Mi morsi la lingua per non gridare. Il capo si inginocchiò accanto a me. Reggeva la freccia, esaminandola. Il mio sangue macchiava la liscia punta metallica. Almeno non era seghettata, pensai. Strano che mi preoccupassi di un simile dettaglio. «Peccato» disse Voce Aspra. «Pensa al potere che potresti avere se effettuassi il Kirakawa su di lei. Potresti diventare più forte di Jal. Tu potresti guidare il nostro clan.» La parte bassa della schiena mi pulsava di dolore. Il teobroma stava funzionando. Un altro minuto e avrei riguadagnato l'uso delle gambe. «Lei è potente» concordò il capo. «Ma io non conosco ancora il rito per legare. Dopo che l'avrò portata a Jal, spero che lui mi ricompenserà permettendomi di ascendere al livello successivo.» Mi scostò dal viso i capelli. Mi sforzai di non ritrarmi quando le sue dita mi accarezzarono la guancia. «Le voci sono vere? Sei davvero un Cercatore d'Anime?» bisbigliò, accarezzandomi il braccio in modo possessivo. «Forse posso travasare una tazza del tuo sangue prima di consegnarti a Jal» mormorò tendendo la mano verso il pugnale che gli pendeva dalla cintura. Mi mossi. Estraendo di tasca il coltello a serramanico, azionai la lama e mi rotolai, squarciandogli lo stomaco. Ma anziché ricadere all' indietro, sorpreso, lui si chinò in avanti e mi cinse il collo con le mani. Un rapido movimento indistinto accanto a me, e Uomo-di-Luna balzò in piedi, roteando la scimitarra in un arco mortale contro Voce Aspra. lo lottavo con il capo. Il suo peso mi intrappolava le braccia, la pressione dei suoi pollici mi chiudeva la trachea. Tentò di connettersi alla mia mente, e sarebbe riuscito nel suo attacco magico se il curaro sul mio coltello non avesse lavorato così in fretta da paralizzare il suo potere. C'era ancora un problema. Intrappolata sotto il Parassita immobile, non riuscivo a respirare.

Uomo-di-Luna, chiamai. Aiuto! Un minuto solo. Il clangore d'armi affettava l'aria. Sarò morta tra un minuto. Tiralo via e basta. Una breve

sventagliata di acciaio che colpiva acciaio fu seguita dal silenzio. L'uomo su di me cadde di lato. Mi liberai le braccia e mi staccai dal collo le sue mani.

Uomo-di-Luna si tuffò di nuovo nello scontro, combattendo altri tre uomini. La testa mozzata del loro capo era rotolata vicino a me. Carino. La mia lama corta non sarebbe durata a lungo contro le loro lunghe scimitarre e il mio archetto era nella giungla insieme allo zaino. Raccogliendo un filamento di potere, sondai leggermente la mente di un uomo. Sollevata che non fosse un Distorsore, gli mandai immagini disturbanti per distrarlo. Lui si ritirò dal combattimento contro Uomo-di-Luna e mi fissò con espressione confusa mentre mi avvicinavo. Alzò la spada un secondo troppo tardi. Gli andai vicino e gli punsi il braccio con il coltello e serramanico, sperando che alla lama fosse ancora attaccato del curaro. Non potendo usare la spada, l'uomo lasciò cadere l'arma e si tuffò verso di me. Il suo intento di sopraffarmi squillò chiaro nella sua mente, ma io approfondii la connessione mentale e lo costrinsi a dormire. Uomo-di-Luna tagliò la testa agli ultimi due avversari rimasti, poi avanzò a grandi falcate verso l'uomo addormentato ai miei piedi e sollevò la scimitarra. «Fermo» dissi. «Quando si sveglierà, potremo interrogarlo sui piani di Cahil.» «L'altro?» «Paralizzato.» Uomo-di-Luna girò il capo. Il sangue della ferita allo stomaco aveva formato una pozza sulle rocce. Poi, dopo avergli toccato collo e faccia, sentenziò: «È andato». Il taglio era più profondo di quanto pensassi. Sentii una punta di senso di colpa mentre guardavo accigliata il corpo. Il capo

probabilmente aveva più informazioni dell'altro uomo. «È una buona cosa che sia morto. Era un Distorsore. Non avremmo ottenuto nulla da lui se non guai.» Mi guardai intorno. I corpi senza testa proiettavano macabre ombre nella pallida luce lunare. Il lato della faccia e la ferita alla schiena mi pulsavano. La fredda aria notturna sugli abiti bagnati mi fece rabbrividire. Tauno e Marrok avevano bisogno entrambi di cure mediche, e non potevamo andare da nessuna parte finché non avessero smaltito il curaro, e il pensiero di passare la notte circondata da cadaveri... «Mi occuperò io di loro» disse Uomo-di-Luna, leggendomi nel pensiero. «E accenderò un fuoco. Tu prenditi cura dei feriti. Inclusa te.» Estraendo le frecce dalla coscia di Marrok e dalla spalla di Tauno, radunai potere, ma non riuscii ad assorbire le loro ferite. Il curaro nei loro corpi bloccava la mia magia. Interessante scoperta, riflettei. Apparentemente, quando si era sotto l'influsso della droga, non si poteva usare la magia né esserne influenzati. Frugai nello zaino, trovando alcuni bocconi di teobroma che diedi a Uomo-di-Luna da sciogliere sul fuoco e somministrare ai nostri compagni paralizzati. Dalla mia personale esperienza con il curaro, sapevo che la droga non impediva la capacità del corpo di deglutire, respirare e udire. Così dissi loro cosa volevo fare. Le poche energie che mi rimanevano svanirono dopo che ebbi guarito la mia ferita, così mi raggomitolai sul terreno e piombai nel sonno. Quando mi svegliai, acquose strie di colore dipingevano il cielo. Uomo-di-Luna sedeva a gambe incrociate vicino al fuoco, cucinando un pezzo di carne dall'aroma divino. Il mio stomaco gorgogliò pregustandolo. Controllai gli altri. Marrok, Leif e Tauno dormivano ancora. Il taglio di Leif si era chiuso, ma avrei dovuto curare le ferite di Marrok e di Tauno. Uomo-di-Luna aveva legato braccia e gambe del

prigioniero Daviian con delle liane della giungla, anche se il Parassita restava incosciente. Uomo-di-Luna mi fece cenno di unirmi a lui. «Prima di curarli, mangia.» Mi porse una striscia di carne infilzata su uno stecco. Quando la annusai, mi disse: «Non analizzarlo. È caldo e nutriente. Questo è tutto ciò che hai bisogno di sapere». «Perché sei tu a decidere che cosa devo sapere? Perché non puoi semplicemente darmi l'informazione che chiedo?» La mia frustrazione andava al di là della carne del mistero. «Sarebbe troppo semplice.» «Che cosa c'è di sbagliato nelle cose semplici? Posso capire se l'aspetto più stressante della mia vita fosse preoccuparmi del prossimo esame di storia con Bain, ma ci sono vite in gioco. Ferde potrebbe aver rubato l'anima di qualcun altro e io potrei avere il potere di fermarlo.» «Che cosa vuoi? Che ti dica di fare questo o quello e... voilà!» Uomo-di-Luna fece un ghirigoro nell'aria con la mano. «Successo istantaneo!» «Sì. È esattamente ciò che voglio. Ti prego, dimmelo.» Un'espressione pensierosa gli velò il viso. «Quando ti stavi addestrando come assaggiatore del Comandante, avresti saputo che sapore aveva il veleno Amor Mio se Valek si fosse limitato a descrivertelo?» «Sì.» Impossibile sbagliarsi sul gusto di mela rancida. «Avresti affidato la vita a quella conoscenza? O la vita di altri?» Aprii la bocca per replicare, ma mi fermai. Non avrei potuto ricordare i veleni che non avessi assaggiato o annusato. Ma non dimenticherò mai l'acidità di Amor Mio, l'aroma di arancia rancida di Polvere di Farfalla, e l'amara appiccicosità di Terrore Bianco. «Sto parlando di magia. Testare cibo o veleni è diverso.» «Davvero?» Battei il pugno a terra, frustrata. «I Tessitori di Storie firmano un contratto o fanno un giuramento di sangue impegnandosi a essere

difficili e ostinati e una spina nel fianco?» Un limpido sorriso si diffuse sulla faccia di Uomo-di-Luna. «No. Ciascun Tessitore di Storie sceglie come guidare i suoi pupilli. Pensaci, Yelena. Tu non rispondi bene agli ordini. Adesso mangia la tua carne prima che diventi fredda.» Soffocando la voglia di scagliare il cibo nel fuoco e dimostrare così che quell'insopportabile presuntuoso Tessitore di Storie aveva ragione sulla mia incapacità di prendere ordini, ne mangiai un grosso boccone. Condita con del pepe, la carne oleosa era simile a quella dell'anatra. Uomo-di-Luna me ne diede altri due pezzi prima di lasciarmi tornare dagli uomini addormentati per guarirli. Stanca, sonnecchiai accanto al fuoco. Più tardi, quando tutti si furono alzati e raccolti attorno al fuoco da campo per mangiare, discutemmo della nostra prossima mossa. «Pensi che tenderanno nuove imboscate nella giungla? Lasceranno altri Distorsori sulla nostra strada?» chiesi a Uomo-di-Luna. Lui ponderò la domanda. «È possibile. Ne hanno lasciato all'accampamento uno che si è sacrificato. Quello che abbiamo catturato, invece, si aspettavano che tornasse. Le nostre spie hanno stabilito che i Parassiti Daviian hanno circa dieci Distorsori... adesso otto. Due di loro sono molto potenti.» «Il capo dell'imboscata aveva abbastanza potere per creare e mantenere uno scudo-nulla.» Uomo-di-Luna rigirò la carne che arrostiva sul fuoco. «Argomento valido e allarmante. Il che significa che potrebbero aver praticato il rituale Kirakawa per un bel po' di tempo.» «Che cos'è il Kirakawa?» chiese Leif. «È un antico rituale. Ha molti passaggi e riti. Se eseguito correttamente, trasferisce l'energia vitale di una persona a un'altra. Tutti gli esseri viventi hanno la capacità di usare la magia, ma la maggior parte non sa collegarsi alla fonte del potere. Praticando il Kirakawa, una persona può aumentare il proprio potere magico o acquisire la capacità di connettersi alla fonte del potere, e pertanto

di diventare un Distorsore. «Il loro capo ha menzionato dei livelli e un rito per legare. Probabilmente stanno usando il Kirakawa per garantire poteri magici ad alcuni membri e accrescere i poteri di alcuni Distorsori. Evidentemente chi li guida non vuole che tutti i membri del clan siano egualmente potenti.» «In che modo il Kirakawa è diverso dal rituale Efe che usava Ferde?» domandò Leif massaggiandosi il taglio sulla guancia. «Il rituale Efe lega l'anima di una persona a chi lo pratica, accrescendone il potere. Benché sia necessario il sangue, non è questo a contenere il potere, bensì l'anima. E la persona che esegue il rituale dev'essere un mago.» «Vuoi dire che chiunque potrebbe usare il Kirakawa per acquisire potere?» commentò Leif. «Ammesso che conosca i passaggi necessari, sì. Con il Kirakawa, l'anima della vittima è intrappolata nel sangue. E si tratta di un rituale raccapricciante: lo stomaco della vittima viene squarciato e il cuore viene asportato mentre la vittima è ancora viva. Inoltre, è più complicato del rituale Efe.» «Qualsiasi mago potrebbe usare I'Efe. o soltanto il Ladro d'Anime?» chiesi. «Anche un Cercatore d'Anime potrebbe farlo, ma nessun altro. È una risposta abbastanza diretta per te, Yelena?» Non degnai il suo commento di una risposta. Invece domandai di Mogkan, il fratello di Alea. A Ixia, lui aveva catturato circa trenta persone, trasformandole in schiavi privi di mente per poter attingere al loro potere e aumentare il proprio. Valek e io alla fine gli avevamo impedito di prendere il controllo di Ixia, il che spiegava la brama di vendetta di Alea. «Mogkan li torturò sia fisicamente sia mentalmente finché non poterono più sopportare la consapevolezza di ciò che accadeva loro. Allora si ritirarono in se stessi diventando un mero canale da sfruttare. La magia che possedevano rimase nei loro corpi.» Le implicazioni dei diversi modi in cui la gente poteva abusare del

potere mi galoppavano per la mente. «Tornando al Kirakawa: se i Parassiti Daviian lo stanno praticando da un po', potrebbero avere più di otto Distorsori.» Uomo-di-Luna annuì. «Molti di più.» La paranoia mi sfrigolò lungo la spina dorsale. Convinta che fossimo circondati da Distorsori, la voglia di riportare i miei amici alla sicurezza dell'altopiano mi premeva tra le scapole. Comunque, se i Daviian volevano trovare altre vittime per il loro rituale, il Clan Zaltana traboccava di persone e di maghi. E se i Distorsori avessero creato uno scudo-nulla, il clan non avrebbe avuto alcun sentore della loro presenza. Dita di disperata paura mi strizzarono lo stomaco quando le immagini di mia madre e mio padre che venivano mutilati mi colmarono la mente. «Come si contrasta lo scudo-nulla?» chiesi a Uomo-di-Luna, senza riuscire a nascondere il panico nella voce. La giungla attorno a noi si rabbuiava e immaginavo predatori appostati dietro ogni albero e ogni cespuglio. Solo il piccolo fuoco attorno a cui ci stringevamo dava un po' di luce. «La magia non può penetrare lo scudo, ma trova una via per girare attorno ai bordi dello scudo e potrai usare il tuo potere.» «Quali sono le dimensioni dello scudo?» «Dipende dalla forza di chi lo erige. Quello che abbiamo usato noi sull'altopiano era alto come un uomo a cavallo e largo come trenta uomini. Ma è stato necessario il potere di quattro Tessitori di Storie per costruirlo. Per un solo Distorsore, lo scudo dovrebbe essere più piccolo.» Guardai in su, verso gli alberi. L'attacco era stato sferrato dall'alto. Avrebbero usato la stessa tattica per tenderci un'altra imboscata? No. Se il primo tentativo non aveva funzionato, avrebbero impiegato un'altra strategia. Essere più in alto del proprio obiettivo aveva molti vantaggi, e se io mi arrampicavo dentro la volta di alberi, potevo essere in grado di scavalcare i bordi di un altro scudo-nulla e scoprire dove avevano intenzione di tenderci il prossimo agguato.

Conoscere la mia prossima mossa aiutò a smorzare il terrore per la mia famiglia. Presi contatto con Kiki, proiettando la mia coscienza verso l'altopiano.

Qualche problema?. domandai. No. Annoiati, rispose lei. Andiamo? Sì. Ci incontreremo al punto di ritrovo al Mercato Illiais. Poi esposi il mio piano agli altri. «Non andrai senza di me» disse Leif. «lo sono cresciuto nella giungla. Conosco ogni foglia e ogni albero.» Il suo corpo si irrigidì per la determinazione. «Ecco perché è necessario che tu resti con loro. Devi guidarli fino all'insediamento. E aiutarli a evitare i predatori.» Leif incrociò le braccia sull'ampio torace. Ma sapeva che era una cosa sensata, per cui non poté contestare. «Ho bisogno di interrogare il nostro prigioniero prima di andare. Potrebbe esserci una possibilità che gli altri Parassiti non stiano prendendo di mira la mia famiglia.» L'uomo gemette e batté le palpebre quando lo svegliai dal suo profondo sonno. Uomo-di-Luna aveva avuto ragione a legargli le braccia. Non era rimasto abbastanza curaro sulla mia lama per paralizzarlo. La tunica e i calzoni del Parassita si erano strappati, e scorsi parti di tatuaggi rosso-nerastri sulla sua pelle bruna. Uomo-di-Luna si protese e gli strappò via la manica destra, dopodiché mi indicò i simboli sul braccio dell'uomo. «Ha compiuto il sacrificio di sangue per prepararsi al rituale Kirakawa. Vedi, l'inchiostro nella sua pelle è stato mischiato a sangue.» Le spalle di Uomo-di-Luna si ingobbirono. «I Semedisabbia furono saggi a bandire gli antichi rituali» mormorò, rattristandosi. «Voi foste depistati e indotti a seguire gli insegnamenti di Guyan con l'inganno» disse il prigioniero. «Non foste saggi, bensì deboli e patetici, cedendo il vostro potere per diventare docili Tessitori di Storie anziché...» Uomo-di-Luna abbrancò l'uomo per la gola e lo sollevò da terra.

Docile e debole non erano parole che avrei usato per descriverlo. «Da chi hai avuto le istruzioni?» lo interrogò Uomo-di-Luna, scrollandolo. L'uomo sorrise. «Non te lo dico.» «Istruzioni?» domandai. «I dettagli per compiere gli antichi rituali si erano persi nel tempo. A un certo punto nella storia, sapevamo come effettuare molti riti differenti per accrescere il nostro potere. Lo sappiamo dagli antichi racconti attraverso cui i Semedisabbia trasmettono la storia e le tradizioni del clan ai bambini. Quando Guyan divenne il nostro capo, i malvagi che conoscevano i passaggi richiesti furono uccisi. Quella conoscenza sarebbe dovuta morire con loro.» Lasciò cadere a terra il Daviian. Ricordai Dax che leggeva un fascio di antichi tomi quando avevamo cercato di interpretare i tatuaggi di Ferde per scoprire perché stesse stuprando e uccidendo quelle ragazze. «C'erano alcuni libri al Mastio dei Maghi. Un Semedisabbia potrebbe aver messo per iscritto le istruzioni e i simboli prima che loro morissero. Forse i Parassiti ne possiedono un'altra copia.» Mi rivolsi all'uomo. «Immagino che tu non abbia intenzione di dirci neanche quali siano i piani dei tuoi compagni...» Lui resse il mio sguardo e sbuffò, beffardo. Fu tutto ciò di cui avevo bisogno. La mia famiglia poteva essere in pericolo. Inviai una fune di potere verso la sua mente e saccheggiai i suoi pensieri e ricordi, estraendo l'informazione che mi serviva. Soffocai la fitta di rimorso e i miei ricordi di quando Roze Pietrapiuma aveva cercato di esaminare la mia mente in modo analogo. Lei aveva pensato che io fossi una spia mandata da Ixia, e il Codice Etico non si applicava a spie o criminali. Potevo addurre la stessa giustificazione a mia difesa. Questo mi rendeva uguale a Roze? Forse. Il pensiero mi mise a disagio. A parte qualche orrenda reminiscenza di quando aveva osservato una delle fasi iniziali del rituale Kirakawa, l'uomo non sapeva pressoché nulla. Incaricata di restare indietro e tendere un'imboscata a chiunque uscisse dalle caverne, la sua piccola unità aveva ordine di

ricongiungersi in seguito al gruppo principale nella giungla. Dove e quando dovesse avvenire l'incontro, non ne aveva idea. E, cosa più importante, non sapeva che cosa gli altri avessero in progetto di fare. L'unica informazione utile che ricavai, fu la conferma che sia Cahil sia Ferde erano passati di lì e che viaggiavano con un gruppo di dodici Parassiti. «Quattordici non sono abbastanza per vincere in un attacco contro gli Zaltana» disse Leif, l'orgoglio nella voce. Concordai. «Ma vincere non è tutto.» La mia ansia di partire crebbe a dismisura. Un gruppo di Parassiti era penetrato nella giungla e il mio clan poteva essere nei guai. Immagini di mio padre e mia madre che venivano catturati e impalati si ripetevano nella mia mente. Il pensiero di mia cugina Nucci che si arrampicava spensierata tra gli alberi e cadeva in una trappola affrettò i miei preparativi. Mi misi lo zaino sulle spalle, infilando l'archetto nel suo supporto. «Che ne facciamo del nostro prigioniero?» chiesi a Uomo-di-Luna. «Me ne occuperò io.» «Come?» «Non credo che vorresti saperlo.» «Sì invece. Voglio che tu mi dica tutto!» Uomo-di-Luna sospirò. «I Parassiti un tempo erano parte del Clan Semedisabbia. Sono i nostri figli degeneri, e stanno infestando il resto di Sitia. Il modo in cui ce la vediamo con loro è in accordo con le nostre leggi, ed è il modo giusto di trattarli.» «E sarebbe?» «Li si stermina.» Una protesta mi si affacciò sulle labbra. E quei membri che potevano esser stati sviati? Ma la mia domanda rimase inespressa. Quello non era il momento migliore per discutere di delitto e castigo.

Invece scrutai gli alberi alti, cercando una via per salirvi, rimpiangendo di aver lasciato il mio arpione con la fune dentro la caverna. Trovai una lunga liana e la usai per arrampicarmi sui rami più alti. Dopo un momento per orientarmi di nuovo (l'insediamento Zaltana era a ovest) mi slanciai verso l'albero successivo. Mantenni i miei sensi magici sintonizzati sulla vita attorno a me, cercando i Daviian e altri predatori mentre viaggiavo verso casa. La fitta rete di rami e alberi rallentava la mia avanzata. Dopo poche ore, i miei abiti zuppi di sudore erano laceri, e la pelle mi bruciava e prudeva per innumerevoli tagli e punture d'insetti. Riposando sul ramo di un albero di biancospino, esaminai l'area tra me e i miei compagni. Non vi era segno di vita intelligente, così collegai la mia mente con quelle di Uomo-di-Luna e di Leif.

Sarete al sicuro spostandovi in quest'area, dissi, proiettando nella mente l'immagine della piccola radura sottostante. Restate là finché non vi contatterò di nuovo. Loro concordarono. Dopo aver riposato, mi feci strada attraverso la volta della giungla, restando all'erta per individuare l'eventuale presenza di Daviian. Il ritmo degli slanci da un albero all'altro si combinava con il risoluto pulsare dell'indisturbata forza vitale della giungla. Quando captai una presenza stonata, le mie energie si focalizzarono sulla lontana increspatura. Mi concentrai per scoprirne la fonte. Un uomo nella volta di alberi. Prima che potessi determinare se fosse amico o nemico, la mia mano sinistra afferrò un ramo liscio e duttile. Sorpresa, riportai indietro di colpo la mia coscienza e la mia mente si collegò con un cacciatore appostato tra gli alberi. Le foglie frusciarono per un movimento, il raspo terrificante di un serpente che si spostava mi circondò. Il ramo sotto i miei piedi si ammorbidì. Mi affannai a cercare un appiglio saldo, ma non toccai altro che le aride spire di un serpente della collana. La colorazione delle sue squame si confondeva così bene con il verde della giungla che non riuscii a stabilire dove fosse il resto del corpo. Chiusi gli occhi e mi proiettai dentro la mente del serpente. Aveva ravvolto parte del proprio corpo fra due rami, creando una rete

piatta che ora si chiudeva attorno a me. Sfilandomi di tasca il coltello a serramanico, azionai la lama. Quando le pesanti spire del rettile mi si abbatterono sulle spalle, capii di avere solo pochi secondi prima che il predatore mi si attorcigliasse attorno alla gola come una collana e mi strangolasse. Percepii soddisfazione da parte del serpente mentre si muoveva per stringere la presa. Conficcai il coltello nel suo spesso corpo. Il curaro sulla lama avrebbe fatto effetto sull'animale? Captai un modesto dolore nella mente del serpente, che però considerò minima la ferita e si contrasse attorno a me, intrappolandomi le gambe e il braccio sinistro. Mi resi conto che mi teneva sospesa. Se avessi tagliato le sue spire, sarei precipitata a terra. Un'altra voluta mi sfiorò la faccia quando il rettile cercò di cingermi il collo. Lo spinsi via con il braccio libero. Una spira mi scivolò su per la schiena. Decidendo che le probabilità di sopravvivere a una caduta erano migliori rispetto a morire per strangolamento, conficcai la lama nella spira più vicina con l'intenzione di segarla. Prima che potessi esercitare una pressione maggiore, la creatura si fermò. Forse il curaro aveva paralizzato la serpe. Estrassi la lama e il serpente riprese a stringere. Il curaro non aveva funzionato, ma quando reinserii il coltello, la creatura si bloccò. Bizzarro. Dovevo aver trovato una zona vulnerabile. Eravamo in una situazione di stallo. Tramite il legame con la sua mente, percepii la fame del serpente lottare con il suo desiderio di vivere. Cercai di controllare la volontà del predatore, ma le nostre menti erano troppo incompatibili. Anche se potevo intuire le sue intenzioni, non ero in grado di dirigere i suoi movimenti. Volevo evitare di ucciderlo, ma non riuscivo a trovare un'altra soluzione. E una volta che fosse morto, avrei potuto farmi strada a ritroso tra gli alberi. «Salve. C'è qualcuno là dentro?» chiese una voce maschile. La lotta con il serpente aveva catturato tutta la mia attenzione. Maledicendomi per aver dimenticato l'uomo, diressi la mente dentro

la volta degli alberi ed incontrai i pensieri ben protetti di un altro mago. Se si trattasse di un Distorsore o di un Tessitore di Storie, non avrei saputo dirlo. «Il serpente ti ha mangiato la lingua?» Rise della propria battuta. «So che sei lì. Sento il tuo potere. Se non appartieni alla giungla, lascerò volentieri che i serpenti ti abbiano per cena.» «Serpenti?» domandai. Il suo linguaggio mi suonava familiare. Non Daviian. Non Semedisabbia. Sperai Zaltana. «Il tuo serpente della collana ha inviato una chiamata d'aiuto. Potresti uccidere questo qui e districarti, ma a quel punto i suoi simili saranno qui per finire il lavoro.» Esaminai la volta della giungla e percepii altri cinque serpenti che si muovevano verso di me. «E se invece appartengo alla giungla?» chiesi. «Allora ti aiuterò. Ma farai meglio a darmi una buona motivazione. Strane cose stanno accadendo ultimamente.» Pensai in fretta. «Sono Yelena Liana Zaltana. Figlia di Esaù e Perl e sorella di Leif.» «Conoscenza comune. Dovrai fare di meglio.» Anima gemella di Valek, il flagello di Sitia, pensai, ma sapevo che non sarebbe stato utile in quel caso. Mi frugai nella mente in cerca di un frammento d'informazione che solo gli Zaltana conoscessero. Il problema era che, dal momento che ero stata allevata a Ixia, sapevo poco del mio perduto clan. «Potrei spedirti in una caccia al valmure selvatico, ma non sarebbe più semplice se ti dessi un pezzetto di linfa candita?» Tenni il fiato, in attesa. Proprio quando mi ero convinta che mi sarei dovuta aprire la strada tagliando a pezzi il serpente prima che arrivassero i suoi fratelli, pulsò un basso rullo di tamburo. Seguirono altri colpi. Le vibrazioni riverberarono lungo il corpo del serpente, che si rilassò. Comparve un varco sopra la mia testa e una faccia dipinta di verde mi sorrise. Lo sconosciuto protese verso di me una mano che si mimetizzava

con la vegetazione. Gli serrai il polso e lui mi tirò su fino a un ramo solido. Il sollievo mi fece tremare le gambe e dovetti sedermi. Gli abiti dell'uomo imitavano i colori e i disegni della giungla. Posò un tamburo di cuoio sul ramo e suonò un altro motivo. Il serpente si srotolò e scomparve nella giungla. «Questo dovrebbe tenerli lontani per un po'» disse il mio salvatore. Dai suoi vestiti e dai capelli tinti di verde oliva, capii che doveva essere uno Zaltana. Lo ringraziai per avermi aiutato. Il suo cenno del capo in risposta mi ricordò qualcuno. «Chi sei?» domandai. «Tuo cugino, Castagna. Ero fuori di pattuglia quando sei venuta qui l'ultima volta, così non ho avuto occasione di incontrarti.» Dopo aver vissuto a Ixia per quattordici anni, ero finalmente tornata a una casa che non sapevo esistesse. Era stato un tale turbine di emozioni, e avevo incontrato così tanti cugini, zie e zii che era improbabile mi sarei ricordata di lui anche se gli fossi stata presentata. Non vedendo sul mio viso alcun segnale di riconoscimento, aggiunse: «Sono uno dei fratelli di Nucci». Le storie di Nucci sui suoi fratelli e sorelle erano piene di umorismo e io ricordai un gioco che ero solita fare con lei contro i suoi fratelli maschi prima del mio rapimento. «Come hai controllato il serpente?» chiesi. «Sono un incantatore» rispose lui, come se il titolo spiegasse ogni cosa. Ma notando che non reagivo, aggiunse: «È parte della mia magia. I serpenti della collana sono molto duri da individuare, perché oltre a mimetizzarsi alla perfezione, mascherano la loro energia vitale. Anche se si è in grado di percepire gli altri animali della giungla, è facile non accorgersi di loro finché non è troppo tardi». Si strofinò le mani in segno di apprezzamento. «Di solito cacciano da soli, ma se uno si trova nei guai può chiamare gli altri con un suono basso che noi non possiamo udire. La mia magia mi permette di localizzarli e di udire i loro richiami. E il tamburo è il mio modo di parlare loro. Non funziona sugli altri animali.» Scrollò le spalle. «Ma almeno tengo lontani i serpenti dal nostro

insediamento.» «Eri fuori di pattuglia quando hai sentito il mio?» Buffo, come fossi diventata possessiva nei confronti della creatura che aveva cercato di stritolarmi e divorarmi. «Sì. Tuttavia, quando sono partito stamattina, speravo di trovare di meglio che serpenti.» Mi rivolse un'occhiata strana. «Immagino di averlo appena fatto. Perché sei qui, Yelena?» «Sto seguendo un gruppo di persone che vivevano sull'altopiano» risposi. «Sono venuti da questa parte. Qualcuno li ha visti?» Ma ciò che volevo veramente chiedere era: avevano attaccato il clan? Mia madre e mio padre stavano bene? «Visti? No. Ci sono estranei nella giungla, ma non riusciamo a trovarli e...» Si interruppe, probabilmente meditando su quali informazioni potesse divulgare. «Forse sarebbe meglio se tu parlassi con i capi del nostro clan. Sei sola?» «No. Mio fratello e alcuni Semedisabbia viaggiano con me.» «Sugli alberi?» «A terra.» Raccontai a Castagna dell'attacco e di come io stessi agendo da esploratore per il nostro gruppo. Castagna mi accompagnò all'insediamento Zaltana. C'era una vasta rete di zone per il soggiorno, il sonno e la cucina, collegate da ponti e sospese sopra il terreno. Nascosto dalla fitta vegetazione della giungla, l'insediamento era difficile da individuare, ma una volta dentro il complesso continuavo a essere stupita che la volta silvestre riuscisse a camuffare una simile raccolta di vani. Costruiti in legno, i pavimenti degli edifici erano ancorati a grossi rami. Edera cresceva sull'esterno di tutte le pareti per nasconderne la forma. Pressoché tutto il mobilio era fatto di legno, e amache di corda fornivano posti confortevoli per dormire. Oggetti artigianali realizzati con materiali della giungla come semi e ramoscelli decoravano le varie stanze, incluse sculture di animali create con sassolini colorati incollati assieme. L'attraversamento principale dell'insediamento tendeva a essere territorio comune per ciascuna delle famiglie del clan. Le zone di soggiorno e per dormire si diramavano dalle stanze pubbliche.

Oltre a essere esteso, l'insediamento era anche ben difeso. I maghi Zaltana vigilavano contro qualsiasi presenza estranea. Dopo il nostro arrivo, Castagna andò a cercare gli anziani del clan e io ripercorsi mentalmente il sentiero fino a Uomo-di-Luna. Quando fui certa che la via era libera, presi contatto con la mente del Tessitore di Storie.

Vieni, gli dissi. Venite in fretta. Siamo per strada, rispose lui. Corsi all'alloggio dei miei genitori. Qualche occhiata sorpresa e qualche esclamazione interrogativa mi seguirono mentre mi precipitavo verso le dimore dei Liana, ma le ignorai. Mia madre, Perl, camminava avanti e indietro per il soggiorno. L'aria odorava di zenzero e cinnamomo, ma la sua distilleria di profumi allestita sul lungo tavolo contro la parete di fondo appariva vuota. «Yelena!» Mi volò tra le braccia. Di poche dita più bassa di me, l'esile donna mi si aggrappò come per impedirsi di cadere. «Madre. Cos'è successo?» domandai. «Esaù» rispose, e scoppiò a piangere. Soffocai l'istinto di scrollarla mentre mi singhiozzava tra le braccia. Invece attesi che il torrente di lacrime cessasse prima di guardarla negli occhi verde chiaro. «Che problema c'è con papà?» «È scomparso.»

Capitolo 5 Resistetti all'impulso di usare la magia per calmare mia madre. Numerosi scenari orribili mi danzarono nella mente prima che lei si acquietasse abbastanza da raccontarmi i particolari. Mio padre doveva tornare da una spedizione il giorno prima, ma non si era visto. «C'era stata una riunione del clan» disse Perl tra i singhiozzi. «Una coppia di esploratori era dispersa, e lui è andato a cercarli.» «Esploratori dispersi?» Lei mi rivolse un sorriso lacrimoso. «Capita che alcuni dei più giovani perdano la strada. Esaù li ritrova sempre. Nessuno conosce la giungla bene come lui.» «Magari uno di loro era ferito» suggerii, sperando di calmare lei e di impedire a me stessa di immaginare mio padre vittima del rituale Kirakawa. «Perché era atteso ieri?» «Un'altra riunione del clan. Ultimamente le creature della giungla sono inquiete e disturbate e non riusciamo a capire il perché. Quando i due esploratori non sono tornati, il clan ha deciso che tutti dovevano restare vicino all'insediamento. Cigni sera ci raccogliamo nella sala comune per assicurarci che tutti siano al sicuro. Si pensava che Esaù sarebbe stato via solo poche ore.» Le lacrime le scesero giù per le guance. Il suo viso rifletteva le ore di preoccupazione e di paura. I suoi lunghi capelli contenevano più grigio che nero. Non potevo lasciarla sola, tuttavia avevo bisogno di più informazioni. «Devo parlare con gli anziani del clan» dissi. «Puoi venire con me solo se prometti di non agitarti troppo.» Lei acconsenti, ma gli occhi erano colmi di incertezza. Si portò una mano alla gola. Forse portarla con me era una cattiva idea. Mi chiesi se Nucci poteva stare con lei. Perl si irrigidì, come se all'improvviso le fosse venuto in mente qualcosa. «Aspetta» disse prima di schizzare verso l'elevatore.

Mentre la guardavo tirare le corde e salire al secondo piano dell'appartamento, il cuore mi si colmò di timore. Esaù aveva inventato e costruito quell'elevatore, usando liane della giungla e un sistema di pulegge. Non sarei riuscita a perdonarmi se gli fosse successo qualcosa. Il panico mi fece irritare, e proprio quando stavo per gridare a Perl di sbrigarsi, l'elevatore si mosse. Mia madre si era spruzzata dell'acqua sul viso e si era legata i capelli. Portava anche il mio amuleto a forma di fiamma attorno al collo. Sorrisi. «Per darmi forza» spiegò, guardandomi con un'espressione di ostinata decisione. «Andiamo.» Ripensai all'amuleto a forma di fuoco mentre ci facevamo strada verso la sala riunioni dell'insediamento. Vincendo una competizione acrobatica durante la Festa del Fuoco ixiana, avevo raggiunto un momento di pura gioia nel bel mezzo dell'inferno. Reyad (uno dei miei aguzzini, il primo uomo che avevo ucciso) aveva cercato di impedirmi di partecipare, ed ero stata severamente punita per la mia disobbedienza, ma sapevo che l'avrei rifatto comunque. Ora mi rendevo conto che la vena di ostinazione ereditata da entrambi i miei genitori mi aveva spinto a continuare a lottare a dispetto dei tentativi di controllarmi di Mogkan e di Reyad. Il nome del nostro clan poteva anche essere Zaltana, ma il nostro nome di famiglia era Liana, che significava tralcio nell'antica lingua Illiais. Quelle liane crescevano ovunque nella giungla, tirando giù alberi nella loro ricerca di sole. Una volta tagliate e seccate, le liane diventavano dure come roccia. Guardando la postura eretta di mia madre, capii che aveva raggiunto il punto in cui non si sarebbe più piegata alle proprie emozioni, ma avrebbe fatto ciò che era necessario per aiutarci a trovare suo marito. La sala comune era il locale più ampio dell'insediamento. Grande abbastanza da contenere l'intero clan, l'area circolare aveva un focolare di pietra al centro. I neri resti di cenere del fuoco galleggiavano nella luce solare, sciamando dal foro per il fumo nel

soffitto ligneo della sala. L'aroma di molti profumi aleggiava nell'aria e rammentai la prima volta che ero stata lì. Allora, l'intero clan affollava la stanza. Curiosi di vedere la bambina perduta tornata (secondo il loro punto di vista) dai morti, mi scrutavano con un misto di speranza, gioia e sospetto. Le mie speranze di un ricongiungimento tranquillo si erano dissolte quando mio fratello aveva dichiarato a tutti che puzzavo di sangue. Castagna interruppe le mie reminiscenze presentandomi gli anziani del clan. «Oran Cinchona Zaltana e Violetta Rambutan Zaltana.» I due si inchinarono nel formale saluto sitiano. Erano loro a occuparsi dei quotidiani problemi del clan quando il nostro capo, Bavol, era alla Cittadella. Le loro facce brune erano aggrottate per la preoccupazione: esploratori dispersi più ospiti inattesi equivalevano a grossi problemi. «I tuoi amici hanno raggiunto la scala Palma» annunciò Violetta. «Quando saliranno, saranno scortati qui.» Un lieve sorriso le aleggiò sul volto. Sollevata che fossero arrivati sani e salvi, proiettai la mia coscienza per incoraggiare Leif ad affrettarsi. Quando lui mi aprì la mente, la sua irritazione fu palese.

Avresti dovuto portarmi con te a cercare i Parassiti, disse. I

muscoli gli dolevano per la marcia di tutta una giornata attraverso la giungla. Le piste tendevano a imboschirsi molto in fretta in quel caldo umido, e Leif aveva dovuto aprire una strada per gli altri con il machete.

Possiamo litigare più tardi, risposi io. In questo preciso momento ho bisogno di te qui. Non posso lasciare Tauno. Leif e Marrok avevano raggiunto la cima degli alberi, ma attraverso gli occhi di Leif vidi Tauno raggelato a circa metà altezza della scala di corda, che ne serrava i pioli con una stretta mortale. Spostai la mia coscienza verso Tauno. Benché lui non potesse udire le mie parole nella sua mente, gli inviai emozioni calmanti, rammentandogli come si fosse calato giù dalle rocce nel buio della

caverna. Diedi la caccia al suo ricordo di quella discesa e mi resi conto del perché allora non fosse stato terrorizzato. Chiudi gli occhi, lo istruii. Tauno obbedì. Rilassò la presa e salì la scala. Mi ritrassi e mi ricollegai con Leif. Sbrigati. Quando infine ci raggiunsero, io stentavo a contenere il desiderio di agire. Aggiornai gli anziani del clan su ciò che sapevo, ma l'unica informazione che Oran e Violetta aggiunsero fu la direzione a cui erano stati assegnati gli esploratori dispersi. Sud ed est. Esaù si era diretto a est per cercarli. «Deve trattarsi dei Daviian» dissi. «Dobbiamo liberarli prima che quelli possano compiere parte del rituale Kirakawa.» «Andiamo.» Leif teneva stretto il machete, un'espressione feroce sul viso squadrato. «Non sapete per certo se i Parassiti abbiano vostro padre» disse Uomo-di-Luna. «O dove si trovino. O quanti Distorsori ci siano. O quanto ben difesi possano essere.» Le parole sgorgarono fuori d'impeto e le sue sopracciglia si toccarono, riflettendo il suo palese disagio all'essere circondato da pareti. «D'accordo, Signor Logica. Come proponi che ci procuriamo queste informazioni?» domandai. «Marrok e Tauno cercheranno segni di una pista e torneranno a riferire.» «Dove?» domandai. «A est.» «E se cadessero nella stessa trappola di mio padre? Verranno catturati e uccisi» ribattei. «È troppo rischioso mandare gente là fuori. La giungla è uno scenario perfetto per le imboscate. A meno che...» Un'idea improvvisa prese forma nella mia mente. L'analizzai, cercando delle falle. Se i Daviian si nascondevano dietro uno scudonulla, nessuna magia poteva penetrarlo, ma ordinarie cose fisiche come suono e luce avrebbero potuto. «A meno che?» incalzò Leif.

«A meno che non riuscissimo ad avere una visuale da uccello» risposi. «Probabilmente hanno degli uomini appostati sugli alberi» intervenne Marrok. «Non è così che gli esploratori sarebbero stati catturati?» «Lo intendevo alla lettera. Potrei collegarmi con uno degli uccelli della giungla e guardare attraverso i suoi occhi.» «Non vedrai molto durante il giorno» obiettò Uomo-di-Luna. «I Parassiti saranno ben mimetizzati. Durante la notte, invece, avranno necessità di un piccolo fuoco e della luna per eseguire anche solo il primo livello del rituale Kirakawa.» Una fredda ondata di paura mi si riversò addosso. «La luna si è alzata ieri notte.» «Era troppo presto. Hanno bisogno di tempo per prepararsi adeguatamente.» «Per qualcuno che afferma che gli antichi rituali sono andati perduti, certo sai parecchio in proposito» commentò Marrok, un lieve tono d'accusa nella voce. «I dettagli del rituale sono stati dimenticati, ma una certa conoscenza è stata inserita nelle nostre storie per insegnare» replicò Uomo-di-Luna, sostenendo lo sguardo del capitano. «Ci impedisce di ripetere gli stessi errori.» Un ammonimento a Marrok o soltanto un enigmatico consiglio da Tessitore di Storie?, mi domandai. Marrok si massaggiò la guancia guarita. Tendeva a strofinarsi quel punto ogni volta che era turbato o spaventato. Le ferite dovute alle percosse di Cahil andavano più nel profondo di frammenti d'osso infranto. La fiducia spezzata era più difficile da riaggiustare delle ossa. Mi chiesi se Marrok avrebbe cambiato opinione sul conto di Uomo-di-Luna se avesse saputo che il Semedisabbia aveva contribuito a risanare le sue ferite. «Un uccello può vedere di notte?» chiese Leif, riportando la nostra attenzione al problema attuale. «Ci sarà la luce del fuoco» disse Marrok. «Ma che dite delle guardie sugli alberi o fuori dalla luce del

fuoco?» chiese Tauno. «Abbiamo bisogno di sapere quanti Parassiti ci sono.» Esaminai le difficoltà e una soluzione mi frullò nella mente. «Pipistrelli.» Tauno si rannicchiò. «Dove?» «Mi connetterò con i pipistrelli per trovare i Parassiti. Il loro fuoco dovrebbe attirare nugoli di insetti che ai pipistrelli piace mangiare» spiegai. «Possiamo permetterci di aspettare fino al calar della notte?» domandò Leif. «Se Yelena non riesce a localizzarli con i pipistrelli, avremo sprecato tempo prezioso.» «Yelena li troverà» affermò mia madre. Aveva mantenuto la promessa e controllato le proprie emozioni durante la discussione. La sua fiducia in me scaldava il cuore, ma io ero ancora preoccupata. Tre vite erano in gioco. «Che cosa succede se troviamo i Parassiti?» chiese Marrok. «Un esercito di Zaltana potrebbe catturarli» propose Leif. «Potrebbe funzionare oppure no» replicò «Dipenderà da quanti Distorsori hanno con loro.»

Uomo-di-Luna.

«No. È troppo rischioso.» Oran Zaltana ruppe il silenzio che aveva mantenuto durante il nostro dibattito. «Non intendo mandare membri del clan finché non sappiamo con chi e con che cosa abbiamo a che fare.» Guardai il pavimento sotto il foro per il fumo nel soffitto. La chiazza di sole si era spostata. Sarebbe stato l'imbrunire entro un paio d'ore. «Troviamo prima i Parassiti e determiniamo le loro forze. Tutti gli altri dovrebbero mangiare e riposare. Potrebbe essere una lunga nottata.» Quando sfilammo fuori dalla sala comune, Castagna mi toccò il braccio. Si era tenuto in disparte dal nostro gruppo mentre parlavamo. I suoi occhi marrone scuro mostravano preoccupazione. «Esaù è il mio zio preferito. Fammi sapere se posso essere d'aiuto.» «Contaci.» Seguii Leif e Perl a casa. Mia madre ci fece sedere sul divano che Esaù aveva fatto con le liane. Le foglie nei cuscini

scricchiolarono sotto il mio peso. Poi andò in cucina e portò un vassoio di cibo e tè. Ci stette addosso finché mangiammo. Spinsi la frutta e la carne fredda oltre le mie labbra insensibili e masticai senza sentire i sapori. Alla fine la stanchezza per essermi arrampicata in giro per la giungla ebbe la meglio su di me e mi appisolai sul divano. Incubi di serpenti che mi si avvolgevano attorno al corpo tormentarono il mio sonno, sibilandomi all'orecchio. «... svegliati. Si sta facendo buio» bisbigliò Leif. Battei le palpebre nella luce grigia. Perl sonnecchiava su una delle poltrone. Uomo-di-Luna stava ritto accanto alla porta dell'appartamento. Svegliai mia madre. «Puoi portare qui gli anziani del clan? Dovremo elaborare dei piani dopo che avrò trovato Esaù.» Lei si avvio verso la porta. «Dove vai?» mi chiese Leif. «Di sopra, nella mia vecchia stanza» risposi, e mi diressi all'elevatore, seguita da Leif e Uomo-di-Luna. L'elevatore aveva le dimensioni di un armadio, e due spesse funi passavano attraverso dei fori nel soffitto e nel pavimento. Uomo-di-Luna dovette piegarsi per starci dentro. Il respiro gli usciva a sbuffi irregolari e lui borbottava a proposito di Semedisabbia, delle pianure e di soffocare. Leif e io tirammo le corde e l'elevatore prese a muoversi. Salimmo al piano superiore e uscimmo nel corridoio. La mia camera era sulla destra. Tirando indietro la tenda di cotone, lasciai che Leif e Uomodi-Luna mi precedessero nel piccolo spazio ingombro di oggetti. Alcuni anni dopo il mio rapimento, Esaù aveva cominciato a usare quella stanza come magazzino. Quattordici anni a raccogliere campioni della giungla erano risultati in file e file di scaffali riempiti di contenitori di vetro di ogni dimensione e forma. Gli unici posti liberi erano un lettino e uno scrittoio di legno. Volendo concentrare tutta la mia energia sul collegamento con i pipistrelli, mi distesi sul letto. «Cercate di tener lontane da me tutte le distrazioni e di essere pronti ad aiutare.» Leif e Uomo-di-Luna accennarono di aver capito. Entrambi

avevano energia magica a sufficienza perché io potessi attingervi se necessario. Cercai di trattenere in un angolo della mia mente gli orribili pensieri sulla situazione di Esaù e proiettai la mia coscienza verso l'imboccatura della caverna. I pipistrelli presto sarebbero usciti in cerca di cibo. La mia mente incontrò la loro oscura coscienza. Non percepivano il mondo con la vista, ma sentendo oggetti e movimenti attorno a loro. Incapace di dirigerli dove io volevo andare, volai insieme a loro, la mia percezione mentale che fluttuava da un pipistrello all'altro, cercando di capire in che parte della giungla mi trovassi. Il frullare d'ali e il ronzio d'insetti fendevano l'aria silenziosa della notte. Anche se i pipistrelli si erano sparpagliati per diverse miglia, restavano collegati l'uno all'altro, e presto ebbi una dettagliata immagine mentale della giungla. Era una veduta senza colori: solo sagome, dimensioni e movimento. Nella mia mente da pipistrello, gli alberi e le rocce non erano rappresentati visivamente, ma in scale di suono. Le pareti diritte dell'insediamento Zaltana davano una sensazione strana ai pipistrelli. In genere evitavano le dimore del clan, ma io balzai verso le menti che volavano a est dell'insediamento. Frustrata perché non potevo influenzare i loro movimenti, dovetti aspettare e stare all'erta fino a quando un pipistrello solitario non trovò un piccolo fuoco da campo. Incanalai la mia coscienza nel pipistrello quando si tuffò e volò attraverso l'aria ardente che saliva, acchiappando gli insetti che danzavano sopra la luce. Evitando istintivamente le creature sottostanti, il pipistrello restò alto nell'aria, e io usai i suoi sensi per determinare il numero di Parassiti. Tre attorno al fuoco, due accovacciati tra gli alberi e quattro di guardia fuori dal campo. Vicino al fuoco c'erano un paio di tende. Tre forme immote giacevano per terra accanto a esse. Allarmata, focalizzai su di loro la mia attenzione fino a sentire i loro toraci alzarsi e abbassarsi. Quando ebbi in mente la disposizione esatta del campo dei Parassiti, mi ritrassi dalla coscienza del pipistrello.

«Sono in nove» dissi a Leif e a Uomo-di-Luna. «Non so quanti siano Distorsori.» «Dovremmo avere abbastanza maghi Zaltana per sopraffarli» commentò Leif. «Coglierli di sorpresa ci darebbe un vantaggio. Puoi creare uno scudo-nulla?» domandò a Uomo-di-Luna. «No. Quella non è una delle mia capacità.» Mi rizzai a sedere. Un'ondata di vertigine mi si abbatté addosso e mi ripiegai su me stessa finché la sensazione non passò. Collegarmi con i pipistrelli aveva prosciugato le mie energie. Uomo-di-Luna mi mise una mano sul gomito per sorreggermi e la sua forza prese a scorrere attraverso di me. Pensai a ciò che aveva detto Leif. Se avessimo attaccato con un gruppo numeroso, i Parassiti avrebbero capito che stavamo arrivando e sarebbero fuggiti nascondendosi di nuovo, oppure avrebbero opposto resistenza. In un modo o nell'altro avrebbero avuto tempo di uccidere i prigionieri. L'elemento sorpresa era senz'altro la chiave, ma come ci saremmo mossi? «Tauno potrebbe colpire le guardie con frecce intinte nel curaro e immobilizzarle» suggerì Leif. «Oppure potremmo soffiare dardi trattati con cerbottane di canna.» «Troppi alberi» disse Uomo-di-Luna. «Sarebbe dura nel buio» concordai. «Potremmo arrivare vicino e pugnalarli.» «E le guardie sugli alberi? Avvicinarsi a sufficienza senza metterli in allarme è una manovra difficile se non impossibile» obiettò Leif. Se avessi avuto la capacità di controllare i pipistrelli, avrei potuto usarli come diversivo, pensai. Ma avevamo bisogno di qualcos'altro per provocare del trambusto. Seguii la logica e trovai una risposta. Leif, percependo il mio umore, sorrise. «Che cosa stai tramando, sorellina?» Non avevamo molto tempo a disposizione. Leif, Uomo-di-Luna e io ci precipitammo giù nel soggiorno dei miei genitori. Perl era tornata con Oran e Violetta.

«Li avete trovati?» domandò Perl. «Sono a circa tre miglia a sudest dell'insediamento.» «Avremo bisogno di maghi e soldati» disse Leif a Oran. «Quanti sono, e che cosa hanno in progetto di fare i Parassiti?» volle sapere Oran. «Sono nove. E non ha importanza che cos'hanno in mente. Hanno Esaù e i vostri esploratori. Dobbiamo liberarli!» Oran tossicchiò, esitando. «Dovremmo consultare il nostro consigliere Bavol...» «Bavol è alla Cittadella. Ci vorranno settimane per avere una risposta» obiettai soffocando la voglia di mettere la mani attorno al collo sottile di Oran. «Non possiamo lasciare senza protezione il nostro insediamento» intervenne Violetta. « Convocheremo una riunione e chiederemo dei volontari.»

I Sitiani!, pensai esasperata. Non sapevano fare niente senza

consultare un comitato. «Benone. Convocate la vostra riunione. Spicciatevi.» Spinsi Oran e Violetta fuori dalla porta. «Yelena...» esordì mia madre. «Puoi rimproverarmi più tardi. Adesso stiamo partendo.»

Leif e Uomo-di-Luna mi guardarono come in attesa di ordini. «Trovate Tauno e Marrok. Vi raggiungerò alla base della scala.» «Dove stai andando?» chiese Leif. «A prendere il nostro diversivo.» Uscirono in fretta dalla stanza e io stavo per seguirli quando mia madre mi afferrò il braccio. «Solo un minuto» disse. «Siete solo in cinque. Che cosa stai progettando? Dimmelo adesso o verrò anch'io.» Da lei irradiava l'ostinazione tipica dei Liana, e capii che le sue non erano minacce oziose. Le illustrai brevemente il mio piano. «Non funzionerà senza qualcuno che vi aiuti» disse lei. «Sto andando a...» «Occorre ulteriore incentivo. Ho la cosa che fa allo scopo. Vai. Vi

raggiungerò in fondo alla scala.» E corse via. Dopo pochi minuti di frenetiche ricerche, trovai ciò che mi serviva. Quando scivolai giù per la scala di corda, gli altri erano pronti. Strali di vivida luce lunare trafiggevano le tenebre della giungla, dandoci luce appena sufficiente per distinguere le sagome dei tronchi degli alberi. Dissi a Tauno e Marrok come avvicinarsi al campo dei Parassiti e alle guardie e li istruii su dove appostarsi nelle vicinanze. «Niente rumore. Mantenete la distanza. Attendete il mio segnale prima di attaccare.» «Segnale?» chiese Marrok. Il suo viso era indurito da cupa determinazione, ma nei suoi occhi leggevo incertezza. Anche se Cahil aveva impartito ordini ai suoi uomini, quello che li comandava realmente era lui. «Qualcosa di chiassoso e sgradevole» dissi. Marrok si accigliò. «Non è il momento di scherzare.» «Non stavo scherzando.» Dopo un istante di esitazione, Marrok e Tauno si misero in marcia. Uomo-di-Luna li guardò allontanarsi. «E noi?» Vi fu un lieve fruscio quando qualcuno afferrò la scala di corda. Pochi respiri più tardi, Castagna ci raggiunse. Indossava tunica e calzoni dai colori scuri, e aveva il tamburo agganciato alla cintura. La pittura verde e la tintura era stata lavata via dai suoi capelli. «Sono lieto di poter essere d'aiuto» disse. «Ma dovete sapere che non ho mai fatto una cosa simile prima d'ora.» «Fatto cosa?» domandò Leif. «Yelena, che cosa sta succedendo?» «Spero che nostro cugino riesca a chiamare alcuni serpenti della collana a unirsi alla festa dei Parassiti.» «Ah. Il nostro diversivo» commentò Uomo-di-Luna. «Quanto vicino dovrai essere?» domandai a Castagna. «Probabilmente entro un miglio, ma dipenderà tutto da quanti serpenti ci sono in giro.» Esitò. «Sono abituato a cacciarli via, non a chiamarli. E se non funzionasse?»

Un istante dopo, la scala di corda oscillò per il peso di un'altra persona. Scese Perl. Si muoveva aggraziata come un liquido, e avrei scommesso che Nucci non fosse stata l'unica bambina Zaltana a far impazzire i genitori imparando ad arrampicarsi prima che a camminare. «Ecco qui.» Mia madre mi consegnò dieci capsule delle dimensioni di un acino d'uva e svariati spilloni diritti. «Giusto nel caso che il vostro primo piano fallisca.» «E se anche il secondo fallisce?» chiese Leif. «Allora ci lanceremo sul campo sperando per il meglio. Andiamo» tagliai corto. Mi misi in tasca le capsule, infilai gli spilli nella camicia in modo che non mi pungessero, sistemai lo zaino in modo che il suo peso mi posasse tra le scapole, e impugnai il bastone. «State attenti» si raccomandò Perl. L'abbracciai prima di avviarmi. Mentre avevo detto a Marrok e Tauno di fare un giro largo per avvicinarsi ai Parassiti, io volevo guidare i tre uomini dritto verso di loro. Una volta ancora creai una leggera connessione mentale con i pipistrelli che volavano sopra di noi. Guidata dalla loro mappa di forme della giungla, mi mossi con facilità lungo la stretta pista anche se gli alberi bloccavano in certi punti la fioca luce lunare. I rumori notturni echeggiavano nell'aria umida. Un pipistrello urlatore lanciava di tanto in tanto le sue acute strida. Valmuri si arrampicavano e si slanciavano tra gli alberi. Il frusciare e lo scuotersi di fronde e arbusti indicava l'invisibile attività di altre creature della notte. A circa un miglio dal campo dei Parassiti, diedi l'alt. Castagna appoggiò la fronte su un albero vicino e il potere mi sfiorò la pelle. «C'è soltanto un serpente nei paraggi» disse. «Sta aspettando che gli uomini sugli alberi cadano nella sua trappola. I serpenti della collana non sono cacciatori attivi. Preferiscono stare in attesa, usando l'elemento sorpresa.» Castagna mi guardò. «E io non voglio insegnare loro come si caccia.» «Questo è un valido argomento» ammise Uomo-di-Luna.

«E adesso?» chiese Leif. «Sto pensando» risposi. «Pensa in fretta» incalzò Leif. Un solo serpente non era abbastanza. Era il momento di mettere in pratica il suggerimento di Perl. Consegnai a ciascuno due capsule e uno spillo. «Andate più vicino che potete alle guardie. Praticate un forellino nella capsula e spremete il liquido vicino a loro. Non fatevelo arrivare addosso» li istruii. «Perché no?» chiese Leif. «Perché in quel caso un serpente della collana cercherà di accoppiarsi con te.» «Evviva, Yelena. Sono così contento che tu sia a casa» borbottò Leif. «È bello sapere che nostra madre sta occupando il suo tempo in qualcosa di utile.» «Credevo che tua madre confezionasse profumi» disse Uomo-diLuna. «Tutto dipende dal punto di vista» replicò Castagna. «Per un serpente della collana maschio, quella roba è profumo.» «Ci sono sei guardie. Uomo-di-Luna, Leif e io ne spruzzeremo due ciascuno» dissi. Togliendomi lo zaino, lo riposi sotto un albero. «Castagna, tu resta qui dietro. Puoi impedire ai serpenti di afferrare noi, quando arrivano?» «Ci proverò. Hanno un eccellente senso dell'olfatto, per cui è meglio che ve la squagliate una volta che avete spruzzato quella roba.» «E le guardie sugli alberi?» chiese Leif. «Mira alto e non dire una parola in proposito.» Leif borbottò tra sé mentre tutti e tre ci sparpagliavamo per avvicinarci alle guardie dei Parassiti. Castagna restò indietro per comunicare con i predatori mentre noi ci portavamo in posizione. Una volta che fosse arrivato il nostro diversivo e le guardie fossero state affaccendate a schivare serpenti innamorati, Leif e Uomo-diLuna avrebbero trovato Marrok e Tauno e atteso il mio segnale.

Intanto, io avrei spiato i Parassiti nell'accampamento. Sgusciai tra gli alberi, cercando un segno delle guardie. Mi scollegai dai pipistrelli e protesi la mia consapevolezza mentale, cercando i Parassiti. Oltre alle guardie esterne, sapevo che nel campo c'erano sei persone, tre Daviian e tre Zaltana, tuttavia non riuscivo a individuarli, il che significava che qualcuno aveva eretto uno scudonulla. Almeno uno dei Parassiti era un Distorsore, e forse stava già praticando uno dei riti Kirakawa mentre noi bighellonavamo nell'oscurità. Fu allora che mi resi conto che i rumori della giungla erano cessati. Il mio cuore iniziò a battere più rapido mentre lo stomaco mi si annodava per la paura. Sopra di me si librava una presenza e mi collegai con un uomo accovacciato sui rami più bassi di un albero. La sua mente vigilava, ma non mi aveva individuato. Forata una capsula, spruzzai il liquido lungo il tronco dell'albero e poi sgusciai via. Cinque minuti dopo trovai la mia seconda guardia. Non si accorse di me e io spremetti un po' del profumo di serpente di Perl sui cespugli vicino a lei, sperando che a un certo punto vi strusciasse contro. Mentre mi ritiravo, inciampai in una radice e caddi. Mi voltai sulla schiena in tempo per vedere la donna puntarmi contro una freccia. «Non muoverti» urlò. «Mani in alto.» Alzai le mani e mi maledissi per non aver ristabilito il legame con i pipistrelli. Grazie ai loro occhi, non sarei mai inciampata. La donna chiamò un'altra guardia. «Alzati in piedi lentamente» ordinò. «Getta la tua arma.» Il mio archetto stava sul terreno a portata di mano. La guardia si avvicinò e mi scrutò nella semioscurità. Poi le sfuggì un'esclamazione soffocata: «Cercatrice d'Anime». Rotolai mentre la sua arma scattava e afferrai il mio archetto. La freccia colpì il terreno, lo balzai in piedi, roteando il bastone in un

ampio arco. L'estremità della mia arma la colse dietro le caviglie, togliendole i piedi di sotto. Piombò a terra con un'alta imprecazione. La sagoma nera del suo compagno si fece più grande mentre correva verso di noi. Grandioso. Nell'aria echeggiò un bizzarro raspare, come se una persona avesse svolto molto in fretta una fune da un sostegno di legno. Il rumore si faceva più forte e proveniva da tutte le direzioni. Tutti e tre ci bloccammo. Ogni pensiero di batterci fu bandito mentre cercavamo la sorgente del suono. Un serpente della collana sgusciò oltre le mie gambe, puntò alla guardia femmina e le si avvolse attorno con sorprendente rapidità. Tutti i miei preconcetti sul fatto che fosse una creatura dai movimenti lenti scomparvero. L'altra guardia guardò la compagna e balzò lontano. Un altro serpente scivolò dietro di lui, mentre le vibrazioni dei serpenti della collana e del tamburo di Castagna mi pulsavano dentro il torace. Mi proiettai nella mente di Castagna per un aggiornamento. Lui teneva le creature lontano da noi, ma non sapeva per quanto sarebbe riuscito a mantenere il controllo.

Più in fretta è meglio è, disse. Giusto. Trasferii la mia coscienza a Uomo-di-Luna. Lui e Leif

avevano marchiato le altre quattro guardie e aspettavano con Marrok e Tauno il mio segnale.

Correndo verso il fuoco del campo, schivai serpenti e guardie terrorizzate e irruppi attraverso lo scudo-nulla. Vacillai un istante quando un assortimento di pensieri ed emozioni mi si riversò addosso. L'aria era carica di magia e di paura. Il panico mi premeva alla schiena, ma mi costrinsi a rallentare. Quando raggiunsi il limitare del campo dei Parassiti, il sangue mi si ghiacciò nelle vene. Tre uomini stavano estraendo lo stomaco di una delle forme riverse sul terreno. I Parassiti spostarono l'attenzione su di me, la sorpresa evidente nelle loro smorfie. Mi ero mossa senza rendermene conto e stavo al centro del loro campo, urlando loro di fermarsi.

Capitolo 6 Ci guardammo a vicenda battendo le palpebre per un attonito istante. Sangue e coaguli gocciolavano dalle mani del Parassita. Poi i tre uomini tornarono al loro macabro lavoro, ignorandomi. Allibita, mi lanciai verso di loro sollevando l'archetto per colpire, quando una forza bruciante mi investì da dietro. Sbattei a terra con violenza. Il bastone mi volò via di mano. Il respiro mi uscì dal corpo con un sibilo mente un dolore straziante mi squassava la schiena. Mi rotolai per terra, convinta di avere gli abiti in fiamme, finché non capii che cosa mi aveva attaccato. Restai agghiacciata dall'orrore. Il fuoco da campo dei Parassiti era cresciuto di tre volte rispetto alle dimensioni originarie. Un uomo stava ritto nel mezzo delle fiamme ruggenti. Quando ne uscì, riarso e nero dalla testa ai piedi, delle fiammelle gli stavano attaccate come piume Avanzò verso di me. lo vinsi la paralisi e mi trascinai lontano. Si fermò. Una scia di fuoco lo collegava con il falò. «Ti ho sorpresa, pipistrellino mio?» mi domandò. «Ne hai contati nove quando in realtà eravamo dieci. Scherzetto bruciante, eh?» Sapeva che la mia coscienza aveva volato con i pipistrelli. Ma chi era lui? Scrutai la giungla circostante, cercando la mia retroguardia. Leif e gli altri erano sul limitare della radura. Avevano braccia e mani sollevate, come se si proteggessero la faccia da un vento sferzante, e sudore e fuliggine macchiavano i loro abiti. «Nessun aiuto da loro, pipistrellino mio. Bruceranno se vengono più vicino.» Cercare di proiettarmi dentro la mente dell'uomo di fuoco, ma le sue difese mentali si rivelarono impenetrabili: doveva essere un Distorsore incredibilmente potente. A corto di alternative, guardai dietro di me e scorsi il mio archetto. Il Distorsore fiammeggiante puntò il dito e una linea di fuoco comparve tra me e la mia arma. Balzai in piedi. Il calore mi inaridì la

bocca. Sentii sapore di cenere. Un muro di aria rovente mi spinse e il Distorsore fu davanti a me. Tuttavia il suo collegamento con la legna ardente rimaneva. «Il fuoco è la tua rovina, piccolo pipistrello. Non puoi evocarlo. Non puoi controllarlo.» Il mio corpo arrostiva come se fossi stata infilzata su uno spiedo sopra un gigantesco falò. Lanciai la mia coscienza dentro la giungla, sperando di trovare aiuto. Non captai niente, se non i pensieri terrorizzati dei miei amici e un serpente della collana incuriosito lì nei pressi. Proprio quando pensavo che sarei svenuta, lui tese le mani e una bolla d'aria fresca mi accarezzò la pelle. L'interruzione del calore fu un sollievo inebriante. Vacillai. «Prendi le mie mani. Non ti brucerò. Vieni con me attraverso il fuoco.» «Perché?» «Perché mi appartieni.» «Non è abbastanza. Molti altri hanno avanzato questa pretesa.» «Ho bisogno di te per completare la mia missione.» «Che sarebbe...?» Le fiamme sulle sue spalle pulsarono divertite. Rise. «Discreto tentativo. Accetta la mia offerta o ridurrò te e i tuoi amici in cenere.» «No.» Divampando, le fiamme guizzarono selvagge prima che lui si stringesse nelle spalle. «Non importa.» L'aria fresca scomparve e io ansimai. L'intensità del calore privava d'aria i miei polmoni. «Devo solo aspettare finché non ti addormenterai, pipistrellino. Poi ti prenderò.» La gola mi si strinse mentre la vista si annebbiava. Dormire era un modo carino di descrivere il processo di soffocamento. Era uno strano modo di vedere, ma mi diede un'idea.

Con il mio ultimo granello di energia, agguantai una capsula dalla tasca e me la schiacciai in mano. Il liquido appiccicoso mi rivestì il palmo, colandomi lungo il braccio. Mi si piegarono le gambe mentre crollavo sulle ginocchia. L'ultima cosa che vidi prima che il mondo si sciogliesse fu una spira marrone e verde che si protendeva verso di me. Mi svegliai rabbrividendo. Il viso preoccupato di Castagna mi fissava dall'alto. Agitava una grossa foglia, sventolandomi di fresca aria pulita. Lo sfinimento gli orlava gli occhi marroni. «Immagino che ci sia un serpente della collana che andrà via affamato» disse. «Che cosa vuoi dire?» domandai, trasalendo per il dolore acuto alla gola. Quando provai a sedermi, mi resi conto che eravamo sul ramo di un albero. Castagna mi aiutò. «Se fossi morta, ho detto al serpente che avrebbe potuto mangiarti.» Sorrise. «Sono spiacente di deluderlo.» «Non importa. Forse avremo qualche Parassita in più da dargli.» Il suo sogghigno svanì. Trasalii quando mi tornò la memoria. «Il Distorsore di Fuoco! Mio padre! Gli altri! Che...» Castagna alzò la mano. «Quando il serpente ti ha afferrato e ti ha trascinato tra gli alberi, ha distratto il Distorsore abbastanza a lungo perché Leif irrompesse attraverso il muro di calore. Con l'aiuto di Uomo-di-Luna, tuo fratello è riuscito a smorzare il legame tra il fuoco principale e il Distorsore.» Distolse lo sguardo. «Il Distorsore è scomparso.» Rabbrividì. «I restanti Parassiti sono fuggiti, con Uomodi-Luna, Tauno e Marrok che li inseguivano.» «E Leif?» «Di sotto con vostro padre.» E prima che potessi chiedere, aggiunse: «Sta bene. Anche se temo che Stono non vivrà fino a vedere l'alba». Un'improvvisa determinazione mi diede energia. «Aiutami a

scendere.» Mi tremavano le gambe, così scivolai e caddi attraverso i rami più bassi. Toccai terra con violenza, ma non mi fermai finché non fui accanto a Leif, che teneva in grembo la testa di Stono. Il mio sguardo rifuggì dal groviglio orripilante che era stato il ventre di Stono. Mio padre e l'altro esploratore giacevano sul terreno accanto a loro, immobili, ancora paralizzati dal curaro. Non riuscii a vedere i miei amici. «Dove sono gli altri?» chiesi. «Non sono ancora tornati» rispose Castagna. Si lasciò cadere a terra accanto a Leif e prese nella propria la mano sinistra di Stono. «Almeno non prova dolore» bisbigliò Leif, il viso striato di fuliggine e di sudore. Forellini di bruciature gli disseminavano i vestiti. Puzzava di fumo e di fluidi corporei. Mi inginocchiai accanto a lui. Posai due dita sul collo di Stono e sentii un battito esitante. Stono gemette e batté le palpebre. «Non è paralizzato come gli altri perché il rituale Kirakawa altrimenti non avrebbe funzionato» dissi. «Puoi salvarlo?» domandò Leif. Le ferite di Stono erano letali. Non avevo mai guarito nessuno con un danno così esteso. La trachea di Tula era stata schiacciata quando lei era stata uccisa. Ero riuscita a riparare il danno, ma non avevo potuto svegliarla senza la sua anima. Mi chiesi perché. Secondo lo scenario fiammeggiante di Roze, io avevo il potere di creare un esercito di individui senz'anima. «Yelena.» L'impazienza di meditazioni. «Puoi salvarlo?»

Leif penetrò

attraverso

le mie

Sarei stata in grado di salvare me stessa una volta che avessi preso su di me le sue ferite? Inalai un respiro tremolante. C'era solo un modo per scoprirlo. Chiudendo gli occhi, attirai potere e avvolsi spesse bande di magia attorno al mio stomaco. Poi mi protesi verso Stono e mi costrinsi a esaminare la massa sanguinolenta, vedendo le sue ferite attraverso la mia magia. Pulsavano di un urgente bagliore rosso

quando mi concentrai su di esse. Senza preavviso, il cuore di Stono interruppe la propria fatica e la sua anima si levò dal corpo. L'istinto guidò le mie azioni quando risucchiai dall'aria la sua anima e la riposi in un angolo sicuro della mia mente. Ignorai i suoi confusi pensieri, concentrandomi sulle ferite. Lo stomaco mi esplose con il dolore di un milione di coltelli aguzzi che mi scavavano nel profondo delle viscere. Stringendomi l'addome, mi raggomitolai. Il sangue mi rivestiva mani, braccia, e si raccoglieva in una pozza sul terreno. L'aria si riempì del fetore caldo di fluidi corporei. Lottai per scacciare il dolore, ma mi restava incollato addosso, facendosi strada a morsi attraverso la mia spina dorsale e verso il cuore. La voce di Leif mi rimbombava nelle orecchie. Voleva qualcosa. Seccata dalla sua insistenza, trasferii per un momento a lui la mia attenzione. La sua energia inondò il mio corpo. Bloccammo l'avanzata del dolore, ma non riuscimmo a sconfiggerlo. Era solo questione di tempo prima che le nostre forze venissero meno e perdessimo la battaglia. La voce rassegnata di Uomo-di-Luna risuonò nella mia mente.

Yelena! Che cosa ti ha fatto credere di poter contrastare da sola il potere del rituale Kirakawa? lo non ho... Capito? Pensato? Ha importanza ormai?

L'azzurra energia di Uomo-di-Luna si aggiunse a quella di Leif e tutti e tre assieme scacciammo il dolore. Mi protesi verso Stono e posai la mano sul suo stomaco liscio. Torna indietro, istruii la sua anima. Il pizzicore di una puntura mi pulsò giù per il braccio. Quando sentii che riprendeva a respirare, ritrassi la mano. Troppo esausta per muovermi, caddi addormentata. A un certo punto una mano mi riscosse. «Teobroma?» chiese Leif, la sua voce una chiamata lontana. I miei stanchi pensieri si trascinarono attraverso la nebbia. «Zaino»

borbottai. «Dove?» Leif mi scosse di nuovo, lo gli picchiai sulle braccia, ma lui non smise. «Dove?» «Zaino. Nella giungla. Serpente.» «Andrò io» disse Castagna. I suoi passi che si allontanavano mi cullarono mentre scivolavo di nuovo nel sonno. Mi svegliai strozzata da un liquido dal sapore disgustoso. Tossendo, mi rizzai a sedere e sputai. «Devi berlo tutto» disse mio padre, porgendomi una tazza. «Che cos'è?» Presi a tentoni il boccale. Il contenuto di colore verde odorava come acqua di palude. «Tè di guanabana. Ricostituisce le forze fisiche. Su, bevi.» Feci una smorfia e mi portai la tazza alle labbra, ma non riuscii a trovare la forza di mandarlo giù. Esaù sospirò. Sangue e sporcizia gli impastavano i capelli grigi. Appariva più vecchio dei suoi cinquantanni. Lo sfinimento gli incurvava la spalle ampie. «Yelena, mi piacerebbe tornare a casa. E tua madre avrà già una crisi a quest'ora.» Ottimo argomento. Trasalendo, ingoiai il tè. La gola infiammata mi bruciò quando deglutii il liquido, ma dopo qualche istante mi sentii più sveglia ed energica. Il sole occhieggiava alto nel cielo e la radura era vuota. «Dove sono tutti?» domandai. Esaù grugnì. «Te lo dirò sulla strada di casa.» Si alzò in piedi. Individuando lì vicino il mio zaino, ne controllai il contenuto prima di mettermelo sulle spalle. Il mio bastone era posato a terra vicino a un ampio segno di bruciatura. Soppesai l'arma, facendo scorrere le mani lungo il legno d'ebano. Sembrava indenne. Una gradita sorpresa dal momento che. durante la scaramuccia, avevo creduto che il Distorsore di Fuoco lo avesse ridotto a un mucchietto di cenere.

Un rossore rovente di paura mi increspò la pelle quando pensai al Distorsore di Fuoco. Non avevo mai incontrato un potere come il suo. Ero stata totalmente impreparata a combatterlo, e non riuscivo a pensare a nessuno a Sitia che potesse stare alla pari con lui. Forse a Ixia? I miei pensieri corsero a Valek. La sua immunità alla magia l'avrebbe salvato dalle fiamme del Distorsore di Fuoco, oppure sarebbe stato consumato? «Andiamo, Yelena» disse Esaù. Scrollai via quei pensieri morbosi e seguii mio padre fuori dalla radura. Lui stabilì un'andatura rapida, e una volta che mi misi al passo con lui, gli chiesi che cosa fosse accaduto dopo che ero caduta addormentata. Lui sbuffò divertito. «Svenuta, vuoi dire?» «Avevo appena salvato la vita a Stono. E la tua, anche.» Fermandosi, Esaù mi afferrò in uno stretto abbraccio. «Lo so. Hai fatto un gran bene.» Mi lasciò andare con la stessa rapidità con cui mi aveva afferrata e proseguì attraverso la giungla. Gli corsi dietro. «Gli altri?» mi informai. «Hai dormito per un giorno intero. Abbiamo pensato fosse meglio che Leif e Castagna riportassero Stono e Barken all'insediamento. I Semedisabbia e l'altro tizio ixiano non sono mai tornati.» Mi fermai. «Potrebbero essere nei guai.» «Due guerrieri Semedisabbia e uno spadaccino contro tre Daviian? Ne dubito.» «E contro tre Parassiti armati di curaro?» «Ah, all'inferno!» sbottò Esaù. «Vorrei non aver mai scoperto quella schifosa sostanza!» Si picchiò i pugni sulle cosce. «Speravo che la fornitura che rubarono ai Semedisabbia fosse ormai esaurita a quest'ora.» «Estraevi la droga da una liana della giungla?» «Sì.» «Allora come possono sapere come farne dell'altra?» mi domandai

a voce alta. «E dove la stanno facendo?» Esaù si guardò attorno. «Forse nella giungla. Andrò a tagliare ogni singola pianta di curaro e la brucerò» promise. Gli posai una mano sul braccio. «Ricorda perché l'hai cercata. Può essere anche molto utile. La nostra preoccupazione immediata dovrebbe essere per Uomo-di-Luna e gli altri. Ora voglio provare a contattarlo.» Raccogliendo potere, proiettai la mia mente nella giungla circostante. La mia coscienza toccò una varietà di creature viventi. Valmuri si slanciavano da un albero all'altro, uccelli stavano appollaiati sui rami, e altre piccole creature scorrazzavano per il sottobosco. Ma non riuscii a localizzare i freddi pensieri di Uomo-diLuna. I Parassiti l'avevano nascosto dietro uno scudo-nulla? Era morto? Cercai Tauno e Marrok, invano. «Andiamo a casa e studiamo un modo per trovarli. Tutti loro, inclusi i Parassiti che fabbricano il curaro» suggerì mio padre. Le sue parole mi fecero venire in mente le altre guardie dei Parassiti che avevamo spruzzato con il profumo di serpente. «Possiamo interrogare le guardie Daviian. Sono al nostro villaggio?» Esaù si tirò la tunica macchiata come se stesse decidendo come dirmi qualcosa di spiacevole. «Quando sei stata presa da quel serpente, l'animale non è stato contento di scoprire che non eri una femmina della sua specie. Così, per evitare che ti divorasse, Castagna ha dovuto concentrare tutti i suoi sforzi sul salvare te e...» Fece una pausa. «Ha perso il controllo degli altri serpenti.» «Le guardie sono morte?» «Uno sviluppo disgraziato, ma c'è anche il rovescio della medaglia» rispose Esaù. «Cioè?» «Adesso ci sono quattro serpenti della collana molto sazi che non infastidiranno gli Zaltana per un bel po'.» Mi lavai via dal corpo il sangue seccato e i coaguli appiccicosi nel

ruscello che scorreva sotto l'insediamento del mio clan, sapendo che mia madre si sarebbe preoccupata pur avendomi davanti agli occhi sana e salva. Mentre salivo la scala verso la chioma degli alberi, riflettei sui recenti eventi. Poteva esserci un gruppo di Parassiti Daviian al lavoro nella giungla, che raccoglieva liane e distillava curaro. Non avevo idea di dove fossero andati Ferde e Cahil o dove fossero spariti i miei amici. E c'era un Distorsore di Fuoco fuori controllo che poteva verosimilmente balzar fuori da qualsiasi fuoco da campo in Sitia. La mia vita a Ixia come assaggiatore ufficiale del Comandante suonava quasi una vacanza al confronto. Perché avevo voluto lasciare Ixia? La condanna a morte per il fatto che ero un mago era stata la ragione principale che mi aveva indotta a riparare a Sitia, oltre al desiderio di conoscere la mia famiglia, di cui non avevo ricordi fino a quando Uomo-di-Luna non li aveva sbloccati. Ebbene, avevo incontrato i miei genitori e l'ordine di esecuzione era stato revocato. Il pensiero di tornare da Valek a Ixia mi tentava. Raggiunsi la cima della scala di corda e arrivai in una piccola stanza di ricevimento fatta di fronde. Esaù non aveva aspettato. La sentinella Zaltana di guardia lì mi informò che mio padre mi avrebbe incontrato nel soggiorno dei miei genitori. Camminando verso il loro appartamento, mi stupii dell'ingegnosità e della qualità artigianale del vasto complesso di abitazioni costruito sopra il suolo della giungla. Gli Zaltana erano pieni di risorse, determinati e caparbi. Tutti tratti che ero stata accusata di possedere. Mi chiesi se quelle qualità fossero sufficienti a contrastare il Distorsore di Fuoco. Avevo l'esperienza e la conoscenza magica necessarie per trovare Uomo-di-Luna, riacciuffare Ferde e impedire ai Parassiti di uccidere altra gente? La scoraggiante e soverchiante lista delle cose da farsi non mi avrebbe trattenuto dal provarci o morire nel tentativo. Ma quanti sarebbero stati feriti o uccisi nell'operazione, a causa mia?

Capitolo 7 Non raggiunsi mai l'alloggio dei miei genitori. Mia cugina Nucci mi intercettò lungo il tragitto, riferendo il messaggio di andare alla sala comune. Guardò con una smorfia di disgusto i miei abiti strappati e macchiati e sbuffò. «Ho un cambio nello zaino» le assicurai. «Vediamo, allora.» Tese le lunghe braccia magre, in attesa. Sapendo che era inutile discutere con lei, aprii lo zaino e le mostrai l'altro completo di gonna pantalone e corpetto di cotone che aveva cucito per me. Pensai che da allora erano accadute tante cose da bastare per una vita intera, ma in realtà erano passate solo due stagioni. Nucci esaminò gli abiti con un broncio perplesso. «Avrai bisogno di un po' di vestiti nuovi. Te li farò.» Poi, con un lieve cenno di saluto, balzò tra i rami dell'albero con la grazia e la rapidità di un valmure, sdegnando il pratico ponte di corde. «Oh, sputodiserpe» esclamò dall'alto. «Devo andare a chiamare zio Esaù e zia Perl.» Cambiò direzione e scomparve tra gli alberi. Raggiunsi la sala comune, dove trovai Oran, Violetta, Castagna e i due esploratori. L'enorme sollievo che provai notando che il focolare centrale non era acceso mi allarmò. Se avevo paura di un semplice fuoco domestico, che cos'avrei fatto quando mi fossi trovata di fronte di nuovo il Distorsore di Fuoco? Evitai di pensare a quello scenario e mi concentrai sul problema presente. Quando mi vide, Stono piombò a sedere, impallidì vistosamente, e temetti che svenisse. Borbottò un grazie al pavimento, eludendo il mio sguardo. Oran e Violetta continuarono a interrogare Castagna sui serpenti della collana. Castagna balbettava ed esitava. «Volevo essere d'aiuto.» «Non avevi il nostro permesso» lo rimproverò Oran. «E quanti ne sono morti?» «Sei» rispose Castagna con voce sommessa.

«Buon per te, Cassi» commentò Stono. «Vorrei che tu li avessi uccisi tutti. Che gli avessi strappato le budella e li avessi strangolati con quelle!» I suoi occhi erano accesi di furia omicida. Gli anziani si voltarono verso di lui. Il turbamento dell'uno si specchiava nella faccia dell'altro. Violetta si riprese per prima. «Stono, hai passato un brutto momento. Perché non vai a riposare un po'?» ordinò. Lui si alzò su gambe tremanti e strascicò pochi passi, ma si fermò accanto a me. «Ucciderò il serpente che ha cercato di mangiarti, se vuoi» mi bisbigliò all'orecchio. «Fammi sapere che cosa posso uccidere per te.» Mi voltai per protestare, ma lui passò oltre. «Che cos'ha detto?» domandò Oran. Già, che cosa? Un'offerta di vendetta su un serpente o qualcosa di più inquietante? «Ha detto che gli piacerebbe aiutarmi.» «Non senza il nostro permesso.» Oran gonfiò il petto con sussiego. «Non puoi usare i membri del nostro clan come se fossero il tuo esercito personale. Portare Castagna in una situazione ignota e rischiosa che avrebbe potuto ucciderlo è stato sbagliato.» Ne avevo abbastanza di Oran Cinchona Zaltana. Avanzai fino a fermarmi vicinissimo a lui. «Avrebbe potuto ucciderlo, ma non è successo» sibilai. «Se avessimo aspettato il vostro permesso, avreste perso tre membri del clan. E io non dibatterei troppo a lungo su come intendete scovare un possibile nido di Parassiti che vivono nella vostra giungla. Se aspettate troppo a lungo, è probabile che si moltiplichino.» «Di che cosa stai parlando?» domandò Violetta. Fu allora che ci raggiunsero Esaù e Perl. Avendo udito il mio avvertimento, mia madre si toccò la gola, e l'espressione cupa di mio padre si rabbuiò ulteriormente. «Padre, potresti informare gli anziani della potenziale minaccia? lo ho altre faccende da sbrigare» dissi. «Dove stai andando?» chiese Perl.

«A cercare i miei amici.» Trovai Leif negli alloggi dei nostri genitori. Era sonoramente addormentato sul divano e mi venne in mente che non sapevo se avesse delle stanze sue nell'insediamento Zaltana. Esaù aveva buttato giù la parete della camera di Leif per allargare il proprio spazio di lavoro. Non volendo disturbare mio fratello, lo oltrepassai in punta di piedi e salii in camera mia. Presto il sole sarebbe calato e io volevo volare con i pipistrelli. Sdraiandomi sul letto, sentii il sonno attrarmi. Resistetti, pensando a Uomo-di-Luna. Aveva aiutato me e Leif a guarire Stono. Forse lo sforzo l'aveva sfinito e reso incapace di reagire alla mia ricerca. Non appena la luce si affievolì, attinsi magia dalla fonte del potere e proiettai la mia mente dentro la giungla. Trovando la coscienza collettiva dei pipistrelli, mi unii alla loro caccia di cibo. Fluttuai da un pipistrello all'altro, percependo lo spazio che li circondava, cercando una qualsiasi traccia di fuoco o segno di persone mentre planavo nell'aria, sentendo il sole lasciare il cielo. Mi chiesi come i pipistrelli potessero sapere le forme e dimensioni di ciò che li circondava senza vederle. Era una capacità che potevo imparare? La mia magia mi permetteva di percepire gli esseri viventi, ma non riuscivo a sentire niente dagli oggetti inanimati sul mio cammino. I pipistrelli invasero ogni parte della Giungla Illiais. Annidata sotto l'Altopiano Daviiano, la giungla non era vasta. Due giorni di cammino sarebbero bastati per percorrerla da un capo all'altro. Il Mercato Illiais segnava il confine occidentale della giungla. Alcuni pipistrelli scendevano in picchiata vicino ai falò del mercato, ma evitavano l'atmosfera polverosa e i rumorosi crocchi di persone. Ritirai la mia coscienza. Non avendo trovato alcun segno materiale di Uomo-di-Luna o degli altri, decisi che l'indomani Leif e io ci saremmo recati al mercato, il punto di ritrovo che avevamo stabilito sull'altopiano. Se Uomo-di-Luna seguiva i Parassiti, alla fine ci avrebbe cercati là, sperai.

Quando mi svegliai il mattino seguente, nel soggiorno dei miei genitori c'era un gruppo di persone impegnate in un'animata conversazione. «È il tuo turno, lo ho consegnato un carro di frutti pummelo l'ultima volta» stava dicendo Nucci a Castagna. «Vedi?» Sollevò la mano destra. «Ho ancora le vesciche.» «Non sono stupido. Ti sono venute solo perché sei stata su tutta notte a finire i vestiti che devi a Felce» ribatté lui. «È il tuo turno di andare al mercato.» «Non puoi andare a raccogliere ogni singola liana da curaro, Esaù. Ti ci vorranno stagioni» diceva Perl. «E i Parassiti? Se ti catturano di nuovo...» E si interruppe, portandosi la mano alla gola come per bloccare l'emozione che le sgorgava dal cuore. «Di questo non mi preoccupo» replicò mio padre. «Mi preoccupo piuttosto di quello che possono fare con il curaro!» «Il curaro può essere contrastato con il teobroma» intervenne Leif. «Dobbiamo soltanto assicurarci che tutti ne abbiano con sé a sufficienza.» «Non è il mio turno» ripeté Nucci. «Invece sì» ribatté Castagna. «Yelena!» strillò Nucci, scorgendomi. «Ti ho fatto un'altra gonna pantalone.» Teneva in mano uno stampato azzurro chiaro e giallo. «Grazie» risposi. «Non dovrai andare tu al mercato, Nucci. Consegnerò io gli abiti per te. E Leif, il teobroma è ottimo per riacquistare i movimenti, ma ti lascia inerme contro un attacco magico. Padre, puoi trovare un modo per far funzionare il teobroma contro il curaro senza effetti collaterali? Sarebbe più utile che estirpare ogni liana. Inoltre, non sono riuscita a trovare alcun segno che i Parassiti stiano raccogliendo liane al momento, ma penso che inviare esploratori ben armati nella giungila di tanto in tanto sarebbe una buona idea.» «Ecco Yelena!» esclamò Leif. «Problemi risolti» scherzò. «Avrò vita più facile con il teobroma che a convincere Oran e Violetta a inviare pattuglie in esplorazione» commentò Esaù.

«Vogliono che stiamo nascosti nel nostro villaggio!» «Me la vedrò io con Oran e Violetta» disse Perl. Il suo viso si era atteggiato in un cipiglio deciso, che poi rivolse verso di me. «Stai già per lasciarci?» «Dobbiamo incontrarci con i nostri cavalli e gli altri membri del nostro gruppo» risposi. «Sono al mercato?» chiese Leif con una nota speranzosa nella voce. «Troppa gente perché potessi stabilirlo. In ogni caso, dobbiamo cercare tracce di Ferde e Cahil.» Potevano essere ovunque ormai, e chissà cosa stavano facendo. Rabbrividii quando l'immagine dello stomaco squarciato di Stono mi tornò alla mente. «Non senza colazione.» Perl si affrettò verso la cucina. «Andrò a prendere i vestiti.» Nucci balzò via. «Meglio che vada a preparare il mio zaino.» Leif sorrise. «Mai una giornata noiosa con te, sorellina.» «Che cosa ti serve?» mi chiese Esaù. «Sto finendo le scorte di teobroma e di curaro.» Mio padre entrò nell'elevatore per salire al secondo piano. Castagna si guardò attorno nella stanza improvvisamente silenziosa. Esitava, evitando il mio sguardo, e mi resi conto che voleva parlare di qualcosa d'altro rispetto a chi dovesse andare al mercato. «Adesso è il momento» dissi. «Una volta che saranno tornati tutti...» «Non riesco...» Mosse le mani come se volesse estrarre i propri pensieri dall'aria. «Ho dei problemi a superare...» Avvolgendosi le braccia attorno al corpo, fremette di frustrazione. «Come puoi essere così calma? Restare qui in piedi, fare piani, abbaiare ordini. Sono morte sei persone. Stono è tornato dai morti e adesso è diverso...» «Diverso? In che senso?» «Probabilmente non è niente. Ha patito un brutto colpo, ma è in qualche misura più aspro.» Castagna scosse il capo. «Ma non è questo il punto. Sei persone uccise dai serpenti della collana: questo è il punto.»

Compresi il suo problema. «Non hai mai perso nessuno a causa di un serpente prima d'ora?» «Non uno. So che non è una morte orribile. Almeno sono morti prima di venire ingoiati. Sono sempre stato un po' curioso...» Si rattrappì per il senso di colpa. «Curioso di vedere un serpente divorare la sua preda, e ti senti responsabile per non aver fermato i serpenti?» «Sì.» La parola uscì con un sibilo. «Pensa a cosa sarebbe successo se i serpenti avessero lasciato andare i Parassiti.» «Tu e Stono sareste morti.» «Non sono felice neanch'io della morte di sei persone, ma considerata l'alternativa, riesco a farmene una ragione.» Un brivido mi corse sulla pelle. Finché non ci pensavo su troppo. «Mi hai chiesto come faccio a essere così calma. Ebbene, semplicemente non ho il tempo di non esserlo. Mi piacerebbe addolorarmi e preoccuparmi, ma ciò non dà risultati.» «E i risultati sono importanti, giusto, Yelena?» chiese Leif entrando nella stanza. «Una delle cose principali che Primo Mago mi insegnò quando arrivai al Mastio fu di lasciarmi alle spalle ogni sentimentalismo. Roze ritiene che le sia stato dato il dono della magia perché lo usi per uno scopo, e che non può lasciare che senso di colpa e rimorso la trattengano dal raggiungere quello scopo.» Leif si massaggiò il mento mentre il suo viso assumeva un'espressione pensierosa. «Tu sei molto simile a lei.» «Non è vero» protestai. «Era un complimento. Siete entrambe intelligenti. Siete persone d'azione. Capi naturali.» lo dissentivo. Non mi comportavo come Roze. Lei era una tiranna che credeva di sapere tutto e non si fermava a considerare altre opzioni o le opinioni di altre persone, lo non ero così. Oppure sì? «Tuttavia lei ha un brutto carattere» continuò Leif. «Aveva torto sulla direzione presa da Ferde e Cahil. Non ne sarà contenta.»

«Su questo sono d'accordo» dissi io. «D'accordo con cosa?» volle sapere Esaù. Le sue braccia traboccavano di contenitori. Poco dopo arrivò Nucci con la sua balla di vestiti, poi tornò Perl con un vassoio colmo di frutta e di tè. Ora che mangiammo, le ore del mattino erano andate. «Meglio mettersi in cammino. Sarà un'impresa arrivare al mercato prima che faccia buio» disse Leif. «Yelena, devi tornare a fare una visita vera e propria» mi istruì mia madre. «Forse quando ti sarai sistemata.» Meditò per un momento, e aggiunse: «Forse puoi trovare qualche momento per una visita. Non credo che le cose per te si sistemeranno molto in fretta». «Lo sai pervia della tua magia?» domandai. «No, cara. Dalla tua storia.» Un sorriso le increspò le labbra, prima che il suo viso riassumesse l'espressione da madre severa. Poco dopo, Leif e io scendemmo la scala di corda fino al suolo della giungla. Lui si avviò con andatura svelta e io gli arrancai dietro. Quando ci fermammo per un breve riposo, buttai a terra il mio pesante zaino e mi massaggiai la schiena dolorante. Adesso potevo simpatizzare con un cavallo da soma... Kiki! «Leif, questa pista rimane così larga fino al mercato?» «Ammesso che non vi siano caduti alberi di recente. In genere gli Zaltana la tengono ben sgombra. Perché?» «I cavalli.» Lui si batté la fronte con una mano. Mi protesi con la mente e cercai i pensieri di Kiki. Si nascondeva con Garnet e Rusalka nella foresta a ovest del mercato. Tardi, disse nella mia mente. Sporca. Affamata.

Ci venite incontro sulla pista nella giungla? Arriveremo al mercato prima. Strigliata prima. Lei acconsentì. Leif e io continuammo per un po' a marciare in silenzio. Il ronzio degli insetti si fece più forte quando la luce del sole

cominciò a svanire. «Continuo a dimenticare che sai comunicare con i cavalli» commentò Leif a un tratto. «Penso che potresti essere la prima nella storia sitiana.» «Ne sei sicuro?» «Tutti gli studenti del Mastio hanno dovuto apprendere dei passati maghi e dei loro poteri, ma Maestro Buonsangue lo saprebbe per certo.» Bain Buonsangue, Secondo Mago, era un libro di storia ambulante, e la lista di domande che avrei voluto porgli si faceva ogni giorno più lunga. Avevo un'infinità di cose da imparare sulla magia e sulla storia, e la loro quantità a volte mi sopraffaceva, ricordandomi quanto fossi impreparata. E come mai avevo quei poteri da Cercatore d'Anime? Entrambi i miei genitori non avevano magia sufficiente per essere invitati al Mastio, dunque non li avevo ereditati. Pura fortuna cieca? Leif interruppe i miei pensieri. «Conosci qualcun altro che sappia parlare ai cavalli?» «Il Mastro di Stalla ha detto che lui comprende gli umori e le intenzioni dei cavalli, ma di per sé non sente le loro parole nella mente.» E mi aveva guardato come se mi fossero spuntate le ali quando gliene avevo fatto menzione. «E invece a Ixia?» Riflettei. Quando il Comandante aveva preso il controllo di Ixia, oltre sedici anni prima, aveva ordinato a Valek, il capo della sicurezza, di uccidere tutti i maghi. Poi, ogniqualvolta un Ixiano sviluppava la capacità di usare la magia (cosa che accadeva normalmente dopo la pubertà) Valek eliminava quella persona se non era già fuggita a Sitia. Non c'erano maghi a Ixia, ma i miei pensieri indugiarono su Porter, il responsabile dei canili del Comandante. Ci sapeva fare in modo inquietante con i cani, e non aveva mai avuto bisogno di guinzagli o fischietto per farsi obbedire da loro. «Forse un altro» risposi. «Tuttavia lui non lo ammetterebbe mai...

sarebbe una sentenza di morte.» «Forse potremmo aiutarlo a riparare a Sitia.» «Non credo che vorrebbe venire.» «Perché no?» L'idea sbalordì Leif. «Ti spiegherò più tardi.» Non avevo l'energia per istruire Leif sulle politiche del Comandante. Allevato a Sitia, mio fratello era convinto che Ixia fosse un posto orribile dove vivere. Che con il Codice di Comportamento di Ixia, l'obbligo dell'uniforme e il dover ottenere licenze per sposarsi o trasferirsi altrove, i cittadini fossero estremamente infelici. Ixia non era perfetta, certo, ma c'erano dei vantaggi a vivere là. Per me, Valek era uno di questi. Avevo nostalgia di lui, mi mancavano le discussioni sui veleni e le tattiche di combattimento e mi mancava la presenza di un'anima gemella che sapeva ciò di cui avevo bisogno prima di me. Sospirai. Meglio essere refrattari alla magia come Valek che essere un temuto Cercatore d'Anime. Un Cercatore d'Anime, per giunta, che era completamente inutile davanti a un Distorsore di Fuoco. Le vedute del Comandante ora non mi parevano più così estreme: la magia era un guaio. E quello che i Parassiti avevano fatto per accrescere i propri poteri era più orribile di qualsiasi cosa a cui avessi assistito a Ixia. «Leif, che ne dici del Distorsore di Fuoco?» domandai. Dall'incidente nella giungla, non avevo avuto tempo di discuterne con lui. «Avevi mai visto un mago uscire da un fuoco?» «No. Roze Pietrapiuma sa accendere fuochi enormi che consumerebbero interi edifici, ma si brucerebbe se si avvicinasse troppo a uno di essi. Da quando tu sei tornata a casa, ho visto ogni sorta di strane magie. Tu tiri fuori il meglio e il peggio dalle persone» cercò di scherzare Leif. lo non ne fui divertita. «I Parassiti stanno usando antichi riti magici. Sai qualcosa in proposito?» «I poteri dei Tessitori di Storie Semedisabbia sono leggendari. Una volta si chiamavano Guerrieri Efe. Ero convinto che i racconti sul loro conto fossero esagerati.» Leif tacque per un momento. «Fino a

ora. Duemila anni fa, ben prima che i clan sitiani si unissero, la Tribù Efe dominava su tutte le altre, grazie alla magia di sangue che praticavano. Gli altri clan davano loro qualsiasi cosa volessero, cibo, oro o sacrifici, sperando di placarli. Poi esplose un disaccordo tra i governanti Efe e iniziò una guerra civile. La conseguente battaglia spianò le Montagne Daviiane.» «Montagne?» «Adesso sono un altopiano.» «Oh. misericordia.» «Esatto. Alla fine della guerra un nuovo capo di nome Guyan prese il comando dei superstiti, e dichiarò che avrebbe piantato i semi di una nuova tribù nel deserto che prese il posto delle montagne distrutte. Fu così che ebbero il nome di Semedisabbia, e i loro maghi furono poi chiamati Tessitori di Storie.» Un rombo di zoccoli interruppe il racconto di Leif. Il muso di Kiki fu una vista gradita, anche se i suoi occhi azzurri apparivano stanchi e il fango le copriva il mantello color rame. Garnet e Rusalka non se l'erano passata meglio. Leif e io demmo ai cavalli cibo e acqua, lo avrei voluto strigliarli e lasciarli riposare, ma lui insistette perché prima raggiungessimo il mercato. «Ci sono troppi predatori di notte» spiegò. «I cavalli attireranno ogni leopardo arboricolo della giungla.»

Mercato non lontano, disse Kiki. Giungla odora... strano. Montammo e galoppammo verso il mercato. Essendo con noi, i cavalli non dovettero nascondersi e li strigliammo presso il fuoco da campo degli Zaltana dietro gli edifici del mercato, mentre il sole cominciava a calare. Molti clan avevano costruito alloggi permanenti per i loro membri, dove rimanere mentre commerciavano o acquistavano beni. Il Mercato Illiais rimaneva aperto fino a tarda sera, e un sistema di torce permetteva ai commercianti di continuare a lavorare, anche se il trambusto di clienti che facevano offerte, discutevano e acquistavano tendeva a calmarsi dopo il tramonto.

Quando infine i cavalli furono sistemati, camminai rapidamente attraverso gli edifici di bambù coperti con tetti di paglia. La maggior parte dei negozianti teneva le cortine di bambù abbassate per bloccare la fredda brezza notturna. L'ultima volta che ero stata lì, era l'inizio della stagione torrida, e le cortine erano tirate su e arrotolate per tener freschi i lavoratori. Mi guardai intorno, cercando Uomo-di-Luna. Fermai persino alcuni clienti per chiedere loro se qualcuno avesse visto i miei amici. Il proprietario di una bancarella ricordò di aver scorto alcuni uomini che correvano per il mercato pochi giorni prima, ma non seppe descriverli. Preoccupata, immaginai Uomo-di-Luna. Tauno e Marrok impalati al terreno per il rituale Kirakawa. Nascosti dietro a uno scudo-nulla, non sarei stata in grado di trovarli, e ogni minuto di ritardo era un minuto a vantaggio di Cahil e Ferde. Respirai a fondo per alleviare la morsa che mi stringeva il petto. Le spezie esotiche offerte dal Clan Verdelama si mescolavano all'aroma della carne che arrostiva. Lo stomaco mi gorgogliò per la fame. Prima di fermarmi a mangiare, tuttavia, consegnai il pacco di abiti a Felce. La minuscola donna sbuffò di sollievo. «Credevo che Nucci non li avrebbe fatti per tempo» esclamò da dietro una bancarella coperta di balle di tela. «Credevo che tu vendessi stoffe» osservai. «Sto ampliando il commercio. Nucci si sta facendo una certa fama.» «Questo è un bene o un male?» domandai. «Entrambe le cose. Alcune delle donne Verdelama si sono stancate delle loro tuniche e brache verdi in tinta unita e hanno voluto un guardaroba più colorato. Hanno comprato ogni singolo pezzo delle camicie, dei vestiti e delle gonne pantalone di Nucci. lo fornisco la stoffa e dividiamo i profitti. Tuttavia, gli anziani del clan non sono molto contenti di questa rottura con la tradizione.» Poiché abitavano nella giungla, i Verdelama di solito vestivano i colori della foresta. Mi guardai attorno e, in effetti, individuai alcune

donne che indossavano le vivaci creazioni di Nucci. Avevo supposto che fossero Zaltana, ma a un esame più attento notai che avevano la carnagione chiara dei Verdelama. A Ixia, capivo in quale Distretto qualcuno vivesse dal colore delia sua uniforme. Qui, era tutta questione di sapere come ogni clan preferiva vestire. Interessante. «Yelena, hai bisogno di qualche nuovo tessuto?» chiese Felce, tirando fuori una pezza di stoffa da sotto il tavolo. «Ho appena finito questo bellissimo disegno verde. Vedi?» Lo sollevò alla luce della torcia. «Giusto un tocco di oro nella tela. Si intona alla perfezione con i tuoi occhi.» Risi. «Sei proprio una gran venditrice. Ma Nucci mi ha appena confezionato un altro completo.» Imperterrita, Felce trovò un'altra pezza. Il ricco colore dorato attirò la mia attenzione non appena lei la svolse. «Questo sarebbe per la camicia.» Mi osservò per un momento. «Potrei mandarlo a Nucci per te, che ne dici?» «Sei cattiva» replicai. Lei sogghignò. «Sto solo pensando a cosa sia meglio per i miei clienti.» «E per la tua cassa.» Un sorriso da predatore le lampeggiò sul viso. La pagai per le stoffe e me ne andai prima che potesse convincermi che avevo bisogno di un altro completo. Comprai del miele avibiano per il Mastro di Stalla prima di acquistare un po' di manzo alla griglia da mangiare mentre cercavo tra le altre bancarelle del mercato. Le merci esposte in vendita o per il commercio all'ingrosso includevano artigianato, abbigliamento, frutta e prodotti da forno. Mi fermai per un minuto a esaminare un elaborato anello d'argento che conteneva una lunaria nera, ma accantonai subito l'idea di comprarlo. Mi restavano solo poche monete del denaro che avevo guadagnato come Aiutante di un Mago. Inoltre, portavo già un ciondolo a forma di farfalla e un bracciale a forma di serpente, entrambi dono di Valek. Giocherellai con il

pendente sul mio petto, chiedendomi dove fosse Valek. Era nel suo laboratorio di scultura, a creare un'altra statua di animale? Forse stava discutendo di tattiche militari con Ari e Janco o duellando con Maren. Mi aveva insegnato lei a combattere con il bastone, e le stesse capacità di Maren erano migliorate. Forse in quel preciso momento lei era con Valek, a lavorare su qualche complicato progetto che richiedeva loro di stare insieme ogni giorno. Forse lui mi avrebbe dimenticata. Sarebbe stato soddisfatto di avere Maren al proprio fianco. No. Mi costrinsi a ignorare quei pensieri. Avevo problemi in abbondanza, senza crearmi nuove preoccupazioni. Determinata, mi diressi di nuovo al nostro campo. Forse perlustrare un'altra volta la zona con la magia mi avrebbe svelato Uomo-di-Luna e gli altri. Leif e io attendemmo un altro giorno qualche segnale da Uomodi-Luna. lo bighellonavo per il mercato, imprecando sottovoce. Ogni minuto che indugiavamo riduceva la possibilità di riacciuffare Cahil e Ferde. Esaminai la foresta collegandomi mentalmente con le creature che la popolavano, ma non colsi alcuna traccia dei nostri amici. Quella notte discutemmo la nostra prossima mossa. Seduta accanto al fuoco, fissavo le fiamme. Il mio archetto era a portata di mano, ma non credevo che l'arma sarebbe servita a molto contro il Distorsore di Fuoco. «Dovremmo tornare alla Cittadella» disse Leif. «È la cosa più sensata.» «E i Semedisabbia? Hanno lasciato il loro clan indifeso nelle pianure. Potrebbero avere bisogno d'aiuto, e dovremmo dire loro di Uomo-di-Luna e Tauno.» «Dire loro che cosa? Che li abbiamo persi? Preferirei raccontare loro che Tauno soffre di vertigini e Uomo-di-Luna di claustrofobia.» E io avrei preferito che fossero con noi. Rinviando la decisione, dissi: «La direzione è la stessa sia per la Cittadella sia per le pianure. Domani andremo a nord». Leif fu d'accordo. Srotolò il suo lettuccio accanto al fuoco e si coricò. Usando la sella di Kiki come guanciale, mi avvolsi nel mantello e cercai di mettermi comoda sulla fredda terra accanto a

lui. «Dovresti spostarti più vicino al fuoco. Gelerai» mi suggerì. «Sto bene.» Lui restò in silenzio per un po'. «Forse Uomo-di-Luna e gli altri si sono smarriti.» «Improbabile. Se si fossero smarriti nella giungla, li avrei trovati.» «Marrok ha paura di perdersi» disse Leif a bassa voce. «E tu hai paura di...» «Leif, mettiti a dormire. Domani sarà una giornata molto lunga.» Mi girai, voltandogli la schiena. Non volevo che desse un nome alla mia paura, rendendola reale. Infreddolita e scomoda, mi girai e mi voltai cercando di dormire. Inquietanti visioni di fuoco e di morte mi invasero la mente. Le fiamme divampavano in un sogno piacevole, qua e là, finché si moltiplicavano e consumavano la pittoresca scena, bruciando le immagini in una tempesta di cenere nera. Mi svegliai tossendo per il fumo immaginario, il corpo ricoperto di sudore. Per evitare gli incubi, osservai la luna levarsi sopra gli alberi della foresta. Quando Ferde impazzava con le sue imprese di ladro d'anime, i Maestri Maghi e io ipotizzavamo che la cadenza dei suoi omicidi rituali fosse collegata alle fasi lunari. Ci sbagliavamo. Lui aveva solo bisogno di tempo sufficiente per torturare le sue vittime fino a sottomettere a sé le loro volontà, così da poter rubare le loro anime quando morivano. Gli antichi simboli e il rituale Efe che usava per raccogliere le loro anime l'avrebbero reso il mago più potente di Sitia, se fosse riuscito a raccoglierle tutte e dodici. Valek e io gli avevamo impedito di assorbire l'anima di Gelsi e completare il rituale, ma ora lui era libero di riprovarci. E Cahil lo aiutava. Come poteva? Non riuscivo realmente a credere che Cahil si fosse fatto coinvolgere dopo aver visto con i propri occhi quello che Ferde faceva a quelle ragazze. Eppure lo aveva aiutato a fuggire dalle segrete del Mastio, e adesso viaggiava insieme a lui. Era così avido di potere? Non poteva più pretendere il trono ixiano. Che volesse governare Sitia, invece?

Scrutai la luna. Era quasi piena e il disco luminoso rischiarava il paesaggio. Mi interrogai sul suo potere e sul perché cose come il rituale Kirakawa avessero bisogno della sua presenza per funzionare. Potevo sentire l'invisibile coltre di potere che avvolgeva il cielo, ma non percepivo nulla dalla luna. Con un lieve lampo, Uomo-di-Luna si materializzò da un azzurro fascio di luce lunare, come se fosse stato evocato dai miei pensieri. Stava in piedi accanto al nostro fuoco senza né abiti né la sua arma.

Sei un sogno?, gli domandai. Profonde righe di sfinimento gli incidevano la faccia, ma riuscì a rivolgermi uno stanco sorriso. Forse sono sempre stato un sogno.

Che cosa ne pensi? Penso che sono troppo stanca per discutere con te di filosofia da Tessitore di Storie in questo preciso momento. E se non sei reale, allora quantomeno renditi utile e dimmi dove sei realmente! Sono qui. Uomo-di-Luna si afflosciò sulle ginocchia.

Capitolo 8 Balzai in piedi e corsi verso Uomo-di-Luna. Avvolgendo il mio mantello attorno alle sue spalle muscolose, condivisi con lui la mia energia. «Tutto a posto? Che cosa è successo? Dove sono gli altri?» domandai. «Stanno tutti bene. Ti spiegherò tutto più tardi.» Si tirò più vicino al volto il lembo del mio mantello. «Lo farai? Oppure ti limiterai a sputacchiare qualche vago dettaglio in tipico stile da Tessitore di Storie?» Lui rispose con un basso russare. Trattenni l'istinto di svegliarlo. Per Uomo-di-Luna il sonno era il modo migliore per recuperare l'energia dopo aver usato la magia. Disgraziatamente, io non potevo dormire. Presi un'altra coperta dalle bisacce da sella di Leif e la stesi su Uomo-di-Luna, perché il mio mantello non sembrava una protezione adeguata contro la gelida aria notturna. Poi aggiunsi alcuni ciocchi e attizzai il fuoco finché non divampò più alto. Mentre fissavo le fiamme danzanti, mi chiesi quali altre sorprese mi attendessero. Le risposte si sarebbero rivelate a tempo debito, ma la mia capacità di affrontarle restava incerta. Nonostante gli alti richiami di acquirenti e negozianti che provenivano dal mercato, Uomo-di-Luna non si svegliò finché il sole non raggiunse il mezzodì. E quando ebbe finito di man-giare il pasto che Leif aveva previdentemente preparato per lui, la mia impazienza aveva raggiunto un livello tale che probabilmente avrei potuto scalare un albero liscio senza l'aiuto di una fune. «Raccontaci tutto» pretesi prima che potesse inghiottire l'ultimo boccone. Lui sorrise alla mia agitazione. Lo sfinimento gli tirava ancora i lineamenti, ma gli occhi brillavano di uno scintillio divertito.

«E non provare a rifilarmi una delle solite ermetiche sentenze da Tessitore di Storie o...» «Che cosa?» ribatté lui. «Ti farò male. Tanto. Dunque parla.» Uomo-di-Luna lanciò un'occhiata a Leif. Mio fratello si strinse nelle spalle. «L'ho vista roteare quel bastoncino. Ora, se tu avessi la tua scimitarra...» «Troppo rischioso» rispose Uomo-di-Luna. Poi vide la furia montare nei miei occhi e saggiamente cominciò a raccontarci che cos'era accaduto. «Dopo che tu e Leif avete distratto il Distorsore di Fuoco, noi abbiamo inseguito i Parassiti nella giungla. E li avremmo acciuffati se tu non avessi avuto bisogno del mio aiuto.» Uomo-di-Luna mi indirizzò uno sguardo tagliente. «Come sta l'esploratore?» «Vivo e vegeto» risposi. «Ed è tornato quello che era?» lo esitai, ma non volli permettere a Uomo-di-Luna di cambiare argomento. «Sta bene. Continua la tua storia.» «Aiutarti ha prosciugato tutta la mia energia e ho avuto bisogno di riposare per un po'» riprese lui. «Marrok ha seguito le tracce dei Parassiti fino al Mercato Illiais e poi a nord fino alla cittadina di Booruby, dove abbiamo perso le tracce dei Parassiti. Troppa gente.» Rabbrividì, e quel gesto mi rammentò l'affermazione di Leif che Uomo-di-Luna soffriva di claustrofobia. La città era l'esatto opposto degli ampi spazi aperti delle Pianure Avibiane. Situata all'estremità settentrionale delle terre del Clan Cowan, Booruby confinava a est con le pianure, ed era di gran lunga troppo lontano da raggiungere per la mia magia. «Dove sono gli altri?» si informò Leif. «Abbiamo affittato una stanza in una delle locande. Ho lasciato là Tauno e Marrok a cercare qualche informazione sui Daviian mentre io vi raggiungevo.» Leif si guardò intorno. «Come sei arrivato qui?»

Uomo-di-Luna sogghignò. «Un potere segreto da Tessitore di Storie.» «Hai usato la luce della luna» dissi io. Lui irradiò approvazione. «Sono venuto attraverso il mondo d'ombra. La luce lunare rivela il mondo delle ombre, permettendo l'accesso.» «È quello dove mi mostrasti la storia della mia vita?» domandai, rammentando la piana oscura che si era trasformata in visioni della mia infanzia. «Sì. È il posto dove districo capi di storie per aiutare gli altri a imparare dal proprio passato quando tessono il proprio futuro.» «È un luogo fisico?» Vi ero stata due volte. La seconda Uomo-diLuna ci aveva condotto Leif e me perché districassimo i nostri nodi di ostilità e rabbia reciproca. Ogni volta, però, avevo avuto la sensazione di essere priva di sostanza, come se il mio corpo si fosse fatto di fumo. «Esiste nelle ombre del nostro mondo.» «Chiunque abbia poteri magici può entrare nel mondo d'ombra?» «Finora, soltanto i Tessitori di Storie ne hanno la capacità. Ma io sto aspettando per vedere se c'è qualcun altro che sia abbastanza coraggioso da reclamare quel dono.» I suoi occhi incontrarono i miei, e colsi uno scorcio di ombre. Distolsi lo sguardo. «Comunque tu sia arrivato» intervenne Leif, «hai bisogno di lavorare ancora sulle tue tecniche di trasporto. Magari la prossima volta potrai portare con te qualche vestito». Leif e io comprammo per Uomo-di-Luna tunica e calzoni color ruggine e acquistammo provviste per il viaggio. Poi preparai i cavalli e caricai le bisacce. Uomo-di-Luna avrebbe montato Garnet finché non avessimo raggiunto Booruby. Ci dirigemmo verso nord, prendendo un sentiero molto battuto attraverso la foresta. Esaminai l'ambiente circostante con la mia magia, ma pensai che le probabilità di cadere in un'imboscata erano basse per via delle carovane e dei viaggiatori che affollavano la pista.

Leif usò il proprio potere per annusare le intenzioni dei Parassiti, ma non riuscì a captare alcunché. Una volta raggiunta Booruby, avremmo trovato gli altri e deciso la nostra prossima mossa. Mi crucciavo del fatto che avessimo perso i Parassiti e mi preoccupavo di dove Cahil e Ferde fossero andati. Di nuovo alle pianure o all'altopiano? O a pianificare un altro progetto per acquisire potere? Ferde aveva rapito Tula dalla sua casa a Booruby. Unica sua vittima trovata viva, era stata mandata al Mastio dei Maghi, dove io avevo guarito il suo corpo e ritrovato la sua anima solo per perderli di nuovo entrambi a causa di Ferde. Il senso di colpa mi chiuse la gola. Il fatto che lui fosse vivo mi rodeva il cuore, tanto che serrai involontariamente la presa sulle redini, facendo sbuffare Kiki per l'agitazione.

Scusa. Mi rilassai. Stavo pensando a Ferde e Cahil. Uomo-di-Mentine come mela, disse Kiki riferendosi a Cahil. Perché dici questo? Sapevo che Kiki amava le mele. Lui mela nera. Nessuno vuole. Vidi un'immagine di mele che marcivano sul terreno.

Cattivo. Ma buono arriva. Kiki mostrò come i semi all'interno dei frutti marciti mettessero radici e diventassero un albero. Stai dicendo che una cosa buona

potrebbe venire da Uomo-di-Mentine? Oppure che se lui morisse, sarebbe una cosa benefica? Sì. Ermetico suggerimento equino? Bene, adesso potevo morire felice... avevo sentito proprio tutto.

Due giorni più tardi raggiungemmo Booruby. Grappoli di case di legno e pietra segnavano la periferia della cittadina. La foresta si faceva rada. E l'aria limpida si addensava in una bruma di fumo, polvere di carbone e segatura che aleggiava sugli edifici della via principale e che ci aggredì i sensi con gli odori di immondizie misti a

rifiuti umani. La gente si affrettava lungo i marciapiedi e carri pieni di merci intasavano le strade. Magazzini e botteghe erano incuneati tra manifatture e uffici. L'espressione allarmata di Uomo-di-Luna tradiva il suo disagio mentre manovravamo i cavalli lungo le strade affollate. Ci condusse alla Locanda dei Tre Spettri. L'edificio dalla facciata di pietra appoggiava la sua stretta mole di quattro piani contro quello vicino. Attraverso uno stretto viale, conducemmo i cavalli a una scuderia vuota che poteva a stento contenere sei cavalli. Ma gli stalli erano puliti e avevano paglia fresca e acqua. Un garzone di stalla ci raggiunse mentre toglievamo le selle ai cavalli e ci aiutò a strigliarli e a nutrirli. Mi scoccò un sorriso timido quando gli diedi la mancia. Avevamo oltrepassato una quantità di locande attraversando la città. «Perché proprio questa?» chiesi a Uomo-di-Luna mentre portavamo le nostre bisacce lungo il viale. «Mi piaceva il nome. Tuttavia...» Fece una pausa, come immerso in profondi pensieri. «Tuttavia?» incalzai. «Non mi sono imbattuto nei tre fantasmi. Forse tu avrai miglior fortuna.» Risi. «Non crederai veramente ai fantasmi?» Uomo-di-Luna si fermò di colpo e io gli finii addosso. Si voltò, rivelando l'espressione sbalordita. «Come puoi tu non crederci? Sono anime perdute. Tu puoi aiutarle a trovare la loro strada. Come hai fatto per Reyad.» Protesi una mano per ritrovare l'equilibrio. «Reyad era...» L'uomo che avevo ucciso a Ixia. La ragione per cui ero in attesa di esecuzione prima che Valek mi offrisse il lavoro di assaggiatore di veleni. «Come hai fatto...» «Sono un Tessitore di Storie, ricordi? Conosco tutti i fili che sono intessuti nella tua vita.» «Ma io pensavo che il suo fantasma fosse frutto della mia immaginazione. Una manifestazione delle mie paure. Perché non ne ho visto nessun altro? Se posso aiutarli, perché non sono tutti

attorno a me?» «Forse ci sono e tu non vuoi vederli.» «Questo è bizzarro» commentò Leif. Concordai con lui. Mi venne la pelle d'oca all'idea di essere circondata da invisibili spettri. «Potrei insegnarti...» «Entriamo» interruppi Uomo-di-Luna. Di tutte le cose che desideravo mi insegnasse, vedere fantasmi non era in cima alla lista. «Sì, entriamo. Ho fame» concordò Leif battendosi una mano sullo stomaco. Varcata la soglia ci ritrovammo in una sala comune. Tavoli di legno e lunghe panche segnate dall'intenso uso costellavano la sala, lunga e stretta. Un fuoco crepitava nel focolare di pietra, ma non c'era nessuno. «Manca ancora qualche ora alla cena» ci avvisò una donna, sporgendosi da un'arcata vicino alla parete di fondo. Poi, individuando Uomo-di-Luna, sorrise e venne verso di noi. «Signor Luna! Sono così contenta che siate tornato. I vostri amici sono usciti stamattina, ma sospetto che saranno di ritorno per cena. Il signor Tauno adora il mio stufato di verdura.» I capelli grigio ferro della donna erano raccolti dietro in una crocchia, e piccoli riccioli le incorniciavano il viso ovale. La sua pelle chiara mi spinse a chiedermi se fosse una rifugiata da Ixia. Quando il Comandante aveva lanciato la sua campagna di conquista, molti Ixiani erano fuggiti a Sitia prima che le frontiere fossero chiuse. La locandiera esaminò Leif e me con vivida intelligenza negli occhi azzurro cielo. Il suo sguardo indugiò sulle mie mani prima di tornare su Uomo-di-Luna. «Avrete bisogno di un'altra stanza?» si informò. «Sì. Signora Floranne. Questi sono Yelena e Leif.» Lei si asciugò le mani sul grembiule prima di stringerci la mano. «Vi mostrerò le vostre camere, allora.» La seguimmo su per le scale. Fermandosi al terzo piano, ci guidò lungo lo stretto corridoio, aprì la seconda porta sulla sinistra e

annunciò: «Questa sarà la stanza della signorina Yelena. Il signor Leif starà con voi, signor Luna, o vi serve un'altra camera?». Il sudore imperlò il viso di Uomo-di-Luna, che si guardò attorno come per cercare una via d'uscita. «Leif può stare con me» dissi, scorgendo due letti dentro la minuscola stanza. Dal rigido contegno della signora Floranne irradiò disapprovazione, ma prima che lei potesse commentare aggiunsi: «È mio fratello». Il viso le si ammorbidì e la donna si rilassò. «Suonerò la campana quando la cena è pronta. Non fate tardi.» E ci lasciò soli. Leif soffocò una risatina. «Hai trovato un posto interessante, signor Luna.» «Se Leif fosse stato il mio amante anziché mio fratello, ci avrebbe permesso di restare assieme?» «Non lo so» rispose Uomo-di-Luna. «Forse gli spettri disapprovano la condotta sconveniente» disse Leif ridendo. Uomo-di-Luna andò nella sua stanza a controllare se Tauno o Marrok ci avessero lasciato un messaggio, e io rimuginai sul commento di Leif mentre mettevamo sui letti i nostri scarsi effetti personali. «Viene considerato sconveniente se Valek e io...? Hai capito cosa voglio dire, no?» «Yelena!» esclamò Leif con simulata indignazione. «Non dirmi che voi due...» «Rispondi semplicemente alla domanda.» «Alcuni, come il Clan Buonsangue, sono molto rigidi ed esigono che una coppia sia sposata prima che viva assieme. Altri, come gli Zaltana, preferiscono che una coppia si sposi, ma non si sconvolgono se non lo fa. Poi ci sono i Semedisabbia, che non credono neanche nel matrimonio. Fanno semplicemente ciò che vogliono.» Spalancò le braccia. «Con la loro avversione per gli indumenti, non capisco

perché il Clan Semedisabbia non trabocchi di bambini.» «Siamo cauti con i nostri semi di vita» spiegò Uomo-di-Luna dalla soglia. «Non ho trovato biglietti. Volete fare una passeggiata per la città? Ho bisogno...» Il suo sguardo si spostò per la stanza. «Per me è meglio fuori.» Leif si passò la lingua sulle labbra. «Non so. Non vorrei saltare la cena. Quello stufato di verdure ha un buon profumo.» «Non preoccuparti. Sentiremo la campana. L'intera città sa quando ai Tre Spettri stanno per servire la cena.» Lasciammo la locanda e vagabondammo per le strade. Usai la mia magia in vari punti per cercare un segno dei Parassiti, ma c'era troppa gente in giro. I loro pensieri ed emozioni si abbattevano contro di me, e dovevo bloccarli per evitare di esserne sopraffatta. Anche Leif era inondato di odori. Frugammo la città e ascoltammo cercando di cogliere un qualsiasi brandello di informazioni. Uno scintillio attirò il mio sguardo. File e file di animali di vetro erano esposte dentro la vetrina di una bottega. I bellissimi colori delle statuette splendevano come se un fuoco fosse stato catturato dentro il loro nucleo. Mi ricordarono Tula. Aveva realizzato degli animali con il vetro della manifattura della sua famiglia. Aveva creato lei quegli animaletti?, mi domandai. Quella era la bottega della sua famiglia? Sbirciai attraverso la vetrina ma non riuscii a vedere al di là dell'esposizione. Dovevo entrare a chiedere? Forse la sua famiglia non desiderava rivedermi. Considerato ciò che era accaduto a Tula e a sua sorella Opale, non li avrei biasimati se mi avessero odiato. Dopotutto, l'unica ragione per cui Opale era stata rapita dopo che Tula era morta, era stata scambiare la sua vita con la mia. All'epoca avevo creduto che fosse Ferde a tenere Opale prigioniera, invece era stata Alea Daviian, in cerca di vendetta per la morte di suo fratello Mogkan. Un altro uomo alla cui morte avevo preso parte. Mogkan era stato un uomo assetato di potere. Aveva preso il controllo non solo della mente del Comandante Ambrose, ma anche delle menti di trenta persone innocenti. Meritava di morire, ma Alea non la vedeva nello stesso modo, e adesso era morta anche lei.

Sospirai. Era meglio che stessi lontana da Opale e dalla sua famiglia. La morte mi seguiva. E forse anche dei fantasmi... Lo spettro di Alea o di Mogkan mi infestavano? Tesi le mani in fuori e girai in cerchio, ruotando su me stessa. Niente. Leif e Uomo-di-Luna erano impegnati in un'accesa discussione a mezzo isolato di distanza. Mi incamminai verso di loro. «Yelena!» chiamò una voce alle mie spalle. Una donna che portava una piccola cesta da imballaggio si affrettava lungo il marciapiede. Un fazzoletto bianco le copriva i capelli, e anche se della fuliggine le sbaffava il viso e le mani, riconobbi il luminoso sorriso di Opale e non potei trattenermi dal darle un rapido abbraccio. «Che cosa ci fai qui?» domandò. «Ho delle faccende da sbrigare.» Prima che lei potesse chiedere di che genere, mi affrettai a proseguire. «Questa è la bottega della tua famiglia?» Indicai il negozio di vetri. «Oh, no. La nostra fabbrica è sul lato est della città, praticamente nelle pianure. Vendiamo i nostri articoli tramite una manciata di negozi a Booruby. Devi venire a trovarci!» Si torse le mani. «Cioè, se vuoi.» Distolse lo sguardo. «Intendo, dopo quello che ho fatto...» Si costrinse a risollevare gli occhi e incontrò i miei con improvvisa intensità. La timida, insicura ragazza che era venuta al Mastio si trasformò davanti ai miei occhi. «Lascia che mi scusi con te. Devi venire a farci visita.» «Tu non hai fatto niente di male» dissi con convinzione. «Non hai niente di cui scusarti.» «Ma ti ho punto con il curaro!» «Alea ti ha costretto. E devo ammettere che fu proprio un bello scherzetto.» Avevo creduto che una volta liberata Opale, il pericolo fosse passato. Un errore quasi fatale. «Ma...» «Non puoi lasciare che il passato ti rovini il futuro. Facciamo che siamo pari e cominciamo da capo.» «D'accordo. Puoi venire a cena stasera?» domandò. Poi la bocca le

si spalancò per lo stupore. Uomo-di-Luna incombeva dietro di me, bloccando la luce del sole. «Non vorrai saltare la cena» disse Leif, imitando la cadenza della signora Floranne. Opale si rilassò nel vedere Leif. «Puoi venire anche tu. E... il vostro amico?» Comprendevo il timore di Opale. A prima vista, Uomo-di-Luna assomigliava a Ferde. Ma Opale conosceva Ferde solo attraverso i ricordi della sorella, e dunque non poteva realmente paragonare i due. La presentai al Tessitore di Storie. «Credo che io dovrei aspettare che tornino Tauno e Marrok» disse Uomo-di-Luna. «Tu e Leif andate. Ci vedremo stasera più tardi.» Mi guardò sollevando le sopracciglia, come se volesse lanciarmi un segnale. Gli aprii la mia mente.

Forse la sua famiglia avrà qualche informazione sui Parassiti. Interrogali. Sissignore, risposi. Lui mi scoccò un sorriso prima di andare. Opale entrò nel negozio per completare le sue consegne, e mentre l'aspettavamo tornai a esaminare gli animali di vetro in vetrina. Leif si unì a me. «Guarda come sono luminose!» disse. «Quale sceglieresti? Il serpente?» «No. Ne ho già avuto abbastanza di serpenti. Mi piace il cavallo, ma gli occhi sono del colore sbagliato. Dovrebbero essere azzurri.» Leif rise. «Non lasciarti influenzare dai pregiudizi, lo comprerei il leopardo arboricolo. L'accuratezza dei dettagli è sorprendente. Mi chiedo come riesca l'artista a ottenere con tale efficacia il disegno verde e giallo del leopardo.» «Il disegno è interno.» Opale uscì dal negozio. «C'è uno strato sottile di vetro trasparente sulla superficie.» «Li aveva fatti Tula?» domandai. La tristezza le affiorò negli occhi. Ricacciò indietro le lacrime. «No. Quelli di Tula sono troppo preziosi per venderli.»

«Opale, mi...» «Non dirlo» rispose lei. «Ricominciare da capo, ricordi?» «Sì.» «Bene. Andiamo» disse incamminandosi. Mi preoccupava la possibilità che i genitori della ragazza non fossero così inclini al perdono, ma ci accolsero con calore. La loro casa e la manifattura di vetro erano state costruite ai margini della città, circondate su tre lati dalle Pianure Avibiane. La posizione spiegava perché Ferde avesse scelto Tula: per mantenere roventi le fornaci, la ragazza era rimasta per tutta la notte da sola nella fabbrica, dove nessuno poteva assistere al suo rapimento. Opale ci guidò in un giro della manifattura della sua famiglia, dove incontrammo l'altra sorella, Mara, e il loro fratello più giovane, Ahir. Poi cenammo con un piatto di stufato di manzo servito in una ciotola fatta di pane. «Meno stoviglie da lavare» spiegò con un sogghigno Vyncenza, la madre di Opale. Leif sedeva accanto a Mara e la corteggiava. Si unì perfino a lei in cucina per aiutare a ripulire. Non potevo biasimarlo, i bellissimi riccioli sciolti di un castano dorato le scendevano oltre le spalle, dai suoi grandi occhi castani irradiava bontà, e ascoltava i racconti di mio fratello con rapita attenzione. Mentre gli altri sparecchiavano la tavola, il padre di Opale, Jaymes, mi raccontò del suo lavoro e della famiglia. «... Tula non stava prestando attenzione e appiccò il fuoco al grembiule di sua madre! Ci vollero altre quattro stagioni prima che le lasciassimo di nuovo maneggiare un puntello di ferro.» Rise e si lanciò in un'altra storia. Quando fu rimasto a corto di aneddoti, gli domandai le novità da Booruby. «Gli anziani Cowan continuano a litigare su quanti alberi tagliare, e adesso vogliono cominciare a tassare la sabbia che importo per le mie vetrerie.» Sbuffò. «Le voci sugli altri clan sono sempre state buon combustibile per i pettegolezzi. La novità di quest'anno riguarda i

Daviian. Tutti sono preoccupati per la loro presenza, ma l'assassino di Tula è in galera e io sono sicuro che i Semedisabbia si occuperanno del resto. Lo fanno sempre.» Concordai, pur rendendomi conto che lui credeva ancora che Ferde fosse sotto chiave. Perché il Consiglio non aveva informato il popolo?, mi chiesi. Probabilmente per evitare di spaventarlo. Ferde era ancora debole, e a quell'epoca speravano di riacciuffarlo rapidamente. Avrei dovuto dirlo a Jaymes? Dopotutto, aveva altre due figlie. Alla gente si sarebbe anche dovuto dire del rituale Kirakawa, così avrebbero potuto aiutarci a trovare i Parassiti e proteggere le proprie famiglie. O si sarebbero fatti prendere dal panico, intralciando i nostri sforzi? Era una difficile scelta da prendere da sola, e i benefici che derivavano dall'avere un Consiglio che deliberava su argomenti importanti mi furono improvvisamente chiari. Nessun membro singolarmente poteva essere ritenuto responsabile per un cattivo giudizio. Rinviando la decisione, gli chiesi se i suoi figli lavorassero ancora da soli la notte. «No. No. Lavoro io per l'intero turno di notte. Abbiamo imparato la lezione e non ci faremo cogliere di nuovo di sorpresa.» «Bene. Restate vigili. I capi del Clan Cowan hanno ragione a essere preoccupati per i Daviian.» Opale tornò ridacchiando. Aveva la lunga gonna schizzata d'acqua e si infilò di nuovo sotto il fazzoletto alcune ciocche di capelli bagnati. «Battaglia d'acqua» spiegò. E prima che suo padre potesse sgridarla, aggiunse: «Ha cominciato mamma!». Lui sospirò, ma non sembrava irritato. Opale mi afferrò la mano, e mi trascinò a fare il giro della casa. La camera che condivideva con sua sorella si trovava al secondo piano della casa di pietra. L'aria profumava di caprifoglio. Appeso sull'unico letto vuoto c'era il vessillo da lutto di Tula, la bandiera di seta bianca che era stata usata durante la cerimonia funebre. I Sitiani credevano che una volta innalzato, il vessillo liberasse l'anima del defunto nel cielo. Avendo liberato io l'anima di Tula da Ferde, sapevo che quell'usanza sitiana

serviva semplicemente a consolare le famiglie. «Come mai il vessillo è appeso sopra il suo letto?» domandai. «Per impedire al suo spirito di tornare sulla terra» rispose Opale. «Tutte le cose che potrebbero indurla a desiderare di tornare sono sotto la bandiera. Lì non può vederle.» Guardai sotto il vessillo e scorsi un piccolo scaffale colmo di animaletti di vetro. Le figurine erano ben fatte e identiche agli animali reali, ma non avevano catturato il loro fuoco interiore come quelle che avevo visto in precedenza. «Tula regalò un paio di statue e ne vendette molte altre, ma quelle le tenne per sé. lo ho cercato di copiarla, ma le mie vengono diverse. Ne ho vendute poche soltanto.» Scrollò le spalle. «Hai fatto tu quelle nella vetrina, non è vero?» «Sì.» Di nuovo liquidò la cosa con un'alzata di spalle. «La proprietaria del negozio è una donna gentile. Sapeva che sarei andata da lei oggi e le ha messe in vetrina. I miei animali sono smorti a paragone di quelli di Tula.» «Opale, cosa dici? Sono strabilianti, invece! Come sei riuscita a renderli luminosi?» Lei si premette le mani sul cuore come se non riuscisse a credere a ciò che sentiva. «Tu vedi la luce?» «Ma certo. Non la vedono tutti?» «No!» gridò lei. «Soltanto io la vedo... E adesso tu!» Piroettò deliziata. «E Leif. Anche lui l'ha vista.» «Davvero? Che strano. Nessun altro nella mia famiglia o tra i miei amici riesce a vedere la luce interna. Pensano tutti che io sia matta, ma mi assecondano lo stesso.» «Come le fai?» Lei mi spiegò il procedimento di soffiatura del vetro. Più in dettaglio di quanto fosse necessario, ma compresi i rudimenti. «Di solito si dà forma agli animali partendo da un pezzo di vetro compatto, ma quando ci provo io, gli animali sembrano palle

informi. Per fare un bicchiere senza piede o un vaso, si deve soffiare una bolla d'aria dentro il vetro. Ebbene, non riesco a fare neanche quello. Divento paonazza cercando di ottenere una bolla iniziale, ma non ci sono mai riuscita. Così, visto che non riesco a formare la bolla, do forma al pezzo in modo da non sprecare il vetro... e quello è il risultato. Non solo il mio animale sembra vero, ma una scintilla resta dentro anche quando il vetro si è raffreddato.» Meditai per un momento. «Ma alla fine il centro dovrebbe raffreddarsi. Che cosa lo mantiene luminoso?» Lei alzò le braccia in un gesto di frustrazione. «Non lo so. Ci metto il cuore dentro.» La risposta mi scattò nella mente. «Magia!» «No. Maestro Gemmarosa mi ha esaminato. Non avevo abbastanza potere per restare al Mastio.» Sorrisi. «Dovrebbe esaminarti di nuovo.» Il sarcasmo di Dax sui poteri anomali si ripropose nella mia mente. Se Opale fosse nata Zaltana, l'esame sarebbe stato diverso. «Hai abbastanza potere per catturare il fuoco dentro le tue statuette.» «Perché nessun altro può vederlo?» «Forse una persona deve avere una certa capacità magica» teorizzai. «Se è così, devi venderle al mercato della Cittadella, dove ci sono tanti maghi.» Lei sporse le labbra, pensierosa, «lo non incontro molti maghi. Puoi portarti via una delle mie statue e mettere alla prova la tua teoria?» «A una condizione.» «Qualsiasi cosa!» «Che tu me la lasci pagare così che io possa tenerla.» «Non devi...» Alzai la mano, bloccandola. «Hai detto qualsiasi cosa.» Lei rise. «D'accordo, ma ti farò il prezzo all'ingrosso. So esattamente quale darti, anche. È nella manifattura.» Opale si precipitò giù per le scale e volò fuori dalla porta. La

fredda folata d'aria notturna mi rammentò che dovevamo tornare alla locanda. Ringraziai i genitori di Opale per il pasto. Mi dissero che Leif era andato alla fabbrica con Mara. Trovai Opale là. Mi porse un pacchettino delle dimensioni di un pugno, avvolto in strati di stoffa per proteggere il vetro. Mi stava giusto nella mano. «Aprilo più tardi» si raccomandò. «Ne avevo un altro in mente per te, ma questo... mi ha chiamato. Folle, lo so.» «Ho sentito cose più strane. Ti scriverò una lettera quando tornerò al Mastio e ti farò sapere com'è andato l'esperimento.» Infilai delicatamente il pacchetto di Opale dentro il mio zaino, mi passai le cinghie sulle spalle, poi le pagai la statuetta. «Sai dov'è Leif?» domandai. Lei arrossì. «Credo abbia un debole per Mara. Sono nel retro della stanza di miscelazione. Lei dovrebbe essere lì a misurare sabbia.» Mi feci strada serpeggiando tra le fornaci, i banconi da lavoro e i barili di ingredienti. L'aria rovente mi cuoceva dentro la pelle. Fumo grigio chiaro si levava dai carboni che bruciavano e fluttuava su per i camini per sfogarsi all'esterno. La famiglia di Opale usava uno speciale carbone bianco estratto dalle Montagne di Smeraldo per riscaldare le fornaci, perché era più pulito di quello nero e ardeva abbastanza vivamente da raggiungere i duemila gradi necessari per fondere gli ingredienti sabbiosi. Nella stanza sul retro, un tavolo carico di ciotole da miscelazione era accostato alla parete di fondo. Leif e Mara erano chini su un profondo catino, ma si stavano guardando l'un l'altro anziché analizzare il preparato. Le maschere di tela usate per non ispirare le fini particelle pendevano attorno al collo di entrambi. Mi fermai prima di interromperli. Le mani di Mara erano ricoperte di sabbia, e granelli disseminavano i capelli di Leif. Lui appariva più giovane e il suo viso brillava di piacere. Era un lato di mio fratello che non avevo ma visto prima, e mi chiesi se avesse qualcuno che gli era caro, al Mastio. Mi resi conto di non sapere niente di certi settori della vita di Leif. Facendo qualche passo indietro, mi spostai dalla loro vista, e

chiamai il nome di Leif abbastanza forte perché mi sentissero al di sopra del rumore delle fornaci. Si era scostato da Mara quando li raggiunsi, e la sabbia era sparita dai suoi capelli. «Si sta facendo tardi. Dobbiamo tornare.» Leif annuì, ma non si mosse. Intesi il suggerimento e uscii. Fuori dalla manifattura, una forte brezza sospingeva le nuvole nel cielo. Fasci di luce lunare si riversavano dal cielo tra l'una e l'altra. Quando Leif mi raggiunse, ci dirigemmo alla locanda. Lui era silenzioso. «Vuoi parlarne?» chiesi. «No.» Dopo un po' mi domandò: «Hai saputo qualcosa sui Parassiti da Jaymes?». «La città è preoccupata a causa loro, ma non ci sono informazioni su dove possano essere, se mai sono stati qui.» Gli raccontai degli animali di vetro di Opale, e lui parve affascinato dall'elemento magico. «Hai parlato a Mara della fuga di Ferde?» chiesi. «No. Le ho detto solo di stare estremamente attenta.» Camminammo in silenzio per un po'. L'aria mi pungeva attraverso la camicia e rimpiansi di non avere il mantello. Booruby si trovava sul limitare della zona temperata, con pomeriggi caldi seguiti da notti fredde. «Lei mi piace» disse Leif, rompendo la quiete. «Non mi ha mai attratto nessuno prima. Ero troppo occupato e troppo preoccupato per te, per curarmi di qualcun altro. Non ho saputo tenerti al sicuro. Non ho alzato un dito per aiutarti. Trovarti era diventato più importante che vivere la mia stessa vita.» «Leif, avevi otto anni e saresti morto se avessi cercato di impedire a Mogkan di rapirmi. Hai fatto la cosa giusta.» «Morire sarebbe stato più facile. Nessun senso di colpa. Nessuna preoccupazione. Nessuna paura. Avere caro qualcuno è terribile e meraviglioso. Non so se ho la forza di amare un altro. Tu come affronti la cosa?»

«Mi concentro sugli aspetti meravigliosi e cerco di sopportare le parti terribili, sapendo che prima o poi finirà.» «Valek ti è piaciuto non appena l'hai visto?» «No. All'inizio il nostro rapporto era puramente di lavoro.» La prima volta che avevo incontrato Valek, lui mi aveva offerto la scelta tra salire al patibolo o diventare assaggiatore di veleni. La mia famiglia sapeva che ero stata l'assaggiatrice del Comandante, ma non il perché. Un giorno forse avrei raccontato loro di Reyad. «Quando i tuoi sentimenti sono cambiati?» Quella era una domanda difficile. «Immagino, la prima volta che lui mi salvò la vita.» Raccontai a Leif della Festa del Fuoco e di come Irys avesse assoldato quattro sicari che mi uccidessero perché la mia magia incontrollata poteva divampare e danneggiare la fonte del potere. «Così, la prima volta che hai incontrato Maestro Gemmarosa lei ha cercato di ucciderti? E prima mi hai detto che Valek aveva desiderato per due volte di farti fuori. Caspita, Yelena, non sei una persona molto popolare, eh?» «Erano circostanze particolari» dissi a mia difesa. «Suona tutto troppo complicato. Non dovrei farmi coinvolgere con Mara.» «Questo significherebbe prendere la via più facile. Sicura ma monotona. Perché lei ti piace?» «Profuma come la giungla in una giornata perfetta. È come una leggera esalazione del fiore di ylang-ylang combinata con l'aroma dolce di verzura vivente e un tocco della nocina essenza terrestre. È un odore che ti puoi avvolgere attorno e sentirti in pace. Solo le giornate asciutte e assolate possono produrre quell'odore, e sono rare come un valmure albino.» Leif prese un profondo respiro. «Ha un'anima rasserenante, appagata.» «Sembra che potrebbe valerne la pena. Potrebbero esserci giornate piovose in abbondanza, ma quelle perfette faranno sparire tutti i ricordi della pioggia.» «Lo dici per esperienza?»

«Sì.» Raggiungemmo la Locanda dei Tre Spettri ed entrammo nell'edificio. Uomo-di-Luna e Tauno sedevano a uno dei tavoli nella sala comune, che era piena di clienti. Tauno si premeva sulla tempia un panno insanguinato e il labbro inferiore spaccato gli sanguinava. «Che cosa è successo?» domandai quando raggiungemmo i nostri amici. «Dov'è Marrok?» Il viso di Tauno era cupo. Lanciò un'occhiata a Uomo-di-Luna come a chiedergli il permesso di parlare. «Abbiamo trovato i Parassiti» disse infine. Trasalì. «O meglio, loro hanno trovato noi. Un gruppo di cinque soldati con il Ladro d'Anime e Cahil. Ci hanno circondati, trascinati dentro un edificio e minacciati di morte. Cahil ha preso da parte Marrok e hanno discusso in privato. Ridevano e se ne sono andati insieme. Sembravano i più grandi amiconi.» Tauno si portò una mano alle costole e trasalì per il dolore. «Poi gli altri sono calati su di me e non ho alcun ricordo se non di essermi svegliato nell'edificio vuoto.» «Quando è successo?» mi informai. «Stamattina.» «Sono contento che lui sia vivo, ma mi chiedo perché non l'abbiano ucciso» disse Uomo-di-Luna. Analizzando la situazione, dissi: «Portarsi dietro un prigioniero per strade affollate sarebbe difficile. E se aspettassero il cadere della notte per eseguire il rituale Kirakawa su di lui, rischierebbero di essere scoperti». «Allora perché non l'hanno ucciso e basta?» ribatté Uomo-di-Luna. «Perché vogliono che noi sappiamo che hanno Marrok» disse Leif. «Come ostaggio?» chiese Uomo-di-Luna. «No. Marrok se n'è andato con Cahil. Si stanno vantando del fatto che adesso il capitano sta dalla loro parte» risposi. «E loro sanno tutto quello che sa lui. Inclusa la nostra attuale posizione.»

Capitolo 9 «Pensi che vogliano attaccarci qui?» domandò Leif. lo lanciai un'occhiata al fuoco che riscaldava la sala comune della locanda, chiedendomi se Distorsore di Fuoco avrebbe rischiato di essere visto dagli altri ospiti. «Potrebbero sorvegliare l'edificio e seguirci, aspettando finché non arriviamo in un luogo appartato per attaccare» ipotizzò Uomo-diLuna. «Pensiero consolante» borbottò Leif. Mi protesi verso Kiki. Sonnecchiava nella stalla, ma si svegliò al mio contatto mentale. Se dei Parassiti si aggiravano nel circondario, lei e gli altri cavalli sarebbero stati inquieti.

Odore?, chiesi. Notte. Paglia. Fieno dolce, rispose lei. Tirai un sospiro di sollievo: per il momento tutto andava bene.

Kiki aiuta? Sorveglia. Ascolta. Annusa per te. E se ti stanchi? Rusalka. Garnet. Facciamo turni. Ottima idea. Verrò ad aprire gli stalli. Signora-di-Lavanda resta. Fa Kiki. Sorrisi, ricordando come avesse aperto il chiavistello del suo stallo nella scuderia del Mastio quando Goel, uno degli uomini di Cahil che nutriva del risentimento nei miei confronti, mi aveva aggredita. Lui non l'aveva nemmeno vista. Probabilmente non aveva capito che cosa l'avesse colpito finché non aveva ripreso conoscenza in mezzo alle tavole infrante dello steccato che recintava il pascolo. «Yelena? Ci sei?» Leif mi punzecchiò il braccio. «Sono qui.» «Che cosa facciamo?» «È troppo tardi per andare da qualsiasi altra parte. Kiki e i cavalli

faranno la guardia all'esterno dell'edificio e mi avvertiranno se qualcuno si avvicina» lo informai. «Oh-oh, cavalli guardiani. Che bizzarro.» Leif indicò il focolare. «E se il signor Distorsore di Fuoco decide di balzare fuori dalle fiamme? Non credo che la signora Floranne gli servirebbe una ciotola del suo stufato.» «Possiamo smorzare il fuoco?» domandai. «No» rispose Leif. «La locanda diventerebbe troppo fredda e la signora Floranne non avrebbe la brace per cucinare la colazione.» «Leif, tu pensi sempre con lo stomaco?» chiesi. «C'è qualche altro modo?» Sospirai. «Apposteremo una sentinella all'interno. Uomo-di-Luna, quante entrate ha questo edificio?» «Due. La principale che dà sulla strada, e una sul retro attraverso la cucina.» «E di sopra? C'è un'altra scala in cucina?» «Sì, ma possiamo bloccare la porta che dà sul nostro corridoio.» «Ottimo. Faremo ciascuno un turno di guardia di due ore. lo avrò bisogno di riposare dopo aver guarito le ferite di Tauno, quindi non farò il primo turno. Può cominciare Uomo-di-Luna, seguito da Leif, me e Tauno.» Lasciato il Tessitore di Storie nella sala comune, aiutai Tauno a raggiungere la sua stanza. Rigido e dolorante, si muoveva con cautela. Quando fu sdraiato a letto, attirai a me un filo di potere ed esaminai il danno. A parte due costole rotte, le altre ferite erano di poco conto. Fissai le lacerazioni finché non si trasferirono a me, mi ingobbii per il dolore e poi lo spinsi via. Tauno mi strinse la mano in segno di ringraziamento prima di addormentarsi. Mi trascinai al mio letto, non esausta com'ero stata in passato. Forse le mie capacità di guarigione miglioravano con la pratica. Oppure mi ero abituata a contare sulla magia? «Yelena, svegliati.» Leif mi scuoteva la spalla.

Lo sbirciai attraverso le palpebre pesanti. Lui posò la lanterna sul tavolo. «Sei tu che hai stabilito l'orario dei turni. Forza.» Mi strappò via la coperta. «La maggior parte dei comandanti in effetti non veglia sulle truppe. Si fanno una buona nottata di sonno così da poter prendere le decisioni giuste al mattino.» Sedetti sull'orlo del letto, strofinandomi gli occhi. «Già, ma io non sono un comandante e noi non siamo una truppa.» «Non sono d'accordo. Tu hai guidato il viaggio. Sei tu quella che sa che cosa stiamo facendo.» «lo...» Leif mi posò le dita sulle labbra. «Non dirlo. Mi piace... no... ho bisogno di credere che tu sappia cosa stai facendo. Rende più semplice seguire le tue istruzioni, specialmente quando sto facendo da esca per un serpente lungo cinquanta piedi.» «Bene. Comunque ho tutto sotto controllo. Non ho bisogno di molto sonno perché ho già pianificato tutti i passi che dovremo fare. Contento, adesso?» «Sì.» Leif si allungò sul suo letto. Raccolsi la lanterna. «Sogni d'oro.» «Adesso lo saranno.» II corridoio della locanda era buio e silenzioso. Controllai la porta che conduceva alla scala della cucina. Era ben sprangata. Ottimo. Scendendo nella sala comune, pensai alle osservazioni di Leif. Potevo anche essere io quella che prendeva le decisioni, ma non credevo di avere l'esperienza sufficiente per essere un comandante. Le mie azioni erano ancora dettate dall'istinto. Valek mi aveva insegnato i rudimenti di strategia e operazioni clandestine, e i miei amici ixiani, Ari e Janco, mi avevano insegnato a combattere. Era grazie alle lezioni che Janco mi aveva impartito a tarda notte che ero capace di scassinare serrature. Invece, il mio addestramento magico con Irys era stato interrotto dalla ricerca di potere di Ferde. Poteva esserci un sistema magico per trovare Ferde e contrastare

un Distorsore di Fuoco, riflettei, ma dal momento che non avevo letto tutti quei libri sulla magia e sulla storia di Sitia, e che non avevo esplorato i miei poteri per trovarne i limiti, lui era stato l'esame per cui non avevo studiato, l'interrogazione che ero destinata a fallire. Fuori dalla mia portata. I miei passi echeggiarono nella sala comune deserta. Perlustrai il perimetro dell'area per controllare eventuali intrusi prima di posare la lanterna e uscire a far visita ai cavalli. L'aria fredda mi pugnalò attraverso il mantello. Kiki era nel viale accanto alla locanda. Il suo mantello scuro si confondeva con le ombre, ma la fiamma bianca sul muso rifletteva la luce lunare.

Odori?, chiesi, protendendomi a grattarla dietro le orecchie. Fresco. No cattivo. Qualche problema? Lei sbuffò divertita. Due uomini. Donna. Ripercorse il ricordo di due uomini che derubavano una donna. Erano stati così occupati a frugare tra i suoi bagagli che non si erano accorti del silenzioso avvicinarsi di Kiki. Silenzioso, perché lei, come tutti i cavalli Semedisabbia, rifiutava di portare ferri. Kiki si era girata e aveva usato le zampe posteriori con esperta precisione. Gli uomini erano atterrati a mezzo isolato di distanza e la donna, dopo aver fissato Kiki a occhi sgranati, se l'era data a gambe nella direzione opposta. Mi chiesi perché la signora fosse in giro a così tarda ora.

Probabilmente dirà a tutti di essere stata salvata da un cavallo fantasma, dissi a Kiki. Magari cambieranno il nome della locanda in Quattro Spettri.

Mi piacciono spettri. Silenziosi. Tu vedi fantasmi? Sì. Dove? Qui. Là. Posti.

Qui? Mi guardai attorno. La strada vuota sembrava deserta. lo non ne vedo. Vedrai. Tastò con il muso il mio mantello, annusando le tasche. Mi piacciono mentine, anche. Le diedi un paio di mentine. Mi vuoi spiegare cosa volevi dire riguardo agli spettri? No. Si ritirò dentro il viale e io tornai alla locanda. La fiamma della lanterna oscillò quando feci un altro giro della cucina e delle stanze al piano di sopra prima di sistemarmi accanto al focolare. Le braci pulsavano dentro i resti del fuoco. Soffocando l'apprensione, aggiunsi pochi ciocchi per attizzare i carboni e scaldare dell'acqua per il tè. Una fiamma così minuscola non sarebbe stata abbastanza grande per il Distorsore di Fuoco. Forse la dimensione del fuoco era pari alla dimensione del Distorsore di Fuoco, riflettei. L'immagine di un Distorsore alto un piede che balzava fuori dal focolare mi strappò un sorriso, ma sapere che quell'individuo avrebbe avuto bisogno soltanto di una fiammella per accendere un fuoco mi guastò il buonumore. Mentre frugavo nello zaino cercando del tè, mi capitò in mano il pacchetto di Opale. Curiosa di vedere quale animale di vetro l'avesse chiamata, svolsi la spessa stoffa. Un pipistrello grigio antracite con occhi verdi si animò tra le mie mani. Per poco non lo lasciai cadere per la sorpresa, ma pur con le ali spiegate l'animaletto grande come un palmo non prese il volo. La magia di Opale, non la vita, pulsava luminescente dentro l'oggetto. Un esame ravvicinato svelò schegge d'argento lungo il corpo e le ali del pipistrello. Un formicolio energizzante mi salì lungo il braccio. Rimuginai sui vantaggi di essere una creatura della notte. Potevo localizzare Marrok o Cahil adesso, mentre la città dormiva? Attingendo potere, proiettai la mia mente e incontrai una miriade di immagini di sogno che mi confondevano, così rinunciai. L'acqua bolliva. Con riluttanza, riposi la statuetta nello zaino e preparai il tè. Mentre lo sorseggiavo, osservai il minuscolo fuoco e presi in considerazione l'idea di provare a contattare Bain

Buonsangue. Forse Secondo Mago poteva darmi qualche consiglio su come potevo trovare una singola anima in mezzo a così tante presenze. La Cittadella era a tre giorni di distanza a cavallo, troppo lontana per stabilire un contatto mentale in circostanze normali. La disperazione aumentava la mia portata, ma non avevo alcun controllo sulla direzione. Inoltre Bain sarebbe stato addormentato, con le difese mentali impenetrabili. Decisi di aspettare fino al mattino per tentare. Il desiderio di dormire mi appesantiva il corpo. Passeggiai per la stanza tanto per stare sveglia. Quando mi sedetti, la mia attenzione indugiò sulle fiammelle danzanti del fuoco. Pulsavano a un ritmo che si accordava con il mio battito cardiaco e sembrava quasi che cercassero di comunicarmi qualcosa. Qualcosa di importante. Mi inginocchiai accanto al caminetto. Dita di arancio e giallo mi invitarono a raggiungerle. Unisciti a noi. Abbraccia il fuoco. Mi avvicinai. Ondate di calore mi accarezzavano il viso.

Vieni. Dobbiamo dirti... Cosa? Mi chinai in avanti. Crepitarono fiamme, linfa sibilò e bollì, e si levò uno sgradevole odore di capelli bruciati. «Yelena!» La voce di Uomo-di-Luna fu come una doccia fredda che mi richiamò al presente. Mi allontanai di scatto dal focolare, fermandomi solo quando raggiunsi il capo opposto della stanza. Il gelo mi scorreva sulla pelle e rabbrividii. «Grazie» gli dissi. «Immaginavo che ci fosse qualcosa che non andava.» Uomo-diLuna scese l'ultima rampa di scale. «Mi sono svegliato con la sensazione che la mia coperta avesse preso fuoco.» «È una fortuna.» «Che cosa è successo?» «Non ne sono sicura.» Mi avvolsi nel mantello. «Mi è parso di vedere anime dentro il fuoco.»

«Intrappolate?» Risi. Se avessi detto una cosa simile a chiunque altro, avrebbe pensato che ero una pazza delirante. Uomo-di-Luna voleva dettagli, ma io non ero in grado di fornirglieli. «Credo volessero che le raggiungessi.» Lui si accigliò e fissò il focolare. «Non dovresti essere lasciata sola con un fuoco. Finirò io il turno di Tauno.» «Finire?» Lanciai un'occhiata alla finestra. La cortina di tenebre si era assottigliata. Avevo perso la nozione del tempo, dimenticando di svegliare Tauno per il suo turno. Non era un buon segno. «Va' a dormire. Avremo bisogno di fare progetti quando ti sveglierai.» Lo squillo assordante della campana della signora Floranne mi strappò dal sonno. Leif sedeva sull'orlo del suo letto con la testa tra le mani per bloccare fuori il rumore. Con il silenzio venne il sollievo, e lui lasciò cadere le braccia. «Si metterà a suonare quella roba di nuovo se non scendiamo in fretta a fare colazione» mi ammonì. Scalciai via la coperta e seguii Leif fuori dalla camera. Raggiungemmo Uomo-di-Luna e Tauno nella sala comune. L'affollata locanda ronzava di discorsi. La signora Floranne versava il tè mentre i suoi dipendenti servivano la colazione. Nell'aria aleggiava un profumo stuzzicante. Il buon sonno di una notte si rifletteva sul viso di Tauno: il gonfiore era sparito e i lividi sbiaditi dal rosso vivo a una lieve sfumatura violacea. Si muoveva senza trasalire per il dolore. Mangiammo la nostra colazione a base di miele, uova e pane e discutemmo della prossima mossa. «Dovremmo frugare la città» disse Leif. «Quartiere per quartiere finché non li troviamo o appuriamo che non sono qui.» «Prenderebbe molto tempo.» Uomo-di-Luna versò una cucchiaiata di uova su una fetta di pane.

«Se ne sono andati» disse Tauno. Smisi di mangiare. «Come lo sai?» «Parlavano di lasciare Booruby.» «Perché non ce l'hai detto ieri sera?» Infilzai le mie uova con la forchetta. «Ero stravolto dal dolore e non ho ricordato quell'affermazione fino a poco fa.» «Avrebbe fatto differenza?» chiese Leif. Ci pensai su. Tauno era in pessima forma la sera prima. Non aveva ferite mortali e dunque avrei potuto lasciarlo lì e... cosa? Esaminare la foresta circostante con la magia? Non sapevo in che direzione erano andati e loro avevano quasi un giorno intero di vantaggio. «Probabilmente no» sospirai. «Tauno, ti ricordi qualcos'altro? Hanno detto dove sarebbero andati?» «La necessità di affrettarsi è stato tutto quello che ho percepito. Forse è per questo che non mi hanno ucciso. Non avevano abbastanza tempo.» «La strategia migliore sarebbe stata tenerci all'oscuro della defezione di Marrok, costringendoci a chiederci se sia vivo o morto e che cosa abbia detto loro.» Sorseggiai il tè. «Comunque, Cahil ama sentirsi superiore e probabilmente ritiene che farci sapere che il capitano ci ha traditi ci indurrebbe a dubitare dei nostri istinti e ci rallenterebbe.» Cahil aveva tentato quella tattica con me in precedenza. Convinto che fossi una spia di Ixia, mi aveva teso un'imboscata nella foresta. Poi aveva cercato di convincermi che Leif mi aveva tradito, per demoralizzarmi. Non aveva funzionato. E non avrebbe funzionato adesso. Semmai, ero ancor più determinata a trovarli. Anche se avevamo perso la loro pista. Svanito l'appetito, respinsi il piatto. «Che c'è adesso?» chiese Leif. La porta della sala comune si spalancò e Marrok si stagliò sulla soglia con una spada insanguinata nella mano.

Noi quattro balzammo in piedi. Dimenticata la colazione, estraemmo le armi mentre il conversare nella sala comune scemava in un silenzio mortale. «Andiamo.» Marrok accennò dalla porta con la spada. «Lisciamo prima che ci raggiungano.» «Chi?» chiesi io. «Cahil e i suoi... suoi... amici.» Marrok sputò fuori le parole. «Sono scappato.» L'orrore gli sbiancava la faccia, e del sangue gli colava da un taglio sulla gola. «Li ho seminati, ma sanno che siamo qui.» «Quanti?» domandai. Marrok si irrigidì. «Sette.» «Armati?» «Spade, scimitarre e curaro.» «Quanto tempo abbiamo?» Marrok si guardò alle spalle e si raggelò. Lasciò cadere la spada, che tintinnò sul pavimento di pietra. Una grossa mano lo spinse indietro, facendolo cadere. Poi Cahil, Ferde e cinque Parassiti sciamarono nella sala comune. I Parassiti e Cahil si aprirono a ventaglio davanti alla porta. Due Parassiti avevano delle scimitarre, altri due impugnavano delle spade e uno teneva accostata alle labbra una cerbottana. «State calmi» ordinò Cahil. Il suo lungo spadone costituiva un'impressionante minaccia. La gente nella sala comune restò ai propri posti. Erano in massima parte mercanti e venditori, non c'era un soldato tra loro. Marrok restò sul pavimento. Un Parassita incombeva su di lui tenendogli la punta della scimitarra alla gola. Lanciai un'occhiata a Tauno. «Avevi detto che se ne erano andati.» Era impallidito e, pur tenendo in mano l'arco, non aveva incoccato una freccia. Uomo-di-Luna guardò i Parassiti come valutando la distanza tra i loro colli e la sua scimitarra. Il machete di

Leif lampeggiò alla luce del sole che entrava dalla porta aperta. «Cambio di piani» annunciò Cahil. Si era lasciato crescere i capelli biondi e li teneva sciolti sulle spalle. A parte questo, non era cambiato: stessi abiti grigi da viaggio, stessi stivali neri da monta, stessi occhi di un azzurro slavato e stessa espressione colma d'odio sulla faccia barbuta. «Il mio amico voleva scambiare Marrok con Yelena» disse inclinando la testa verso Ferde. Notai che aveva usato la parola amico. Come poteva chiamare amico quell'essere? La semplice tunica tessuta in casa e i calzoni del Ladro d'Anime nascondevano la maggior parte dei tatuaggi rossi che gli coprivano il corpo. Con una scimitarra in una mano e una cerbottana nell'altra, mi guardava con freddo calcolo. Malgrado la costituzione snella e possente, percepii che la sua magia era ancora debole. Eppure un morso di paura mi rodeva lo stomaco. «Spero che tu abbia ancora qualche Distorsore con te» dissi a Cahil. «Il Ladro d'Anime non è in condizioni di combattere tre maghi.» «Posso anche aver fallito nella mia ricerca di potere» ribatté Ferde. «Tuttavia, ora servo un altro che ha imparato la magia di sangue.» Il rombo delle fiamme che divampavano mi raggiunse prima del calore. Una rapida occhiata mi confermò che il fuoco nel caminetto era cresciuto. Il terrore mi ribollì in gola, incalzandomi ad agire prima che apparisse il Distorsore di Fuoco. Attingendo potere, inviai un filamento a Uomo-di-Luna. Togli di mezzo l'uomo con la cerbottana, lo prenderò Ferde. Lui concordò. Leif. dissi, attacca l'uomo addosso a Marrok. poi tieni occupato

Cahil. Quando?, chiese Leif.

«Adesso!» urlai, proiettando la mia coscienza dentro la mente di Ferde, scavalcando le sue difese mentali e prendendo il controllo del suo corpo. Era una mossa autodifensiva che avevo imparato quando Goel mi aveva catturato. Incatenata e lasciata senza altra arma che la magia, avevo mandato la mia anima dentro il corpo di Goel.

Quando Ferde si rese conto che l'avevo invaso, concentrò tutta la propria energia per espellermi, lo ignorai i suoi tentativi. Allora minacciò di uccidermi nello stesso modo in cui aveva assassinato le altre sue vittime. I ricordi mi pugnalarono; il suono delle loro urla mi martellava; l'odore di sangue rappreso era penetrante e mi assalirono visioni di mutilazioni. Le sue nere brame di potere e dominio attraverso la tortura e lo stupro mi rivoltavano. Per fermarlo, mietei la sua anima e la torsi, esponendo le sue paure profonde e gli eventi che avevano provocato la sua dipendenza dal potere. Lo zio prediletto che l'aveva legato e sodomizzato. La sorella maggiore che l'aveva tormentato. Il padre che l'aveva umiliato. La madre di cui lui si era fidato e con cui si era confidato, e che l'aveva rispedito a vivere con lo zio come punizione per aver mentito. Un Tessitore di Storie avrebbe potuto aiutare Ferde a districare i capi aggrovigliati della sua vita, ma io li strappai, spezzai i fili finché non tornò a essere una vittima inerme. Passai al setaccio la sua memoria, cercando informazioni sui Parassiti Daviian. Quando ebbi finito, sbirciai dai suoi occhi. Il mio corpo giaceva a terra, immobile. Uomo-di-Luna combatteva con un Parassita attorno a un corpo senza testa. Cahil menava fendenti contro Leif, il cui machete era arma impari contro la lama lunga dell'avversario. Sarebbe stato presto costretto a cedere. Tauno era immobile, come radicato al terreno. Marrok aveva riguadagnato la posizione eretta e combatteva contro uno dei Parassiti accanto a un altro cadavere. La gente nella locanda aveva organizzato una squadra con passaggio di secchi per gettare acqua sul fuoco. Anche se mi sembrava di aver passato un'eternità dentro Ferde, in realtà erano trascorsi solo pochi secondi. Sollevai la cerbottana nella mano del Ladro d'Anime e mirai. Prima Cahil. Ricaricando, colpii gli altri Parassiti con un dardo trattato al curaro, ponendo fine allo scontro. L'acqua non avrebbe fermato il Distorsore di Fuoco, ma con le sue coorti neutralizzate, cedette il campo. «La prossima volta, pipistrellino mio» promise, prima che il fuoco morisse con un sibilo e

uno sbuffo di fumo oleoso. Tornai nel mio corpo. Mi sentivo le membra come se pesassero ciascuna un migliaio di libbre. Leif mi aiutò a reggermi sulle gambe. Arrivò la signora Floranne. Si stringeva il grembiule tra le mani e torceva la tela. «Che cosa dovremmo fare?» «Mandare qualcuno a chiamare le guardie. Avremo bisogno di aiuto per trasportare i prigionieri alla Cittadella» risposi. Lei inviò il garzone di stalla. «Sono stati tutti colpiti con il curaro?» Leif indicò le figure prone. lo guardai Ferde. Era crollato al suolo in un fagotto. «Tutti tranne uno. Ho esaminato la sua anima, e non ci darà altri problemi.» «Per quanto tempo?» «Per sempre.» «Pensi che sia stato saggio?» domandò Uomo-di-Luna. La sua scimitarra gocciolava di sangue, e lacerazioni gli zigzagavano sul petto. «Avresti potuto raggiungere il medesimo risultato senza danneggiare la sua mente.» «lo...» Leif balzò in mia difesa. «Aspetta, signor Sterminiamo-tutti-iParassiti. Avendone l'occasione, tu l'avresti decapitato. Oltretutto, lo meritava. E non ha comunque importanza: Roze gli avrebbe fatto la stessa cosa una volta che fosse arrivato alla Cittadella. Yelena ha solo risparmiato tempo.» Minuscoli dardi di paura mi punsero il cuore. Le parole di Leif echeggiarono nella mia mente. Roze avrebbe fatto la stessa cosa. Leif aveva ragione. Mi sentii gelare. Non mi ero nemmeno fermata a esaminare le implicazioni prima di agire. Non mettetevi sulla mia strada: io sono l'onnipotente Cercatrice d'Anime! Il disgusto mi percorse. I libri di storia non erano stati gentili con i Cercatori d'Anime, e nella mia mente si formò la visione della Me di Fiamma che veniva bruciata al palo. Forse i Consiglieri e Roze avevano ragione a ritenermi un pericolo. Dopo ciò che avevo appena fatto a Ferde, temetti di potermi trasformare in un despota

bramoso di potere. «Occorre che partiamo il più presto possibile» disse Uomo-diLuna. Ci eravamo di nuovo radunati nella sala comune della locanda. Dopo che le guardie cittadine avevano preso in custodia Cahil e gli altri, il giorno precedente, avevamo passato il pomeriggio intero a spiegare alla polizia chi erano i Parassiti e a convincerli a inviare i prigionieri al Consiglio. Leif e Marrok avrebbero accompagnato le guardie alla Cittadella quella mattina, mentre io, Uomo-di-Luna e Tauno saremmo tornati nel territorio dei Semedisabbia nelle Pianure Avibiane. «Siete preoccupati per il vostro clan» dissi. «Sì. Penso anche che abbiamo bisogno di apprendere di più sul Kirakawa, il Distorsore di Fuoco e le tue capacità prima di avere un altro scontro con i Parassiti.» «Ma hai detto che i Semedisabbia hanno dimenticato i dettagli. Come farai a saperne di più?» domandò Leif. «Possiamo consultare Gede. Oltre a essere un Tessitore di Storie, lui è anche un discendente di Guyan e potrebbe avere ulteriori informazioni.» Uomo-di-Luna sgraffignò il mio pasticcino allo zenzero e se lo mangiò. Pur essendo curiosa di saperne di più su come Guyan avesse riunito i Semedisabbia dopo la guerra civile con i Guerrieri Efe, le osservazioni di Uomo-di-Luna mi ricordarono che dovevo mettermi in contatto con Irys per farle sapere cos'era accaduto. Terminammo la colazione e facemmo i preparativi per la partenza. Uomo-di-Luna e Tauno avrebbero preparato i cavalli mentre Leif e io cercavamo di comunicare con Irys. Tornammo nella nostra stanza e io mi distesi sul mio letto. «Credi di poterla raggiungere da questa distanza?» chiese Leif. «Lo spero, ma potrei aver bisogno di un rinforzo di energia.» Leif sedette sull'orlo del letto. Chiudendo gli occhi, attirai a me un

filo di potere e proiettai la mia coscienza verso il Mastio dei Maghi nella Cittadella. Scavalcai il caotico guazzabuglio di menti nella città e mi protesi verso i campi vasti e aperti che segnavano il confine orientale delle terre del Clan Verdelama. Lo scarso bestiame che incontrai si rannicchiava per difendersi dal vento umido. Spingendomi oltre, puntai alle mura di marmo bianco della Cittadella. Ma la mia mente, allungandosi, si assottigliava, come se fosse diventata di melassa. Poi la mano calda di Leif avvolse la mia e un impeto di energia spinse oltre la mia coscienza, ma non riuscii a raggiungere quelle mura. Lo sforzo mi lasciò sfinita. Leif mi diede una stretta alla mano prima di alzarsi. Frugò nel suo zaino e prima che potessi chiedere, mi porse una foglia gialla arrotolata come una pergamena. «Mangiala» disse. «Ti darà energia.» La annusai. Odorava di menta e di rosmarino. Quando la sgranocchiai, l'amaro sapore di menta prevalse e la foglia si sbriciolò come carta nella mia bocca. «Uh. Che cos'è?» «Baka. Una delle scoperte di papà.» Dopo un po' mi sentii meglio. Preparammo i bagagli e raggiungemmo Uomo-di-Luna e Tauno nelle scuderie. Poco dopo montammo tutti e quattro a cavallo. Leif e Marrok cavalcavano insieme su Rusalka e si avviarono verso la guarnigione della città, dove il capitano avrebbe preso in prestito uno dei cavalli delle guardie per il viaggio fino alla Cittadella. Il resto di noi si diresse a est attraverso le affollate strade di Booruby. Tauno divideva con me la sella di Kiki, mentre Uomo-diLuna montava Garnet. Quando raggiungemmo le Pianure Avibiane, i cavalli si lanciarono nella loro andatura a folata di vento. Viaggiammo fino al calar del sole, poi ci fermammo a riposare. Ci accampammo in una zona desertica: pochi fili d'erba si aggrappavano alla sabbia, e in vista non c'erano alberi né legna da ardere. Tauno fece una ricognizione dell'area non appena smontò. Uomo-di-Luna e io accudimmo i cavalli. Una volta che furono nutriti, abbeverati e strigliati, lui prese le noci da olio che gli aveva dato Leif. Erano un'altra delle scoperte di mio padre, e avrebbero

bruciato abbastanza a lungo da scaldare l'acqua per lo stufato. L'aria notturna odorava di umidità, preannunciando pioggia. Dopo aver sistemato in cerchio le grosse noci, Uomo-di-Luna diede loro fuoco battendo due pietre l'una contro l'altra così da ottenere una scintilla. Supposi che i poteri di un Tessitore di Storie non includessero la capacità di evocare il fuoco. Interessante. Tauno tornò di lì a poco con un paio di conigli che aveva colpito con le frecce del suo arco. Spellò gli animali e aggiunse la carne allo stufato. Dopo cena interrogai Uomo-di-Luna a proposito di Guyan. «Che cosa accadde tra i dominatori Efe?» «Poco più di duemila anni fa, la Tribù Efe era un pacifico popolo nomade, che seguiva il bestiame e il tempo.» Uomo-di-Luna si appoggiò contro la sella di Garnet, riscaldandosi al racconto. «Prima di diventare un membro ufficiale della tribù, un giovane doveva compiere un pellegrinaggio lungo un anno e riportare un nuovo racconto per la tribù. Si dice che Hersh rimase lontano molti anni e, quando tornò, portò con sé la conoscenza della magia di sangue. Dapprima insegnò a pochi maghi Efe, chiamati Guerrieri, ad accrescere i propri poteri con piccoli riti che richiedevano una goccia del loro stesso sangue. Il potere aggiuntivo si dissolveva quando il compito era concluso. Poi Hersh mostrò loro come mischiare il loro sangue con inchiostro e iniettarselo nella pelle. A quel punto il potere non svaniva e loro divennero guerrieri più forti. Presto scoprirono che usare il sangue altrui era ancor più efficace. E che il sangue del cuore, preso dalle cavità cardiache, dava una forza incredibile.» Uomo-di-Luna si spostò e fissò il cielo nero. «Il problema con la magia di sangue è che crea dipendenza. Anche se i Guerrieri Efe erano potenti, volevano sempre di più. Non uccidevano i membri del proprio clan, ma cercavano vittime nei clan circostanti. Non si accontentavano più di seguire il bestiame e raccogliere cibo selvatico, e rubavano agli altri ciò di cui avevano bisogno. Questi abusi si protrassero per lungo tempo. E sarebbero continuati se un Efe di nome Guyan non avesse fermato i Guerrieri. Lui mantenne pura la sua magia e, disgustato dagli orrori a cui assisteva, organizzò una

resistenza. I dettagli dello scontro sono perduti nel tempo, ma la quantità di magia attinta dalla coltre di potere fu sufficiente a spianare le Montagne Daviian e a lacerare la coltre stessa. Guyan organizzò ciò che rimaneva del clan e stabilì il ruolo dei Tessitori di Storie, che aiutarono a rammendare il popolo e il potere.» Uomo-diLuna sbadigliò. Confrontai la sua storia con ciò che avevo imparato della storia siriana. «Si può davvero rammendare la fonte del potere? Ho letto la storia di un mago che aveva ammassato potere attorno a sé, e ci vollero duecento anni perché si spianasse.» «Guyan fu il primo Tessitore» disse Tauno, che non aveva mosso un muscolo durante il racconto di Uomo-di-Luna. «I suoi incredibili poteri potevano rammendare la fonte della magia, una capacità mai più vista in un altro da allora.» Uomo-di-Luna concordò. «La coltre non è perfetta. Ci sono buchi, strappi e assottigliamenti. Potrebbe venire un momento, con il tempo, in cui sarà consunta e la magia sarà una storia del passato.» Un forte schiocco risuonò dal fuoco da campo. Sobbalzai. L'ultima delle noci oleose di Leif sputacchiò e si spense, lasciandoci al buio. Tauno si offrì di fare il primo turno di guardia, mentre Uomo-diLuna e io ci preparammo per dormire. Giacqui sveglia a lungo, rabbrividendo nel mio mantello, a pensare alla fonte del potere. Scoprire di quei fori chiamati Vuoti era stata una brutta sorpresa. Alea Daviian mi aveva trascinato in un'area priva di potere per torturarmi e uccidermi, e non potendo accedere alla mia magia, mi ero sentita terribilmente inerme. Il fatto che fossi stata legata a un carretto aveva rafforzato la mia totale mancanza di controllo. Per fortuna Alea non mi aveva perquisito in cerca di armi, e io avevo usato il mio coltello a serramanico per fuggire. Alea aveva anche voluto raccogliere il mio sangue e mi chiesi se avesse progettato di eseguire su di me il rituale Kirakawa. Immaginai che non l'avrei mai saputo. Non potevo interrogare una morta. Oppure sì? L'immagine di invisibili spiriti che aleggiavano sopra di me mi riempì la mente e mi sentii come se uno strato di ghiaccio mi ricoprisse la pelle.

Il mattino seguente consumammo una colazione fredda a base di manzo essiccato e formaggio. Uomo-di-Luna stimò che avremmo raggiunto l'accampamento principale dei Semedisabbia nel tardo pomeriggio. «Ho cercato di raggiungere gli anziani» mi disse. «Ma c'è una forte barriera di magia protettiva che ricopre l'accampamento. O la mia gente è riuscita a cacciare i Parassiti e questo nuovo scudo è una protezione contro un altro attacco, oppure i Parassiti hanno preso il controllo e si stanno difendendo.» «Speriamo sia il primo caso» commentai. Cavalcammo per la maggior parte della giornata, fermandoci solo una volta per far riposare i cavalli. Poco prima di raggiungere il punto dove saremmo stati visibili dal campo dei Seme-di-sabbia, ci arrestammo. Decidemmo che Tauno avrebbe esplorato l'accampamento e sarebbe tornato a riferire. Togliendosi di dosso arco e frecce, l'esploratore si bagnò il corpo e i vestiti e poi si rotolò sul suolo sabbioso in modo che i granelli gli si appiccicassero alla pelle. Si confondeva così bene con il circondario, che presto svanì alla nostra vista. Nell'attesa, io passeggiavo e mi agitavo mentre Uomo-di-Luna appariva sereno. «Preoccuparsi non può cambiare la situazione» disse, rispondendo alla mia domanda inespressa. «Meglio risparmiare le forze per quando potremo fare qualcosa.» «Hai ragione, naturalmente, ma all'atto pratico la logica non ha la meglio sulle emozioni.» Lui scrollò le spalle, lo resistetti alla tentazione di abbandonarmi a inquietanti pensieri e mi concentrai invece su ciò che potevo fare.

Odori?, chiesi a Kiki. Dolce. Casa, rispose lei. Prude. Blocchi di fango erano appiccicati al suo mantello ramato. Frugai nello zaino finché non trovai la striglia. Stavo ancora spazzolando Kiki quanto tornò Tauno. «Il campo è sicuro. Se partiamo adesso possiamo arrivarci prima

del buio» riferì. Mentre ci preparavamo a partire, ci raccontò che cosa aveva visto. «Sembrava tutto normale. Yanna lavava i panni e Jeyon spellava una lepre. Sono strisciato più vicino e ho visto gli anziani che discutevano a proposito del fuoco. I bambini alle loro lezioni. I giovani che facevano pratica con le spade di legno. Molte teste ad asciugare al sole.» «Teste?» domandai. «Dei nostri nemici» rispose Uomo-di-Luna in tono pratico, come se essiccare teste mozzate fosse la più normale delle occupazioni. «È un buon segno» commentò Tauno. «Significa che abbiamo vinto la battaglia.» Tuttavia Tauno non mi sembrava felice. «Hai parlato con qualcuno?» chiesi. «Sì. Jeyon mi ha fatto segno che era tutto a posto. Non ho voluto sprecare la luce del giorno a indagare sui dettagli.» Scrutò il cielo. «Un pasto caldo al calore del fuoco sarebbe estremamente gradito.» Concordai. Tauno mi raggiunse in groppa a Kiki e Uomo-di-Luna montò Garnet. Di buon umore, galoppammo verso il campo dei Semedisabbia. Il grigio crepuscolo svanì quando le bianche tende dell'accampamento diventarono visibili. Molti Semedisabbia si erano raccolti vicino al fuoco. Alcuni mescolavano il contenuto di grosse pentole da cucina, e dall'aroma inebriante dedussi che si trattava di stufato di cacciagione. Altri ci salutarono con la mano mentre ci avvicinavamo. Rallentammo i cavalli. L'aria vibrava per il calore che si alzava dal terreno. Sondai l'area con la mente, ma avvertii solo la forte protezione a cui aveva accennato Uomo-di-Luna. Non sembrava affatto un'illusione, ma la mia esperienza era limitata. Quando attraversammo la barriera magica, mi feci forza. Perfino Tauno mi serrò più forte la vita. Ma la scena non mutò. I Semedisabbia rimasero gli stessi. Tre uomini e due donne vennero verso di noi, mentre gli altri riprendevano i loro lavori serali. Le

facce delle donne apparivano tirate per la preoccupazione o il dolore. Dovevano esserci state perdite tra i Semedisabbia, pensai. Gli uomini afferrarono le briglie dei cavalli. Un gesto bizzarro, visto che avevano addestrato i cavalli a restare fermi. Kiki arretrò. Mi aggrappai alla sua criniera quando lei scattò via dalla presa dei Semedisabbia.

Cattivo odore, disse. La luce del fuoco lampeggiò sull'acciaio. Mi voltai in tempo per vedere un esercito di Parassiti Daviian armati fino ai denti erompere dalle tende.

Capitolo 10 La corda dell'arco di Tauno vibrò e io urlai: «Via! Via! Via!». Kiki era libera, ma due Semedisabbia tenevano strette le briglie di Garnet. Una rapida occhiata di lato rivelò che dieci piedi ci separavano dai Parassiti più veloci. Estrassi il bastone dallo zaino mentre Kiki si voltava e scalciava con le zampe posteriori per tenere occupati i Parassiti mentre io abbattevo il mio archetto sulla tempia di un Semedisabbia che tratteneva Garnet. Una fitta di rammarico mi toccò il cuore quando l'uomo si afflosciò a terra. Probabilmente era stato costretto a tenderci l'imboscata. Ma non permisi che quei sentimenti mi impedissero di aggredire il secondo uomo che stringeva Garnet. «Via! Via! Via!» urlai di nuovo. Malgrado la scimitarra di Uomo-di-Luna, le frecce di Tauno e il mio archetto, i Parassiti erano in superiorità numerica, ed era solo questione di tempo prima che ci sopraffacessero. In un turbinare di zoccoli e acciaio e urla, i cavalli scoccarono via dall'accampamento, galoppando come il vento. Avevamo cavalcato per la maggior parte della notte per allontanarci il più possibile dai Parassiti. I cavalli rallentarono. Ansimavano, e avevano il manto lucido di sudore. Restavano solo un paio d'ore di buio. Smontammo, togliemmo loro le selle, e mentre io li facevo passeggiare perché si rinfrescassero Uomo-di-Luna e Tauno cercarono legna e selvaggina. Nessuno disse una parola. Dovevamo ancora riprenderci dal brutto colpo dell'agguato e il vivido ricordo dell'attacco si ripresentava ancora e ancora alla mia mente. Le implicazioni erano troppo orribili da considerare in quel momento. Mangiammo in silenzio un altro stufato di coniglio, lo pensavo alla nostra prossima mossa. «Gli anziani...» La voce di Uomo-di-Luna parve altissima nella densa aria notturna. «Sono ancora vivi» disse Tauno. «Per ora.»

«Li ucciderebbero?» Un brivido mi scosse il corpo al pensiero di tutti quei crani ad asciugare. «La trappola è scattata. Non hanno alcun bisogno di loro» ribatté Uomo-di-Luna, poi parve riconsiderare le proprie parole. «Potrebbero tenerli come schiavi. I Parassiti sono indolenti quando si tratta di lavori domestici.» «E sono dei castori operosi quando si tratta di uccisioni rituali e di guadagnare potere» dissi io. «Fortunati noi.» La scena lampeggiò un'altra volta nella mia mente. «Credi che qualcuno della tua gente sia sfuggito?» «Forse. Ma in quel caso avrebbero lasciato le pianure.» Uomo-diLuna rifletté. «I Semedisabbia non controllano più la magia protettiva sulle Pianure Avibiane. Restare entro i loro confini sarebbe troppo rischioso per loro. In questo momento, i Parassiti stanno usando la protezione per mantenere segreta la propria presenza, ma ora che noi siamo fuggiti, credo che la useranno per trovarci. Forse per attaccarci con la magia.» «Allora non dovremmo indugiare. C'è modo di capire se ci trovano?» «Possiamo creare una barriera che ci avvisi in caso di attacco e magari scongiurare una sortita iniziale.» «Meglio sellare i cavalli, nel caso avessimo bisogno di fare una rapida uscita di scena.» Mi alzai. «In effetti sarebbe prudente» ammise Uomo-di-Luna, e mi aiutò con i cavalli. Kiki sbuffò di irritazione quando le strinsi il sottopancia.

Stanca, disse. Non serve. Odore buono. Per ora. Se gli odori si fanno cattivi possiamo partire più in fretta.

Le diedi qualche mentina e la grattai dietro le orecchie. Lei sospirò e i suoi occhi cominciarono a chiudersi. Dopo che i cavalli furono pronti, sedemmo in cerchio attorno al fuoco.

«Forse dovremmo spegnere le fiamme.» Preoccupata che il Distorsore di Fuoco mi individuasse attraverso le fiamme, non avrei

usato la mia magia vicino a un fuoco. Uomo-di-Luna vi versò sopra dell'acqua. Sbuffi di fumo grigio si levarono nell'aria. «Yelena, voglio che tu tiri fili di magia e io farò il resto» mi istruì. Concentrandomi, attirai strisce di potere. Uomo-di-Luna raccolse da me i capi e li intessé in una rete attorno a noi. L'espressione piccata e depressa di Tauno rifletteva il suo disagio. Essendo l'unico privo di magia, non aveva la capacità di vedere la protezione che si innalzava attorno a noi. Quando Uomo-di-Luna ebbe finito, mi scollegai dalla fonte di potere, sentendomi prosciugata. La rete pulsava di magia anche se non la alimentavamo più. Mi chiesi perché funzionasse ancora. In tutti i miei passati tentativi, il potere si dissolveva non appena smettevo di usare la magia. A eccezione delle mie connessioni mentali con Kiki e Irys, ogni volta che volevo guarire o proiettare la mia coscienza dovevo consapevolmente attingerlo dalla coltre. Tuttavia i Semedisabbia avevano la loro protezione, e c'erano altri incantesimi che duravano. Mi venne in mente un'immagine del coltello negli alloggi di Valek. Quando lui aveva assassinato il Re di Ixia, il Re l'aveva maledetto, giurando che il proprio sangue avrebbe macchiato le mani di Valek per sempre. Dal momento che la magia su Valek non funzionava, la maledizione si era trasferita invece al pugnale. Il sangue del Re era ancora attaccato alla lama e restava bagnato e vivido come il giorno in cui il sovrano era stato ucciso. Chiesi a Uomo-di-Luna come rimanesse attiva la rete di protezione. «Per lo più incanaliamo la magia attraverso di noi. Ma ci sono volte in cui puoi reindirizzare il potere alla fonte. È un procedimento molto difficile, e solo perché ho potuto attingere il potere da te, ho potuto risparmiare la mia energia per annodarla assieme e dirigerla di nuovo verso la sua sorgente. Una protezione su larga scala come quella che copre le Pianure Avibiane e i Semedisabbia...» Un groppo di emozione gli bloccò le parole. Chiuse gli occhi e inghiottì il dolore prima di continuare. «Enormi occhielli magici richiedono uno sforzo immenso da parte di molti maghi, ma possono essere efficaci per

molto tempo. La protezione che abbiamo appena creato durerà alcune ore prima di svanire, giusto il tempo di dare ai cavalli la possibilità di riposare.» «E poi cosa si fa?» domandai, ma lui guardò me. Le osservazioni di Leif sul mio ruolo di comandante mi attraversarono la mente di sfuggita mentre rispondevo alla mia stessa domanda. «Lasciamo le pianure. Ci dirigiamo alla Cittadella e facciamo sapere al Consiglio che cosa è accaduto con i Parassiti.» «Mi auguro che lo sappiano già. I sopravvissuti Semedisabbia saranno di certo andati alla Cittadella.» Uomo-di-Luna si accigliò. «Ammesso che ce ne siano.» Aspettare che i cavalli riprendessero un po' delle loro energie si rivelò difficile. La nostra rete protettiva lampeggiava ogni volta che la magia dei Parassiti spazzava l'area. Fino a quel momento la rete ci aveva nascosti, ma ogni incontro indeboliva le fibre. Il desiderio di fuggire e il bisogno di sonno battagliavano dentro di me. Volevo stare sveglia nel caso i Parassiti attaccassero. ma sonnecchiai a più riprese finché il cielo non rischiarò. Quelle poche ore di riposo prima dell'alba erano state sufficienti per i cavalli. Al sorgere del sole montammo in sella e ci dirigemmo a nordovest, di buona lena. Durante gli intervalli di riposo, Uomo-diLuna cercava eventuali segni che la magia dei Parassiti ci avesse individuati, mentre io proiettavo la mia coscienza per capire se ci inseguissero fisicamente. Ma, nella fretta, lasciammo una traccia fisica che perfino i miei occhi non allenati potevano seguire. A un paio d'ore dal confine Avibiano, ci fermammo a riposare un po' più a lungo. Uomo-di-Luna dichiarò che i Parassiti ci avevano persi, e io non riuscii a percepire nessuno nelle vicinanze. Dal momento che stavamo viaggiando insieme da quindici giorni, svolgevamo automaticamente i rispettivi compiti, anche con la minaccia dei Daviian che ci pendeva sulla testa. Quando ebbi finito di strigliare i cavalli e di provvedere alle loro necessità, sentii l'odore di stufato di coniglio che cuoceva sul fuoco. Tauno sedeva accanto alla pentola. Aveva le spalle ingobbite

come se un enorme peso gravasse su di lui, e la sua attenzione restava fissa sul terreno. Non aveva pronunciato più di qualche parola dal giorno prima. Forse si sentiva in colpa e responsabile per averci guidati in un'imboscata. Valutai se discuterne con lui, ma considerai che probabilmente si sarebbe sentito più a proprio agio parlando con Uomo-di-Luna. Sapendo che ogni Semedisabbia aveva un Tessitore di Storie a guidarlo e consigliarlo nel corso di tutta la sua vita, mi chiesi se Uomo-di-Luna fosse il suo. Mi guardai attorno, rendendomi conto che Uomo-di-Luna non era tornato dalla raccolta di legna per il fuoco anche se una pila di rami era posata accanto al fuoco per cucinare. «Tauno, dov'è Uomo-di-Luna?» domandai. L'esploratore non sollevò neppure la testa quando rispose: «È stato chiamato al mondo d'ombra». «Chiamato? Vuoi dire che un altro Tessitore di Storie è sopravvissuto all'attacco dei Parassiti?» «Dovrai chiederlo a lui.» «Quando tornerà?» Tauno ignorò il resto delle mie domande. Frustrata, feci un giro della zona, cercando Uomo-di-Luna, e trovai i suoi abiti in un mucchietto per terra. Quando mi mossi per tornare al fuoco, gli cozzai contro. Scattai indietro per la sorpresa con tanto impeto che lui dovette afferrarmi un braccio per impedirmi di cadere. «Dove sei stato?» chiesi. Lui mi scrutò con allarmante intensità. Fiammelle azzurre punteggiavano i suoi occhi bruni. Cercai di muovermi, ma lui non volle lasciarmi andare. «Sono morti» disse con voce piatta. «Tessitori di Storie e Semedisabbia, andati. Le loro anime infestano il mondo d'ombra.» La sua presa sulle mie braccia si strinse. «Sei ferito...» «Tu puoi aiutarli.» «Ma io non...»

«Ragazza egoista. Preferiresti perdere le tue capacità piuttosto che usarle. E questo è ciò che succederà. Diventerai schiava di un altro.» Le sue parole furono come uno schiaffo. «Ma le ho usate sempre fino a ora.» «Chiunque può risanare. Tu, però, ti nascondi al tuo vero potere e gli altri patiscono per questo.» Colpita e dolorante, cercai di liberarmi, ma la sua presa non si allentò. Pur di non ferirlo, mi proiettai dentro la sua mente. Spesse corde di grigio potere la circondavano. Il mondo d'ombra teneva ancora la sua mente, e i miei sforzi di recidere i nodi fallirono. «Il mondo d'ombra mi chiama.» Uomo-di-Luna cominciò a svanire. Il mio corpo divenne translucido. Intendeva portarmi con sé in un luogo dove temevo di non poter accedere alla mia magia. Infilandomi la mano in tasca, estrassi il coltello a scatto e azionata la lama gli feci un taglio sullo stomaco. Lui rabbrividì e mi lasciò andare, dopodiché crollò a terra, rannicchiandosi sul fianco. Guardai la forma immobile di Uomo-di-Luna. Il potere grigio era svanito, ma non ero sicura del suo stato mentale. Forse la sorpresa e la sofferenza erano state troppo per lui. Difficile a credersi. Era stato per tutto il tempo una presenza calma e risoluta. Mi inginocchiai accanto a lui. Il sangue che usciva dalla ferita gli inzuppava la camicia. Attingendo potere, mi concentrai sul suo stomaco. Il taglio pulsava di una luce rossa e una linea di dolore si formò sulla mia pelle. Mi rannicchiai sul terreno, concentrandomi sulla ferita, e la mia magia riparò il danno. Quando ebbi finito, Uomo-di-Luna mi afferrò la mano. Cercai di liberarla, ma lui strinse. Il mio corpo scattò indietro quando l'immagine di corpi decapitati cozzò nella mia mente. Si affollarono intorno a me, vicinissimi, avviluppandomi nel loro lezzo di carne morta mentre esigevano vendetta. Un altro scatto e la scena di un massacro inondò i miei sensi. Il puzzo bruciante di fluidi corporei e di morte mi punse il naso mentre il sangue inzuppava la sabbia. Corpi mutilati erano disseminati in modo casuale e irrispettoso e lasciati in pasto agli avvoltoi.

Uomo-di-Luna si mise a sedere, e io cercai di spezzare la sua presa. Il suo sguardo incontrò il mio. «È questo ciò che hai visto nel mondo d'ombra?» domandai. «Sì.» Gli occhi erano colmi d'orrore e le orripilanti immagini si inseguivano nella sua mente. «Dai quei ricordi a me.» Percepii la sua riluttanza. «Non li dimenticherò.» «Li aiuterai?» «Tu non puoi?» «lo posso aiutare solo i vivi.» «Hai intenzione di dirmi come, o di declamare solo qualche ermetica stronzata?» «Tu non vuoi imparare. Hai rifiutato di vedere ciò che è tutto attorno a te.» «Non hai risposto alla mia domanda.» Il dolore gli increspò il volto e la luce nei suoi occhi si fece opaca. Sarebbe stato incapace di svolgere le sue funzioni con l'orribile consapevolezza di come avesse sofferto la sua gente. «Dalli a me. Cercherò di aiutarli, ma non subito.» Mentalmente aggiunsi placare i morti Semedisabbia in coda alla lunga lista di cose da fare. Dopo che me la fossi sbrigata con il Distorsore di Fuoco, cosa che sarebbe stata una passeggiata. Visto che stavo mentendo a me stessa, aggiunsi alla lista volare e trasformare sassi in oro. Già che c'ero potevo pensare in grande. Uomo-di-Luna lasciò andare il turbine emotivo delle proprie visioni. Non avrebbe scordato quelle immagini, ma almeno non l'avrebbero più soffocato. Raccolsi nella mia anima il suo dolore e il senso di colpa e l'angoscia. Tanta violenza e tanto sangue. Tutto per incentivare il potere dei Parassiti. Così tanti morti. Troppi. Come placare quelle vittime? Impedire ai Parassiti di accrescere la propria forza poteva funzionare. E se ci avessero riprovato? Forse distruggere la coltre di potere per impedire a chiunque di usare la magia sarebbe stata la soluzione. Una misura drastica e disperata che poteva perfino non essere possibile.

Lasciando andare la mia mano, Uomo-di-Luna si alzò in piedi. «Quello che hai detto del mio futuro. È vero?» domandai. «Sì. Diventerai schiava di un altro.» Chiusa la discussione, Uomodi-Luna tornò al fuoco del campo. Mangiammo lo stufato in silenzio, Poi preparammo i bagagli e ripartimmo verso il confine Avibiano. Quando raggiungemmo la strada situata tra le pianure e i campi coltivati dei Verdelama, svoltammo a nord verso la Cittadella e mettemmo i cavalli al passo. A quell'ora tarda, la strada era deserta. Essere fuori dalle pianure ci dava almeno un'illusione di sicurezza, ma volli addentrarmi un po' di più nel territorio del Clan Verdelama prima che ci fermassimo per la notte. I tre giorni successivi si trascinarono in un mutismo imbarazzato mentre viaggiavamo verso la Cittadella. Il commento di Uomo-diLuna sul mio futuro risuonava nella mia mente, irritandomi i nervi come uno strillo acuto. Volevo sapere chi mi avrebbe costretto a essere sua schiava e quando, ma sapevo che Uomo-di-Luna avrebbe risposto con una fase enigmatica, e che io non sarei stata abbastanza acuta per interpretarla. L'aria si fece fredda e umida via via che ci spingevamo più a nord, e una notte il nevischio ci tempestò, rendendo ancor più disagevole il nostro viaggio. Quando scorsi le mura di marmo bianco della città, il terzo giorno, spronai Kiki al galoppo. Lontana dal Mastio da diciotto giorni, avevo nostalgia di Irys, la prima insegnante che rispondeva alle mie domande con schiettezza, e dei miei amici. Dopo aver oltrepassato i cancelli dell'ingresso sud delle mura esterne, mettemmo i cavalli al passo. Pozzanghere di fango ghiacciato disseminavano i marciapiedi. I cittadini si affrettavano nella pioggia intermittente, e il grigiore gettava una maschera luttuosa sulla distesa di edifici marmorei. L'odore di lana bagnata persisteva nell'aria. Ci dirigemmo alla Sala del Consiglio, che era situata con gli altri edifici governativi nel quadrante sudest della Cittadella.

Casa? Kiki guardò con nostalgia le quattro torri del Mastio.

Presto, risposi. Riposa qui per ora. Dietro l'edificio era stata costruita una scuderia per i Consiglieri. Almeno sarai al riparo dalla pioggia. Una volta che Kiki e Garnet furono sistemati, entrammo nella sala.

Una guardia ci informò che era appena terminata una riunione e che avremmo dovuto entrare prima che i Consiglieri se ne andassero. Entrando, individuai Irys che parlava con Bain Buonsangue, Secondo Mago. Gruppi di Consiglieri e di assistenti formavano piccoli crocchi e il brusio delle loro discussioni riempiva la stanza. Dai toni aspri e dalle voci stridule, intuii che la discussione non era andata bene e un sottofondo di paura tremolò nella mia mente. Uomo-di-Luna e Tauno andarono direttamente dal loro Consigliere, Harun Semedisabbia. lo rimasi in disparte, non volendo interferire con i Semedisabbia. Irys si affrettò verso di me. Aveva la sua espressione severa da Quarto Mago e sembrava preoccupata. Passai in rassegna con maggiore cura i crocchi di Consiglieri e scoprii il motivo della sua preoccupazione. Cahil stava parlando con Roze Pietrapiuma e un altro Consigliere. Rideva e chiacchierava come se fosse a casa sua.

Capitolo 11 Mi mossi per affrontare Cahil. Avrebbe dovuto essere nelle segrete del Mastio per aver aiutato e fatto evadere un assassino, non lì nel bel mezzo della Grande Sala a conversare con Roze. Il mio allarme crebbe quando notai che erano presenti anche altri Parassiti. Irys però aveva altri progetti. Mi prese per un braccio e mi trasse in disparte. «Adesso non è il momento» sibilò. «Che cosa sta succedendo?» pretesi di sapere. Irys si guardò intorno. Alcuni Consiglieri erano abbastanza vicini per sentirci, così passò alla comunicazione mentale.

Cahil afferma di essere stato in missione sotto copertura per tutto questo tempo, disse. Sostiene di non essere stato lui a liberare Ferde. Perché qualcuno dovrebbe crederci?, domandai. Perché Roze ha confermato la sua storia. Il colpo si ripercosse come un fulmine per tutto il mio corpo. Sperai di aver capito male. Ma l'espressione cupa di Irys non cambiò.

C'è di peggio, aggiunse. Cahil dice di aver sorpreso Marrok mentre liberava Ferde e, dopo averlo interrogato, avrebbe scoperto che il Ladro d'Anime stava per incontrarsi con altri. A quel punto lo avrebbe seguito per scoprire che cosa complottassero. Questo è ridicolo. Sappiamo che Cahil ha picchiato Marrok Per sapere dei suoi genitori naturali. È la parola di Cahil contro quella di Marrok a questo punto, perché non è possibile stabilire con certezza chi abbia liberato Ferde. Specialmente dal momento che il Ladro d'Anime non può essere interrogato. Irys si accigliò. Parleremo più tardi delle tue azioni, ma qualsiasi cosa tu abbia appreso dalla mente di Ferde non potrà essere usata come prona. Perché no? Perché eri emotivamente coinvolta con il Ladro d'Anime e la tua imparzialità è in dubbio. Lo so, proseguì percependo la mia protesta.

Lo so che non è giusto, ma quando il Consiglio ha scoperto che cosa hai fatto a Ferde, il loro timore che tu fossi un Cercatore d'Anime ha trovato conferma e gli avvertimenti di Roze hanno acquisito maggior concretezza. Sospirai. Ciò che era accaduto aveva confermato anche le mie paure. Dov'è Ferde adesso? Nel carcere della Cittadella, in attesa che il Consiglio decida che cosa fare di lui. Anche se io penso che giustiziarlo sarebbe un atto di bontà. La sua censura mi ferì, alimentando i miei sensi di colpa. Costrinsi i miei pensieri a lasciare Ferde e mi concentrai su Cahil. Doveva esserci un modo per mostrare al Consiglio la verità sul suo coinvolgimento. Dov'è Marrok? Lui che cos'ha detto?

Il capitano è stato preso in custodia per essere sottoposto a interrogatorio. Afferma di non aver liberato lui Ferde. Non aveva alcun motivo di farlo. Ma Cahil sostiene che Marrok voleva incastrare lui per quella fuga per poter prendere il comando dei suoi uomini. Inoltre ha dichiarato che Marrok gli ha mentito, e che lui ha veramente sangue reale. La mia mente turbinava. Cahil aveva una risposta per ogni cosa.

Allora perché Cahil stava viaggiando con Ferde? Dice che era parte della missione sotto copertura. Una volta preso contatto con Ferde, lo ha convinto che lui voleva far parte dei loro piani. E dice di aver reclutato i Daviian durante il viaggio, convincendoli a cambiare fronte, concluse accennando ai Parassiti nella sala.

Cahil ha accennato al fatto che i Parassiti usano magia di sangue, e al Distorsore di Fuoco? No. Lui non ne ha parlato, ma Leif ci ha provato. Ha tentato di screditare Cahil, e molti dei Consiglieri hanno pensato che esagerasse sui Daviian. Disgraziatamente, tuo fratello ha fama di vedere minacce e disastri in ogni cosa e la sua reputazione ha giocato contro di lui. Cahil ha detto che cosa progettano di fare i Parassiti? Una parte di me non voleva sentire la risposta di Irys. Mi feci forza.

Secondo lui, i capi dei Daviian sono in combutta con il Comandante di Ixia e insieme progettano di assassinare il Consiglio e i Maestri Maghi. Nel caos che seguirà, i Daviian si offriranno di aiutare Sitia a combattere gli Ixiani. Ma non ci sarà realmente una guerra, e alla fine i Daviian trasformeranno il governo sitiano in una dittatura. Esattamente ciò che il Consiglio temeva fin da quando il Comandante Ambrose aveva preso il potere a Ixia. E dopo le cattive sensazioni risultanti dalla visita dell'Ambasciatrice ixiana, i Consiglieri erano pronti per le menzogne di Cahil. Così adesso sembrava che Roze avesse ragione a mettere in guardia il Consiglio contro il Comandante. E io non avevo alcuna prova per dimostrare che avevano torto.

E il mio addestramento?, domandai. Non credevo che Irys potesse apparire ancor più contrariata, eppure il suo cipiglio si accentuò. Il Consiglio ha dato a Roze il permesso di assodare il tuo coinvolgimento in questi eventi e di

determinare quale rischio costituisci per Sitia. Sono sicura che sarebbe imparziale. Ho voce in Capitolo? No. Ma gli altri Maestri saranno presenti come testimoni. Tutti tranne me. La mia obiettività è considerata compromessa dalla nostra amicizia. Uomo-di-Luna e Tauno terminarono la loro conversazione con Harun e vennero verso di noi.

Hai sentito del massacro dei Semedisabbia?, chiesi a Irys. Sì. Orribile notizia, e ha dato a Cahil prova ulteriore della minaccia Daviian. Il Consiglio sta preparando l'armata sitiana alla guerra. Non ebbi neppure da chiedere. Irys vide la domanda nei miei occhi.

Guerra contro i Daviian e contro Ixia. Alla faccia del mio ruolo di Ufficiale di Collegamento. La guerra tra Sitia e Ixia era proprio la cosa che avevo sperato di evitare. Ma doveva esserci sotto dell'altro. Sapevo che il Comandante non

avrebbe mai fatto comunella con i Parassiti Daviian. Quelli usavano magia di sangue, e lui non avrebbe ammesso l'uso di qualsiasi magia. Inoltre, poteva attaccare Sitia senza l'aiuto dei Parassiti. Ancora una volta, tuttavia, non avevo alcuna prova. Uomo-di-Luna e Tauno ci raggiunsero. «Ci sono circa una dozzina di sopravvissuti Semedisabbia» disse Uomo-di-Luna. «Sono venuti alla Cittadella e per il momento resteranno qui. Soltanto un altro Tessitore di Storie oltre me è sopravvissuto. È Gede, ed è lui quello con cui ci occorre parlare a proposito del Distorsore di Fuoco.» «Chi...» iniziò Irys. Ma Uomo-di-Luna continuò a parlare. «Tu hai detto che Maestro Buonsangue ha dei libri sugli Efe, giusto?» «Sì» risposi. «Dovremmo esaminarli. Gede e io verremo al Mastio domani mattina.» Uomo-di-Luna si voltò e si allontanò. Osservai la sua schiena, sentendomi inquieta. Il suo atteggiamento nei miei confronti era mutato da quando aveva tentato di trascinarmi dentro il mondo d'ombra. Agiva come se avesse tagliato i ponti con me. «Era piuttosto perentorio» osservò Irys. «Ne ha passate tante.» «E anche tu. Raccontami di questo Distorsore di Fuoco. Leif aveva solo dettagli di massima.» Le riferii tutte le nostre avventure mentre lasciavamo la Sala del Consiglio e ci dirigevamo verso il Mastio. Il mattino seguente ci radunammo nello studio di Bain Buonsangue, che occupava l'intero secondo piano della sua torre ed era foderato tutt'attorno di librerie. Erano state montate attorno alle lunghe e strette finestre e ogni scaffale traboccava di volumi. Uno scrittoio, poche sedie di legno e una poltrona cigolante che sembrava vecchia quanto Bain stavano al centro della stanza. Il

pungente odore dell'inchiostro permeava l'aria. Inchiostro macchiava il piano dello scrittoio e le dita di Bain. E l'unico spazio sul pavimento a non essere occupato da pile di libri era un sentiero largo quanto un piede che andava dalla porta alla scrivania. La tensione nella stanza mi premeva sulla pelle. Uomo-di-Luna aveva ripiegato la sua grossa figura in una delle seggiole. Appariva a disagio e guardava fuori con desiderio, lo condividevo il suo malessere. La stanza sembrava stretta e affollata perfino a me. Bain sedeva dietro il suo scrittoio, con Dax Verdelama in piedi accanto a lui. Dax era l'apprendista di Bain e aveva il talento unico di saper leggere le lingue antiche. Il suo aiuto nel trovare Ferde e liberare Gelsi era stato fondamentale. Irys fissava l'altro Tessitore di Storie Semedisabbia con malcelata avversione. Gede era arrivato con Uomo-di-Luna e si era fatto strada nella stanza come se fosse casa sua. Si ergeva con autorità e sembrava più alto di quanto non fosse. Solo quando si fermò in piedi accanto a Irys notai che era alto come lei. «Quei libri appartengono a me» affermò Gede. Il silenzio rispose alla sua asserzione. Dax mi lanciò un'occhiata incredula. «Il mio antenato faticò per bandire ogni conoscenza sulla magia di sangue, eppure quei tomi stanno qui...» disse Gede accennando ai due libri aperti sullo scrittoio di Bain, «... a disposizione di chiunque voglia leggerli.» «Dubito che chiunque tranne Maestro Buonsangue e Dax possa leggere o capire la lingua...» intervenne Irys. Gede la interruppe. «È quanto basta. Una sola persona che li legga, si faccia delle idee e inizi a sperimentare la conoscenza. La magia di sangue è come nessun'altra: una volta che cominci non ti puoi fermare.» «Pare che i Parassiti abbiano scoperto come funziona anche senza questi libri» obiettai io. «Come lo sai?» domandò Gede. Sbirciò Dax con palese sospetto. «Forse qualcuno ha passato loro informazioni.»

Mi piazzai di fronte a Gede prima che Dax potesse difendersi. «Non da qui. Inoltre, possedere questi libri potrebbe rivelarsi un vantaggio. Il tuo antenato Guyan sconfisse gli Efe e forse i libri contengono informazioni su come contrastare la magia di sangue dei Parassiti e sconfiggere il Distorsore di Fuoco.» «Ragione di più per darli a me» ribatté Gede. «I Semedisabbia ne ricaveranno un modo per opporsi ai Daviian. Dopotutto, sono un problema nostro.» «Non più. Sono andati oltre il vostro problema» disse Bain. «Terremo i testi qui. Se vuoi studiarli insieme a noi sei il benvenuto.» Ma lui non volle ritirare la sua pretesa e Secondo Mago si rifiutò di cedere. Alla fine Gede si alzò per andarsene. Si fermò un momento davanti a me e mi esaminò con freddo calcolo negli occhi scuri. «Sapevi che Guyan era un Cercatore d'Anime?» mi chiese. Sorpresa, risposi: «No. Pensavo fosse il primo Tessitore di Storie». «Era entrambe le cose. Tu non sai niente dei Cercatori d'Anime.» Lanciò un'occhiataccia a Uomo-di-Luna. «La tua istruzione è patetica, lo posso insegnarti a essere un vero Cercatore d'Anime.» Il cuore mi balzò nel petto. La prospettiva di imparare di più sui Cercatori d'Anime mi eccitava e insieme mi terrorizzava. Gede dovette vedere l'indecisione sul mio viso. «Non hai bisogno di questi libri per sconfiggere il Distorsore di Fuoco.» Troppo bello per essere vero: sapevo che doveva esserci un risvolto. «Suppongo che tu mi guiderai con qualche ermetica idiozia.» «Bah!» Di nuovo Gede scoccò a Uomo-di-Luna uno sguardo infastidito. «Non c'è tempo per quello. Interessata?» La logica battagliò con l'emotività. Vinse l'emotività. «Sì.» «Bene. Sto negli alloggi per gli ospiti della Cittadella. Vieni al crepuscolo. A quell'ora la luna dovrebbe essersi levata.» Gede uscì come un turbine dalla stanza, con Uomo-di-Luna alle calcagna. Irys sollevò un sopracciglio al mio indirizzo, «lo non...» «Non credi sia la decisione migliore» terminai per lei. «Pensi che voglia buttarmi in una situazione sperando in bene.»

Lei si lisciò le maniche della tunica, rivolgendomi un'occhiata in tralice. «No. lo non mi fido di lui.» Indugiavo fuori dalla torre di Roze. meditando. Quell'incontro con lei, Bain e Zitora poteva essere una trappola. Lei poteva indurmi con qualche giochetto a confessare di aver cospirato contro Sitia, oppure avrebbe potuto essere la mia occasione di redimermi. Bella cosa avere delle scelte. Bain aprì la porta e disse: «Vieni dentro, bambina. Fa freddo fuori». Presa una decisione, lo seguii nella dimora di Roze. Un enorme fuoco crepitava e scoppiettava nel caminetto, sputando scintille che avrebbero bruciato il tappeto consunto se Roze non avesse estinto le braci vaganti con la propria magia. Con il ricordo del suo attacco infuocato impresso nella mente, scelsi una sedia di legno duro il più lontano possibile dalle fiamme e da lei. Essenziale e nuda, la camera mancava delle casalinghe comodità del soggiorno di Irys e dell'odore scolastico dello studio di Bain. Zitora, Terzo Mago, era in bilico sull'orlo del suo seggio, un'altra sedia dallo schienale dritto e senza cuscini. Si teneva lo sguardo fisso sulle mani intrecciate in grembo. Bain occupava l'unica poltrona, ben imbottita e consunta. Dal cipiglio seccato che compariva sulla faccia di Roze ogni volta che lanciava un'occhiata a Bain dedussi che lui aveva preso il suo posto preferito. «Diamoci una mossa» dissi nel silenzio imbarazzato. «Nervosa?» chiese Roze. «No. Ho un appuntamento tra un'ora e devo lavarmi i capelli.» Roze prese un respiro. «Signore, vi prego. È già abbastanza difficile così» intervenne Bain. «Mettete da parte le vostre divergenze e lasciateci definire la situazione.» Roze tenne per sé il suo commento. Impressionante. Rivolse a Bain un rigido cenno del capo, e lui si lisciò le grinze della palandrana prima di continuare. «Yelena, hai fatto a brandelli

l'anima di Ferde.» «lo...» «Niente commenti finché non ho finito.» Il tono severo nella voce di Bain mi fece venire la pelle d'oca. Era il secondo mago più potente nella stanza. «Sì, signore.» Soddisfatto, Bain riprese la predica. «Le tue azioni impulsive hanno suscitato una vena di malcontento all'interno del Consiglio. Primo, hai agito senza permesso. Secondo, la tua capacità di lacerare un'anima ha allarmato i Consiglieri, me incluso. Hai perso la loro fiducia, e pertanto le informazioni che hai scoperto attraverso Ferde sono invalidate.» Cercai di incontrare lo sguardo di Zitora, ma lei distolse il viso. «Ti si ordina pertanto di stare fuori dagli affari di Sitia mentre noi ci occupiamo di questa nuova minaccia dei Daviian. Roze ha acconsentito a lasciarti lavorare con Cede per scoprire l'estensione dei tuoi poteri, e verificheremo di nuovo come tu possa aiutare i nostri sforzi nel futuro.» A quel punto, Bain mi accennò di rispondere. Le proteste mi spingevano in gola, ma le inghiottii costringendo i miei pensieri in una risposta coerente. Quell'incontro era un'imboscata. Non volevano interrogarmi, solo dettarmi imposizioni. «E che cosa mi dite di Cahil? Non gli crederete sul serio!» esclamai appellandomi a Bain. «Non c'è alcuna prova che abbia mentito. Primo Mago lo sostiene.» «È sempre stato egocentrico» spiegò Roze. «Vuole una sola cosa. E aiutare i Daviian contro Sitia va contro il suo desiderio. Ha bisogno del nostro aiuto per lanciare la sua campagna per reclamare Ixia. Una nazione nel pieno di una guerra civile non sarebbe in grado di aiutarlo affatto.» La ragionevole logica di Roze mi preoccupava più della sua rabbia. «E il Distorsore di Fuoco?» Una vivida palla di fuoco eruppe dal caminetto e si librò sopra di noi. Socchiusi gli occhi alla luce cruda. Il calore delle fiamme mi

accarezzò il viso. Roze chiuse le dita a pugno e la palla di fuoco scomparve. Aprendo la mano, fece un cenno ed estinse il fuoco nel camino, lasciandoci in una fredda semioscurità. «Sono Primo Mago per un motivo, Yelena. La mia padronanza del fuoco è il mio potere maggiore. Non è il caso che tu tema il Distorsore di Fuoco. Me la vedrò io con lui.» Le fiamme si accesero di nuovo. Calore e luce emanarono ancora una volta dal focolare. lo non riuscii a soffocare il mio scetticismo. «Credi davvero che lascerei prendere il controllo di Sitia ai Daviian e a questo Distorsore di Fuoco? Non si prenderebbero opportunamente cura del mio paese. No. Farò tutto ciò che posso per tenerli lontani dal potere, incluso proteggere te dal Distorsore.» Adesso mi stava decisamente spaventando. «Tu mi vuoi morta.» «Vero. Tu sei una minaccia per Sitia, ma per il momento non ci sono prove. Non posso ottenere il sostegno del Consiglio per farti giustiziare. Ma una volta che ne avrò l'evidenza, sarai mia.» Questo era più consono alla Roze che conoscevo e odiavo. Ci squadrammo l'un l'altra. Bain si schiarì la gola. «Bambina, dando retta al Consiglio e lavorando con Gede Semedisabbia ti riguadagnerai la nostra fiducia.» Imparare a controllare i miei poteri e conoscere la loro estensione era quello che avevo sempre desiderato. Ferde non era più una minaccia e il Consiglio sapeva dei Daviian. Se volevano credere a Cahil, perché avrebbe dovuto importarmene? L'esercito del Comandante avrebbe avuto la meglio contro Cahil. Avevo cercato di evitare una guerra, ma non avevo influenza dentro il Consiglio. Perché per una volta non potevo essere egoista e restarmene fuori dalla politica mentre esploravo i miei poteri? Acconsentii. Ma il lieve impeto di sollievo non riuscì ad alleviare la fitta del dubbio. Il commento di Uomo-di-Luna sul fatto che sarei diventata schiava di qualcun altro mi echeggiava nella mente. Tornai alla torre di Irys dentro il Mastio e mi trascinai su per i gradini fino alle mie stanze, ansiosa, preoccupata e frustrata. Roze si

era vantata di poter affrontare il Distorsore di Fuoco e mi auguravo che fosse vero. I libri di Bain sugli Efe descrivevano simboli di potere e rituali di sangue, tuttavia lui non aveva scoperto niente per contrastarli. E non c'era menzione di un Distorsore di Fuoco. Dax aveva tradotto il grosso dei libri, ma restavano alcuni capitoli. Progettava di passare il pomeriggio a lavorarci su. La mia preoccupazione germogliava anche da un'osservazione che lui aveva fatto a proposito di Gelsi, l'altra apprendista di Bain, che era stata l'ultima vittima di Ferde, anche se io l'avevo fermato in tempo e l'avevo rianimata, riportando l'anima nel corpo. Quando mi ero informata su di lei, la vaga risposta di Dax mi aveva spinto a interrogarlo ulteriormente. «A dire il vero» mi aveva risposto, «è diversa da prima.» «Diversa come?» avevo indagato. «È più aspra. Infelice.» Aveva allargato le braccia in un gesto di resa. «Non gode più della vita. Si preoccupa di più della morte. È difficile da spiegare. Maestro Buonsangue sta lavorando con lei. Speriamo che riesca a superare questa fase e che non sia uno stato... permanente. Magari potresti parlarle, che ne dici?» Promisi di farle visita. Ripensandoci, avevo riportato le anime di due persone a corpi che erano già morti. Gelsi e Stono. Ed entrambi erano tornati mutati. Le loro personalità alterate erano dovute a qualcosa che avevo fatto mentre le loro anime erano dentro di me? La mia ansia crebbe all'idea di ciò che avrei potuto scoprire con Gede sulle mie capacità da Cercatore d'Anime. L'inquietudine mi faceva bruciare lo stomaco, e ricordai l'attacco di Roze, la visione in cui la Me di Fiamma creava un'armata senz'anima. Anche se la circostanza non si applicava sia a Gelsi che a Stono, rammentai l'offerta di Stono di uccidere per me. Assillata da quei pensieri morbosi, raggiunsi le mie stanze. Anche se avevo a disposizione tre piani, possedevo mobilio sufficiente per arredarne appena uno. Un armadio, uno scrittoio, un letto singolo e un tavolino da notte occhieggiavano solitari nella stanza rotonda. Avrei dovuto fare qualche acquisto appena ne avessi avuto il tempo, considerai. In quel preciso momento cercare delle anime aveva la

priorità sul cercare delle tende. Ma prima o poi avrei potuto essere Yelena, l'onnipotente Cercatrice di Tende, capace di arredare una stanza in meno di un'ora. Scoppiai a ridere. «Che cosa c'è di così divertente?» chiese da dietro di me una voce che mi scioglieva il cuore. Valek era appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte sul petto come se mi facesse visita tutti i giorni. Vestito come uno dei domestici del Mastio, indossava tunica e calzoni grigi. «Stavo pensando a delle tende.» Mi mossi verso di lui. «Le tende sono divertenti?» «A paragone di tutti gli altri pensieri, sì, le tende possono essere un divertimento. Ma voi, signore, siete la cosa migliore che mi sia capitata in tutto il giorno, tutta la settimana e, adesso che ci penso, tutta la stagione.» Due passi e le sue braccia mi avvolsero. «Questo è il miglior benvenuto che io abbia avuto in tutta la giornata.» Potevo solo immaginare a cosa si fosse dedicato. La sua capacità di introdursi inosservato in qualsiasi edificio lo rendeva l'uomo più temuto di Sitia. E il fatto che fosse impermeabile alla magia terrorizzava i Maestri Maghi. Valek era la migliore arma del Comandante Ambrose contro di loro. «Dovrei desiderare di sapere perché sei qui?» domandai. «No.» Sospirai. «Dovrei sapere perché sei qui?» «Sì. Ma non adesso.» Si chinò su di me, e quando le sue labbra incontrarono le mie il perché non ebbe più alcuna importanza. Il sole del tardo pomeriggio mi svegliò rammentandomi del mio appuntamento con Gede. Svegliai Valek e ci rannicchiammo sotto le coperte per difenderci dall'aria gelida. Valek fece per alzarsi. «Accendo il fuoco...»

«No!» Gli afferrai il braccio, fermandolo. Lui mi guardò con preoccupazione. Strabiliai di fronte al ricco color zaffiro dei suoi occhi e a come contrastassero con la sua pelle chiara. «Avrai bisogno di applicarti di nuovo il tuo trucco per scurire la pelle» dissi, scostandogli dal viso una nera ciocca di capelli. Lui mi trattenne la mano. «Ottimo tentativo, ma adesso dimmi perché non vuoi che accenda il fuoco.» «Solo se tu mi dici perché sei qui» ribattei. «D'accordo.» Lo informai della serie di eventi con Cahil, Ferde e il Distorsore di Fuoco. «È ridicolo pensare che il Comandante stia collaborando con questi Parassiti.» Valek appariva meditabondo. «Così Voglio-EssereRe ha deciso di ignorare la verità sulla propria nascita. Ammetterai che la sua abilità di gabbare l'intero Consiglio è impressionante.» «Non l'intero Consiglio. Irys non gli crede e sono certa che ce ne sono altri.» Agitai la mano come per scacciare un insetto fastidioso. «Non ha importanza. Non è affar mio. Mi è stato detto di fare la brava scolaretta e badare ai fatti miei.» Valek sbuffò. «E tu li ascolteresti.» «lo sono d'accordo.» Lui rise forte, a lungo. «Tu! Non immischiarti?» Valek fece una pausa per prendere fiato. «Sei stata in mezzo ai guai fin da quando sei diventata l'assaggiatrice del Comandante, amore. Non ti chiameresti mai fuori da una situazione potenzialmente pericolosa.» Aspettai che si asciugasse le lacrime dalle guance. «Questa volta è diverso. A quell'epoca non avevo scelta.» «Oh? E adesso ce l'hai?» «Sì. Lascerò che se la veda il Consiglio con questi Parassiti e me ne starò fuori dai guai.» «Ma sai che loro non sono in grado di contrastarli.»

«Non vogliono il mio aiuto.» Valek si fece serio e il suo sguardo si fece duro. «Che cosa accadrà quando i Parassiti vinceranno?» «lo starò con te a Ixia.» «E i tuoi genitori? Leif? Uomo-di-Luna? Irys? Verranno con te? E che cosa succederà se questi Distorsori con la loro incredibile magia di sangue decideranno di seguirti a Ixia? Che scelta avrai allora?» Studiò il mio viso. «Non puoi lasciare che la tua paura del Distorsore di Fuoco ti impedisca di...» Seccata, scattai. «Il Consiglio mi ha bloccata. Sono loro che sono contro di me.» Inoltre, non volevo pensare alla mia famiglia... erano tutte persone adulte in grado di badare a se stesse. Allora perché un senso di colpa bussava al mio cuore e il dubbio mi serrava il petto? «Hai appena detto che ci sono alcuni Consiglieri al tuo fianco. Una volta che il Consiglio avrà udito la testimonianza di Marrok, questa sera, ti crederà su Voglio-Essere-Re.» «Come hai saputo di Marrok?» Irys me ne aveva appena parlato quella mattina, lo avevo insistito per assistere all'interrogatorio, ma lei aveva detto che la seduta era a porte chiuse, riservata ai soli Consiglieri. L'espressione divertita tornò sul viso di Valek. «Domestici. La loro rete informativa è di gran lunga superiore a un corpo di spie addestrate.» Poi, come se niente fosse, aggiunse: «Ti racconterò della seduta più tardi stanotte». «Carogna! È una riunione a porte chiuse. Soltanto tu puoi pensare di intrufolarti.» «Mi conosci, amore.» «Ti conosco, sì. Spasimi per una sfida e sei testardo.» Lui sogghignò. «Non direi testardo. Una certa dose di fiducia in se stessi è necessaria, specialmente nel mio ramo professionale.» Diventò serio. «E per il tuo.» Ignorai il sottinteso. «Parlando di lavoro, abbiamo fatto un patto. Perché sei qui?»

Lui allungò le braccia sopra la testa e sbadigliò, fingendo di prendere in considerazione la mia domanda. «Valek» lo ammonii, punzecchiandolo nelle costole. «Dimmelo.» «Mi ha mandato il Comandante.» «Perché?» «Per assassinare il Consiglio di Sitia.»

Capitolo 12 Guardai Valek a bocca aperta. Assassinare i membri del Consiglio avrebbe aiutato i Parassiti e avallato le affermazioni di Cahil. «Non vorrai...» «No. In questo momento sarebbe la cosa peggiore da fare. Il Comandante ha basato la propria decisione sullo stato delle faccende sitiane prima che spuntassero fuori i Parassiti. Mi ha concesso un certo grado di flessibilità in questa missione. Dobbiamo scoprire che cosa sta succedendo. La seduta del Consiglio di stasera potrebbe rivelare informazioni cruciali.» «Dobbiamo? Noi?» «Sì. Noi.» Sospirai. Stavo di nuovo disobbedendo a precisi ordini dei Maestri Maghi e del Consiglio, immischiandomi degli affari sitiani. Sarei mai stata d'accordo con le loro decisioni, o ero in tutto e per tutto un'Ixiana che stava solo fingendo di essere imparziale? Forse le lezioni con Gede sarebbero state utili, riflettei. Avevo bisogno di guida oltre che di informazioni. Valek e io ci accordammo di ritrovarci più tardi quella notte nella mia stanza, dopodiché lui se ne andò. L'ansia mi turbinava attorno come una spessa nebbia quando mi diressi verso gli alloggi per gli ospiti della Cittadella. Le piccole nubi nel cielo si oscurarono mentre la luce svaniva. Le strade brulicavano di persone che tornavano a casa dal lavoro. I lampionai cominciavano ad accendere l'ampia rete di illuminazione della città. Gli attraversamenti principali sarebbero stati rischiarati, ma le strade secondarie sarebbero rimaste buie, considerai tra me. E la mia preoccupazione crebbe quando sorpassai diversi Parassiti che scorrazzavano per le strade come se fossero i padroni. Evitai i loro sguardi chiedendomi come potesse il Consiglio lasciarsi ingannare a tal punto dalle parole di Cahil. Forse un Distorsore li aveva influenzati con la magia, rendendoli più arrendevoli. Gli alloggi per gli ospiti della Cittadella si trovavano in un edificio

dietro la Sala del Consiglio e vicino alle scuderie. La struttura a due piani ospitava molti appartamenti e io scrutai nella semioscurità, cercando di stabilire quale fosse quello assegnato a Gede. Un'ombra si mosse accanto a un ingresso. Uomo-di-Luna emerse da una pozza di tenebre. «Da questa parte» disse. Nessuna emozione trapelava dal suo viso. Il suo spirito malizioso e la scintilla di umorismo negli occhi se ne erano andati. Mi mancavano. «Uomo-di-Luna, io...» «Non devi far aspettare Gede» disse con voce piatta. «Il tuo Tessitore di Storie è pronto per te.» Mi introdusse all'interno, chiudendo e bloccando la porta con il chiavistello dietro di noi. Il calore mi premette contro la pelle come se mi trovassi in un forno. Un fuoco ruggente divampava nel camino, illuminando il soggiorno. Tutto il mobilio era stato spinto contro le pareti. Gede sedeva a gambe incrociate su un materasso davanti al fuoco. Alcuni Semedisabbia sedevano nello spazio sgombrato al centro della stanza. «Vieni. Siediti.» Gede additò un materassino davanti a sé. Esitai. «Tu sei il Cercatore d'Anime. Non dovresti avere paura del fuoco. Siedi o non imparerai niente.» Togliendomi mantello e zaino, li posai presso l'ingresso. Bramavo di estrarre l'archetto dal suo supporto, ma ignorai il desiderio e raggiunsi Gede sul pavimento. Il sudore gli imperlava la faccia tonda. La sua pelle appariva nera alla luce del fuoco. Un gioco di luce rivelò per un istante un intricato tatuaggio che collegava le cicatrici sulle sue braccia nude. Ma quando battei le palpebre, il disegno era sparito. «In quanto Cercatore d'Anime tu puoi esaminare un'anima, rigirarla, trattenerla e riportarla. Puoi inviare la tua anima ad altri, puoi proiettarla negli altri mondi, e tornare senza che alcun danno sia fatto al tuo corpo» mi istruì Gede. «Altri mondi?»

«Il mondo di fuoco, il cielo, e il mondo d'ombra. Sai del mondo d'ombra da Uomo-di-Luna. La luce lunare è il portale per accedervi. Il cielo è il luogo dell'estremo riposo della nostra essenza. Il mondo di fuoco è ciò che alcuni chiamano il mondo di sotto. A cosa si suppone stia sotto, non ne ho idea. Ma là è dove vive il Distorsore di Fuoco. E dove tu devi andare.» «Perché? Perché devo essere io?» Il disappunto di Gede risultò evidente dall'insaccarsi delle sue spalle. «Tu sei il Cercatore d'Anime. L'anima del Distorsore di Fuoco è là.» Il calore della stanza mi cuoceva. La camicia mi si era appiccicata alla schiena. «Come ci arrivo?» «Attraverso il fuoco.» Poiché rimanevo in silenzio, Gede continuò. «Soltanto tu puoi entrare e andartene senza subire danni. I Distorsori hanno nutrito quella creatura con anime provenienti dal rituale Kirakawa. La sua forza cresce.» Le fiamme nel fuoco pulsarono con urgenza, gonfiandosi fino alle dimensioni di un uomo. Guardai allarmata Gede, ma lui appariva tranquillo. «Aspetta te. Va' da lui» mi disse. Mi alzai in piedi. «No. Non sono pronta. Non so neppure come combatterlo. Con la magia?» Gede sbuffò con disprezzo. «Non ne hai idea, vero? Tanto meglio.» Confusa, passai lo sguardo da Gede alle fiamme, aspettandomi che il Distorsore di Fuoco uscisse dalla vampa. «Viene per te. Se non vuoi andare di tua iniziativa, allora ti fornirò io un incentivo.» Schioccò le dita. «Uomo-di-Luna, mostra alla tua pupilla che cosa deve fare.» Uomo-di-Luna avanzò a grandi falcate verso il camino. Le fiamme si protesero verso di lui. Lui tese le mani e le dita di fuoco si avvolsero attorno alle sue braccia.

«No» urlai. «Torna indietro.» Afferrai Uomo-di-Luna per le spalle e tirai, invano. I tralci di fuoco avanzarono strisciando sulle mie mani. Una bruciante eccitazione mi fece pizzicare la pelle, e vidi una miriade di anime torcersi nel tormento dentro le profondità della fiamma. Catturate tra i mondi, ci trascinavano verso di loro. Il mio primo istinto era stato resistere, ma a quel punto il loro bisogno di libertà, di sollievo, mi artigliò il corpo. Dovevo aiutarli. Appoggiandomi a Uomo-di-Luna, spinsi avanti. Il fuoco bruciò sulla mia pelle, ma il dolore rimase sopportabile e un rinfrescante sollievo attendeva dall'altra parte. Se soltanto fossi riuscita a passarci attraverso. Una mano mi batté sulla spalla. Cercai di scuoterla via. «Va tutto bene. Hanno bisogno di me.» Un braccio uscì dalle fiamme, mi circondò il collo e strinse. Le mie mani serravano ancora le spalle di Uomo-di-Luna, intrappolato nel mondo di fuoco. «No. Fermo. Devo...» Le anime cessarono le implorazioni e indietreggiarono. «Aspettate.» La parola sibilò dalle mie labbra come se annaspassi in cerca d'aria. Ma quelle si nascosero ritraendosi. «Sono venuta per aiuta...» «Ma chi aiuterà te, pipistrellino mio?» domandò il Distorsore di Fuoco. Persi la presa sul Tessitore di Storie. Senza il fiato per parlare, proiettai: Fa' qualcosa!, nella mente di Uomo-di-Luna.

Non posso. Non ho alcun potere qui. Il mondo di fuoco si confuse in una macchia di arancio e giallo. Mirai al braccio attorno al mio collo, ma le mie mani pesavano come macigni. La chiazza divenne nero. Mi svegliai. Distesa sulla schiena, strizzai le ciglia e battei le palpebre finché i miei occhi si abituarono all'oscurità. L'aria fredda si muoveva come seta sul mio corpo rovente. La testa mi pulsava e la pelle delle mani e delle braccia mi sfrigolava di dolore. Attirai un filo di magia e lo usai per placare il mal di capo e guarire le vesciche. «Che ne dici di aiutarmi?» disse Leif, tendendo le braccia scorticate

verso di me. Mi sedette accanto. Eravamo in un viale della Cittadella. Concentrandomi, attinsi potere e guarii le bruciature. Poi, avendo dato fondo alla mia energia, mi appoggiai contro un muro mentre un'ondata di vertigine mi faceva girare la testa. «Che cosa è successo?» domandai con voce gracchiante mentre il dolore mi circondava il collo. «Avevo delle faccende da sbrigare alla Cittadella stasera e ho pensato di aspettarti presso gli alloggi degli ospiti. Dal nulla, è comparso Valek.» Leif fece una pausa, ma visto che non gli davo spiegazioni proseguì. «Ha borbottato qualcosa a proposito di una seduta del Consiglio e ha chiesto dov'eri. Dalla luce del fuoco che divampava attraverso le finestre, non è stato difficile dedurlo. Allora lui ha scassinato la serratura e abbiamo messo dentro la testa in tempo per vedere te e Uomo-di-Luna abbracciare il fuoco.» Si pulì la fuliggine dalla faccia con una manica. «Valek ha assalito i Semedisabbia all'interno e mi ha urlato di prenderti. Gede mi ha strillato di lasciarti stare, che avevi bisogno di imparare. Valek però fa più paura di Gede, così ho ascoltato lui, ma non riuscivo a tirarti via dal fuoco. Ti ho fatto mancare l'aria finché non sei svenuta, dopodiché ti ho portata qua fuori.» Mi toccai il collo. «Hai fatto lo stesso per Uomo-di-Luna?» «Era troppo lontano. Non sono riuscito a raggiungerlo.» La voce di Leif si incrinò per l'angoscia. «Il Distorsore di Fuoco lo tiene prigioniero?» «Non lo so. Era strano. Non sono sicura di cosa sia successo esattamente.» Mi sentivo il cervello stracotto e la logica stava attaccata alle pareti del mio cranio come una crosta bruciata. Avevo bisogno di un'altra opinione. «Dov'è Valek?» «Sparito. Ma ha lasciato il tuo mantello e il tuo zaino. E ordini.» Leif sorrise tristemente. «Dobbiamo andarcene di qui il più presto possibile.» «Ha detto perché?» «No. Solo che lo incontreremo a due miglia a sud della Cittadella.»

Mi alzai, mi avvolsi nel mantello e mi gettai lo zaino su una spalla. Le mie gambe protestarono. «Prendiamo dal Mastio i nostri cavalli e i rifornimenti.» Leif scosse la testa. «Ha detto di non tornare al Mastio per nessun motivo.» Rimuginai sulle implicazioni. Valek aveva partecipato alla sessione a porte chiuse del Consiglio dove avevano interrogato Marrok. Doveva essere stata raggranellata qualche prova, ma evidentemente non in nostro favore. Tanti saluti alla mia promessa di far visita a Gelsi. Fuggimmo dalla Cittadella e ci accampammo in un campo coltivato a ovest della strada principale. Ci attendeva una notte miserevole, visto che eravamo senza provviste, e che io non intendevo permettere a Leif di accendere un fuoco. Ci accoccolammo nel buio. Leif borbottò qualcosa a proposito del motivo per cui Valek ci aveva mandato lì. lo maledissi la mia stupidità: non avevo bisogno di aspettare Valek. Potevo contattare Irys io stessa. Chiesi a Leif di stare di guardia. «Meglio che congelare a morte» replicò lui. Distesa sulla terra dura, proiettai i miei pensieri verso la torre di Irys. Scintillava di vita e il Maestro Mago era china su una bracciata di libri nel suo studio. Per via del legame che condividevamo, i suoi pensieri mi erano aperti.

Irys, dissi nella sua mente. Yelena! Grazie al cielo! Tutto a posto? Sto bene. Dove sei? Non so se dovrei rispondere. Che cosa è successo alla seduta del Consiglio? Una lunga pausa. Marrok ha confessato. Confessato cosa? Non ha fatto niente. Di aver liberato Ferde e cospirato contro Sitia.

Attonita, la mia mente restò vuota per un momento. Quale...

qual era il suo movente? Proprio come diceva Cahil. Marrok voleva che lui fosse arrestato per poter rimanere al comando degli uomini di Cahil. Ma... Vai avanti, incalzai. C'è una novità. Marrok tramava per allearsi con Ferde e i Daviian in modo da provocare una guerra con Ixia. E che novità sarebbe? Sappiamo già che i Daviian vogliono la guerra. L'aspetto nuovo è che Marrok ha fatto nomi di complici. Un'altra pausa. Te e Leif. Mi si intorpidì il corpo. Incredibile. Qualcuno deve aver costretto Marrok a confessare. È tutta una menzogna. Hai percepito se veniva impiegata della magia? Come può il Consiglio bersi una cosa simile? I pensieri si affastellavano l'uno sull'altro.

A meno che tu non abbia la possibilità di provare il contrario. il Consiglio ha firmato un mandato di arresto per te e Leif. Vogliono catturarvi affinché possiate essere giustiziati con sicurezza. Per poco non risi alle parole sicurezza e giustiziati pronunciate nella stessa frase. L'intera situazione era ridicola.

Non dovrei neppure dirti queste cose. Potrebbero incarcerarmi nelle segrete del Mastio se il Consiglio lo scoprisse. Bain e io siamo già sorvegliati per aver dissentito da loro. Sono praticamente impazziti. Questo è un eufemismo. Che cosa hai intenzione di fare?, chiese Irys. Dev'esserci una ragione per cui il Consiglio è impazzito. Scoprirlo dovrebbe essere la prossima mossa. Supposi che avrei ficcato il naso negli affari di Sitia. Non c'è niente come avere un mandato di esecuzione sulla testa per motivare una ragazza.

Ma tutti i clan saranno avvertiti del mandato d'arresto, e già corre voce che vogliano mettere una taglia. Non c'è un posto sicuro per te a Sitia.

Mi inventerò qualcosa, e penso sia meglio se non ti contatto di nuovo per un po'. Già sospettano di te. Non voglio comprometterti ulteriormente. Ottima motivazione. Sii molto cauta. Yelena. Cercherò. Ma mi conosci. Sì, ti conosco. Quindi te lo dirò di nuovo. Sii molto cauta. Ritirai la mia coscienza, interrompendo il collegamento. Lo sfinimento mi calò addosso e sarei piombata nel sonno se Leif non mi avesse urtato il braccio. «Oh, no, non farlo, sorellina. Sei stata via un sacco di tempo. Dimmi che cosa sta succedendo.» Lo misi al corrente dei dettagli e riuscii a farlo restare attonito in un raro silenzio. «Allora cosa facciamo adesso?» bisbigliò infine. «Aspettiamo Valek.» Valek arrivò verso l'alba. Cavalcava Kiki e aveva Rusalka al seguito. Le bisacce da sella erano gonfie di provviste. La stanchezza gli segnava il volto. Mi scrutò. «Sapete?» «Sì.» Valek smontò. «Bene. Risparmia tempo. La Cittadella e il Mastio brulicano di soldati che vi cercano.» «Come hai portato fuori i cavalli, allora? Una segreta manovra da spia?» chiese Leif. «No. Una distrazione al cancello del Mastio, e ho corrotto le guardie all'ingresso sud della Cittadella.» Leif gemette. «Adesso sapranno dove siamo.» «Voglio che pensino che vi siate diretti a sud. Ma voi dovreste andare il più lontano possibile da qui.» «E cioè dove?» chiese Leif. «Ixia.» «Perché dovremmo?» La mascella di mio fratello si assestò in una

linea ostinata. Una luce pericolosa lampeggiò negli occhi di Valek, ma lui inghiottì una risposta sarcastica. «Le cose stanno accadendo troppo in fretta al momento. Dobbiamo riorganizzare il gruppo e pianificare le prossime mosse. Abbiamo bisogno di rinforzi.» Valek diceva cose sensate. Ixia era l'unico posto dove saremmo stati al sicuro. «Dovremmo partire subito» dissi. «Ci vediamo al castello del Comandante.» Valek mi porse le redini di Kiki. Lei mi spinse il braccio col muso, ma io la ignorai. «Non vieni con noi?» «No. Ho ancora qualcuno dei miei all'interno della Cittadella. Devono essere informati di ciò che sta accadendo. Vi raggiungerò in seguito al castello.» Prima che potesse andarsene, lo tirai da parte. Ci abbracciammo. «Resta al sicuro» ordinai. Lui sorrise. «Non sono io quello che viene attirato dentro i fuochi, amore mio.» «Come sapevi che ero nei guai?» «Dopo aver udito il Consiglio acconsentire alla tua esecuzione. ho avuto la bizzarra idea che loro fossero l'ultima delle tue preoccupazioni.» «Grazie per avermi salvato.» «Tu mantieni la mia vita interessante, amore. Sarebbe noiosa senza di te.» «Questo è tutto quello che sono per te? Un divertimento?» «Se soltanto fosse così semplice.» «Suppongo di non essere più in ritiro.» Riuscii a esibire un sorriso stanco. Valek mi diede il bacio d'addio. «Prendete una strada poco frequentata per Ixia. I confini a nord della Cittadella saranno

probabilmente sorvegliati.» «Sissignore.» Valek partì e l'aria si fece fredda. Rabbrividii. Kiki mi mordicchiò la manica e io le aprii la mia mente.

lo sto con Signora-di-Lavanda. Tengo calda. Sono contenta che tu sia qui, dissi. Controllai se avessi un dolcetto

nelle tasche. Poca fortuna.

Spettro ha messo mentine in sacca. Risi. Kiki sapeva sempre dove trovare le caramelle di menta. Mi meravigliai che Valek si fosse preso il tempo di includere dei dolcetti nei bagagli. Il nome datogli dai cavalli era perfetto, tuttavia. Appariva e scompariva come se fosse un fantasma. «Da che parte?» chiese Leif. Ottima domanda. Valek consigliava di fare un giro largo. La cosa migliore sarebbe stata dirigersi a nordovest attraverso i campi coltivati del Clan Danzatempesta, per poi puntare a nord verso Ixia, costeggiando le terre dei Pietrapiuma che circondavano la Cittadella. Esposi il mio piano a Leif. «Guida tu.» La rassegnazione macchiava la sua voce, «lo non sono mai stato a Ixia.» Per tutta la giornata, il nostro passaggio attraverso i campi non aveva attirato l'attenzione di nessuno, ma alla luce del giorno ci sentivamo comunque esposti, così decidemmo di viaggiare per lo più durante la notte. Dopo una breve interruzione per cenare, cavalcammo fino all'alba, facendo discreti progressi verso la nostra meta. Trovammo un meleto allo spuntare del sole. Kiki annusò il filare di alberi, ma i frutti erano stati tutti raccolti. Non cresceva niente in quella zona durante la stagione fredda. Decidendo di accamparci al riparo del frutteto, trovammo un punto celato alle poche fattorie circostanti. «Abbiamo sconfinato nelle terre dei Danzatempesta?» domandai a

Leif mentre tiravo giù la sella dal dorso di Kiki. «Non ancora. Vedi quella cresta?» Indicò a nordovest. «Sì.» «Quello è il loro confine. Le terre dei Danzatempesta sono per la maggior parte scistose. Hanno alcune fattorie nella porzione orientale del territorio, ma il lato ovest è fatto solo di sfoglie di scisto in cima a roccioni. Le tempeste che soffiano verso l'interno dal Mare di Giada hanno scolpito sculture fantastiche lungo la loro costa, e tuttavia nessuno vive laggiù. Ci vanno solo per danzare.» Leif sedette e raccolse stecchi per il fuoco. lo mi lascia cadere accanto a lui. Dolorante per le molte ore passate in sella e svuotata di energie, rinviai la strigliatura dei cavalli. «Perché danzano?» «È così che imbrigliano il potere dalle tempeste. Catturano la loro forza in globi di vetro. È una danza pericolosa, ma vale il rischio. Se riescono nell'impresa, proteggono la nostra terra e ricavano energia. Invece di venire spazzata da uragani e inzuppata da piogge torrenziali, Sitia riceve una modesta quantità d'acqua, e i Danzatempesta possono usare l'energia immagazzinata nei globi di vetro per alimentare le industrie.» Gli accennai di darmi altre informazioni. «Non sei stata attenta in classe?» «Le mie lezioni continuavano a essere interrotte da faccende volgari come dare la caccia a un Ladro d'Anime. In futuro tenterò con maggior convinzione di ignorare simili occorrenze.» «Ragazzi, sei suscettibile quando sei stanca.» Leif accese un fuocherello e versò dell'acqua nel suo pentolino per cucinare. «Questo contenitore è stato fabbricato dal Clan Danzatempesta. Fondono minerali per foggiare diversi oggetti in metallo, incluse le monete sitiane. Producono anche pergamene e ricavano inchiostro dalle piante d'indaco che coltivano nelle fattorie orientali.» Riflettei sulla lezioncina di Leif. Comprando merci al mercato, non mi ero soffermata a chiedermi chi potesse averle prodotte. A Ixia, ogni Distretto Militare aveva un particolare prodotto o servizio da fornire al Territorio che poteva essere usato per baratti e per commercio. Pareva che Sitia funzionasse allo stesso modo, anche se

quello dei Danzatempesta era un nuovo sviluppo. Mi chiesi se potessero imbrigliare anche la potenza delle bufere che soffiavano dalla banchisa di ghiaccio del nord. La vita nei DM-I, DM-2 e DM-3 si trasformava in una lotta per la sopravvivenza durante la stagione fredda. Il Comandante Ambrose avrebbe preso in considerazione l'idea di levare il bando contro i maghi pur di alleggerire le tempeste? Era cresciuto nel DM-3, lavorando nelle miniere di diamanti, e dunque conosceva bene le tormente di neve che bloccavano tutto. Perfino Valek, che aveva vissuto nel DM-I, aveva visto il commercio di pellame di suo padre distrutto a causa della neve. Pensai alla catena di eventi che aveva avuto inizio con il crollo del tetto del magazzino del padre di Valek. L'uomo non aveva abbastanza denaro per rimpiazzare le attrezzature, nutrire la famiglia e pagare le tasse al Re, e quando aveva chiesto una proroga ai soldati venuti a riscuotere le tasse, questi avevano ucciso tre dei suoi quattro figli. Quel gesto aveva spinto Valek a una missione di vendetta contro un sovrano che permetteva ai suoi soldati di assassinare bambini innocenti. Era diventato il migliore sicario di Ixia, prima di unire le forze con il Comandante Ambrose. Insieme avevano sconfitto il Re e preso il comando di Ixia. Se quel tetto non fosse crollato, il Re sarebbe stato ancora al potere o Ambrose avrebbe trovato un altro sicario che lo aiutasse? lo stessa, sarei stata lì? Accantonai quei pensieri e mi concentrai sulla nostra situazione presente. Leif e io dovevamo sorvegliare il nostro minuscolo accampamento. Lui fece il primo turno di guardia mentre io cercavo di dormire. Il fuoco era stato spento non appena il nostro pasto era cotto, e il fumo si levava nella brezza. Nella mia mente turbinavano sogni come scintille che si levassero da un fuoco fiammeggiante. Ogni volta che le immagini da vertigine rallentavano per un momento, scorgevo un orrore. Lo stomaco arrotolato di Stono si trasformava in un serpente della collana. Nella Giungla Illiais pioveva sangue. Teste mozzate galleggiavano sopra le sabbie delle pianure. E fuoco danzava sulla mia pelle. La puntura rovente di ogni singola fiamma

mi torturava e allo stesso tempo mi eccitava. Mi svegliai di colpo. Mi pizzicava la pelle. Timorosa di tornare a dormire, mandai a letto Leif. Nei due giorni successivi riuscii a dormire solo a sprazzi, e il mio sonno fu sempre inquieto. Ci tenevamo fuori vista, usavamo piccoli fuochi per cucinare i pasti prima di estinguere le fiamme, e poi stavamo a rabbrividire sulla terra fredda e dura. Il terzo giorno sconfinammo dentro le terre del Clan Krystal e svoltammo a nord verso il confine ixiano. Situato a ovest del Clan Pietrapiuma e della Cittadella, il paesaggio ondulato della terra dei Krystal era punteggiato da macchie di pini. Tra le aree boschive si estendevano delle cave dalle quali il Clan Krystal estraeva marmo da costruzione e la sabbia di alta qualità che occorreva ai vetrai di Booruby, lasciandosi dietro profondi pozzi scavati nel terreno. Evitammo il formicolare di attività attorno alle cave e viaggiammo attraverso le foreste di pini. Un altro giorno di viaggio ci avrebbe portato al confine ixiano. Il nostro avvicinamento alla frontiera doveva essere studiato con cura, perché era possibile che vi fossero appostati dei soldati sitiani per tenderci un'imboscata. E se fossimo riusciti a passare, io avrei dovuto scegliere le parole giuste con cui rivolgermi alle guardie ixiane, o avrei rischiato di essere arrestata da loro. Alla fine tutto il pianificare, tutto il tempo e l'energia che Leif e io avevamo speso per trovare il punto ideale per passare la frontiera senza allertare i Sitiani, andò in fumo. Proprio mentre avanzavamo nella striscia di terra sgombra, larga un centinaio di piedi, che era ufficialmente considerata la zona neutrale tra Ixia e Sitia, due cavalieri in sella schizzarono fuori dalla foresta. A quel punto accaddero due cose che trasformarono la presenza dei cavalieri da cattivo tempismo in una coincidenza letale. I loro cavalli puntarono dritti verso di noi, e un intero squadrone di soldati sitiani armati fino ai denti eruppe dai boschi all'inseguimento.

Capitolo 13 Restava un'unica opzione. Spronammo i cavalli verso il confine, sperando che le guardie ixiane ascoltassero la nostra storia prima di ucciderci. I cavalieri si misero al nostro fianco mentre entravamo nella Foresta del Serpente di Ixia e tennero il passo mentre penetravamo più in profondità tra gli alberi prima di fermarci. Come previsto, i soldati sitiani non avevano sconfinato. «Restate dove siete» ordinò una voce dai boschi. «Siete circondati.» Sapevo che gli Ixiani ci avrebbero trovato in fretta, ma mi auguravo che non sarebbero stati così svelti. Avevo scelto la tarda mattinata per sconfinare a Ixia, in modo da evitare il cambio delle guardie. A quell'ora, c'era solo una squadra di soldati in servizio. «Lasciate cadere le armi e smontate» intimò la guardia invisibile.

Topaz. Garnet, disse Kiki, e nitrì un saluto. Il cavallo di Cahil? Estrassi il bastone e mi girai verso i cavalieri, ignorando gli ordini delle guardie. Due uomini sedevano in groppa a Topaz e Uomo-di-Luna cavalcava Garnet. «Cosa? Come?» Con mani tremanti, uno dei cavalieri su Topaz si tirò indietro il cappuccio, rivelando la faccia pallida prima di crollare. Tauno lo sorresse. «Marrok! Che cosa...»Una freccia colpì un albero accanto a me. «Lasciate cadere le armi e smontate. O la prossima freccia le arriva nel cuore!» urlò l'Ixiano. Scagliai a terra il mio archetto e accennai agli altri di fare altrettanto. Tauno scivolò giù da Topaz, tirò giù Marrok, poi si tolse arco e frecce. Uomo-di-Luna si accigliò, ma consegnò la scimitarra prima di smontare da Garnet. Leif lanciò il suo machete accanto al mio bastone. «Allontanatevi dalle armi e alzate le mani.» Facemmo come ordinato. Senza dare nell'occhio mi avvicinai a Marrok. Una freccia gli aveva trapassato il fianco.

L'anello di soldati ixiani si chiuse intorno a noi. Contai quattro uomini e due donne, armati di balestre e spade. «Datemi una buona ragione per cui non dovrei rispedirvi indietro allo squadrone dei meridionali» disse un capitano ixiano. La sua uniforme era prevalentemente nera tranne che per una fila di gialli disegni a diamante lungo le maniche e le gambe dei calzoni. Avevamo sconfinato nel DM-7. «Be', non sarebbe diplomatico respingere una delegazione sitiana» risposi. Il capitano rise. «Le delegazioni arrivano con guardie d'onore, non fuggendo dalle guardie. Vuoi raccontarmene un'altra?» «Sono l'Ufficiale di Collegamento Yelena Liana Zaltana. Sono qui per parlare con il Comandante, anche se la mia visita non è sanzionata dal Consiglio siriano.» «Yelena? La ex assaggiatrice che ha salvato il Comandante?» chiese il capitano. «Sì.» «Ma tu possiedi la magia. Perché vorresti tornare a Ixia? Potrei ucciderti adesso ed essere considerato un eroe.» «Vedo che la tua reputazione ti ha preceduto» commentò Leif, sogghignando. Sperai che il suo buonumore fosse dovuto al sollievo di aver ritrovato vivo e vegeto Uomo-di-Luna e non alla minaccia di morte rivolta a me. Lo guardai accigliata. Leif non capiva in che situazione precaria ci trovassimo. La vanteria del capitano era fondata. Ero sicurissima che le voci sul mio mandato di esecuzione avessero viaggiato per tutta Ixia, mentre il fatto che il Comandante avesse strappato quell'ordine quando avevo acconsentito ad essere un ufficiale di collegamento probabilmente non l'aveva fatto. Tanto più che tutti credevano che il Comandante fosse rimasto a Ixia quando la delegazione ixiana si era recata a Sitia un paio di mesi prima. Il Comandante si era travestito da Ambasciatrice Signe, e lei non aveva autorità per cancellare un mandato di esecuzione. A causa dell'editto secondo il quale i maghi non potevano entrare

a Ixia se non invitati, e qualsiasi Ixiano scoperto con poteri magici doveva essere messo a morte, mi trovavo in una situazione a dir poco precaria. Anche se ucciderci non sarebbe stato facile, il capitano aveva ciò che equivaleva a un ordine permanente di giustiziarci sul posto. Se ci fosse riuscito, tuttavia, avrebbe dovuto affrontare Valek. Schivai quel corso di pensieri e dissi: «Il Comandante mi ha nominato Ufficiale di Collegamento con il Consiglio. Sono un terzo neutrale, di conseguenza non dovrei arrivare con una guardia d'onore di Siriani. Vengo insieme ad alcuni amici. Quelle guardie stavano inseguendo lui.» Indicai la forma afflosciata di Marrok. «Ho urgenza di discutere una questione della massima importanza con il Comandante. Subito.» La balestra del capitano ondeggiò, come se lui stesse valutando la mia risposta. Attirai un filo di magia e gli sfiorai la mente, toccando solo i suoi pensieri ed emozioni più superficiali. L'ambizione battagliava con l'intelligenza, scoprii. Stanco di pattugliare il confine, il capitano desiderava una promozione e una nuova assegnazione. Uccidere quei maghi del sud gli avrebbe conferito sufficiente merito per diventare Maggiore. Ma se Yelena diceva la verità? Il Comandante non sarebbe stato contento che il suo Ufficiale di Collegamento fosse stato ucciso. Tuttavia portare un mago vicino al Comandante sarebbe stato rischioso. E se Yelena mentiva e progettava di assassinarlo? lo diedi una spintarella ai suoi pensieri convincendolo a fidarsi di noi e a credere che se ci avesse condotti al suo ufficiale in comando avrebbe compiuto un'azione meritevole. «Accompagnerete me e la mia squadra» decise infine il capitano. «Confischeremo le vostre armi e i cavalli, e obbedirete a tutti gli ordini. Un qualsiasi problema o segnale di ribellione e sarete resi inoffensivi.» Fece cenno ad alcuni dei suoi soldati di avvicinarsi a noi. «Perquisiteli. Che ne facciamo di lui?» Guardai Marrok. «Lasciatemi curare le sue ferite, capitano...» «Nytik.» Di nuovo l'ufficiale diede un segnale a uno dei suoi soldati. «Tenente, controlla se ha delle armi.»

Dopo che il tenente ebbe messo al sicuro la spada di Marrok, il capitano mi diede il permesso di esaminarlo. La freccia aveva trafitto il fianco destro, mancandogli le costole. Non c'era molto sangue e la freccia non era entrata in profondità. Allora perché Marrok era privo di conoscenza? Accedendo alla mia magia, esaminai il resto del corpo. Era stato malmenato. Due costole e la clavicola erano spezzate. Una massa di lividi gli copriva il corpo e la mascella era incrinata. «Leif, avrò bisogno di aiuto.» Guarire l'esteso danno nel corpo di Marrok mi avrebbe sfinito e avevo bisogno di tenere qualche energia di riserva nel caso che il capitano Nytik cambiasse idea. «Un empiastro?» Leif si inginocchiò accanto a me. «No. I suoi fili di storia sono logorati.» Uomo-di-Luna posò la grande mano sulla fronte di Marrok. lo guardai male Uomo-di-Luna. «Sta' lontano da lui. Leif, occupiamoci prima delle ferite fisiche.» Uomo-di-Luna si ritrasse. Leif e io attingemmo potere dalla fonte, e con l'aiuto di mio fratello, assunsi su di me le ferite e le riparai. Quando Marrok si svegliò, Leif gli diede dell'acqua e un cordiale energetico per rianimarlo. Lo interrogai su cosa fosse successo e perché fosse lì, ma Marrok si limitò a fissarmi con un'espressione selvaggia e sconnessa negli occhi. Preoccupata del suo stato mentale, proiettai la mia coscienza dentro i suoi pensieri. Una cacofonia di immagini inondava la sua mente. Ricordi ed emozioni e pensieri segreti erano esposti, aperti e lasciati scorrazzare furiosamente, come se qualcuno avesse preso una libreria piena di libri e li avesse fatti a pezzi e disseminati per tutta la stanza. Quella massa caotica sopraffaceva Marrok, che non sapeva più mettere assieme due pensieri per formare una frase coerente. E là, nel mezzo del disastro, a lacerare allegramente quanto era rimasto della mente di Marrok, c'era Roze Pietrapiuma, Primo Mago. Si volse verso di me. Eccoti qua. Sapevo che ti avrei trovato qui

dentro se avessi cercato abbastanza accuratamente. Adesso posso

scoprire dove ti stai nascondendo. Avanzò, ma io mantenni la posizione. Non sono un ricordo,

Roze. Non riuscirai a estrarre nulla da me. Non ne sarei così certa. Troppa sicurezza può essere una debolezza. Ci hai già provato due volte e hai fallito. Mi sento piuttosto sicura della mia predizione. Perché hai distrutto la mente di Marrok? Guardò il caos attorno. È un criminale. E tu non dovresti essere così scandalizzata. Non è diverso da quello che tu hai fatto al Ladro d'Anime. Ignorai la stilettata. Marrok non è un criminale e tu lo sai. Lo hai costretto a rendere una confessione falsa? È stato sincero, diversamente da te. Tu hai sempre mentito a noi e a te stessa, pensando di poter essere un vantaggio per Sitia. Ora il Consiglio conosce il pericolo e ho il permesso di eliminare la minaccia che tu costituisci. Di nuovo, non restai impressionata dalla sua vanteria. Come hanno fatto Marrok e gli altri a trovarci? Roze sorrise. Questo dovrai scoprirlo da sola. Stai provando a dirmi che tra noi c'è una spia? Le persone disoneste tendono a cercarsi a vicenda. Yelena. È il prezzo che paghi per esserti associata con l'elemento criminale. Francamente, ero sorpresa che il Consiglio non mi avesse dato prima il permesso di neutralizzarti. Dopotutto, come possono fidarsi dell'amichetta del cuore dell'uomo più temuto a Sitia? Pensaci. Come potresti essere un ufficiale di collegamento. quando è evidente dove sta la tua fedeltà? Al primo accenno di guai, sei corsa verso casa. Ti dirò una cosa. Non sarai al sicuro a Ixia. lo non dissi niente, ma lei rise. Ho scoperto quello che mi serviva. Buona fortuna, se cercherai di rimettere assieme i pezzi della mente di Marrok. Svanì dalla sua coscienza. Ritta al centro della distruzione che lei si era lasciata dietro, compresi che riportare ordine sarebbe stata un'impresa impossibile. Tornai nel mio corpo. Non c'era nient'altro

che potessi fare. Roze aveva il sostegno del Consiglio contro di me. Se io non avessi saputo che cosa era successo davvero, le menzogne di Cahil avrebbero avuto perfettamente senso. Perfino Roze aveva senso. Se era devota a Sitia come affermava, allora i suoi sforzi per screditarmi erano validi. Perché fidarsi di me? lo ero un Cercatore d'Anime, l'unico tipo di mago con una pessima storia. Ci sarebbe voluto uno sforzo immane e una prova materiale per contrastare Cahil, adesso. «Uomo-di-Luna, come ci avete trovato?» domandai. «Logica. Sapevo che saresti andata a Ixia e sapevo che non avresti attraversato le Pianure Avibiane per girare attorno alle terre dei Pietrapiuma. Dunque restava l'ovest. Tauno ha trovato la vostra pista nei territori Krystal.» Sapeva troppo di coincidenza. «Ma Leif ti ha visto sparire dentro il fuoco. E che mi dici di Marrok e dei cavalli? Come li hai avuti?» Aveva ricevuto aiuto e doveva essere stato mandato da Cahil o da Roze. Uomo-di-Luna lavorava per loro, adesso? «Gede mi ha tirato fuori dal fuoco. Marrok era stato scaricato in infermeria e lasciato senza sorveglianza. I cavalli sono venuti quando abbiamo avuto bisogno di loro.» Suonava ancora troppo facile. «Perché Gede insisteva affinché io entrassi nel fuoco?» «Dovrai domandarlo a lui. Adesso è lui il tuo Tessitore di Storie, lo non posso guidarti.» Sembrava triste. «Perché sei entrato nel fuoco, Uomo-di-Luna?» chiese Leif. «Gede è l'unico capo sopravvissuto del mio clan, lo seguo i suoi ordini.» «Anche quando è in gioco la tua vita?» «Sì. La lealtà al proprio clan viene prima della salvezza personale.» «Come fare da esca a un serpente della collana?» Leif mi guardò. «Esattamente» rispose Uomo-di-Luna. «Il vostro uomo è in grado di camminare?» si informò il capitano Nytik. Era rimasto nei pressi, osservandoci con la fronte aggrottata

per il disgusto. «Dobbiamo cominciare a muoverci.» Marrok non poteva camminare, ma poteva cavalcare. Le teste di Kiki e di Topaz erano unite. Mi collegai con Topaz e chiesi: Vai a

casa? Ti manca Uomo-di-Mentine? No. Resto. Perché? Topaz era stato per lungo tempo con Cahil. Cattivo odore. Sangue. Mi rivolsi al capitano. «Starà sul suo cavallo.»

Uomo-di-Luna, Leif, Tauno e io tenemmo dietro al tenente, mentre il capitano e i restanti soldati formarono la retroguardia. Viaggiammo verso nord attraverso la Foresta del Serpente, una sottile striscia di verde che si estendeva ondulata lungo l'intero confine da est a ovest, dal Mare di Giada alle Montagne di Smeraldo. Dopo una giornata di viaggio, arrivammo a un posto di guarnigione con caserma. Dovemmo sopportare un altro giro di spiegazioni prima che potessimo prenderci cura dei cavalli e consumare il pranzo, seduti nel mezzo del refettorio della guarnigione circondati da cinquanta sospettosi soldati che ci scoccavano occhiate dure tra un boccone di cibo e l'altro. Uomo-di-Luna guidava con gentile pazienza Marrok, che doveva apprendere da capo anche capacità di base come mangiare e curare il proprio corpo. Durante il nostro pasto freddo a base di cacciagione essiccata e pane, spiegai ai miei compagni il sistema di uniformi di Ixia. «Chiunque viva qui deve indossare un'uniforme. I colori standard per gonne, pantaloni e camicie sono nero e bianco, ma ogni Distretto Militare ha il proprio colore. Attualmente ci troviamo nel DM-7, che è governato dal generale Rasmussen, che riferisce al Comandante. Il colore di Rasmussen è il giallo e vedrete una fila di disegni a diamante gialli da qualche parte sulle uniformi.» Accennai alle guardie attorno a noi. Le loro uniformi corrispondevano a quella del capitano, ma le mostrine sui loro colletti erano diverse. «L'uniforme da cuoco è tutta bianca con diamanti impressi l'uno accanto all'altro attraverso la camicia. Il colore dei diamanti ti dice in che distretto lavora il cuoco. Il rosso è il colore del Comandante.»

«Chi è quella?» Leif indicò la donna che ci aveva fatto strada. Era tutta vestita di nero, ma aveva due diamanti rossi impunturati nel colletto. I capelli biondi erano raccolti in un lindo chignon. Reggeva due archetti nelle mani. «È un consulente del Comandante.» Mi alzai e sogghignai. Lei mi lanciò il mio bastone. Lo presi al volo. Il rumore nella stanza cessò nell'istante in cui toccò la mia mano. «D'accordo, Vomitatrice, vediamo se hai fatto pratica» disse la donna con uno scintillio esultante e al tempo stesso rapace negli occhi.

«Consulente Maren. tua madre non ti ha insegnato che non è

educato affibbiare epiteti alle persone?» Sollevai il mio archetto. «Specialmente non a persone armate.»

Lei liquidò la mia osservazione con un gesto. «Ci occuperemo più tardi dei convenevoli. Infilata in queste foreste vergini, non ho ingaggiato un combattimento decente con il bastone da un sacco di tempo. Andiamo!» Mi segnalò di seguirla mentre si faceva strada attraverso il refettorio. «Dovremmo preoccuparci?» chiese Leif. «Mi ha insegnato tutti i suoi trucchi, ma io ne ho imparato qualcuno di nuovo dal nostro ultimo scontro. Dovrebbe essere... interessante.» «Gioca pulito» mi ammonì Leif. Attraversai la sala silenziosa. Esplose di rumori non appena io uscii. Una massa di soldati mi seguì all'esterno. Maren si stirò i muscoli prima di raccogliere il suo bastone. Alta e snella, era un'avversaria formidabile. Roteava con mani agili il suo bastone lungo un metro e ottanta. Con lieve svantaggio, il mio misurava solo un metro e mezzo. Mi tolsi il mantello e passai le mani lungo il legno liscio della mia arma, spingendo la mente nella zona di concentrazione che usavo quando combattevo. Non del tutto magico in origine, questo stato mentale mi permetteva di rimanere aperta alle intenzioni dell'avversario. Non appena fui pronta, Maren attaccò con due rapidi affondi

verso le mie costole. Li bloccai entrambi, contrattaccando con un colpo alle sue braccia. Lo scontro entrò nel vivo. Il ritmico schiocco delle nostre armi riempì l'aria. Schivai un colpo alla tempia e puntai l'estremità del mio archetto verso il suo stomaco. Lei arretrò e cercò di farmi lo sgambetto con il bastone, lo saltai e vibrai un calcio frontale a mezz'aria, colpendole la spalla. Maren si ritirò di qualche passo prima di venirmi contro con una serie di stoccate. «Ti sei stancata di perdere tutte le volte con Janco e hai chiesto il trasferimento?» domandai, sventando il suo attacco e rispondendo con un turbine di colpi verso le tempie. Maren era stata capitano nelle Forze Speciali del Comandante, insieme ai miei amici Ari e Janco. «Sono stata promossa» rispose lei. Resse il mio assalto e fece una finta a destra. Intuendo le sue intenzioni, ignorai la finta e bloccai il colpo alla mia testa appena in tempo. «Promossa a consulente? Suona losco. Hai corrotto qualcuno che conosco?» «Battuto Valek, potevo scegliere qualsiasi incarico a Ixia.» Mi raggelai un istante per la sorpresa e lei mi colpì la parte superiore del braccio, rovesciandomi a terra. Mi rotolai, evitando le sue stoccate, ma lei incalzò approfittando del vantaggio. Due mosse più tardi, mi sedeva sul torace e mi premeva il bastone sul collo. La folla di soldati eruppe in acclamazioni. «Ti arrendi?» «Sì.» Lei sogghignò e mi tirò in piedi. «Rivincita?» «Dammi un minuto.» Mi spazzolai la polvere dagli abiti. «Che cos'è questa storia della gonna?» «Non è una gonna. Vedi?» Tirando da parte la stoffa, svelai i pantaloni. Lei sbuffò divertita. «Dobbiamo assolutamente rimetterti in uniforme, Yelena.»

L'uso del nome proprio significava che l'avevo almeno impressionata con le mie capacità di combattimento. Il che mi fece tornare in mente la risposta che mi aveva fatto abbassare la guardia. «Che cos'è questa storia che tu hai battuto Valek? Sei discreta con il bastone, ma suvvia, Valek?!» Valek aveva lanciato una sfida a chiunque in Ixia. Chi lo avesse battuto in uno scontro con un'arma di propria scelta si sarebbe guadagnato il diritto di diventare il suo secondo in comando. Molti soldati avevano provato a guadagnarsi quel diritto e avevano fallito. «Discreta?» rise Maren. «Immagino che quando ti batterò di nuovo, aumenterai il voto a distinto.» «Questo se mi batti, e non hai risposto alla mia domanda.» «Ho avuto aiuto. Contenta adesso? Valek non ha mai detto che bisognava batterlo uno contro uno. Ci siamo messi assieme in tre e ci siamo guadagnati il diritto di scegliere qualsiasi incarico a Ixia. lo ho scelto di diventare consulente del Comandante. Sono nel DM-7 in assegnamento temporaneo per occuparmi di certe...» Lanciò un'occhiata ai soldati. «... questioni.» Tre contro uno era una proporzione ancora favorevole a Valek. Mi chiesi chi fossero gli altri due, e la risposta mi venne da sé. «Ti prego, non dirmi che Ari e Janco erano i tuoi colleghi.» La sua espressione dolente confermò la mia supposizione. «Janco era tronfio in modo insopportabile già prima. Dopo non sarà stato possibile vivere con lui» commentai. «La sfida di Valek è stata modificata. Dal momento che Janco e Ari sono stati promossi a secondi di Valek, se altri soldati vogliono reclamare la posizione di secondi devono prima battere Ari e Janco, ma non possono attaccare in più di sei alla volta. I secondi di Valek dovrebbero essere in grado di affrontarne tre ciascuno. Se un soldato desidera scontrarsi con Valek da solo, deve battere uno di noi per averne la possibilità.» «Avere Janco al comando quando Valek è via è una faccenda da paura.» «Non è spaventoso come quando stai implorando grazia.» Maren

menò un fendente con il bastone. lo parai e contrattaccai. Presto fummo impegnate in un altro duro scontro. Ma questa volta rimasi concentrata. Le strappai i piedi da sotto e calpestai il suo archetto prima che lei potesse rotolare via. Vinsi la partita e ricevetti qualche acclamazione da mio fratello, che si era unito agli spettatori. Uomo-di-Luna e gli altri stavano in disparte. Lui mi guardò senza alcuna espressione sulla faccia. «Spareggio?» Maren non aspettò una risposta. Iniziò il terzo round. Combattemmo fino a giungere a una impasse. La voce di Leif ci interruppe prima che iniziassimo un altro scontro. «Per quanto mi diverta guardare mia sorella che viene battuta, abbiamo davvero bisogno di parlare con il Comandante. State sprecando tempo.» Maren studiò Leif con espressione dubbiosa. «Non vedo somiglianza di famiglia.» Presentai mio fratello a Maren. «Benché detesti ammetterlo, Leif ha ragione. Dobbiamo andare.» Maren scosse la testa. «Il generale Rasmussen vuole parlare con voi, prima. Questi soldati hanno ordine di trattenervi qui finché lui non vi darà il permesso di partire.» «Ma ho spiegato...» «Tutto, tranne che cosa esattamente avete necessità di discutere con il Comandante.» «Sono affari riservati.» «È ciò che temevo.» Maren si appoggiò al bastone. «Il generale si è fatto... prudente con l'avanzare dell'età. Lui non vi lascerà andare a meno che non gli diciate la ragione per cui siete venuti a Ixia.» Dalla scelta delle parole, avrei potuto dire che c'era dell'altro dietro. Lei lavorava per il Comandante, ma stava aiutando il generale, e probabilmente riferiva ogni brandello di informazione a Valek. «Parleremo con il generale, allora» acconsentii. «Grandioso. Programmerò un'udienza con lui domani.»

«Domani? Abbiamo affari urgenti.» «Sono spiacente. Il generale si ritira presto. Non vedrà nessuno stasera.» Leif aprì la bocca per protestare, lo gli toccai il braccio, fermandolo. Maren e io avevamo duellato per tutto il pomeriggio, e sospettavo che lei avesse avuto una buona ragione per sfidarmi. «D'accordo. Aspetteremo fino a domani. Quanto ci vorrà perché arriviamo al maniero? Forse sarebbe meglio partire stasera...» «No. La cosa migliore sarebbe partire al mattino. È una cavalcata di mezza giornata.» Maren ci condusse a una casetta di mattoni con una stalla di fianco. «Potete stare nei nostri alloggi per gli ospiti. Questa località è un punto di sosta molto frequentato dai viaggiatori provenienti dal DM-6.» Il complesso del castello era situato all'estremità sud del DM-6. Due giornate e mezzo di cavallo a nord dalla Cittadella di Sitia. Trovai interessante che i due centri del potere politico fossero fisicamente prossimi mentre i loro stili di governo erano due mondi separati. Entrammo nella casetta. Il mobilio della stanza principale era essenziale, anche se sembrava abbastanza comoda. Delle guardie stazionavano all'esterno, ma un tenente ci seguì all'interno. «Letti! Hanno letti con materassi di piuma» gridò Leif da una camera. «C'è della legna sul retro, e potete cenare con i soldati. Farò sapere al generale quando state arrivando.» Maren uscì con il tenente appiccicato alle calcagna, mentre due guardie restavano presso la porta principale. Una rapida sbirciata fuori dalle finestre laterali e posteriori rivelò la presenza di altre guardie. Eravamo circondati. Pensai alle osservazioni di Maren. Alcune delle cose che aveva detto non quadravano. Mi chiesi che cosa avesse in progetto di fare. Tutto quel che sapevo erano i miei piani, e non includevano una visita al generale. Raggiunsi i miei compagni di viaggio nella camera da letto. Uomo-di-Luna sedeva accanto a Marrok, che era sdraiato sulla

schiena e fissava il soffitto. Tauno stava in bilico sull'orlo di una sedia. Leif si era sdraiato di traverso su uno dei letti. Dalle labbra gli sfuggì un sospiro di soddisfazione. «Non ho più dormito in un letto da quando... quando... non riesco neanche a ricordarlo!» «Non metterti troppo comodo» lo avvertii. Lui gemette. «Adesso che c'è?» Mi posai un dito sulle labbra, poi mi indicai la fronte. Troppe orecchie in giro, dissi nella mia mente.

Che sta succedendo?, chiese lui. Non abbiamo intenzione di sprecare tempo con il generale, disse

Uomo-di-Luna.

Io lo guardai accigliata per la sorpresa, dimenticando che poteva collegare la sua mente alle nostre.

Dal momento che tu hai scelto Gede come guida, ho dovuto incanalarmi attraverso Leif. Ignorai la confusione di Leif. Mora disincanalati. Questa è una conversazione privata. Uomo-di-Luna restò silenzioso per un po'. Mi ritirerò. Ti spiacerebbe dirmi qual era il problema?, chiese Leif. Lo informai della mia conversazione con Roze. Uomo-di-Luna è una spia. Niente da fare. Non ci crederai sul serio. Stai dicendo che Roze mentirebbe? No. Sto dicendo che forse la tua è una reazione eccessiva. Uomodi-Luna ha ammesso che Gede è il suo capo. Il loro clan è stato decimato dai Parassiti, e dunque Gede e Roze vogliono la stessa cosa. Gede probabilmente ha mandato Uomo-di-Luna per tenerti d'occhio. E in che modo questo è diverso dallo spiare? Probabilmente lui è qui per proteggerti. Per tenerti al sicuro finché il tuo nome potrà essere riabilitato. Sarebbe carino chiederglielo, ma sono certa che ha una vaga non-

risposta già pronta. Sei cattiva. Yelena. In fondo, ha assistito al massacro del proprio clan. Tuttavia, vorrei anch'io indietro il vecchio Uomo-di-Luna, aggiunse Leif. Preferirei in qualsiasi momento i suoi scherzosi, enigmatici consigli e i suoi misteriosi arrivi, a questo suo contegno tetro. Mio fratello si tirò un altro cuscino sotto la testa. Sembra che staremo a Ixia per un po'. Leif Liana Ixia suona bene. Se non mi giustiziano perché sono un mago, forse posso trovare lavoro in una farmacia ixiana. Hanno uniformi anche per i farmacisti? Torneremo a Sitia. A morte certa? No. grazie. Forse il Comandante avrà bisogno di una delle mie tisane? Dobbiamo parlare con il Comandante e incontrarci con Valek. Almeno speravo.

Circondati da guardie. Ricordi? Giusto. Siamo in minoranza. È un peccato che non possiamo aiutarci con la magia. Un mago potrebbe mettere a dormire le guardie. O ancor meglio, potremmo usare il curaro. Che disdetta non avere delle cerbottane nello zaino. Il sarcasmo è un tratto spiacevole, sorellina. Dovresti evitarlo. E tu rinunci con troppa facilità. E ti fidi con troppa facilità, ma non gliel'avrei detto.

Colpa del materasso di piuma. Mi ha succhiato tutta la motivazione. Se nel mio appartamento sopra la mia bottega di farmacia ci sarà anche un letto comodo, sarò ben soddisfatto di vivere a Ixia. Leif, ammonii. D'accordo, d'accordo. Ti farò qualche cerbottana, giusto in caso non riuscissimo a metterli a nanna tutti, borbottò mentre si rotolava fuori dal letto e andava a rovistare nel suo zaino.

Riflettei su cosa dovessi dire a Tauno e Uomo-di-Luna. Fintantoché non avevamo un fuoco, potevo avvertirli dei miei piani. E li volevo con me, così da poterli tenere d'occhio.

«Dovremmo andare a letto presto stasera» dissi loro. «A riposare per domani.» Parvero intendere il mio sottinteso. Una volta che i soldati ixiani fossero andati a letto, avremmo messo in atto la nostra fuga. Progettavo di essere al castello del Comandante prima che le guardie del DM-7 si rendessero conto che ce ne eravamo andati. Presentarsi all'ingresso principale del complesso del castello senza una guida ixiana avrebbe creato sospetti istantanei, ma quello era un problema che avrei affrontato quando si fosse presentato. Dopo aver cenato con i soldati, osservai con cura il nostro nuovo drappello di guardie, cercando di prender loro le misure. Sapevo che Tauno e Uomo-di-Luna non sarebbero mai potuti passare per Ixiani, così o Leif o io avremmo dovuto indossare un'uniforme e fingere di essere soldati fino a quando non avessimo raggiunto il Comandante. Idealmente, avrei potuto travestirmi io, ma con un'altezza di un metro e sessanta dubitavo di trovare un'uniforme che mi andasse bene. Senza prenderci il fastidio di accendere il fuoco, ci ritirammo presto. Dormii per qualche ora. Il lusso di stare in un vero letto rese difficile svegliarsi, ma mi costrinsi ad alzarmi e a svegliare gli altri, accennando di fare silenzio. Leif non aveva le capacità di mettere a dormire le nostre guardie, ma poteva contribuire alla mia energia. Gli strinsi la mano e proiettai la mia coscienza verso il cerchio di soldati. Tre uomini e una donna stavano di guardia. Protendendomi oltre, mi collegai ai cavalli.

Pronti?, chiesi a Kiki. Sì. I due garzoni di stalla dormivano su balle di fieno, soddisfatti di avere dei cavalli nelle loro scuderie. Per loro l'odore di cavallo, letame e fieno equivaleva a un letto di piume. Spazzai le caserme con la mente, in cerca di problemi. Alle due dopo mezzanotte, tutto taceva. Dal momento che non potevo spingere l'intera guarnigione in un sonno profondo, sperai fossimo abbastanza lontani da non svegliarli. Tornai ai soldati addormentati e li mandai in un sonno pesante.

Le guardie che circondavano i nostri alloggi si rivelarono resistenti alla mia suggestione mentale. Il loro addestramento ixiano combatteva la mia magia e temetti che avrei dovuto decidermi a usare il curaro. Un attimo prima che interrompessi la connessione, una delle guardie sobbalzò per la sorpresa quando una punta acuminata gli penetrò nel collo. La vista gli si appannò mentre la droga gli entrava nel sangue. Mi tirai indietro prima che perdesse conoscenza. Leif lasciò andare la mia mano. «Ora di andare» dissi, muovendomi in fretta. Avevamo aiuto e mi si alleggerì il cuore. Una sola persona sapeva sempre quando avevo bisogno di lui. Spalancai la porta, aspettandomi Valek, e invece trovai Maren, che trascinò una delle guardie dentro gli alloggi degli ospiti, seguita da altre tre che portarono dentro una forma inerte ciascuna, lasciandole cadere sul pavimento. I suoi compagni indossavano uniformi del DM-7. «Immagino che abbiamo avuto la stessa idea. I miei uomini fingeranno di essere i vostri guardiani mentre ci dirigiamo verso il castello» spiegò. «Staranno via a lungo?» Punzecchiai uno degli uomini sul pavimento con la punta del mio stivale. «Sei ore almeno. Ho usato la pozione soporifera di Valek su di loro.» Sorrise con uno scintillio malizioso negli occhi grigi. «Consulente Maren, non starai facendo un doppio lavoro con i corpi speciali di Valek adesso, vero?» Sbuffai simulando scherzosamente di essere preoccupata. «Come sapevi quando colpire?» Maren mi rivolse un'occhiata strana. «Quando i cavalli hanno lasciato la stalla, ho pensato che dovevate essere pronti a partire.» «Tu vieni con noi? Puoi cavalcare?» «Sì. Ho un cavallo qui vicino. Devo tornare alla residenza del generale prima che sia scoperta la vostra fuga. Vi porterò al confine di DM-6 e vi presenterò ai soldati del blocco stradale che c'è là. Vi condurranno al castello del Comandante. Le vostre armi sono fuori. Andiamo.»

Leif, Uomo-di-Luna, Tauno e io portammo le nostre selle finché non fummo abbastanza lontani per arrischiarci a far rumore. Uomodi-Luna e Marrok cavalcavano Topaz. Marrok non riusciva ancora a parlare, ma montò quando Uomo-di-Luna gli chiese di farlo. Maren dimostrò di essere un'ottima cavallerizza e coprimmo la distanza per il DM-6 a tempo di record. Prima che lei allertasse le guardie del posto di blocco, le domandai: «Che cosa succederà quando il generale Rasmussen scoprirà che siamo fuggiti?». «Una volta che voi sarete con il Comandante, non potrà ammettere di aver cercato di trattenervi, perché in tal caso dovrebbe spiegarne il motivo. Probabilmente farà passare sotto silenzio l'intero incidente, e Valek gli lascerà credere di averla fatta franca. Finché non avrà bisogno di qualcosa da lui.» Un altro ghigno da predatore si allargò sul suo viso. Il trasferimento fino al DM-6 e nelle mani dei soldati del generale Hazal procedette con rapida efficienza. La nuova guida indossava un'uniforme da capitano con diamanti azzurri anziché quelli gialli del capitano Nytik. In effetti, l'intero viaggio fino al castello del Comandante andò liscio e fummo ammessi all'interno del suo complesso senza alcun problema. Avrei dovuto godermi quelle poche ore di tranquillità. Perché dopo che ci incontrammo con il Comandante Ambrose, niente andò più per il verso giusto.

Capitolo 14 Dopo il nostro arrivo al castello, attendemmo nel cortile esterno. Ricevemmo molte occhiate curiose dai residenti, e io sapevo che i domestici avrebbero presto spettegolato e fatto scommesse su chi fossimo e perché fossimo lì. Probabilmente non mi riconobbero senza indosso la mia uniforme da assaggiatore ufficiale. Dalle scuderie comparvero degli stallieri per prendere i cavalli. lo avrei preferito restare con Kiki, ma ci fu ordinato di entrare nel castello per attendere l'incontro con il Comandante. I miei compagni lanciarono esclamazioni davanti alla struttura dalla forma bizzarra. Con i suoi molteplici livelli di insolite forme geometriche, il castello sembrava il balocco di un bambino. Appoggiati sulla base rettangolare, gli altri piani del castello erano una combinazione di cubi, piramidi e perfino cilindri costruiti uno sull'altro in modo casuale. Su alcuni livelli si potevano trovare tutte e tre le forme. Le finestre dell'edificio riflettevano anch'esse la passione dell'architetto per la geometria, includendo ottagoni e ovali. Era passato un anno dall'ultima volta che ero stata lì. Essendo stato per lungo tempo parte della mia routine quotidiana, ero abituata al suo stile bizzarro. Ora, tuttavia, la vista della struttura mi innervosì e il disagio mi frullò per tutto il corpo. Le quattro torri agli angoli davano allo spettatore una certa sensazione di simmetria. Si elevavano per vari piani più in alto dell'edificio principale, e vetrate colorate decoravano le loro finestre. Mi bloccai. Anche il Mastio dei Maghi aveva quattro torri agli angoli e mi interrogai sulla somiglianza. Un domestico ci condusse in un'austera sala d'attesa con minime comodità. Quando ci servirono dei rinfreschi, io automaticamente assaggiai la bevanda in cerca di veleni, sorprendendo Leif allorché gargarizzai il succo. Fino a quel momento mio fratello era rimasto a fissare le pareti spoglie, probabilmente chiedendosi dove fossero finiti tutti i leggendari quadri e specchi dorati, lo supponevo che il Comandante avesse distrutto tutti i tesori dell'epoca del Re, ma ricordando un commento che aveva fatto Cahil sulla mole di denaro

necessaria per sostenere Ixia, mi chiesi se invece il Comandante Ambrose non ne avesse fatto commercio in cambio di servizi. «Tu hai vissuto qui?» mi domandò Leif. Annuii. «Per due anni.» Uno dei quali nelle segrete. Non molte persone a Sitia sapevano di Reyad, e io preferivo tenere per me i dettagli su quel periodo. Comunque, moltissimi Ixiani erano a conoscenza del fatto che lo avevo ucciso. «Dove stavi?» «Avevo una stanza negli appartamenti di Valek.» Leif mi scoccò un'occhiata incredula. «Ragazzi, andavi di fretta.» «E tu presumi troppo.» Un giorno avrei raccontato a Leif e ai miei genitori della mia ordalia, ma quello non era il momento. Leif si fece pensoso. Tauno sonnecchiava in una delle sedie di legno. Mi meravigliai di come il Semedisabbia riuscisse a incunearsi in spazi angusti e tuttavia sembrare comodo. Durante il tempo trascorso insieme, si era adattato senza troppi problemi a stare al chiuso. Uomo-di-Luna invece si agitava nella sua sedia. Non riuscii a stabilire se il suo disagio nasceva dal trovarsi in uno spazio ristretto oppure dalla mia ostilità. Aveva affermato che io avevo un nuovo Tessitore di Storie. Per lui era una strada agevole per evitare di dirmi la verità. Sapendo che eravamo diretti verso Ixia, Cahil doveva aver progettato la fuga di Marrok, e le guardie sitiane che li inseguivano erano probabilmente anch'esse parte dell'inganno. Avevo voglia di camminare per la stanza. L'attesa si allungava quanto un serpente della collana e non c'era niente a distrarmi dalla mia lunga lista di preoccupazioni. Valek restava prossimo alla cima. Dov'era? A quel punto avrebbe dovuto essere tornato a Ixia. I pensieri giravano e rigiravano nella mia mente. Per distrarmi, sedetti in una delle seggiole dure vicino all'unica finestra. Fuori si vedeva un settore delle caserme e del cortile da esercitazione dove i soldati del Comandante vivevano e si allenavano. Mi tornarono alla mente Ari e Janco, i miei amici soldati che, secondo Maren, adesso erano i secondi in comando di Valek.

Mi alzai, bramosa di agire. Forse avrei dovuto semplicemente andare all'ufficio del Comandante. Sapevo come arrivarci, e odiavo quella sensazione instabile che mi stringeva la bocca dello stomaco. Perché ero così sulle spine? La consapevolezza mi piombò addosso di colpo ed ebbi bisogno di sedermi di nuovo. Entro quelle mura, io ero sempre stata una prigioniera. O per le sbarre della prigione o per la convinzione di aver ingerito un veleno chiamato Polvere di Farfalla, sapendo che non avrei potuto andare lontano senza il quotidiano antidoto che mi teneva in vita. E tutta la logica al mondo non poteva convincere il mio corpo che ero libera. Alla fine arrivò un consulente, che ci guidò per i corridoi principali del castello. Leif trattenne il fiato per la sorpresa quando entrammo nell'anticamera principale. Nel vedere gli arazzi in seta e oro che pendevano a brandelli dalle pareti, simpatizzai con la reazione di mio fratello. Pittura nera macchiava le tappezzerie un tempo famose che avevano simboleggiato ogni provincia durante l'epoca del Re. Ora rappresentavano il colpo di stato. Le vecchie province erano state smembrate e i confini ritracciati in otto lineari Distretti Militari. Il disprezzo del Comandante Ambrose per il lusso, l'eccesso e l'avidità era evidente in ogni parte dell'edificio in pietra. Spogliato degli armamentari della regalità, il castello era stato privato della propria anima e riconvertito in una basilare struttura d'uso. La trasformazione della sala del trono era un altro esempio del suo disinteresse. Invece che di profuse decorazioni e spessi tappeti, la sala brulicava dell'attività di numerosi consiglieri e ufficiali provenienti da ogni Distretto Militare di Ixia, senza alcun segno di un baldacchino o di un trono. Portarci tutti e cinque attraverso la stanza con tutte quelle scrivanie incuneate l'una accanto all'altra si risolse in un esercizio di agilità. L'ufficio del Comandante si intonava con il resto del castello. Rigida, linda e organizzata, la stanza mancava di personalità ma rifletteva alla perfezione il suo occupante. Con indosso un'uniforme nera di ottimo taglio e diamanti veri che scintillavano sul colletto, il Comandante Ambrose si alzò in piedi

quando entrammo. Studiai il suo viso ben rasato mentre lo presentavo ai miei compagni, individuando solo una debole somiglianza con l'Ambasciatrice Signe. Come se fossero davvero cugini, anziché la stessa persona. Il potere del suo sguardo tuttavia rimaneva lo stesso. Il cuore mi fece una capriola nel petto quando mi puntò addosso gli occhi color oro. «Questa è una visita inattesa, Collegamento Yelena. Confido tu abbia una buona ragione per scavalcare il normale protocollo» disse, inarcando un sopracciglio. «Un'eccellente ragione, signore. Credo che Sitia cercherà di organizzare un'offensiva contro di voi.» Il Comandante lanciò un'occhiata ai miei compagni mentre soppesava le mie parole. Altro grigio si era infiltrato nei suoi capelli neri, tagliati cortissimi. Avvicinandosi alla porta del suo ufficio, il Comandante chiamò uno dei suoi uomini. «Consulente Reydon, per favore, scorta i nostri ospiti al refettorio per il pranzo e poi all'ala degli ospiti.» Si rivolse agli altri. «L'Ufficiale di Collegamento pranzerà con me e ci incontreremo con voi più tardi.» Leif mi guardò per avere istruzioni. Gli aprii la mente.

Vuoi che restiamo?, domandò. Non penso che abbiate scelta. Lui non è il mio Comandante, lo non sono tenuto a dargli retta. Un'osservazione infantile, ostinata. Forse Leif si sentiva escluso. Sii

un buon ospite e fa' come ti dice. Ti farò sapere cosa succede. Sicura di non aver bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle? Quel tipo mi dà i brividi. Leif, lo ammonii.

Lasciò l'ufficio con palese riluttanza, scoccandomi un'occhiata irritata prima di seguire il consulente. Quando la stanza si svuotò, il Comandante mi accennò di sedermi sulla sedia davanti al suo scrittoio. Sfiancata, mi bilanciai sull'orlo. Lui mi servì una tazza di tè prima di sistemarsi dietro la scrivania.

Sorseggiai la bevanda con cautela, cercando veleni. Al comando di un possente esercito e con otto ambiziosi generali da supervisionare, il Comandante aveva bisogno di un assaggiatore di cibi nel suo staff. «Perché sei venuta?» domandò. «Ve l'ho detto. Sitia ha in progetto...» Lui mi bloccò con un gesto. «Sai che sono notizie vecchie. Perché sei qui davvero?» «Per chiedervi di rinviare la prima mossa.» «Perché?» Esitai, raccogliendo i pensieri. Soltanto la logica avrebbe persuaso il Comandante. «Il Consiglio sitiano ha subito un drastico mutamento di opinione, da voler commerciare e avere contatti con voi a essere terrorizzato.» «Sì. Sono molto instabili.» «Non così instabili. Vengono influenzati.» «Con la magia?» Il Comandante pronunciò la parola come se gli causasse dolore. Il generale Brazell e Mogkan, i miei rapitori, avevano usato magia e teobroma su di lui per assumere il controllo della sua mente, a dispetto del suo bando contro i maghi. Anche se la sua ferma censura si era allentata, il Comandante vedeva ancora i maghi come inaffidabili. Consentirmi di fare da collegamento per Ixia era stata la sua prima e unica concessione. Valek aveva ipotizzato che il Comandante temesse i maghi, ma io credevo che il suo atteggiamento avesse più a che fare con ciò a cui il Comandante si riferiva come alla sua mutazione. Nato con un corpo femminile, riteneva che la sua anima fosse quella di un uomo e lo preoccupava che un mago potesse smascherarlo. Ma dalla mia interazione con lui quando era travestito da donna come Ambasciatrice Signe, io avevo percepito la presenza di due anime dentro il suo corpo. Stando di fronte a lui, soffocai la voglia di proiettarmi dentro la sua mente, evitando perfino uno sfioramento superficiale. Sarebbe stata una seria infrazione del protocollo. Inoltre, mi sembrava

sbagliato. «La magia potrebbe essere un fattore, lo ammetto, ma potrebbe esserci un'altra ragione o perfino una persona a influenzarli. Non so cosa stia accadendo, ma voglio scoprirlo. Se voi li uccideste tutti, potreste non risolvere il problema e coloro che li rimpiazzeranno saranno peggiori» dissi. «Suona piuttosto vago. Hai altre informazioni?» Il Comandante esibì un rotolo, poi me lo porse. Srotolai la pergamena. Ogni parola che lessi accrebbe la mia preoccupazione e lo sdegno. «E se noti...» Il comandante si chinò in avanti e picchiò l'indice sul fondo. «... è firmato da tutti i Consiglieri, ma mancano le firme di due Maestri Maghi. Curioso, non trovi?»

Curioso non era la parola che avrei usato. Disastroso suonava più

adatto. Mi preoccupai per Irys e Bain. Se il Consiglio aveva cercato di costringerli a firmare e loro avevano rifiutato, a quali conseguenze erano andati incontro? Mi concentrai sul foglio che avevo in mano. Agitarsi non li avrebbe aiutati.

In breve, la lettera avvertiva il Comandante del mio status di ricercata e suggeriva che i miei compagni traditori e io fossimo uccisi a vista. Probabilmente era la ragione per cui Roze era fiduciosa che non sarei stata al sicuro a Ixia. «Cercano di minare la tua credibilità, progettando al contempo di attaccarmi. Pensano che io sia un sempliciotto?» Si rilassò contro lo schienale della sedia e sospirò. «Spiegami esattamente che cosa sta succedendo.» «Se lo sapessi con esattezza, non sarei suonata così vaga.» Fu il mio turno di sospirare. Mi passai una mano sulla faccia, pensando come fosse meglio raccontare al Comandante di Cahil. Dovevo menzionare il Distorsore di Fuoco oppure no? Non avevo idea di quale ruolo giocasse in tutto ciò. E questo era il cuore del problema. Spiegai della fuga di Ferde con l'aiuto di Cahil e di come Cahil avesse rivoltato tutto quanto per implicare Marrok, Leif e me.

«Si direbbe che assassinare il Consiglio sarebbe un'ottima impresa per Sitia» commentò il Comandante. «Darebbe prova a Cahil e alle sue coorti che avevano ragione a sospettare di voi. Sitia si radunerebbe dietro di loro per sostenerli. Valek concorda con me. Non ha ancora preso di mira il Consiglio. Dovrebbe essere sulla via del ritorno.» Se il Comandante fu sorpreso, non lo diede a vedere. «Così tu hai già stornato la mia mossa preventiva. Eppure non hai prove.» «Nessuna. Ecco perché vorrei che aspettaste prima di lanciare un altro attacco. Abbiamo bisogno di ulteriori informazioni. Valek e io..".» La porta dell'ufficio si aprì. Star entrò nella stanza, portando un vassoio di cibo. L'assaggiatrice del Comandante si raggelò, quando mi riconobbe. Anche le mie pulsazioni si alterarono quando vidi la mia vecchia uniforme addosso a lei. Non era una donna qualsiasi, bensì l'ex Capitano Star, che era stata il capo di un rigoglioso mercato nero e di un giro di ricattatori prima che Valek scoprisse le sue operazioni. Star mi scoccò pugnalate con gli occhi. Il fallito attentato dei suoi sicari alla mia vita aveva condotto alla sua cattura. Avvertita di ciò che Valek aveva intenzione di fare, Star avrebbe potuto sparire nella sua stessa rete sotterranea. Invece aveva lasciato che a guidarla fosse un meschino desiderio di vendetta e adesso assaggiava il cibo del Comandante. «Se non altro sei sopravvissuta all'addestramento» le dissi. Lei distolse lo sguardo. I lunghi riccioli rossi erano legati in un nodo approssimativo, e il suo naso prominente faceva strada quando camminava. Posando il vassoio sullo scrittoio del Comandante, eseguì un rapido assaggio e se ne andò. Anche se sul vassoio erano stati apparecchiati due pranzi, ne provò soltanto uno. Adocchiai il mio cibo. Star sembrava sorpresa dalla mia presenza, ma poteva essere una finzione. Forse nutriva ancora desiderio di vendetta. Il Comandante mi porse un piatto. Per non apparire sgarbata, presi un boccone d'assaggio del pasticcio di carne, masticando lentamente. Il manzo era insaporito con rosmarino e

zenzero, ed era privo di veleni. Quantomeno, non riuscivo a sentire il sapore dei veleni che ricordavo. Persi l'appetito quando ricordai il commento di Uomo-di-Luna sull'imparare facendo e su quanto fosse facile dimenticare informazioni solo impartite. Parlammo di cose futili mentre mangiavamo. Quando feci i complimenti al suo nuovo chef per il dolce farcito al limone, lui mi disse che ora era Sammy a ricoprire quel ruolo. «Lo sguattero di Rand?» domandai. Aveva solo tredici anni. «Ha lavorato con lui per quattro anni e si è scoperto che soltanto lui conosceva tutti gli ingredienti delle ricette segrete di Rand.» «Ma è così giovane.» La cucina alle ore dei pasti era stata una cacofonia di ordinato caos guidato dalla ferma mano di Rand. «Gli ho dato una settimana per dimostrare che poteva farcela. È ancora qui.» Avevo dimenticato che l'età non aveva importanza per il Comandante. Avrebbe potuto costringere Sammy a rivelare le ricette, ma rispettava le capacità al di sopra dell'esperienza o del sesso. Il mio giovane amico Fisk, il piccolo mendicante diventato imprenditore, avrebbe prosperato a Ixia. Quando terminammo il pranzo, il Comandante spinse da parte il vassoio e rimise a posto la statua del gatto delle nevi. Pagliuzze d'argento scintillavano sulla pietra nera. Unico oggetto decorativo nella stanza, il gatto era una delle sculture di Valek. Uccidere un gatto delle nevi era considerata un'impresa impossibile e i cittadini di Ixia evitavano le letali creature che vivevano sulla banchisa di ghiaccio settentrionale. L'ultraterrena abilità del gatto di sfuggire alla morte lo rendeva temuto. Il Comandante Ambrose era l'unica persona ad averne cacciato e ucciso uno, e così facendo aveva dimostrato a se stesso che nonostante la sua mutazione poteva infiltrarsi nel mondo maschile proprio come aveva vissuto nel mondo dei gatti delle nevi. Lui riteneva che il proprio corpo femminile fosse stato solo un travestimento per la sua anima. Solo il Comandante e io sapevamo della sua caccia e delle duplici personalità che convivevano dentro di lui. Mi aveva fatto giurare che avrei mantenuto il segreto quando

l'avevo liberato dal controllo mentale di Mogkan. «Prima che Star entrasse con il pranzo, hai detto che hai intenzione di ottenere ulteriori informazioni sul Consiglio siriano. Adesso che sei una criminale ricercata, come pensi di riuscirci?» chiese il Comandante. «Avevo sperato di infiltrarmi nella Cittadella e parlare con uno dei Consiglieri. Ma temo che la magia dei Maestri Maghi mi scoprirebbe, così adesso vorrei prendere in prestito Valek e qualcuno dei suoi uomini. Potrebbero aiutarci a contattare il Consigliere.» «Quale?» «Bavol Cacao Zaltana, il rappresentante del mio clan. È stato il mio più energico sostenitore e, come potete vedere, nella sua firma...» Raccolsi la lettera siriana e indicai il suo nome. «... non è incluso il nome di famiglia, Cacao. Quindi non si tratta di una sottoscrizione ufficiale. Credo sia un messaggio per me. Vuole farmi sapere che può essere avvicinato.» Il Comandante restò con lo sguardo fisso nel vuoto, come riflettendo sulle mie parole. Dopo un po' riportò su di me l'attenzione. «Vuoi che metta a repentaglio la vita del mio capo della sicurezza per aiutarti a ottenere informazioni. Per tutto il tempo io non dovrei fare niente e sperare che i Siriani non attacchino prima che tu scopra che cosa sta succedendo?» «Sì.» Il modo in cui il Comandante aveva descritto la situazione la faceva sembrare tremenda. Tuttavia, non aveva senso indorare la pillola. E l'ultima cosa che volevo era mettere a rischio Valek o chiunque altro. Ma doveva essere fatto. Il Comandante appoggiò il mento sulle mani. «L'informazione non vale il rischio. Potrei aspettare gli sviluppi con il Consiglio e poi decidere come affrontare la cosa.» «Ma...» Nei suoi occhi lampeggiò un avvertimento. «Yelena, perché dovrebbe importarti che cosa accade al Consiglio? Ti hanno voltato le spalle. Non puoi tornare a Sitia. Offriresti il massimo aiuto rimanendo qui con me come mio consulente.»

Un'offerta inattesa. Riflettei. «E i miei compagni?» «Maghi?» Un piccolo cipiglio di disgusto gli aggrottò la fronte. «Due.» «Potrebbero far parte del tuo staff, se vuoi. Ma non potranno usare la loro magia contro alcun Ixiano senza il mio permesso.» «E la mia magia? Imporreste a me le medesime restrizioni?» «Lo sguardo del Comandante non vacillò. «No. Mi fido di te.» Mi raggelai un istante per lo stupore. La sua fiducia era un onore e, considerata la recente reazione da parte del Consiglio sitiano nei miei confronti, la tentazione di diventare suo consulente combatté con i miei sentimenti. Probabilmente sarebbe stato più facile restare e contribuire a sconfiggere Cahil da questo lato della frontiera. «Non rispondere subito. Parla con i tuoi compagni. Dovrei avere presto notizie da Valek. Allora ci rivedremo. Nel frattempo, ti serve qualcosa?» Pensai alle nostre provviste che si assottigliavano. Se partivamo, avremmo avuto bisogno di ulteriori rifornimenti. «Potete cambiare monete sitiane con ixiane?» Mi frugai nello zaino, posando vari oggetti sciolti sul suo scrittoio per togliermeli dai piedi. «Dalle al consulente Watts. Ricordi il mio contabile?» «Sì.» La copertura sul pipistrello di Opale si era sfatta ed era tutto sul fondo del mio zaino. Tolsi l'animaletto di vetro e lo liberai dall'involto. Il Comandante emise un'esclamazione. Il suo sguardo era inchiodato sulla statuetta nella mia mano; le sue dita si protesero come per afferrare il pipistrello. «Posso vedere?» domandò. «Certo.» Con uno scatto, raccolse la statua dalla mia mano. Rigirò il pipistrello, esaminandolo da ogni angolazione possibile. «Chi l'ha fatto?» «Una mia amica, Opale. È un'artista del vetro a Sitia.» «Luccica come se ci fosse fuoco sciolto all'interno. Come ha fatto a ottenere questo effetto?»

Cercando di assimilare le sue parole, feci tanto d'occhi. Lui vedeva il bagliore interno. Impossibile. Solo i maghi potevano vedere la luce. Il Comandante aveva poteri magici.

Capitolo 15 Il pipistrello di vetro brillava per il Comandante. Avevo teorizzato che soltanto i maghi potessero vedere la luminosità interna, ma potevo essermi sbagliata. Forse non avevo sperimentato il pipistrello su un numero sufficiente di persone. Se il Comandante avesse posseduto poteri magici, la sua magia sarebbe già divampata, incontrollabile e deflagrante, uccidendolo. I Maestri Maghi a Sitia l'avrebbero percepita al suo ridestarsi. Irys l'avrebbe intuito quando si era trovata accanto a lui. Scuotendomi dalla mente quei pensieri ridicoli, risposi alle domande del Comandante sulla fabbricazione del vetro. «Ma che cosa lo fa splendere?» Sapevo che se avessi pronunciato la parola magia, lui l'avrebbe lasciato cadere, come se scottasse. Gli dissi invece che la lavorazione interna era un segreto di famiglia. Mi passò il pipistrello di vetro. «Straordinario. La prossima volta che vedi la tua amica, per favore, chiedile di farne uno per me.» Trovai le monete che stavo cercando e rimisi in ordine la borsa. Solo quando mi fui gettata lo zaino sulle spalle mi resi conto di aver dimenticato di rimpacchettare il pipistrello. Il Comandante raccolse le monete, andò alla porta del suo ufficio e l'aprì. Convocato il consulente Watts, gli chiese di cambiare il mio denaro e di mostrarmi l'ala degli ospiti. Congedata, seguii Watts nella sala del trono, tenendo in mano il pipistrello. Il consulente notò l'animaletto quando mi consegnò le monete ixiane. «Arte siriana?» domandò. Annuii. «Non una cattiva riproduzione, ma piuttosto spento. Credevo che i Siriani avessero più immaginazione.» Rimuginai sui commenti del Comandante e del consulente Watts mentre seguivo quest'ultimo attraverso il castello. Ancora incapace di

accettare la capacità del Comandante di vedere la luminescenza, dovetti rinviare ulteriori elucubrazioni quando entrai nell'appartamento degli ospiti. Leif mi tempestò di un milione di domande nel momento in cui varcai la soglia. Gli alloggi degli ospiti erano piuttosto lussuosi per gli standard ixiani. La stanza principale conteneva un comodo sofà e poltrone soffici, come pure un certo numero di scrivanie e tavolini. Un lieve odore di disinfettante profumava l'aria. Quattro camere da letto si diramavano dal soggiorno, due per lato. La luce solare entrava a fiotti attraverso le finestre nella parete di fondo, riscaldando la stanza vuota. Bloccai le domande di Leif con un'occhiata. «Dove sono gli altri?» Indicò la seconda porta sulla destra. «Stanno tutti riposando. Uomo-di-Luna e Marrok sono nella camera più grande accanto a quella di Tauno.» Porte a doppio battente segnavano l'ingresso alla stanza di Uomo-di-Luna. «Qual è la mia?» «Seconda porta a sinistra, vicino a me.» Andai nella mia stanza. Leif mi venne dietro come un cucciolo smarrito. Una semplice disposizione di letto, guardaroba, scrittoio e tavolino da notte, tutti di quercia, arredava il piccolo interno. La biancheria da letto appariva fresca e invitante. Accarezzai la soffice trapunta. L'aria odorava di pino. La mancanza di polvere mi rammentò la governante di Valek, Margg. Mi aveva tormentato l'esistenza quando ero appena diventata Assaggiatrice Ufficiale, rifiutando di pulire la mia stanza e scrivendomi messaggi crudeli nella polvere. Sperai di non imbattermi in lei durante quel viaggio. Leif tornò alla carica con le sue domande, e io lo misi al corrente di quanto era successo nell'ufficio del Comandante, evitando di menzionare la sua capacità di vedere il bagliore del pipistrello. Non ero del tutto convinta che il Comandante possedesse potenziale magico, e certo non avrei cercato di persuadere mio fratello o chiunque altro che i miei sospetti erano fondati. «Nero e rosso effettivamente non sono i miei colori. Quale

Distretto Militare ha il verde? Forse posso aprire là la mia bottega» disse Leif. Il suo scherzo adesso non era tanto divertente. «DM-5 è verde e nero. Un tempo il generale Brazell governava quel distretto, ma adesso è nelle segrete del Comandante.» Mi chiesi chi fosse stato promosso. «Che cosa dobbiamo fare poi?» «Non lo so.» Leif finse di essere scandalizzato. «Ma tu sei il nostro condottiero senza paura. Tu hai pianificato tutto. Giusto?» Mi strinsi nelle spalle, «lo vado a farmi un lungo bagno caldo. Che te ne pare?» «Suona fantastico. Posso venire?» «A patto che tu prometta di non passarci tutto il giorno.» Raccolsi alcuni abiti puliti. «Perché dovrei?» «Pensavi che il materasso di piume fosse un lusso. Aspetta di vedere i bagni del Comandante.» L'acqua caldissima placò i miei dolori. Leif mi raggiunse nel corridoio con un sorriso soddisfatto sulla faccia. «Non avrò alcun problema ad abituarmi alla vita a Ixia. Quelle vasche e il condotto che passa in alto, versando acqua... sorprendente. Ogni città ha un bagno simile?» «No. Solo il castello del Comandante. È un residuato del regime del Re. Il Comandante di solito disprezza la stravaganza, tuttavia questo è rimasto.» Mentre mi rilassavo nell'acqua calda, avevo pensato a lungo alla nostra situazione e all'offerta del Comandante. La tentazione di restare cercava di sopraffare la logica, ma sapevo che dovevamo tornare a Sitia. Il Clan Semedisabbia era già stato distrutto dai Parassiti, e Cahil e il Distorsore di Fuoco erano un problema. Come me la sarei sbrigata con loro continuava a essere un

mistero. Non potendo fidarmi di Uomo-di-Luna, di Tauno o di Marrok, restavamo Valek, Leif e io contro i Daviian, il Distorsore di Fuoco, Cahil e la sua armata. E cosa sarebbe successo se avessi smascherato il coinvolgimento di Cahil con i Parassiti? Il Consiglio si fidava di lui. Avrei avuto bisogno di convincerli del suo inganno. Avrei avuto bisogno di una prova fondata per guadagnare la loro fiducia. Prova che non avevo. In effetti, più pensavo all'intera situazione e meno mi sentivo fiduciosa nella mia capacità di trovare una soluzione. Quando Leif e io tornammo agli alloggi degli ospiti, Uomo-diLuna e Tauno ci aspettavano nel soggiorno. «Come sta Marrok?» domandai. «Meglio.» «Può parlare?» «Non ancora.» «Presto?» «Forse.» Lo fissai. Rispondeva nella tipica maniera da Tessitore di Storie. Resistendo alla tentazione di scrollarlo per avere informazioni, domandai: «Hai appreso qualcosa mentre lavoravi con lui?». «Ho visto pezzi e bocconi. Il senso di tradimento di Marrok mi sta rendendo difficile penetrare in lui. Non si fida di me.» Gli occhi di Uomo-di-Luna incontrarono i miei e potei vedere le parole non dette. «La fiducia deve andare in entrambi i sensi.» «Non è la mancanza di fiducia che mi spinge a mantenere il silenzio. È la mancanza di accettazione da parte tua.» «Hai paura di ciò che potresti scoprire se accettassi il tuo ruolo in tutto questo, non è vero?» mi chiese Leif. Un bussare alla porta mi salvò dalla necessità di rispondere alla domanda di Leif. Una delle cameriere di servizio mi tese un messaggio da parte del Comandante. Eravamo invitati a cenare con lui nella sala tattica.

«Non hai una risposta per me. Hai una risposta per il Comandante? Hai intenzione di rimanere come suo consulente?» chiese Leif quando la domestica uscì. «Attualmente, Leif, non ho alcuna risposta. Non ho idea di quel che sto facendo o di quel che farò.» Andai nella mia stanza e chiusi la porta. La sala tattica era situata in una delle quattro torri del castello. Con le lunghe finestre dai vetri piombati che riflettevano la luce delle lanterne, la camera circolare mi ricordava l'interno di un caleidoscopio. La nostra conversazione seguì argomenti generici mentre mangiavamo pollo alle spezie e zuppa di verdure. Leif divorò il cibo con evidente gusto, mentre io indugiai, assaggiando tutti i piatti con cura. Poche guardie stavano accanto al Comandante. Star incombeva nei pressi, pronta ad assaggiare il cibo del Comandante ogniqualvolta veniva servita una nuova portata. Uomo-di-Luna e Tauno restarono in silenzio durante la cena. Parlammo del nuovo generale di DM-5. Il colonnello Ute dal DM-3 era stato promosso e trasferito. Il Comandante riteneva preferibile che fosse incaricato un ufficiale esterno, in altre parole una persona leale che non fosse stata contaminata dal tentativo del generale Brazell di diventare il nuovo capo di Ixia. Quando il discorso si spostò sulla preoccupazione del generale Kitvivan per l'incombente stagione delle bufere, raccontai al Comandante del Clan Danzatempesta e di come gestissero i fortunali provenienti dal mare. «Dei maghi potrebbero imbrigliare la potenza della burrasca» dissi, «salvando la gente di DM-I dai venti assassini. Poi potreste usare l'energia per le segherie del generale Dinno nel DM-8.» Dinno usava il vento per azionare i suoi magli, e i giorni di bonaccia danneggiavano la produzione. «No. La questione dei maghi e della magia a Ixia non sarà messa in discussione» sentenziò il Comandante. Il suo tono severo un tempo mi aveva intimidito, ma questa volta non accadde. «Volete

che io sia vostro consulente, tuttavia non volete prendere in considerazione la possibilità di usare la magia per il bene del vostro popolo, lo sono un mago. Come posso essere un efficiente consulente per voi?» «Puoi consigliarmi su come contrastare i maghi di Sitia. Non sono interessato a ciò che la magia può fare per Ixia.» Fece un movimento tagliente con la mano. Fine della discussione. lo però non volevo lasciar cadere l'argomento. «Che cosa succede se uno dei vostri generali si ammala o viene ferito e io posso salvargli la vita con la mia magia?» «Non lo fai. Se muore, promuovo un altro colonnello.» Considerai la sua risposta con sentimenti contrastanti. Sapevo che il suo fermo stile di governo era inflessibile. La rigida condotta idonea a un Ixiano delineata nel Codice di Comportamento non lasciava spazio al dibattito. Tuttavia speravo che, una volta che lui avesse visto i benefici della magia per il suo popolo, le sue vedute si sarebbero ammorbidite. Come leggendomi la mente, il Comandante disse: «La magia corrompe. L'ho già visto con i maghi del Re. Iniziano col voler essere d'aiuto e compiere imprese grandiose, ma presto il potere li consuma e bramano di più malgrado il prezzo. Considera ciò che è accaduto al clan di Uomo-di-Luna. Francamente. sono sorpreso che qualcosa del genere non sia successo prima». «Il mio clan si ricostituirà» disse Uomo-di-Luna. «Non ho alcun dubbio.» «E io non ho alcun dubbio che se questi Parassiti di Sitia saranno sconfitti, sarà solo questione di tempo prima che un altro mago desideri spodestare l'attuale governo. Il talento di controllare corpo e mente di un altro è inebriante e provoca dipendenza. Meglio bandire la magia ed eliminare i maghi del tutto.» Mi chiesi se le vedute del Comandante sarebbero cambiate se avesse saputo di poter possedere la tecnica per accedere alla magia. I miei pensieri tornarono al pipistrello di Opale e alla capacità di Ambrose di vedere il bagliore, rimuginando sulle implicazioni. «Meglio uccidere la gente al vecchio modo» commentò Leif con

voce indignata. «State dicendo che rovesciare un governo con veleni, pugnali e spade è motto meglio che usando la magia. Francamente, non vedo alcuna differenza.» «La magia costringe le persone a fare cose che non vogliono fare. Controlla la loro volontà.» Il Comandante si sporse avanti; gli occhi erano accesi da un'intensa passione. Leif si fece piccolo piccolo sotto l'esame del Comandante, ma continuò con le sue obiezioni. «E il vostro Codice di Comportamento non costringe la gente a fare cose che non vuole? Tutti a Ixia vogliono portare uniformi? Vogliono dover ottenere il permesso per sposarsi o trasferirsi in un altro distretto?» «Piccoli inconvenienti per vivere in una regione dove non esistono fame né corruzione. Per sapere esattamente dov'è il tuo posto nella società e che cosa ci si aspetta da te. Per essere ricompensato in base alle tue capacità e ai tuoi sforzi invece di ottenere privilegi per via della nascita o del sesso.» «Ma la ricompensa per avere poteri magici è la morte» obiettò Leif. «Sono certo che le famiglie di quei potenziali maghi non percepiscano la perdita dei propri cari come un inconveniente. Perché invece non mandarli a Sitia?» «Mandarli là cosicché possano essere usati contro di me?» La voce del Comandante rifletteva la sua incredulità. «Sarebbe una ben misera strategia militare.» Leif restò in silenzio. «Nessun governo è perfetto» continuò il Comandante, rilassandosi contro lo schienale della sedia. «La perdita di poche libertà personali è stata accettata dai più a Ixia, specialmente coloro che soffrivano sotto la corruzione del Re. Tuttavia, so che la generazione più giovane si sente inquieta e che dovrò occuparmi di questo risvolto molto presto.» Fissò Leif come contemplando il futuro. «Yelena, vedo che la tua intelligenza è un tratto di famiglia. Spero che entrambi decidiate di restare.» Una linea decisa si formò lungo la mascella di mio fratello. Leif sapeva essere ostinato, e forse l'idea di far cambiare opinione sui maghi al Comandante era come una sfida per lui.

Arrivò un messaggero che porse un rotolo al Comandante. Dopo aver letto il messaggio, Ambrose si alzò. «Vi prego, godetevi il resto della cena. Ho alcune faccende di cui occuparmi.» Uscì, portando con sé le sue guardie e Star. Prima di seguirlo, l'assaggiatrice mi scoccò un'occhiata calcolatrice. Le opinioni del Comandante sulla magia e i maghi mi si ripresentarono alla mente mentre tornavamo agli alloggi degli ospiti. Pur concordando con Leif che gli Ixiani con poteri magici non dovessero essere uccisi, sentivo anche che la magia corrompeva. Perfino Roze, il mago più potente di Sitia, ne era stata colpita. Temere il mio potenziale come Cercatore d'Anime era una cosa, sostenere Cahil era un'altra. Quando arrivammo ai nostri alloggi, trascinai Leif in camera mia. «Che c'è?» domandò. «Voglio contattare Irys. Vedere che cosa sta succedendo alla Cittadella.» «Quel che voglio sapere io, è che cosa sta succedendo a te!» «Che cosa intendi?» «Da quando abbiamo passato il confine sei cambiata, tratti Uomodi-Luna come un traditore e non ti fidi di nessuno. Se deciderai di restare come consulente del Comandante, tu sarai una traditrice verso Sitia. Che cosa è accaduto de! Collegamento Yelena? Il terzo neutrale?» «Per essere un Collegamento, ho bisogno di avere il sostegno di entrambe le parti. Hai intenzione di aiutarmi a contattare Irys o di farmi la predica?» Leif borbottò e mise il broncio, ma acconsentì a condividere la sua energia. Mi sdraiai sul letto e attirai potere, proiettando la mia coscienza a sud verso il Mastio. Scavalcando gli affaccendati pensieri degli abitanti della Cittadella, frugai il campus in cerca di Irys. Non riuscii a trovarla entro la sua torre, ma percepii una debole eco, come se fosse rimasto il profumo della sua anima dopo che lei aveva lasciato la stanza. Bizzarro.

Mi spostai alle altre torri del Mastio, sperando che Irys fosse in visita a un altro Maestro. I pensieri di Zitora erano murati agli intrusi. La torre di Bain dava la medesima strana sensazione di quella di Irys. E poi sbattei contro la fredda barriera della mente di Roze. Balzai indietro e mi ritirai, ma un vento ghiacciato mi risucchiò di nuovo verso di lei. Stavolta la sua barriera era abbassata, e dita fredde si artigliarono attorno alla mia coscienza, tirandomi dentro la sua mente.

Cercavi qualcuno?, chiese Roze. Rifiutai di rispondere.

Lo rendi così facile, Yelena. Roze rise. Sapevo che avresti contattato Irys. Non riuscirai a parlarle, temo. Il Consiglio ha deciso che i Maestri Irys e Bain erano impegnati in azioni proditorie. Attualmente sono nelle celle del Mastio. Come sei riuscita a incastrare due Maestri Maghi. Roze?, domandai, soffocando lo sdegno e il turbamento.

Hanno rifiutato di firmare la lettera al Comandante, e hanno difeso accanitamente te e tuo fratello. Pronunciò la parola fratello con accalorato disprezzo. Hanno dubitato della parola di Cahil. Cahil, che da solo ha aumentato la forza della nostra armata con i Guerrieri Daviian. Quei Guerrieri non sono lì per aiutarvi. Sono lì per usarvi. Non ho intenzione di accettare consigli da te. Roze strinse la presa sulla mia coscienza. Una sempliciotta che sta per perdere la sua mente. Pelò via gli strati della mia coscienza con un coltello fatto di ghiaccio. Il freddo trafisse profondamente il nucleo dei miei pensieri, tentando di svelare ciò che tenevo nascosto.

Pensare di diventare un consulente per il Comandante, che ridere. Dopo che avrò finito con te. non sarai in grado di consigliare a un lattante come succhiarsi il pollice. Impossibilitata a ritirarmi, precipitai nel panico. L'energia di Leif si riversò dentro di me, ma ugualmente non riuscii a liberarmi. Scorticata dalla magia artica di Roze, rimasi impotente.

Valek era a Sitia per assassinare il Consiglio. Uhm... estremamente interessante, commentò Primo Mago. Disperata e sapendo che non avrei potuto spezzare la sua presa, mi protesi più vicino a lei, cercando una parte di lei che potessi controllare. La sua anima. Bussai all'energia spettrale, odorando il suo puzzo putrido, e sentendola fragile come se la sua anima si stesse frantumando in multiple personalità. Roze sobbalzò inorridita e mi espulse dalla sua stretta. Mentre fuggivo, le sue parole mi raggiunsero.

Prova a liberare Irys e Bain. Vieni alla Cittadella. Siamo pronti per accoglierti. Poi Roze innalzò tra noi un muro difensivo, spezzando il legame.

Ritornai nel mio corpo, sentendomi debole ed esausta. Leif mi scrutò, preoccupato. «Che cosa è successo? Ti avevo persa.» «Sono stata catturata da Roze...» I miei pensieri tornarono a quanto aveva detto a proposito di Irys e Bain. «E?» «E mi sono liberata prima che potesse sezionare tutti i miei pensieri.» «Che cosa ha scoperto?» Gli dissi che sapeva dell'offerta del Comandante e del fatto che Valek era a Sitia. Lui aggrottò le folte sopracciglia mentre rifletteva. «Sapere di Valek potrebbe essere una buona cosa. Il Consiglio può prendere misure per proteggersi nel caso lui tornasse.» «Ammesso che Roze li avverta. La loro morte potrebbe essere esattamente quello che lei vuole.» «No. Roze vuole ciò che è meglio per Sitia. È una persona di forte volontà e molti Consiglieri vengono influenzati dalle sue argomentazioni, ma non credo che userebbe l'assassinio o la magia per averla vinta.» Scossi la testa. Dopo l'attacco, sapevo che avrebbe fatto ricorso a

entrambi per ottenere ciò che voleva. «Tu eri il suo apprendista. Normale che tu conservi ancora pensieri caritatevoli nei suoi confronti.» «lo la conosco meglio di te.» La voce di Leif sibilava di rabbia. «Ho lavorato per lei e con lei per nove anni. I suoi metodi possono anche essere brutali, ma il suo zelo è sempre per Sitia. Ha sempre sostenuto il desiderio di Cahil di diventare Re di Ixia. Nella sua mente, le tue capacità di Cercatore d'Anime sono una minaccia per Sitia. E io sto cominciando a essere d'accordo con lei.» Leif uscì come un turbine dalla stanza. Mi domandai che cosa veramente avesse sconvolto Leif. Secondo me, Roze era un'assassina. Non uccideva il corpo, ma distruggeva menti senza alcun rimorso. Per esempio quella di Marrok. Ma in fondo io avevo fatto la stessa cosa con Ferde. Quantomeno, io ammettevo di essere un'omicida. Ero in qualche modo migliore? No. La mia mente passò in rassegna tutte le informazioni venute da Roze. Liberare Irys e Bain diventò una priorità. Mi servivano occhi e orecchie dentro le mura della Cittadella, e un modo per portare messaggi all'interno del Mastio. Il tutto senza farmi vedere e senza rischiare nessun altro. La magia non era più un'opzione. Se avessi proiettato la mia coscienza vicino al Mastio, Roze mi avrebbe catturato di nuovo. I sistemi ordinari restavano dunque la mia unica risorsa. Nella mia mente prese forma un piano, che mi fece ronzare il cuore con le varie possibilità. Se non fossi stata così svuotata di energie, avrei iniziato i preparativi quella stessa notte. Invece stesi una mappa dei passi che dovevo fare per tornare a Sitia. Indugiai all'ingresso del laboratorio di Dilana. La cucitrice del Comandante sedeva in una chiazza di sole del primo mattino, canticchiando tra sé mentre le sue abili dita riparavano un paio di pantaloni. I suoi soffici riccioli scintillavano come miele fresco. Esitai, non volendo disturbarla. Il bisogno di informazioni tuttavia mi spronò a entrare nella stanza. Lei alzò gli occhi sorpresa e il mio cuore si fermò. Mi feci

forza in vista della sua reazione, immaginando che odio e rabbia fossero in cima alla sua lista. «Yelena!» Balzò in piedi. «Ho sentito che eri tornata.» Mi attirò in un caloroso abbraccio, poi mi lasciò andare per esaminarmi. «Sei ancora troppo magra. E cos'è questa roba che hai addosso? La tela è di gran lunga troppo leggera per il clima di Ixia. Lascia che ti dia qualche indumento adatto e qualcosa da mangiare. Ho una fetta fresca di pane alla cannella.» Fece per allontanarsi. «Dilana, aspetta.» L'afferrai per un braccio. «Odio fare colazione e non ho freddo. Siediti. Voglio parlare con te.» La sua bellezza da bambolina non si era offuscata con il tempo o il dolore, ma potei vedere un tocco di tristezza nei suoi occhi, malgrado il sorriso. «È così bello rivederti.» Mi passò una mano lungo il braccio. «Guarda com'è abbronzata la tua pelle! Raccontami che cosa sei stata fare a Sitia oltre a prendere il sole.» Risi alla fantasiosa immagine di me che oziavo al sole, ma tornai seria. Dilana voleva evitare l'argomento, evitare la ragione per cui io pensavo che potesse odiarmi. Ma non potevo andare avanti senza dire niente. «Dilana, mi dispiace per Rand.» Lei liquidò la frase con un gesto della mano. «Non occorre. Quell'enorme stupido si è fatto coinvolgere con Star e i suoi misfatti. Non è colpa tua.» «Ma non era lui il suo obiettivo. Ero io e...» «Lui ti ha salvato. Quello stolido bue è morto da eroe.» Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di traboccare oltre le lunghe ciglia. «È una buona cosa che non fossimo sposati, altrimenti sarei una vedova. Nessuna vuole essere vedova a venticinque anni.» Prese un profondo respiro. «Lascia che ti dia una fetta di pane.» Dilana uscì prima che potessi fermarla. Quando tornò con un piatto, aveva ripreso compostezza. Le domandai gli ultimi pettegolezzi. «Riesci a crederci, che Ari e Janco stanno lavorando con Valek? Sono stati qui il mese scorso a provare le loro nuove uniformi e a

pavoneggiarsi davanti agli specchi.» «Sai dove sono?» domandai. «Una qualche missione con Valek. Ho dovuto confezionare una tuta aderente da missione segreta per ciascuno di loro. Ho usato tutta la mia stoffa nera per coprire i muscoli di Ari. Riesci a immaginare quel grosso bestione andarsene in giro furtivo?» No. Ari non mi dava l'idea del sicario. Aveva più del combattente in singolar tenzone. Stessa cosa con Janco. Non si sarebbe sentito a posto a uccidere qualcuno senza uno scontro leale. Allora perché stavano con Valek? Dilana continuò a chiacchierare. Quando il discorso tornò sulle uniformi, le chiesi di procurarmene una da consulente. «Il Comandante mi ha chiesto di restare e mi sembra di dare nell'occhio con questi abiti sitiani.» Non era una completa bugia, tuttavia una fitta di senso di colpa mi punse nel petto. «Anche se il corallo è un colore stupendo su di te, starai più calda con un'uniforme.» Dilana si affaccendò attorno alle sue pile di abiti. Scelse una camicia e dei pantaloni neri. Porgendomeli, mi spinse dietro la tenda del camerino di prova. «Provali.» Toccai i due diamanti rossi ricamati sul colletto della camicia. L'ultima volta che ero stata lì, avevo cambiato l'abito della prigione con l'uniforme da assaggiatore ufficiale. Quando mi sfilai la camicia, vidi il mio braccialetto a forma di serpente. Giro dopo giro, mi abbracciava il braccio. Soffocai la risata improvvisa che mi gorgogliò in gola. Avevo chiuso un cerchio, ma questa volta mi sarei messa un'uniforme da consulente. Mi stava meglio della vecchia uniforme da assaggiatore, modellandosi sul mio corpo come una seconda pelle. Il Comandante voleva che l'aiutassi, mentre il Consiglio mi voleva morta. Circa un anno prima era stato vero il contrario. Mi sfuggì una risata. «Qualcosa non va?» chiese Dilana. Uscii dal camerino. «I pantaloni sono un po' grandi.» Lei afferrò la banda in vita e fece alcune piegoline nella stoffa, segnandole con il gesso. «Te li sistemerò per l'ora di pranzo.»

Mi cambiai, la ringraziai e uscii per far visita a Kiki e ai cavalli. Le scuderie del Comandante erano situate accanto ai canili. Gli animali condividevano un anello da esercitazione e c'era un pascolo per i cavalli lungo le mura del castello. Kiki sonnecchiava nel suo stallo immacolato. Controllai gli altri cavalli. I loro mantelli luccicavano al sole. Sembravano soddisfatti e ben curati. Mi complimentai con i garzoni di stalla, maschi e femmine, che annuirono e ripresero il lavoro. Il loro contegno mi ricordò degli adulti e mi chiesi se si divertissero mai. Sulla via del ritorno al castello, scorsi Potter, il Mastro dei Canili del Comandante. I suoi cani non portavano mai guinzagli e la loro obbedienza era inquietante. Mi fermai a guardarlo lavorare con una cucciolata. Aveva nascosto delle leccornie nel campo da addestramento e insegnava ai cuccioli a trovarle. Essendo dei piccoli, dimenticavano spesso quello che ci si aspettava che facessero, ma una volta catturata la loro attenzione, Potter toccava loro il naso e diceva: «Va' a cercare». Eccitato dalla sua missione, il cucciolo annusava l'aria e andava difilato a una leccornia. Impressionante. Potter notò che lo osservavo e mi rivolse un conciso cenno del capo. Era stato un buon amico di Rand, e rammentai una conversazione che avevo avuto sul suo conto con il cuoco. Rand non credeva alle voci sul magico legame di Potter con i cani. Dal momento che non c'era alcuna prova, restava fedele alla loro amicizia mentre tutti gli altri evitavano il contatto col Mastro dei Canili. Fintantoché Potter continuava a essere utile e a non attirare attenzione su di sé, il suo impiego per il Comandante era sicuro. Mi interrogai tuttavia sulla magia. Se aveva il potere e sapeva usarlo senza farsi individuare, potevano essercene altri a Ixia che facevano la stessa cosa. Potter aveva lavorato per il Re molti anni prima che il Comandante prendesse il potere, il che gli aveva dato tempo in abbondanza per imparare a usare e a nascondere le proprie capacità. Forse comunicare con i cani era tutto ciò che sapeva fare. C'era un solo modo per scoprirlo. Attirai una stringa di potere e creai una connessione mentale con uno dei cuccioli, una femmina. La

sua energia e il suo entusiasmo balzavano da un odore all'altro. Quando cercai di comunicare con lei, o mi ignorò o non mi udì. Aveva annusato qualcosa di molle e insieme viscido, e si mise a scavare nel terreno in cerca di un lombrico. Quando una voce fatta di calore e di affetto chiamò, lasciò ciò che stava facendo e corse verso Porter. Lui diede a tutti i cuccioli un bastoncino di cuoio greggio da masticare e riempì d'acqua la fila di ciotole. Spostai a lui la mia coscienza, percependo i suoi pensieri di superficie. Erano focalizzati sui compiti della giornata, tuttavia indugiava un certo disagio. Perché lei è qui? Che cosa vuole?

Per aiutare Ixia, risposi nella sua mente. Lui scattò indietro come fosse stato morso alla gamba e mi guardò torvo.

Tu mi senti, non è vero? Le voci sono vere. Venne a grandi passi verso di me. Controllai il cortile vuoto. Benché sapessi difendermi, la sua alta figura muscolosa mi ricordò che, a dispetto dei capelli grigi, Porter restava un avversario formidabile. Si fermò a poche dita da me. «Sei qui per aiutare Ixia?» disse con voce strascicata. Se avesse avuto delle vibrisse sarebbero state sollevate. «Ebbene, puoi essere d'aiuto lasciandoci in pace.» Non si riferiva a sé e ai cani. Colsi una breve immagine di altri Ixiani. «Deve pur esserci qualcosa che posso fare.» «Come hai fatto per Rand? No, grazie. Riusciresti soltanto a farci uccidere.» Si voltò, ma le sue parole "o asservire" mi raggiunsero. Un freddo scroscio di paura mi inzuppò. C'era qualcuno a Ixia che usava i maghi contro la loro volontà? Perché ero sorpresa? Magia e corruzione andavano mano nella mano. Il potere avrebbe corrotto anche me? Avevo usato la magia senza fermarmi a pensare alle conseguenze. Collegarmi con Porter poteva comportare la sua uccisione, e l'avevo fatto solo per soddisfare la mia curiosità. Se ormai ero così abituata ad adoperare la magia, come l'avrei vista nel

futuro? L'avrei bramata come fosse una droga? Cominciavo a pensare che sarebbe stato meglio non usarla del tutto. Prima che potessi tornare al castello, udii il nitrito di Kiki. Mi affrettai alle stalle, ma lei aveva già aperto lo sportello venendomi incontro nel corridoio.

Piede duole, disse. Mi seguì nel cortile da addestramento e piegò la zampa anteriore destra perché ispezionassi lo zoccolo. Un sassolino era incastrato nel fettone.

Quando è successo? Notte. Allora non faceva male. Fuori alla luce del sole, non sembrava così ben curata come avevo creduto. Sbuffò. Signora-di-Lavanda prende cura.

Non preferiresti il garzone di stalla? Troppo rude. Aspetto te. Sei viziata marcia. Lasciai Kiki nel cortile e andai a prendere i miei punteruoli e le mie spazzole. Lei sollevò la zampa e io estrassi il sasso, poi passai la striglia tra i suoi crini color rame. Dopo un po' mi tolsi il mantello. Quando ebbi finito, gomitoli di crini di cavallo erano appiccicati ai miei abiti sudati.

Tu sei bellissima e io ho bisogno di un bagno, le dissi. Pascolo o stallo? Stallo. Ora di nanna. E quel pisolino prima che ti strigliassi!' Pre-nanna. Ah, la vita da cavallo. Mi assicurai che il bugliolo contenesse acqua fresca. Mentre stavo uscendo mi imbattei in Porter. «Sei brava con quel cavallo» disse. Attesi, intuendo che aveva dell'altro da dire.

«Forse puoi aiutarci.» Scrutò l'area. Alcuni ragazzi lavoravano lì vicino. Abbassò la voce. «C'è un incontro stasera a Castletown. Vicolo delle Pesche 43, porta sul retro. Vieni durante la cena. Non far sapere a nessuno dove stai andando.»

Capitolo 16 Rimasta sola, riflettei sul da farsi. Quella sera avevo in progetto di partire per Sitia. Una visita a Porter mi avrebbe fatto ritardare, ma sembrava troppo importante per ignorarla. Tornai verso gli appartamenti degli ospiti, dove mi aspettava un messaggero. Il Comandante voleva che lo incontrassimo nella sala tattica quel pomeriggio. All'interno, Tauno camminava su e giù per il soggiorno come un animale in trappola. «Perché non esci un po'?» gli suggerii. «I soldati fanno dei giri di corsa attorno al castello per esercitarsi. Puoi unirti a loro se vuoi.» Si fermò, sorpreso. «Posso lasciare questa stanza senza essere scortato da qualcuno?» «I consulenti sono una cortesia fornita dal Comandante per aiutarvi a trovare la strada nel castello. Se uscite da soli, susciterete qualche occhiata sospettosa, ma finché rimanete nelle aree comuni nessuno vi infastidirà. Soltanto, assicuratevi di tornare per l'incontro» conclusi, riferendo loro del messaggio. Uomo-di-Luna era seduto sul divano accanto a Marrok, che ci fissava con espressione intenta, come se cercasse di decifrare la nostra conversazione. «Interessante che tu veda i consulenti come una cortesia, mentre Tauno li vede come guardiani» commentò Uomo-di-Luna. Ignorai l'osservazione del Tessitore di Storie e spiegai a Tauno come raggiungere l'esterno del castello. Nonostante le mie rassicurazioni, il Semedisabbia aprì ugualmente la porta come se si aspettasse di venire affiancato. «Marrok non ha ancora detto niente?» domandai a Uomo-diLuna. «No, ma è sempre più presente. Diversamente da te.» Mi accigliai. «Questo cosa dovrebbe significare?» Lui rifiutò di rispondere. L'idea di lasciare i miei compagni a Ixia per poter viaggiare più in fretta diventava sempre più allettante via

via che il tempo passava. Il Comandante li avrebbe tenuti d'occhio e io non avrei dovuto preoccuparmi di venire tradita. Mi guardai intorno. «Dov'è Leif?» «In camera sua» rispose Uomo-di-Luna. A giudicare dalla risposta monosillabica attraverso la porta, giudicai che Leif fosse ancora arrabbiato con me. Gli dissi dell'incontro, poi mi ritirai nella mia stanza. Un gruppo silenzioso mi seguì alla sala tattica del Comandante. Tauno era tornato, in apparenza più tranquillo dopo aver sfogato un po' della sua energia. Il calmo atteggiamento di Uomo-di-Luna era ritornato, e Leif guardava accigliato il mondo intero e me in particolare. Mio fratello sì che sapeva mettere il broncio. Il Comandante aveva una sorpresa ad attenderci. Valek, Ari e Janco sedevano attorno alla tavola rotonda. Le mie emozioni scattarono sulla gioia nel vederli. «Valek mi stava giusto informando sulla situazione a Sitia» disse il Comandante. «Continua.» «Ho trovato una situazione piuttosto... ehm... unica.» Valek si appoggiò allo schienale della sedia e passò in rassegna i miei compagni sporgendo le labbra con fare meditabondo. I lineamenti taglienti del suo viso angoloso si ammorbidivano solo quando sorrideva. «Unica è usare un eufemismo» disse Janco massaggiandosi la cicatrice dove un tempo c'era la metà inferiore del suo orecchio destro. Un chiaro segno di preoccupazione. «Proviamo con allarmante» propose Ari. Il panico cominciò a ribollirmi sotto il cuore. Ari tendeva a controbilanciare le esagerazioni di Janco con fredda logica, e la sua presenza ferma contribuiva a tenerlo sotto controllo. Erano diversi come il sole e la luna: la struttura filiforme di Janco rifletteva il suo rapido ingegno e il suo stile di combattimento veloce come il lampo, mentre la forza di Ari poteva sopravanzare quella della maggior parte degli altri.

«Allarmante potrebbe funzionare» concordò Valek. «Togliere di mezzo il Consiglio non sarebbe sfociato nell'elezione di governanti migliori. In effetti avrebbe infiammato i cittadini a una guerra senza quartiere. E i Siriani hanno alcuni nuovi giocatori che potenzialmente potrebbero far pendere la battaglia a loro favore.» «Giocatori? Prova con gente da brividi. Maghi spaventosi. Demoni malvagi.» Janco rabbrividì. Valek gli scoccò uno sguardo ammonitore. «Ho bisogno di ottenere ulteriori informazioni prima di poter stabilire l'esatta natura della minaccia e determinare il modo migliore per contrastarla.» «Perché sei tornato?» chiese il Comandante. Un'altra occhiata da parte di Valek, questa volta indirizzata a me. «Richiedo altro aiuto. Le cose si stavano facendo un tantino troppo calde perfino per me.» Addio ai miei piani di tornare a Sitia da sola... La stanza piombò nel silenzio mentre il Comandante Ambrose rifletteva. «Che cosa ti serve?» «Qualche uomo in più, Yelena e suo fratello.» Avevo sospettato che Valek volesse me. Dal grugnito scandalizzato di Leif, capii che la sua sorpresa era stata pari alla mia nell'udire: il suo nome. «Yelena non ha ancora accettato di essere un consulente, di conseguenza non posso ordinarle di assisterti» obiettò il Comandante. «Allora dovrò chiederglielo.» Valek ci guardò. «Sì!» esclamai nello stesso momento in cui Leif diceva no. «lo sono un Sitiano. Non posso aiutare Ixia a rovesciare il mio paese» obiettò Leif. «lo non voglio prendere il controllo di Sitia» disse il Comandante. «Semplicemente non voglio che loro ci invadano, e prenderò misure preventive per fermarli.» «Aiutando noi. aiuterai anche il tuo paese» gli assicurò Valek. «Possiamo farlo da soli. Non abbiamo bisogno di te o di Yelena.»

Leif si girò verso di me. «Non avresti mai potuto essere un vero ufficiale di collegamento, sorellina. Da quando siamo arrivati a Ixia, hai rivelato dove sta la tua vera fedeltà.» Offesa, domandai: «È questo che credi?». «Guarda l'evidenza. Al primo segno di guai, corri a Ixia. Avremmo potuto tornare alla Cittadella e spiegare ogni cosa al Consiglio.» Le sue accuse mi trafissero come se avesse maneggiato un coltello. «Il Consiglio a noi non crederà. Ti ho raccontato cos'ha detto Irys.» «E se tu avessi mentito? Sai che non sono in grado di comunicare telepaticamente di mia iniziativa. Tu non ti fidi di noi, e dunque perché noi dovremmo fidarci di te?» Prima il Consiglio si era rivoltato contro di me, e adesso mio fratello. «Credi quello che vuoi, allora. Valek, possiamo fare senza di lui?» «Possiamo.» Il Comandante fissò Valek. «Mi dirai i tuoi piani prima di sparire di nuovo.» «Sì, signore.» «Ottimo. Siete congedati.» Il Comandante si alzò. «E noi?» Leif accennò a Uomo-di-Luna e Tauno. «Possiamo tornare a Sitia?» «Consideratevi ospiti di Ixia finché questo sfortunato incidente non sia risolto» rispose Valek. «E se non desiderassimo più essere ospiti?» chiese Uomo-di-Luna. «Allora sarete i nostri primi prigionieri di guerra e i vostri alloggi non saranno così lussuosi. È una scelta vostra.» Il Comandante se ne andò. Leif mi lanciò un'occhiataccia. Avrei voluto ridere: la sua reazione rispecchiava il primo incontro che avevo avuto con lui dopo quattordici anni di separazione. Un altro cerchio completato. Provai un senso di vertigine. Forse quello era il segno che dovevo rimanere al castello per evitare di sprecare tempo e fatica per andarmene in

giro di nuovo. Valek si rivolse ad Ari e fece un lieve movimento con la mano. Ari annuì e si alzò, i riccioli biondi che ondeggiavano sulle spalle. «Saremo lieti di scortarvi ai vostri alloggi.» Una gamma di emozioni scorse sulle facce dei miei ex compagni mentre seguivano Ari fuori dalla stanza. Leif conteneva a stento la furia, Tauno appariva preoccupato e Uomo-di-Luna sembrava pensoso. Janco si accodò al corteo. Prima di uscire mi lampeggiò un sorriso d'invito. «Cortile delle esercitazioni, quattro in punto.» «Ti servono altre lezioni?» «Ti piacerebbe.» Il mio sorriso svanì non appena la porta si chiuse. Valek era rimasto seduto al capo opposto del tavolo, con viso grave. Mi sentii imbarazzata e incerta. «Va così male?» domandai. «È una situazione in cui non mi sono mai imbattuto prima. Sono preoccupato.» «Per Ixia?» «Per te, amore.» «Per me?» «Mi sono sempre stupito di come tu sappia attirarti attenzione indesiderata e ira da parte di persone potenti. Stavolta, tuttavia, sei riuscita a far arrabbiare una nazione intera. Se io fossi il Comandante, aspetterei la fine dello scontro politico a Sitia e poi ti offrirei ai vincitori in cambio della promessa che Ixia sarà lasciata in pace.» «Ottima cosa che tu non sia il Comandante, allora.» «Già. E sarà meglio che lasciamo Ixia prima che il Comandante arrivi alla medesima conclusione. Che cosa avevi in mente?» Cercai di assumere un'aria innocente, «lo? Sei tu quello che ha sempre pronto un piano d'emergenza.» «E l'uniforme da consulente che ti sei fatta adattare da Dilana?

Non stavi pensando di svignartela a Sitia senza di me vero?» Un altro tradimento. «Te l'ha detto lei?» «C'era un buco nei miei pantaloni preferiti. Quando sono passato a lasciarglieli, lei mi ha chiesto di consegnarti la tua uniforme e mi ha elargito un'occhiata maliziosa. Ho idea che i domestici stessero già scommettendo su quando uno di loro ci avrebbe beccati insieme.» Sospirò. «Se le informazioni frutto di spionaggio si diffondessero nei miei corpi speciali con la stessa efficienza con cui i pettegolezzi si spargono tra la servitù, allora i miei problemi sarebbero minimi.» Con un unico, fluido movimento, Valek si alzò. Camminò verso di me, la morbida falcata aggraziata come quella di una pantera. Un'energia possente si raccoglieva nel suo corpo. Si appoggiò ai braccioli della mia sedia, portando il viso a poche dita dal mio. I capelli neri gli pendevano sulle spalle; la sua espressione era letale. «Te lo chiederò di nuovo. I tuoi piani includono me, vero?» Mi feci piccola piccola dentro la poltroncina. «Yelena?» La sua voce era un ammonimento. «Hai detto che non ti eri mai imbattuto in una situazione simile prima d'ora. È un'incognita. Non voglio rischiare...» «Che cosa?» «Di perderti. Con la tua immunità non posso guarirti!» «Sono disposto a correre il rischio.» «Ma io non sono disposta a permettertelo.» «Spiacente, amore, questa non è una decisione che spetta a te. È la mia vita.» Mugugnai. Gli eventi si erano allontanati sempre di più dal mio controllo. Di nuovo. Mi limitavo a girare in cerchio senza mai guadagnare terreno. «D'accordo, prometto di non andarmene a Sitia senza di te.» Il che non includeva il mio incontro di quella sera con Porter. «Grazie.» Valek mi sfiorò la guancia con le labbra. Un formicolio mi risalì la spina dorsale. «Che mi dici del tuo piano?» Cercai di restare in argomento, ma

persi la motivazione una volta che l'odore di Valek mi avviluppò. «Questo è il mio piano.» Venne più vicino e mi baciò. Un delizioso calore mi si diffuse per tutto il corpo. Il panico che mi serrava la gola si allentò. Misi da parte le preoccupazioni e mi concentrai su Valek, cingendolo con le braccia. Ma la sensazione dei suoi muscoli attraverso la camicia non era abbastanza. La strattonai, bramosa di toccare la sua pelle, di sentirla sulla mia. Lui si staccò, raddrizzandosi. «In sala tattica, amore? E se entra qualcuno?» Mi alzai in piedi e gli sfilai la camicia. «Be', avranno un'ottima storia da raccontare.» «Ottima?» «Dimostrami che ho torto.» I suoi occhi si illuminarono alla sfida. Valek e io finimmo sotto il tavolo rotondo della sala tattica. Mentre facevamo l'amore, mi sentii al sicuro per la prima volta da settimane. Dopo, discutemmo degli eventi di Sitia. «Non potevo quasi muovermi all'interno della Cittadella» raccontò Valek. «L'aria era così densa di magia che mi sembrava di nuotare nello sciroppo.» «Ma non sei stato individuato.» L'immunità di Valek dalla magia era un'arma potente. Senza, non avrei potuto sconfiggere Ferde. «No. Anche se era solo questione di tempo. Con così tanti - come li chiamate? - Distorsori, la mia presenza alla fine avrebbe causato una percepibile zona morta.» Meditai su come le cose alla Cittadella fossero mutate in fretta. Ventidue giorni prima Uomo-di-Luna aveva ipotizzato che i Daviian avessero otto Distorsori, ma dopo che si era reso conto che stavano praticando il rituale Kirakawa sapevamo che il loro numero reale poteva essere molto più alto, a seconda di quante vittime avevano

usato. E da quanto tempo praticavano il rituale. In più, soltanto una vittima con poteri magici poteva creare un Distorsore. Ma se si stavano preparando da un certo tempo per questa offensiva, chi erano le vittime? Non avrebbero usato membri del clan, e i Semedisabbia l'avrebbero notato se fossero scomparsi un paio dei loro Tessitori di Storie. E così gli altri clan. Incapace di trovare una risposta, passai la domanda a Valek. «Probabilmente stanno prendendo di mira i senzatetto. Chi sentirebbe la mancanza di pochi mendicanti in una grande città? Nessuno.» «E la necessità di trovare dei maghi?» «Il primo anno dopo che un mago raggiunge l'adolescenza è un periodo difficile e vulnerabile. Metà delle persone non si rende neanche conto di poter accedere alla fonte del potere, e l'altra metà non ha idea di come usarlo. È possibile che i Distorsori stiano battendo le strade, in cerca di qualcuno in quella precaria situazione.» La tentazione di smettere di usarla diventava più forte via via che imparavo sulla magia e su come gli altri la sfruttavano. Valek e io tracciammo le tappe del nostro ritorno a Sitia e progettammo come contattare Bavol Zaltana. «Lascerò qui Ari e Janco. Non saranno contenti, ma la sicurezza attorno alla Cittadella è troppo stretta e avremo migliori probabilità andando da soli. Due membri dei miei corpi sono già stati sorpresi dentro la città.» Valek si mise a sedere con riluttanza. «Ho alcune faccende da sbrigare. Ci ritroveremo più tardi stasera nel mio alloggio e potremo definire la tabella di marcia. Farò portare là le tue cose.» Avrei dovuto recuperare il mio zaino, ma mi resi conto di non avere nessuna voglia di vedere Leif o gli altri. Mi ricordai di una cosa. «Perché volevi che Leif venisse con noi?» Lui scosse la testa. «Non avresti acconsentito comunque.» «A che cosa?» «A lasciare che Leif si facesse catturare, in modo da poter sfruttare

la tua connessione mentale con lui per scoprire che cosa sta succedendo nel Mastio. Ma adesso che sei furiosa con lui...» «No. Lo ucciderebbero. Non sono così arrabbiata con lui.» Inoltre, se avessi usato la mia magia in un qualunque punto vicino alla Cittadella, tutta la preparazione al mondo non avrebbe potuto aiutarmi. «È pronta a scattare, ma non potrà passare» cantilenò Janco mentre bloccava i miei colpi alle costole. «Devi lavorare sulle tue rime. O è questo il caso, o io sto migliorando.» Feci una finta alla tempia e gli spazzai i piedi di sotto. Prima che potessi aumentare il mio vantaggio, lui rotolò via e riguadagnò la posizione eretta. «Hai esitato» chiacchierare.»

disse

Ari

dalle

retrovie.

«Troppo

presa

a

Rinnovai l'attacco e Janco controbatté con facilità. Combattevamo nel cortile da addestramento dei soldati, che si era riempito dei rumori dell'allenamento da quando Janco e io avevamo avviato quello scontro. Avevamo attirato una certa folla. «Non si può combattere e parlare. Alla faccia dell'essere cordiale.» Janco roteò l'archetto a una velocità tale che l'arma divenne una chiazza confusa. Arretrai e parai la gragnuola di colpi, tenendo il passo con il suo attacco fino a quando non cambiò il ritmo. Mancai una parata. L'aria mi esplose dai polmoni quando Janco mi assestò un colpo al plesso solare. Mi piegai in due, tossendo e ansimando per respirare. «Buffo» commentò Janco, lisciandosi il pizzetto con la mano. «Di solito non sei così facile da battere. Sono riuscito a nascondere i miei pensieri?» Una volta che mi fui ricomposta e raddrizzata, lui mi sorrise dolcemente. L'ultima volta che avevamo combattuto, a Sitia, lui aveva scoperto della mia zona di concentrazione, uno stato semimagico che mi permetteva di accorgermi delle intenzioni del mio avversario durante uno scontro. Questa volta avevo cercato di

combatterlo senza porre la mia mente in quella zona. «No. Sei sempre centrato su te stesso ed esageratamente tronfio» risposi. «Sono parole di sfida.» «Ti serve più tempo per riposare? Adesso che sei nelle alte sfere, probabilmente hai bisogno di spendere ulteriore energia per muovere quella pancia.» Lui per tutta risposta abbatté il suo archetto in direzione delle mie gambe e ci impegnammo in un altro scontro. Persi di nuovo, ma continuai a sfidarlo finché non fummo entrambi madidi di sudore ed esausti. «Il tuo modo di combattere è migliorato via via che proseguivano gli incontri» disse Ari. «Ma non eri al meglio.» Mi guardò come se si aspettasse una spiegazione. lo scrollai le spalle. «Stavo provando qualcosa di diverso.» «Ebbene, non funziona. Meglio tornare al tuo vecchio stile.» «A me piace il suo nuovo stile» cinguettò Janco. «È ottimo per il mio ego.» Ari si accigliò e incrociò sul petto le braccia massicce. «Vita o morte, Ari, e tornerei a usare tutti i miei trucchi. Non preoccuparti.» Lui parve ammorbidirsi, e io non avevo mentito. Quando le cose si fossero messe male, sapevo che sarei ricorsa alla magia. Un altro problema. La magia mi rendeva indolente e quando mi imbattevo in una brutta situazione ricorrevo a essa senza pensarci. Era necessario che migliorassi le mie altre capacità, poiché i miei poteri non mi avrebbero aiutato contro il Distorsore di Fuoco. Cambiai argomento e chiesi ai miei amici del loro nuovo lavoro. Janco mi elargì la storia della battaglia contro Valek. Ogni volta che Ari scuoteva la testa, capivo che Janco aveva esagerato un particolare. «Com'è essere secondi in comando della rete informativa di Ixia?» domandai. «Non mi piace tutto questo andare in giro furtivi» rispose Ari. «A

Ixia succedono un sacco di cose, più di quante pensassi. E c'è così tanto da fare. Valek è il re del delegare.» «Mi sto abituando a usare le mie tecniche per scassinare serrature.» Janco sogghignò, e una luce maliziosa gli danzò negli occhi. «E le informazioni che abbiamo scoperto... Lo sapevi che il generale Dinno ha...» «Janco» lo ammonì Ari. «Il lavoro ci piace. Solo che non è quello che ci aspettavamo.» «Niente lo è» commentai. Mi dolevano le ossa per la stanchezza. Accennai un saluto ai miei amici e mi diressi verso i bagni. Prima di raggiungere Ari e Janco nel cortile da esercitazione, avevo recuperato lo zaino depositandolo nello spogliatoio. Dopo un lungo ammollo, mi asciugai e indossai l'uniforme da consulente in preparazione all'incontro con Porter. Supponevo che avrei attirato meno l'attenzione in uniforme che con i miei abiti siriani. Praticai un foro nella tasca dei pantaloni e mi agganciai il coltello a serramanico alla coscia destra. Non volendo presentarmi armata del mio bastone, ritenni prudente avere a disposizione almeno un coltello, giusto per precauzione. Raccogliendomi i capelli in un'unica lunga treccia, la lasciai pendere tra le scapole. Benché lo stomaco mi gorgogliasse per la fame, Porter mi aveva detto di andare da lui durante la cena. L'orario era sensato, in quanto la maggior parte degli abitanti del castello sarebbe stata impegnata o a servire la cena o a consumarla. E Castletown sarebbe stata relativamente tranquilla. Uscendo mi fermai presso il pascolo, cercando di capire se qualcuno mi seguisse. Pochi domestici si affrettavano da un edificio all'altro, ma nessuno prestò attenzione a me. Il freddo pendeva nell'atmosfera come in attesa di una brezza. Diedi alcune mele da mangiare a Kiki e agli altri cavalli.

Odori?, domandai a Kiki. Grossa neve. Quando?

Metà luna. Tre giorni. Valek e io avremmo dovuto partire prima di quanto previsto.

Kiki viene? Certo, e anche Garnet. Lei sospirò di contentezza quando la grattai dietro le orecchie. Non appena fui certa che nessuno mi stava osservando, mi diressi verso l'ingresso sud e mi unii a un gruppo di residenti che tornavano a casa per cena. Con il mantello di lana ixiano che copriva l'uniforme da consulente, mi mimetizzavo benissimo. Il gruppo si affrettò attraverso il pascolo erboso che circondava le mura. Il Comandante aveva ordinato che tutti gli edifici entro un quarto di miglio dal castello venissero demoliti quando aveva preso il potere. Aveva anche ribattezzato Jewelstown, così chiamata in onore della scomparsa Regina Jewel, con l'assai poco originale nome di Castletown. Una volta raggiunto il limitare della città, il gruppo si sciolse e tutti si diressero alle rispettive case. La simmetria della città, con le sue file diritte di edifici di legno, contrastava con lo stile asimmetrico del complesso del castello, e il sistema logico delle botteghe inframmezzate tra le residenze rendeva più facile orientarsi. Ogni quartiere aveva un nome corrispondente alla mercanzia che vi veniva venduta. Il Vicolo delle Pesche sarebbe stato situato nel Quartiere Giardino. Pochi cittadini si affrettavano per le strade, tutti impegnati in qualche faccenda, lo camminai come se avessi uno scopo, così da non attirare attenzione indesiderata da parte delle guardie che sorvegliavano le strade. I colori degli edifici si smorzavano verso il grigio via via che il sole calava. Le mie percezioni mutarono, e mi sentii come se fossi entrata in un incolore mondo di ombre. Le costruzioni si trasformarono nell'acquosa rappresentazione di una città abitata da fantasmi. Inciampai sul cordolo di un marciapiede e tornai di scatto nel mondo reale. Liquidando lo strano incantamento, razionalmente individuai la fame quale colpevole. Accelerai l'andatura, decisa a

trovare l'indirizzo giusto prima che uscissero i lampionai. Vicolo delle Pesche pareva deserto, e soltanto quando girai nel viottolo retrostante vidi segni di vita. Il riflesso della luce di un fuoco proveniva dal numero 43. Tenendomi nell'ombra, mi accostai alla porta sul retro. Tirai un filo di magia ed esplorai la zona. Dentro la casa individuai Porter in attesa insieme a due ragazze molto giovani. Si innervosirono a essere trovati, ma non percepii alcuna doppiezza. Mi bloccai quando mi sorse dentro la considerazione di quanto dipendessi dai miei poteri. Non solo nel cercare assalitori, ma anche con Kiki. Avrei potuto smettere del tutto di usare la magia? Sarebbe stato molto più duro di quanto pensassi. La porta si aprì subito dopo il mio lieve bussare, come se Porter fosse stato in attesa accanto all'uscio. Mi tirò dentro e lo richiuse dietro di me. «Ti ha visto qualcuno?» chiese. «No.» Mi guardai intorno. Piccolo e ordinato, il salottino aveva un divano, una poltrona e tre cani che richiedevano nervosa attenzione dalle ragazze, che stavano appollaiate sull'orlo del divano con la schiena rigida. Indossavano uniformi da studenti, che consistevano in una semplice tuta fatta di tela rossa. Bianche in viso, spostavano lo sguardo di continuo tra Porter e me. «Hai detto che potevo aiutarvi?» domandai. «Stiamo correndo un grosso rischio fidandoci di te.» Porter raccolse dal pavimento un rotolo di cuoio grezzo mezzo masticato. Serrò tra le mani il balocco da cani mentre mi fissava. «Devi promettere di non raccontare a Valek o a chiunque altro di tutto questo.» «Non posso promettere finché non sento che cos'è tutto questo.» Il cuoio scattò e si spezzò nelle mani di Rand. Poi lui guardò le ragazze e sospirò. Le sue ampie spalle cascarono all'allentarsi della tensione, e Porter accennò alla poltrona vuota. «Accomodati. Ci vorrà un po'.» Non appena mi sedetti, uno dei cani si avvicinò e mi posò la testa

in grembo. Sbirciandomi tra il grigio pelo arruffato, implorò attenzione. Gli accarezzai la testa liscia e lo grattai dietro gli orecchi. La coda del cane picchiettava sul pavimento. L'odore di pelo bagnato e di fumo di legna si mescolavano in un'esalazione densa. Porter si batté il rotolo sulla gamba mentre parlava. «Ho creato una rete di persone in tutta Ixia che mi aiutano a contrabbandare bambini fuori dal paese.» Mi chinai in avanti allarmata, pensando alla cerchia di rapitori di Mogkan e a come avesse portato bambini da Sitia a Ixia per poi abusarne per i propri scopi. «Bambini?» «A me sembrano come bambini.» Porter rivolse alle due ragazzine un sorriso da nonno. «Adolescenti che hanno appena scoperto i propri poteri magici.» Indicò il divano. «Giovani come Liv e Kieran. Da tempo li aiuto a fuggire a Sitia prima che i loro poteri siano palesi ad altri. Ma credo che qualcosa sia andato storto.» «Che cosa?» incalzai quando Porter sembrò perso nei propri pensieri. «Sono stato nel DM-7 il mese scorso. Il Generale Rasmussen ha un bel cane lupo che volevo far razzare con la mia cagna. Mentre ero là, uno dei miei contatti che lavora nelle scuderie del generale mi ha raccontato che l'ultima persona che ho inviato tramite la rete non era mai arrivata. E altri due che aveva mandato lui non ce l'avevano fatta a raggiungere il contatto sul confine. Sono tutti scomparsi.» Lo stomaco mi si arrotolò attorno al cuore. «Pensi che Valek li abbia uccisi?» «Non lo so e non posso arrischiarmi a chiedere in giro. Se la mia rete è stata compromessa, allora non sarò in grado di inviare Liv e Kieran. Alla fine saranno denunciate.» Non l'avrei mai creduto possibile, ma le facce delle ragazze si fecero ancora più bianche. Meditando sulla storia di Porter, dissi: «Raccontami come funziona la tua rete». «Ho quattro contatti da qui al confine. Poche persone sanno dei miei sforzi sotterranei e mandano da me il loro figlio o figlia come apprendista. Il Comandante mi affida la completa gestione del suo canile e nessuno fa troppa attenzione ai miei studenti. Vengono e

vanno, come parte del loro addestramento nella cura degli animali. È rischioso, essendo così vicini a Valek, ma di solito io so dov'è e posso inviare i miei pupilli quando lui è lontano.» Porter si mise a passeggiare. «È troppo rischioso avere una guida con loro, così istruisco le persone su come trovare il primo contatto, e poi lui le manda avanti finché non hanno raggiunto il contatto sul confine, che le porta a Sitia. Se fossero stati colti sul fatto, a quest'ora io sarei stato arrestato.» I suoi movimenti erratici palesavano la frustrazione. «Come posso essere d'aiuto?» Lui si fermò. «Vorrei che tu andassi con Liv, e magari scoprissi che cosa sta succedendo ai miei pupilli. Con quell'uniforme da consulente puoi andare ovunque in Ixia senza permessi.» «No. Troppo pericoloso per Liv. La cosa migliore da fare sarebbe che mi travestissi da studente e andassi da sola attraverso la tua rete.» Le sopracciglia di Porter si inarcarono per la sorpresa. «Faresti questo per noi?» «Sì. Ma disgraziatamente, dovrà aspettare.» La capacità di collegarsi alla fonte del potere cominciava all'inizio della pubertà. Normalmente una persona aveva un anno prima che qualcuno la notasse e la denunciasse, e altri tre o quattro anni per imparare come gestire il proprio potere. Il potere di un mago pivellino, se incontrollato, poteva deflagrare e distorcere la coltre di potere che copre il mondo, causando problemi ai maghi ovunque. E più forte era il mago, più importante era la deflagrazione. Un potere monodirezionale come la capacità di Opale di catturare magia nel vetro fuso tendeva a essere inconscio e non richiedeva un addestramento formale. «Quanto tempo hanno le ragazze?» mi informai. «Un anno al massimo per Liv. Kieran è più giovane, e forse potrebbe durare fino a due anni, ma preferirei che se ne andassero entrambe il prima possibile. Posso nasconderle qui se siamo alla disperazione. Ho avuto alcuni rifugiati che non hanno avuto il tempo di lavorare nel canile» disse Porter. «Dammi un paio di mesi. Sitia non è il posto migliore dove mandare qualcuno, in questo periodo. Una volta che avrò sistemato

un'altra questione, tornerò ad aiutarti. Per ora, posso insegnare alle ragazze come domare i loro poteri a sufficienza perché non si tradiscano.» Il sollievo brillò sui giovani visi di Liv e Kieran. Lavorai con loro per l'ora successiva. Irys sarebbe stata fiera di quanto ricordavo dei suoi insegnamenti. Un dito di paura mi trafisse le viscere al pensiero di Irys. Sperai fosse ancora viva. Dopo la lezione, le ragazze lasciarono insieme la casa di Porter mentre io attendevo che fossero ben lontane prima di andarmene. Il bisogno di iniziare il viaggio di ritorno a Sitia mi occupava la mente, perché ero preoccupata per Irys e Bain rinchiusi nelle celle del Mastio. Con la magia diedi una rapida spazzata all'area fuori dalla porta di Porter. L'attività attorno alle case sembrava ammutolita via via che ciascuno terminava i propri compiti quotidiani. Nessuno era appostato nel vicolo. Con un cenno di saluto, uscii dalla casa di Porter. Mi fermai all'esterno e lasciai che i miei occhi si abituassero all'oscurità. Quando le ombre si fecero meno nere, mi diressi a grandi passi verso il castello. A circa metà strada sentii una presenza dietro di me. Mi girai di scatto, impugnando il coltello a serramanico. Qualcosa mi trafisse nel collo e vidi Star abbassare una sottile cerbottana. Mi strappai il dardo dalla gola. «Come?» «Un così gran mago, sei» commentò Star. «Non ti sei accorta del mio minuscolo talento.» Il mondo roteò e vacillai. Star mi prese, ma non avevo energia per lottare e spingerla via. «Cosa?» Lei mi cullò tra le braccia. «Il succo dormi-dormi di Valek. Rilassati, Yelena. Star si prenderà buona cura di te.» Il mio ultimo pensiero coerente fu che la sua espressione sinistra non si accordava con le sue parole tranquillizzanti.

Capitolo 17 Il mondo si mosse. I miei pensieri si disperdevano e non riuscivo a connettere. Mani calde mi guidavano. Ogni volta che le mani si ritraevano, il terreno si gonfiava e i miei piedi inciampavano. Pensai all'assenza di paura solo per un istante prima che l'aria girasse attorno alla mia testa. Stare sdraiata mi faceva sentire meglio. Percepii del movimento e sentii odore di cavalli. Chiusa in una gabbia per polli, mi chiesi che cosa avrei dovuto fare in teoria. Cose importanti? La mia mente inseguì il pensiero finché la luce del sole non fece brillare le particelle di polvere. Studiai i granelli che fluttuavano sopra di me. I granelli si trasformarono in pugnali. Avrei voluto mandarli via, ma le mani mi restarono incollate alla schiena. Avevo un bavaglio di cuoio incuneato tra i denti. Il problema scomparve con il sole. Il tempo montò e defluì come una marea. La mia cassa si aprì. Si chiuse. Delle facce scrutarono dentro. Delle bocche parlarono. Parole mi risuonarono nelle orecchie. Alcune come mangiare, bere e dormire le intesi. Altre assomigliavano al balbettio di un lattante. Goo-goo. Goo-goo. Una puntura al braccio o al collo o alla schiena, e l'aria si riempì di colori. La mia cuccia ballonzolava su un mare invisibile. Una piccola parte lucida di me bramava l'azione, la libertà. Vinse la maggiore e lasciai che il mondo mi scivolasse accanto, rannicchiandomi soddisfatta nella mia gabbia. La mia gabbia. La mia gabbia. Ridacchiai. Il fuoco mi svegliò. Un dito di fiamma mi punzecchiava. Balzai via, non più dentro la gabbia. I miei pensieri si congelarono in un tutto coerente. L'aria diventò invisibile, rivelando ciò che mi circondava. Mi preparai a un'altra puntura. Quando nessuno arrivò, misi a fuoco ciò che mi circondava. Accanto a me stavano i piedi calzati di stivali di un paio di guardie. Giacevo sul fianco davanti a un fuoco da campo. L'oscurità premeva contro la luce, e avevo le mani legate dietro la schiena.

Colsi i frammenti di una conversazione. Il balbettio da neonato era scomparso, ma per quanto tempo? Costrinsi la mente a riflettere, tuttavia i miei pensieri rimasero sfuggenti. La voce di un uomo. «Non si dovrebbe fare così» diceva. «Lei dovrebbe stare sotto finché non raggiungiamo la nostra destinazione. Soltanto Jal è forte abbastanza da contrastare il suo potere.» Una voce familiare rispose: «Le ho fatto una promessa. Voglio che sappia chi la tiene prigioniera, e che cosa abbiamo in progetto di farle». Si avvicinarono dei passi e io cercai di dare un nome a quella voce. Avevo la sensazione che la mia mente fosse impantanata nel fango di un fiume. «Toglile il bavaglio» disse da dietro di me Voce Familiare. Una delle guardie rimosse la striscia di cuoio. Un misto di dolore e di sollievo fluì nelle mie labbra screpolate. Le leccai, sentendo sapore di sangue. Si svegliarono altre fitte e crampi. Solo la vista di un paio di stivali neri da cavallo coperti di polvere poté distrarmi da quell'assortimento di dolori. Il mio sguardo seguì gli stivaloni fino a un paio di calzoni da cavallerizzo che scomparivano sotto una mantella grigia. Strizzai gli occhi alla luce del fuoco, sperando che la persona di fronte a me fosse un'illusione. Il sorrisetto arrogante mi fece battere più forte il cuore. E quando l'uomo mi sferrò un calcio nelle costole, capii che tutte le speranze di una piacevole riunione erano svanite. Tossii e ansimai mentre il dolore mi saettava per tutto il corpo. «Questo è per avermi bersagliato con il curaro!» Mi diede altri calci. «E questo semplicemente perché posso farlo.» Le sue parole suonavano flebili e distanti, raggiungendomi tra un tentativo e l'altro di respirare. Lui incombeva sopra di me. Quando il dolore acuto scemò riducendosi a un violento pulsare, mi sforzai di mettermi a sedere. Mi guardai attorno. Quattro guardie stavano a pochi passi di distanza e contai tre Parassiti Daviian nelle vicinanze, ma non seppi dire se fossero Distorsori oppure no.

«Cahil» boccheggiai. «Hai ancora... paura. Di me.» Lui rise. Il celeste slavato dei suoi occhi scintillava di divertimento. «Yelena, sei tu quella che dovrebbe essere spaventata.» Si accosciò, in modo che ci trovassimo faccia a faccia. Reggeva un dardo, e una goccia di liquido trasparente pendeva dall'estremità. La paura mi annodò lo stomaco non appena sentii l'odore dolciastro. Curaro. Cercai di non lasciare che l'orrore trapelasse dal mio viso.

«lo ti ho concesso questo breve momento di lucidità. Ascolta con

attenzione. Rammenti che cosa ti dissi l'ultima volta che ci incontrammo?» «Quando volevi scambiarmi con Marrok?» «No. Quando promisi di trovare una persona che potesse sconfiggere te e Valek. Ebbene, ci sono riuscito. In effetti, tu hai già avuto un incontro con il mio campione.» «Ferde?» Feci la finta tonta per prolungare la conversazione, sperando che la mia mente offuscata riuscisse a produrre un piano di fuga. «Fai l'ingenua, ma io ti conosco bene. Il mio campione ti fa sudare di paura e di desiderio. Il Distorsore di Fuoco è stato chiamato a questo mondo con una missione: catturarti. E tu sei impotente contro di lui.» Pura soddisfazione emanava dal viso di Cahil. «lo ti consegnerò a Jal e al Distorsore di Fuoco. Jal eseguirà su di te la cerimonia di legame del rituale Kirakawa, prendendo i tuoi poteri mentre il Distorsore di Fuoco reclama la tua anima.» La mia mente fremeva per il bisogno di fermarlo, tuttavia non produsse nulla di intelligente. Non riuscivo neppure a collegarmi con la fonte del potere. «E tu che cosa otterrai, Cahil?» «Potrò assistere alla tua morte e vedrò soffrire il tuo amichetto del cuore prima che incontri la tua stessa fine.» «Ma Jal guadagnerà potere. Credi davvero che ti lascerà governare? E che ne dici del Distorsore di Fuoco? Pensi che si accontenterà di tornare indietro dopo che il suo compito sarà terminato?» «Lui è venuto chiedendo te. Una volta che ti avrà, tornerà

indietro. Poi Jal dominerà Sitia, e io dominerò Ixia.» Vidi una debole traccia di incertezza negli occhi di Cahil. La mia mente si liberò degli effetti del succo goo-goo, e feci un collegamento. «Prima hai detto di averlo chiamato tu. Adesso dici che è venuto lui. Com'è andata in realtà?» «Non ha importanza.» «Sì che ne ha. Se l'hai chiamato tu, hai controllo su di lui.» Cahil si strinse nelle spalle. «Se la vedrà Jal con lui. Purché io abbia Ixia, non mi importa.» «Dovrebbe, invece. La brama di potere crea dipendenza. Chiedi ai tuoi amici Daviian di raccontarti la storia del Clan Semedisabbia e delle Montagne Daviian. Allora ti renderai conto che Jal non si accontenterà semplicemente di governare Sitia. Quando non gli sarai più di alcuna utilità, scomparirai anche tu.» «Stai solo cercando di imbrogliarmi. Non sono così stupido da darti ascolto.» Cercò di conficcarmi il dardo in gola, lo mi lasciai cadere all'indietro e attirai potere mentre lui mi inchiodava con il proprio peso. Senza il tempo per pensare, concentrai la magia sul mio collo mentre lui mi spingeva il dardo nella pelle. Chiudendo gli occhi, trattai l'area come avrei fatto con una ferita. Con l'occhio della mente, vedevo il curaro come una rossa luce pulsante che mi si diffondeva per la gola. Usai il potere per risospingere il liquido indietro attraverso il minuscolo foro nella pelle. Mi gocciolò giù per il collo. Il mio sguardo incontrò quello di Cahil quando aprii gli occhi. Mi fissava con un miscuglio di trionfo e di odio. Sperando non avesse visto la droga colare fuori, dissi: «Fa' ben attenzione, Cahil. Vedrai la verità». Dopodiché mi comportai come se fossi stata paralizzata, socchiudendo gli occhi e lasciando andare inerte il mio corpo. Lui grugnì e si alzò. «Ho visto la verità. È per questo che ti voglio morta.» I Parassiti lo raggiunsero accanto al fuoco, e io li osservai con la

coda dell'occhio. «Ho avvertito una corrente magica. Breve. Lei ha usato il suo potere su di te?» domandò a Cahil uno dei Parassiti. «No. L'ho presa in tempo.» Discussero dei loro piani e decisero di partire al mattino. Quando gli altri si mossero per allestire il campo, Cahil disse: «Dovrei ucciderla adesso». Risposte allarmate gli suggerirono che sarebbe stato imprudente. Per la prima volta in vita mia, fui d'accordo con i Parassiti. «Jal ha bisogno di lei e non vorremmo far infuriare il Distorsore di Fuoco» osservò un altro. «Perché a me dovrebbe importare di far infuriare il Distorsore di Fuoco?» chiese Cahil. «Sono io al comando. Lui dovrebbe rispondere a me. Dovrebbe preoccuparsi lui di non far infuriare me, specialmente dopo il fiasco nella giungla.» I suoi compagni cercarono di placarlo. «Rimettetela nella cassa» disse infine Cahil. «Affrancatela bene, giusto in caso incontrassimo problemi.» Due dei Parassiti mi sollevarono. Mi concentrai sul restare un peso morto. Avevo le mani legate e non potevo usare la magia senza metterli in allarme. Sapevo che uno dei tre era un Distorsore, ma non ero sicura sugli altri due. A quel punto avevo bisogno di ulteriori informazioni. Decisi di attendere una migliore occasione, sperando che si presentasse. I Parassiti si arrampicarono su un carretto, mi lasciarono cadere dentro un cassone e chiusero il coperchio. Nell'oscurità il rumore dei chiavistelli di metallo che venivano chiusi mi irritò la pelle. Inghiottii un grido d'angoscia quando risuonò lo scatto delle tre serrature. La gabbia a forma di bara parve premermi addosso, e trassi un paio di respiri per calmarmi. Il mio sguardo trovò le strette fessure tra le tavole, che permettevano all’aria di entrare. E alla luce. Il debole dardeggiare della luce del fuoco filtrava attraverso le fessure. Mi girai in una posizione più comoda. La mia mente galoppava sulle limitate opzioni a mia disposizione. La magia restava l'unica

arma che avevo. Ebbi la tentazione di proiettare la mia coscienza ed esaminare ciò che mi circondava, ma sapevo che se avessero scoperto che non ero drogata ogni possibilità di fuga sarebbe svanita. Il Distorsore avrebbe percepito il mio potere mentre dormiva? Potevo sprofondare Cahil e i Parassiti in un profondo sonno? Sarei stata pur sempre chiusa a chiave in una cassa, tuttavia avrei potuto chiamare qualcuno che mi facesse uscire. Chi? Solo un collega mago avrebbe potuto udire il mio appello mentale, e non avevo idea di dove fossi. Se fossi stata abbastanza fortunata da trovare un cittadino del posto, forse sarei riuscita a scoprire la mia posizione. Impossibilitata a progettare un corso d'azione, ripensai alla mia capacità di espellere la droga dal corpo. Se lo avessi immaginato, non mi sarei trovata in quella situazione. I miei problemi con curaro, pozione soporifera e succo goo-goo erano risolti. Tuttavia era dura festeggiare mentre ero rinchiusa in una cassa. Fin da quando ero arrivata a Sitia, tutto ciò che desideravo era imparare il più possibile sulla magia, scoprire l'estensione dei miei poteri e riprendere i legami con la mia famiglia. Ma gli eventi cospiravano contro di me e avevo avuto a malapena il tempo di tirare il fiato. Espellere il curaro dal mio corpo era un nuovo risvolto. I miei poteri influivano solo sulle cose viventi, e dal momento che la mia magia non poteva muovere la droga, doveva aver costretto i muscoli del mio corpo a farlo. Disperazione e puro istinto mi avevano condotto a quel punto. Sperai mi avrebbero portata in salvo, e per quanto mi dispiacesse, usare la magia era inevitabile. Se ero abbastanza fortunata da sopravvivere a tutto questo, avrei abbandonato la carriera di Cercatore d'Anime e avrei attinto ai miei poteri soltanto per comunicare con Kiki. Mi chiesi se lei sapesse che ero stata catturata. Valek ne era al corrente? E qual era il ruolo di Star in tutto ciò? Troppe domande senza risposta mi turbinavano nella mente. Alla fine, i miei pensieri rimbalzarono indietro, alla necessità di fare qualcosa presto, perché intuivo che essere consegnata al Distorsore di Fuoco sarebbe stata la fine.

«Mettiamoci in moto. Se spingiamo, possiamo raggiungere il confine Avibiano per il calar del sole.» La voce di Cahil mi svegliò da un leggero sonnecchiare. Trascorsero alcuni secondi prima che ricordassi la mia brutta situazione e che le sue parole penetrassero nella mia mente disorientata. Quando mi resi conto di ciò che significavano, rabbrividii. Eravamo a Sitia. Dovevo essere stata sotto l'effetto del succo goo-goo per giorni. Dov'era Valek? E pensare che avevo promesso di non tornare a Sitia senza di lui! «Non dovremmo controllare la prigioniera?» chiese una voce con accento ixiano. «No. È sotto curaro, adesso. Non può fare niente oltre a respirare finché la pozione è in circolo» rispose Cahil. «Finisci di nutrire le ragazze. Lasceremo che svanisca l'effetto del succo prima di prepararle per il rituale.» Le ragazze? Sbirciai attraverso una delle fessure della gabbia. Un'altra cassa giaceva accanto alla mia. Lo stomaco mi si fece ghiaccio. Quante erano, e come potevo aiutarle? Soffocai una risata vacua. Eccomi lì a cercare di salvare altri mentre ero chiusa in una specie di bara. Due coperchi sbatterono, poi la cassa sobbalzò. Il suono di cavalli al trotto si aggiunse al cigolio del carro. Eravamo in marcia. Passai attraverso una gamma di emozioni mentre il giorno passava. A volte terrorizzata, a volte speranzosa e a volte annoiata, compilai perfino un elenco di lagnanze. Sete, fame, costole doloranti, mani intorpidite, muscoli indolenziti e un crampo bruciante tra le scapole. Poiché il rumore del viaggio mascherava i rumori, tentai di alleviare un po' delle mie sofferenze muovendomi. Mi strizzai e mi contorsi finché non riuscii a far passare corpo e gambe attraverso le braccia. I vantaggi del mantenersi agili e di essere minuta divennero evidenti quando riuscii a portare le mani legate sul davanti del corpo. Per poco non gemetti a voce alta quando un freddo sollievo mi si diffuse per la schiena. Avere le mani davanti mi permetteva di esplorare la gabbia. Mi

toccai la coscia destra, in cerca del coltello a serramanico. Non ebbi fortuna. Perfino il fodero era stato rimosso. Fissai i nodi sui legacci di cuoio che mi fasciavano le mani e li tirai con i denti. Ne slacciai alcuni prima che il carro si fermasse, ma decisi di continuare a lavorare, rischiando di essere scoperta. «Ci accamperemo qui» annunciò Cahil. «Quando avete finito di piantare le tende, portate fuori le ragazze. Dovrebbero essere lucide a quest'ora, e potrete prepararle per il Kirakawa di domani.» «E la Cercatrice d'Anime?» chiese uno dei Parassiti. «Drakke le darà un'altra dose stasera. Troppo curaro potrebbe fermarle il cuore» rispose Cahil. Ascoltai i rumori degli uomini nel campo mentre continuavo ad addentare e tirare i lacci di cuoio. L'aroma di carne che arrostiva si infiltrò nella gabbia. Il mio stomaco gorgogliò con rumore allarmante. Dopo un po', due casse vennero aperte e due voci spaventate posero domande. Dal breve lampo di una tuta rossa attraverso le fessure della mia gabbia indovinai che le ragazze erano studentesse di Ixia. Liv e Kieran. Il mio cuore si colmò di tristezza per loro. Di nuovo mi chiesi come fossero riusciti i Parassiti e Cahil a contrabbandarci tutte fuori da Ixia. Forse i Parassiti si erano finti mercanti che portavano un carro di merci oltre confine. Colsi squarci del campo. Era stata eretta una tenda e contai quattro guardie e tre Parassiti. Alcune delle guardie le riconobbi come uomini di Cahil, mentre due non mi parvero familiari. Tutti erano armati di spade o scimitarre. Cercai qualche segno del mio zaino. La visuale era limitata, tuttavia supposi che ce l'avesse Cahil. La luce del giorno impallidì, e io rinnovai i miei sforzi sulle strisce di cuoio che mi stringevano i polsi. Ogni acuto strillo da parte di una delle ragazze mi incitava a proseguire. Ignorai il dolore, l'odore della paura e il gusto metallico del sangue mentre aggredivo i nodi. Cahil aveva detto che l'indomani era in programma un rituale. Quella notte, dunque, sarebbe stata la mia unica occasione per fuggire. L'ultimo nodo si rivelò impossibile da sciogliere, ma la saliva aveva ammorbidito il cuoio a sufficienza perché cedesse un po'

quando mi muovevo. Tirai fuori la mano attraverso l'ultimo cappio, strappandomi via uno strato di pelle. Ansimando di sollievo, mi rilassai e attesi che aprissero la cassa. Il mio piano era semplice, con pari probabilità di successo o di fallimento. Il tempo scorreva lentissimo. Quando finalmente risuonarono il cigolare e lo scatto della serratura, intrecciai le mani dietro la schiena e mi immobilizzai. Il mite bagliore giallastro del fuoco si rifletteva sul Parassita che apri la mia stia. Sollevò il coperchio con una mano e allungò l'altra verso di me. Teneva un minuscolo dardo tra il pollice e l'indice. Mi mossi. Afferrandogli la mano con entrambe le mie, lo strattonai verso di me, sbilanciandolo. Lui grugnì di sorpresa, precipitando in avanti. Gli rigirai all' indietro la mano e lo infilzai con il dardo. Poi, lasciandogli andare la mano, gli coprii la bocca per soffocare il suo guaito. Pochi secondi più tardi il curaro gli paralizzò i muscoli. Il coperchio si era posato sulla sua schiena e il suo corpo appoggiava sul mio torace. Sapendo di avere probabilmente pochi secondi prima che qualcuno ci scoprisse, tirai il resto dell'uomo dentro la cassa. Una manovra goffa, difficile da eseguire mentre cercavo di impedire al coperchio di richiudersi di colpo. Non appena il Parassita mi raggiunse, torcendomi sgusciai da sotto il suo peso e sollevai il coperchio per sbirciare fuori. Le guardie erano sedute presso il fuoco, ma degli altri due Parassiti non c'era traccia. Le due ragazze erano state spogliate e lasciate legate a terra poco lontano. Tagli sanguinanti rigavano loro braccia e gambe. Non c'era niente che potessi fare per loro, al momento. Un problema alla volta. Scivolai all'estremità della cassa e considerai le alternative: cercare di sgattaiolare furtiva all'esterno e sgusciare via nella notte o semplicemente spalancare il coperchio e mettermi a correre? Ciò che effettivamente mi serviva era un diversivo, ma implicava l'uso della magia. Ora che si fossero accorti che la magia proveniva da me, io sarei stata lontana. Speravo. Un guizzo nero al di sopra del fuoco da campo mi diede un'idea.

Attirando una stringa di potere sottile come un filo di ragnatela, proiettai la mia mente verso il pipistrello. Volava attraverso l'aria caldissima e piena di insetti che si levava dalle fiamme. Mi collegai alla coscienza collettiva dei suoi compagni pipistrelli e inviai a tutti loro un'immagine. L'immagine di insetti che coprivano gli uomini là sotto. Grossa roba succosa e zampettante. Facile preda per una massa di pipistrelli affamati. Forme nere si abbatterono dal cielo. Le guardie gridarono agitando freneticamente le braccia. Cahil e il Distorsore uscirono dalla tenda per indagare. Il Distorsore gridò qualcosa a proposito di magia, ma le sue parole si interruppero non appena i pipistrelli lo attaccarono. Spalancai il coperchio e balzai fuori. Dopo una rapida occhiata per assicurarmi che nessuno mi avesse notato, saltai fuori dal carro e schizzai verso il buio, tenendo il carro tra me e il fuoco dell'accampamento. Mi imbattei nel terzo Parassita, che era stato ad accudire i cavalli. Preparato al mio avvicinamento, aveva estratto la scimitarra e quando agitò l'arma la sua magia attraversò le mie difese mentali, immobilizzandomi. Un altro Distorsore. Imprecai mentre quello chiamava i compagni. Poi mi resi conto che non aveva il controllo della mia mente e che potevo chiedere aiuto ai cavalli. Stanchi, doloranti e agitati dall'odore di sangue, loro accolsero bene il mio contatto. Uomini cattivi vogliono farmi male, dissi nelle loro menti.

Scalcio? Per favore. Quel cavallo si impennò. Con un rapido movimento indistinto, il Distorsore volò lontano. Atterrando batté la testa e perse conoscenza, lasciando la presa magica su di me.

Grazie. Presi a correre. Scalcio altri? A giudicare dal rumore, i miei inseguitori si stavano avvicinando. I pipistrelli avevano smesso di vedere gli insetti quando avevo

trasferito i miei sforzi ai cavalli.

Se puoi, risposi, aumentando la velocità. Grida di sorpresa mi

raggiunsero le orecchie. Mi guardai alle spalle. Quattro figure mi inseguivano ancora. Il terreno era piatto e privo di tratti distintivi, in quanto parte delle Pianure Avibiane, ma un rigonfiamento nero in lontananza appariva promettente. Forse era un ciuffo d'alberi. Gli uomini guadagnavano terreno su di me. Le mie speranze di raggiungere un riparo impallidivano a ogni passo. Attirai potere e progettai di confondere le menti dei miei inseguitori, scommettendo la vita sulla mera congettura di possedere la capacità di proiettare immagini disorientanti in quattro menti in rapida successione. Una figura in groppa a un cavallo si avvicinò da sinistra, puntando su di me. Colsi uno scintillio di luce lunare su una spada. La mia scelta oscillò tra disorientare gli uomini e fermare il cavallo. Le possibilità di successo passarono da dubbie a nulle quando una puntura fredda mi trapassò la schiena. Mi tuffai a terra, rotolando, e rivolsi il potere che avevo attinto per confondere i miei inseguitori alla zona della mia schiena che si stava intorpidendo. Visualizzai mentalmente il curaro che si diffondeva attraverso i miei muscoli, cercando la circolazione sanguigna. Lo spazzai via, usando la mia magia come una scopa e guidando la sostanza verso il forellino. Una chiazza bagnata si allargò sulla mia camicia. Lo sforzo mi lasciò debole, e soppesai i vantaggi di fingere di essere paralizzata. Il terreno vibrava del martellare di zoccoli. L'animale tagliò tra le guardie e me. Un inatteso suono di acciaio che colpiva acciaio risuonò nella fredda aria notturna. Mi accucciai. Il cavallo fece una rapida giravolta e tornò indietro. Fu un colpo quando lo riconobbi. Conoscevo quell'andatura. Balzai in piedi. «Yelena!» Valek mi lanciò il mio bastone. Lo afferrai a mezz'aria. Kiki roteò e Valek le scivolò giù dalla groppa. Seguì un rapido cozzare di lame mentre Valek impegnava

quattro uomini in un combattimento all'arma bianca. Mi precipitai a unirmi a lui prima che Cahil e i Parassiti rimanenti ci raggiungessero. Quattro contro uno. Le probabilità di successo erano ancora a favore di Valek, valutai. Sarebbe stato sopraffatto contro sei. Con un occasionale calcio da parte di Kiki, Valek e io combattemmo fianco a fianco, mentre Cahil e il Distorsore si tenevano in disparte. Rafforzai le mie difese mentali, intuendo che il Distorsore avrebbe tentato un attacco magico. Non appena Valek ebbe tagliato in due il braccio di una guardia, incalzammo per aumentare il nostro vantaggio. Mentre l'uomo cadeva a terra guaendo di dolore, Cahil ordinò agli altri di disimpegnarsi. Arretrarono. Valek mi scoccò un'occhiata interrogativa. «Le ragazze sono ancora al campo» dissi. Lui annuì, e incalzammo gli uomini in ritirata. Il Distorsore alzò di scatto le braccia e urlò: «Infiamma!». Il potere mi premette sulla pelle. Con una folata d'aria calda, la guardia a terra eruppe in fiamme. Valek e io balzammo via mentre l'uomo urlava e si contorceva, consumato dall'intenso calore. Acri sbuffi di carne carbonizzata ci raggiunsero, e io mi coprii il naso. «Vieni! Trova la tua anima gemella!» La voce del Distorsore penetrò attraverso il fuoco rombante. La forma di un uomo si condensò nelle fiamme pulsanti. «Che cosa sta succedendo?» chiese Valek. «Andiamocene.» Mi arrampicai affannosamente in groppa a Kiki; Valek salì dietro di me e Kiki partì. «E le ragazze?» Il senso di colpa mi trafisse il cuore. «Più tardi.» Lasciai decidere a Kiki la nostra direzione. Alla fine arrivammo a una piccola fattoria circondata da nitide aiuole di fiori. Kiki si fermò alla stalla e Valek scivolò giù.

Dove siamo?, chiesi a Kiki. Casa di Spettro. Buon fieno. Ragazzo gentile.

Adocchiai la struttura in legno con improvvisa diffidenza. Qui ci

sono spettri?

Kiki sbuffò e spinse Valek con il muso. Lui spettro. Uomo-di-Luna mi aveva spiegato che Valek. essendo refrattario alla magia, appariva alle creature magiche simile a un fantasma. Lo guardai. «Residenza estiva? Non è un tantino rischioso?» Lui sorrise. «Rifugio sicuro per i miei emissari. Una base operativa.» «Molto conveniente.» La scuderia era vuota. Valek mi aiutò a togliere la sella a Kiki e a strigliarla, rinviando l'inevitabile conversazione. lo ero esausta, ma avevo bisogno di sapere che cosa aveva fatto mentre io mi trovavo nella cassa. «Come mi hai trovata? Il tuo tempismo è stato impeccabile, come sempre.» Valek mi attirò tra le sue braccia. Mi fusi con lui, cercando calore e conforto. Il mio corpo tremava per una reazione tardiva. L'orrore del Distorsore che dava fuoco al suo stesso uomo mi si ripeté nella mente. «Prego, amore, non c'è di che. Mi sarei introdotto nel campo e ti avrei liberata stanotte, se tu non avessi avuto altri piani. Avresti dovuto essere più preparata, ma quando ho visto lui punzecchiarti, la notte scorsa, ho pensato che non ne potessi più.» Mi spinse via. «Andiamo dentro. Ho bisogno di bere.» L'interno della fattoria mancava del calore casalingo dell'esterno. Era spartano e pratico: evidentemente gli emissari di Valek non ricevevano ospiti lì. Valek accese alcune lanterne, ma mi rifiutai di lasciargli accendere un fuoco. Ci accoccolammo insieme sul divano, sorseggiando brandy. «Il brandy bianco del Generale Kitvivan?» domandai. «Te ne sei ricordata!» Valek pareva sorpreso. «Ci sono sapori e odori che richiamano certi ricordi. Questo a me ricorda la riunione del brandy del Comandante.» «Ah, sì. E dopo aver dovuto assaggiare tutti quei liquori per il

Comandante, da ubriaca hai cercato di sedurmi.» «E tu mi hai respinto.» Non riuscivo a identificare un momento preciso o un evento specifico dopo il quale i sentimenti di Valek per me fossero mutati. Mi aveva sconvolto con la sua dichiarazione d'amore nella segreta di Brazell. «Avrei voluto accettare. Ma non sapevo se il tuo desiderio venisse dal cuore o dal brandy. Avresti potuto rimpiangerlo, in seguito.» L'immagine di Valek che indossava l'uniforme di gala ricreò il desiderio di sedurlo di nuovo, ma avevamo molto da discutere. «Basta chiacchiere. Raccontami tutto» ordinai. Lui sospirò. «Non ti piacerà.» «Paragonato a quello che ho appena passato in questi ultimi... quanti? Tre giorni? Non lo so nemmeno. Non può essere così brutto.» «Sapevo che stavi nuotando in acque molto pericolose» disse lui, «ma non immaginavo che arrivassero così in profondità.» «Valek, vieni al punto.» Lui temporeggiò. La paura mi sfiorò il cuore. Doveva essere successo qualcosa di orribile: non l'avevo mai visto esitare prima. Si alzò e cominciò a misurare la stanza. I suoi movimenti fluidi non producevano alcun rumore. «Cinque giorni fa sei stata rapita...» «Cinque giorni!» Potevano essere accadute così tante cose in quel lasso di tempo. I miei pensieri andarono a Irys e Bain. Potevano essere morti. Valek alzò una mano per bloccare le mie domande. «Prima lasciami finire. Sei stata rapita da Star, e la ragione per cui è riuscita a portarti così lontano a sud è perché... io gliel'ho permesso.» Fece una pausa per lasciar penetrare le sue parole. Lo fissai sbalordita. «Mi hai usata?» «Sì e no.» «Spiegati meglio.» «Sapevo che Star avrebbe voluto vendicarsi di te. Si è tenuta in

contatto con la rete sotterranea, e io gliel'ho permesso perché avrei potuto venire a sapere chi fossero i nuovi attori. Con il Codice di Comportamento, ci sarà sempre un mercato nero di merci illegali e documenti falsi, e mi piace tenere la situazione sotto controllo per essere sicuro che le cose non vadano troppo oltre, come quando Star assoldò degli assassini per rovinare il trattato commerciale con Sitia. E quando...» «Vieni al punto.» «Star sapeva che saresti stata al rifugio di Porter...» «Porter mi ha incastrata?» «Non penso. Hai intenzione di lasciarmi raccontare oppure no?» mi rimproverò, puntandosi le mani sui fianchi con irritazione. Gli accennai di andare avanti. «So delle operazioni di salvataggio di Porter da un paio d'anni e ho lasciato che proseguissero. Tuttavia, di recente i suoi pupilli hanno cominciato a sparire e io mi sono chiesto perché. Ma non era questo il motivo per cui sorvegliavo la casa. Avevo seguito fin lì Star e tre dei suoi uomini, ed ero sconvolto nel vedere che ti dirigevi ciecamente dentro la sua trappola. Non l'hai neppure vista?» «Ha usato un tipo sottile di magia.» «lo non l'ho percepita, eppure ho lavorato con lei per parecchio tempo.» Ripensai alla sera in cui ero stata catturata. L'unico evento insolito era stato quando la mia percezione si era alterata per un momento prima di tornare alla normalità. Forse Star aveva influenzato in qualche modo la mia vista. «Non avevi individuato neppure la mia magia. Eppure era divampata fuori controllo un paio di volte all'interno del castello» replicai. «Lo terrò a mente» disse Valek in un tono di ghiaccio. «Le motivazioni di Star per tenderti un'imboscata le capivo. La sorpresa è arrivata quando lei e i suoi amici hanno preso di mira anche le ragazze. Avevo bisogno di sapere dove vi stessero portando.» Rimuginai sulla sua spiegazione. «Avresti potuto aiutarmi quella notte, e invece hai deciso di aspettare?»

«Un rischio calcolato. Volevo scoprire l'estensione dei suoi traffici e perché avesse rapito le ragazzine. Non avevo idea che saresti finita oltre confine e nelle mani di Voglio-Essere-Re.» Valek si inginocchiò davanti a me, e mi avrebbe preso le mani tra le sue se io non avessi tenuto le braccia conserte. La rabbia ribolliva profonda dentro di me. Avevo perso cinque giorni. Cinque giorni durante i quali il Distorsore di Fuoco era diventato più forte. «Nulla di tutto ciò sarebbe accaduto, se mi avessi raccontato del tuo incontro con Porter» ribatté. «Un rischio calcolato, eh? Ebbene, che ti piaccia no, io sono un mago, e se c'è un modo per aiutare i miei colleghi ho intenzione di provarci. Non potevo certo spifferare tutto all'uccisore di maghi del Comandante.» Ancora una volta, un piccolo colpevole pensiero sul fatto che uccidere maghi era preferibile all'usarli per accrescere il potere del Distorsore di Fuoco mi pulsò nella mente. Valek ricadde indietro sui talloni. La sua espressione si indurì. «Uccisore di maghi? È così che pensi a me?» «Questo è uno dei tuoi compiti per il Comandante. So come operi. Ti piace pedinare la tua preda prima di piombarle addosso. Permettere alla rete di Porter di continuare fa parte del tuo modus operandi.» La sua espressione si fece piatta e priva di emozioni; la rabbia aveva dominato la mia lingua. Cambiai argomento. «Come ha fatto Star a portarci a Sitia?» Come se stesse facendo rapporto al Comandante, Valek disse: «Vi ha messo nelle casse, poi ha impilato casse di merci sopra, e si sono travestiti da mercanti. Avevano i documenti idonei. Le guardie di confine hanno dato una controllata fuggevole e siete passati.» Fece una pausa mentre un'estrema irritazione gli lampeggiava negli occhi. «Le guardie di confine saranno punite e riaddestrate.» Valek si alzò. «Stavo per suggerire che ci prendessimo qualche ora di sonno e cercassimo di liberare quelle ragazze. Ma dal momento che io sono l'uccisore di maghi, immagino di non dovermi preoccupare della loro sorte.» Lasciò la stanza.

Capitolo 18 La stanza parve svuotarsi della vita dopo la partenza di Valek. Incolpai la stanchezza per le mie parole aspre, ma sapevo che era sbagliato. Avevo perso il controllo degli eventi nel momento in cui avevamo sconfinato in Ixia. Ma la pura verità era che non avevo mai avuto il controllo. Dall'istante in cui il Distorsore di Fuoco era uscito dalle fiamme nella giungla, ero stata dominata dalla paura. Il che mi aveva tenuto in vita, finora, ma aveva ingarbugliato ogni cosa. Valek era soltanto l'ultima di una lunga lista. Sospirai. Avevo ottimi motivi per avere paura. Il potere del Distorsore di Fuoco superava il mio, e non credevo che un secchio d'acqua l'avrebbe spento. Rannicchiandomi sul divano, feci dei piani per liberare le ragazze. Non potevo contrastare il Distorsore. ma almeno potevo provare a impedire ai Parassiti di acquisire ulteriore potere. Tuttavia, che ne sarebbe stato del prossimo invio di giovani maghi da Ixia? Da quanto Valek mi aveva detto, immaginai che Star si fosse introdotta nella rete di Porter, rapendo i suoi pupilli e vendendoli ai Parassiti perché li usassero nel rituale Kirakawa. Dopo poche ore di sonno inquieto, andai alle scuderie. Kiki sonnecchiava nel suo stallo, ma si destò al mio richiamo.

Hai abbastanza energia per un viaggetto?, domandai. Sì. Dove? Indietro dove mi hai trovato. Odore cattivo. Si, ma ho bisogno di tornare per trovare la loro pista. Probabilmente a quest'ora si sono spostati nelle pianure. Andiamo veloci. Questo è ciò su cui contavo. Senza darmi il fastidio di sellarla, le

balzai in groppa. Tutto ciò che avevo era il mio archetto. Lanciai un'occhiata alla fattoria. Se avessi chiesto scusa a Valek, sarebbe venuto con me, ma non ero pronta ad ammettere di dovermi scusare. Almeno, lui sarebbe stato al sicuro per quella notte.

Fummo presto vicino al confine delle Pianure Avibiane. Le tracce dell'accampamento dei Parassiti disseminavano il terreno, e dal numero di oggetti lasciati indietro dedussi che Cahil era partito di fretta. Restavano solo poche ore di buio.

Kiki, da che parte?, domandai. Lei si diresse a sud, e le lasciai scegliere la velocità. Andò al trotto finché non raggiungemmo le piane, poi irruppe nella sua andatura a folata di vento. L'aria mi sibilava nelle orecchie mentre il terreno si confondeva. Non mantenne a lungo l'andatura, rallentando quando l'odore di fumo di legna e di cavalli si intensificò. La magia dei Parassiti era in agguato. Diversamente dai Semedisabbia con la loro rete di protezione, i Daviian preferivano tendere trappole, che sarebbero scattate sulla vittima ignara. Kiki percepiva quei punti caldi e li evitava. Un debole bagliore di fuoco le brillò negli occhi quando ci fermammo. Stavo meditando sulla prossima mossa quando Kiki arretrò e danzò di lato. L'odore sfrigolante di sangue le bruciava nel naso, e sarebbe schizzata via, se non l'avessi tenuta con una mano tranquillizzante mentre la mia mente diventava una pagina bianca per l'orrore. Non avevano atteso il sorgere della luna. Il senso di colpa mi colpì. Mi ingobbii sul dorso di Kiki, dondolandomi con rabbia e frustrazione.

Ragazze male?, chiese lei. Sì. Vado. Fermo. Che cosa? Ma lei non aspettò. Galoppò verso il campo. Kiki! Aiuto. Sistemo. Corse attraverso l'accampamento, scalciando e

sgroppando come se fosse impazzita di paura.

Il suo arrivo improvviso colse tutti di sorpresa. Le guardie si dispersero schivando i suoi zoccoli scalpitanti e il mio bastone. Kiki abbatté la tenda di Cahil, rovesciò a calci il carretto e spinse i cavalli in corsa.

Mi raggelai per l'orrore quando individuai i due Distorsori curvi sopra le forme immobili di Liv e Kieran, le braccia ricoperte di sangue fino ai gomiti. Ciascuno cullava tra le mani un blocco di carne delle dimensioni di un pugno, accarezzando amorevolmente l'oggetto. Boccheggiai nel riconoscerlo: era un cuore umano. I cuori di Liv e Kieran. Kiki mi fece riprendere i sensi di colpo quando mi scaricò a terra. Guadagnai la stazione eretta, pronta per un attacco, ma i Distorsori erano assorti nel loro rituale.

Aiuta, ordinò Kiki mentre faceva un altro giro del campo. Lanciai un'occhiata al fuoco. Nessun Distorsore di Fuoco, per il momento. Mi presi mentalmente a calci per il solo fatto di essermi preoccupata di lui, e attirai una spessa stringa di potere. La magia difensiva dei Parassiti cercò di abbattersi sulla mia connessione, ma io avevo tirato una corda così grossa che non riuscì a tagliarne neppure un filo. Lanciai la mia coscienza verso i Distorsori. Una bruma di magia li circondava. Istintivamente, sapevo che perché potessero consumare e mantenere il potere dovevano mungere il sangue dai cuori e iniettarselo nella pelle. Il rituale Kirakawa aveva un proprio potere e non potei interferire con i Distorsori. La loro nera brama di magia mi nauseò e per un istante la mia visuale si colmò di sangue. Poi un movimento catturò la mia attenzione. Lo spettro di Liv stava ritto accanto al suo corpo morto e mi faceva cenni, picchiando il suo cuore con un pugno. Trasalii. Era il suo fantasma o la sua anima? Quando compresi i suoi gesti, mi maledissi per la mia stupidità. Non potevo influire sul rituale, ma c'era una cosa che potevo fare. Concentrandomi sui cuori delle ragazze, mi protesi verso le loro anime: il rituale le aveva intrappolate li dentro. Inalai la loro essenza, lasciandomi dietro carne morta. I Distorsori non avrebbero acquisito alcun potere quella notte. Kiki rallentò accanto a me. Le afferrai la criniera e mi lanciai sul suo dorso. Entro due falcate lei si portò alla sua andatura speciale.

Quando raggiungemmo il limitare delle pianure, chiesi a Kiki di fermarsi perché potessi rilasciare le anime. Il sole cominciava a levarsi, lanciando lunghe ombre sul terreno. Desiderai aver conosciuto meglio le ragazze, così da poter fare per loro dei vessilli da lutto siriani e commemorare le loro brevi vite come sarebbe stato giusto. Senza seta né pennone, mi accinsi a esprimere il mio profondo rammarico per non averle salvate. Le sentii soddisfatte e sollevate di essere libere. Ma cos'altro avrebbero potuto dire mentre io contenevo le loro anime? Mi venne un pensiero meschino: mi chiesi se i miei poteri fossero esaltati mentre loro restavano dentro di me. Avrei potuto contrastare il Distorsore di Fuoco se avessi accresciuto la mia forza? Rabbrividendo di repulsione per il solo fatto di averci pensato, liberai le loro anime nel cielo. Un persistente fremito di gioia vibrò dentro di me quando volarono via, prima che il mio corpo si afflosciasse per la fatica. Arrivai alla casa sicura di Valek senza alcun ricordo del tragitto. Kiki si diresse alla stalla e io raccolsi energia sufficiente per darle una buona spazzolata. Quando ebbi terminato, la pila di balle di fieno fuori dal suo stallo mi parve troppo invitante per passare oltre, così mi sdraiai e piombai nel sonno. Un esercito di soldati fiammeggianti mi inseguiva. Le mie gambe rifiutavano di correre più veloci mentre gli uomini ardenti avanzavano. Leif si precipitò in mio aiuto, ma non appena mi arrivò vicino fu avvolto dalle fiamme. Restava soltanto Valek. Stava ritto in mezzo alla conflagrazione, non toccato dal calore bruciante. Un blocco di ghiaccio, sembrava indifferente alla mia disgraziata situazione. «Mi dispiace, amore.» Si strinse nelle spalle. «Non posso aiutarti.» «Perché?» «Tu non vuoi permettermelo.» I soldati di fuoco si chiusero l'uno sull'altro finché un cerchio di fiamme mi circondò. Lingue rosseggianti mi lambirono gli abiti, poi

addentarono la stoffa. «Yelena!» Giallo vivo e arancio danzavano lungo il mio mantello. I loro movimenti attiravano la mia attenzione con bizzarra fascinazione mentre mi consumavano gli abiti. «Yelena!» Schizzi d'acqua fredda mi piovvero addosso, seguiti da un diluvio che mi inzuppò. Sibilò del vapore, lo strillai e mi svegliai, tossendo. Valek era in piedi vicino a me. Reggeva un secchio vuoto. «Che cosa?» Mi rizzai a sedere. I miei abiti e i capelli erano bagnati fradici. «Perché l'hai fatto?» «Avevi un incubo.» «E scrollarmi per svegliarmi ti sembrava troppo poco?» Doveva essere ancora molto arrabbiato. Valek non rispose. Invece mi tirò in piedi e indicò la chiazza bruciata della forma di una persona sulla balla di fieno. Il punto dove avevo dormito. «Eri troppo rovente per toccarti» disse inespressivo. Rabbrividii. Se non fosse stato lì, che cosa sarebbe successo? «Deduco che il tuo tentativo di salvataggio la notte scorsa abbia fatto arrabbiare qualche personaggio potente. Ho visto te e Kiki creare caos nel campo, rovinando ancora una volta i miei piani. Cos'altro hai combinato?» Valek non era andato a letto. Era partito per aiutare le ragazze. Kiki e io avremmo potuto andare con lui. Insieme avremmo potuto raggiungere l'accampamento in tempo per salvare Liv e Kieran. Il senso di colpa formò una palla nel mio petto, inacidendomi l'umore. Non ne avevo fatta una giusta. Non avevo trovato in tempo Cahil e Ferde. Il Clan Semedisabbia era cancellato. Irys e Barn erano sotto chiave. Avevo irritato i miei amici e mio fratello. E Valek. Lui mi fissò con la sua espressione piatta, che non tradiva alcunché. Un muro invisibile crebbe tra noi. Mio o suo? Gli dissi delle anime delle ragazze e di come avessi privato di potenza il

rituale. «Avrei dovuto lasciarti uccidere Cahil» conclusi. Se il cambiamento di argomento lo sorprese, non lo diede a vedere. «Perché?» «Avrebbe impedito tutto questo.» «Non penso. Il coinvolgimento di Cahil è recente. Questi Parassiti sono preparati. Devono aver studiato questa mossa per lungo tempo. Cahil ti vuole morta e vuole il suo trono, lo credo che l'intero rituale Kirakawa lo disgusti.» «Ha aiutato i rapitori.» «Perché volevate. Non era al campo ieri sera. Probabilmente si sta dirigendo alla Cittadella.» «Come lo sai?» Valek mi rivolse un tirato sorriso senza allegria. «Quando tu hai investito il campo, mi sono introdotto nella tenda, intenzionato a togliermi questa spina nel fianco che è Voglio-Essere-Re. Ho avuto pochi secondi per capire che se n'era andato prima che la tenda mi crollasse addosso.» Soffocai una risatina. Dal cipiglio seccato, capii che Valek non l'avrebbe apprezzato. «Però ho trovato questo.» Accennò al pavimento. Il mio zaino era posato contro lo sportello dello stallo di Kiki. Un grido di gioia mi sfuggì dalle labbra e mi inginocchiai per controllare il contenuto. Prima di frugare nella sacca, alzai gli occhi per ringraziare Valek, ma se n'era andato. Pensai di cercarlo per spiegare, però non ero pronta a fare una breccia nel muro che mi circondava. Dentro il mio piccolo bozzolo potevo fingere che la minaccia del Distorsore di Fuoco alle persone che amavo non esistesse. Lo zaino conteneva ancora il mio coltello a serramanico, i miei abiti sitiani, i grimaldelli, fiale di curaro, bocconi di teobroma, carne secca, tè, e il pipistrello di vetro di Opale. Il bagliore proveniente dalla statuetta pareva più brillante. Le intricate spirali di fuoco liquido attirarono il mio sguardo. Ero strabiliata dal talento di Opale. Il turbine di luce nel nucleo del

pipistrello si trasformò in un serpente. Il ruggito di una fornace mi assordò. Vidi delle mani reggere un paio di pinze metalliche per dare forma all'esile corpo di metallo prima che si raffreddasse. I pensieri del vetraio mi raggiunsero. I pensieri di Opale! Fece sgocciolare dell'acqua in una scanalatura nel vetro vicino all'estremità della barra. Il serpente si incrinò. Usando spesse manopole, lei raccolse il pezzo e lo mise in un altro forno a raffreddare lentamente. Questo non era rovente come il primo.

Opale, puoi sentirmi?, domandai. Nessuna risposta. Quando la mia coscienza tornò al pipistrello che avevo in mano, capii di aver raggiunto Booruby con la mente senza spendere troppa energia. Booruby! Una cavalcata di sei giorni verso sud rispetto a dove ci trovavamo. Non ero stata in grado di raggiungere Bain da Booruby, ed ero stata più vicina. Che cosa sarebbe successo se ad avere in mano il serpente fosse stata Irys? Saremmo riuscite a comunicare al di là di grandi distanze senza dar fondo alle nostre forze? La mia mente galoppava sulle implicazioni. L'aria fredda si insinuò nella mia eccitazione. Avevo la sensazione che i miei capelli bagnati ghiacciassero nella brezza, e ricordai Kiki che aveva parlato di neve. Eravamo a nord delle Pianure Avibiane, ma non avevo idea se la fattoria si trovasse nelle terre del Clan della Luna o in quelle dei Pietrapiuma. In un modo o nell'altro, quando la tormenta ci avesse raggiunti si sarebbe trasformata in pioggia e nevischio. E a guardare la grigia muraglia di nubi che avanzava da ovest, non ci sarebbe voluto molto prima che la tempesta colpisse. Mi misi in spalla lo zaino e tornai dentro. Valek aveva acceso un piccolo fuoco nel soggiorno. Il suo passo leggero sfiorava il pavimento della stanza al piano di sopra. Probabilmente progettava di dormire dopo essere stato alzato tutta la notte. Esitando sulla soglia della stanza, riflettei. Il mio mantello era zuppo. Avevo bisogno del fuoco per asciugarlo e volevo scaldarmi. Alla fine, mi cambiai con i miei abiti sitiani, appesi il mantello presso il camino e riempii un bricco per fare il tè. Scaldai l'acqua, ma evitai di guardare direttamente dentro il fuoco. Sentendomi inquieta,

masticai un pezzo di carne secca e bevvi il tè stando il più lontano possibile dalle fiamme. Avrei voluto correre di sopra da Valek, invece strappai una coperta dal divano e corsi alle stalle, raggiungendo Kiki. Lei sbuffò divertita quando mi preparai un giaciglio di paglia nel suo stallo. Riempii d'acqua due secchi e li posai accanto a me. Se comincio a fare fumo, versami addosso questi, le dissi. Non voglio

dare fuoco al fienile.

Poco dopo che mi ero sdraiata, una bizzarra melodia di nevischio tamburellò sul tetto di ardesia. Il sibilo del vento attraverso le travi amplificava il rumore. Cullata nel sonno dalla musica della tormenta, dormii senza sognare. L'arrivo di uno strano cavallo destò me e Kiki il mattino seguente. O meglio, speravo che la debole luce da temporale significasse l'inizio e non la fine della giornata. Valek condusse nella stalla un cavallo nero con garretti bianchi. Con le sue lunghe zampe e il corpo snello, l'animale aveva la struttura di un cavallo da corsa. Attirando una stringa di potere, collegai la mia mente con il nuovo arrivato. Si sentiva a disagio in quel nuovo fienile. Odori estranei. Cavallo estraneo. Gli mancavano il suo stallo e i suoi amici.

Gli odori qui sono buoni, dissi nella sua mente. Ti farai nuovi amici. Come ti chiami? Onyx. Lo presentai a Kiki. Valek legò Onyx a un gancio. «Dobbiamo partire per la Cittadella.» Sellò Onyx. «Questo tempo è un'ottima copertura.» Il cuore mi si torse per il dolore. Si era procurato un cavallo suo, e dunque non avrebbe cavalcato Kiki insieme a me. «Quant'è lontano?» «Due giorni. Ho un'altra casa sicura a circa un miglio a nord della Cittadella. Possiamo avviare le operazioni lì.» Dopodiché, continuammo a lavorare in completo e totale silenzio.

I due giorni seguenti sembrarono più simili a dieci. Con quel tempo orrido, Valek che mi ignorava, e l'ansia di fare in fretta, avrei preferito trascorrere il tempo nelle segrete del castello. Il nostro arrivo alla casa sicura parve un sollievo fino a quando la necessità di progettare le nostre azioni rese i nostri rapporti già tesi pressoché intollerabili, lo rimasi ostinatamente arroccata sulle mie posizioni, convinta che la distanza tra noi mi avrebbe reso più facile prendere decisioni che mettevano in gioco la nostra vita. Dopo che ci fummo sistemati nella casetta, mi diressi alla Cittadella. Il tempo prometteva ancora pioggia, conferendo piattezza al paesaggio. Alberi spogli e colline brune sembravano opachi e sterili. Sapevo che se avessi spazzato l'area con la magia avrei sentito il minuscolo agitarsi di creature che aspettavano il calore della bella stagione. Ma il rischio di usare i miei poteri così vicino al Mastio era troppo alto. Travestita come una donna del Clan Pietrapiuma, indossavo un abito di tela a maniche lunghe sotto un mantello color sabbia in tinta unita. Pur avendo lasciato a casa l'archetto, avevo il coltello a serramanico. I miei capelli erano raccolti nel nodo elegante adottato dai Pietrapiuma e tenuti a posto dai miei grimaldelli. Valek mi aveva acconciato i capelli. Lavorava in maniera fredda ed efficiente, rendendomi più facile non afferrargli le mani e attirarmelo vicino. Le sue dita agili attorcigliavano con fare esperto le ciocche di capelli, e una strana visione di fuoco che gli fondeva le braccia in monconi mi si formò nella mente. Scacciai l'immagine e mi tirai il cappuccio sulla testa. La porta settentrionale della Cittadella non era affollata come avevo sperato. In effetti, una volta dentro, solo poche persone camminavano per le strade, chine sui loro pacchetti e con lo sguardo fisso a terra. Forse era per via del brutto tempo, ma la pioggia era cessata e le strade avrebbero dovuto brulicare di cittadini che correvano al mercato prima del prossimo scroscio. Perfino i mendicanti erano pochi e sparsi. La maggior parte di loro aveva l'aria preoccupata quando si guardavano attorno, e

nessuno mi accostò. Le bianche mura della Cittadella apparivano squallide e opache. Le venature verdi assomigliavano a strie di sporcizia e l'intera città dava la sensazione di essere ricoperta da uno strato di sudiciume, come se lo sporco si fosse accumulato nelle crepe e avesse impregnato le fondamenta. Lo splendore era svanito dalla città, e non era colpa del tempo. Esitai quando vidi il primo Parassita Daviian. Ma presto furono dappertutto. Stando ingobbita, imitai la postura dei cittadini, cercando un viale o una stradina secondaria in cui infilarmi. Il sangue mi pulsava nelle orecchie. Le occhiate dei Parassiti mi bruciavano nell'anima. Quando imboccai una scorciatoia per il mercato, mi si piegarono le gambe per il sollievo. Rimasi nascosta finché non ebbi studiato la piazza centrale, osservando la gente che girava per le bancarelle del mercato. La sensazione di paura diluiva perfino il consueto odore inebriante di spezie e carne che arrostiva. La maggior concentrazione di cittadini significò più Parassiti. Attesi fino a individuare il mio obiettivo e poi mi unii agli acquirenti. Quando mi avvicinai a un ragazzino sui dieci anni, dovetti soffocare un sorriso mentre lo ascoltavo contrattare con il proprietario della bancarella. «Quattro monete di rame, prendere o lasciare» disse Fisk, suonando come un adulto. «Non posso sfamare la mia famiglia con così poco!» ribatté il venditore. «Dal momento che sei mio amico, ne accetterò sette.» «Belladoora li sta vendendo per quattro.» «Sì, ma guarda che qualità. È ricamata a mano proprio da mia moglie. Osserva la finezza!» Sollevò la stoffa. «Cinque, e non una di più.» «Sei, e concludiamo.» «Buona giornata, signore» salutò Fisk, e filò via. «Aspetta» lo chiamò il proprietario della bancarella. «Cinque, allora. Ma stai rubando il pane di bocca ai miei figli.» Borbottò ancora qualcosa mentre avvolgeva la stoffa nella carta, ma sorrideva

quando il ragazzo gli pagò l'importo. Seguii Fisk dalla sua cliente. La donna lo pagò sei monete di rame e lui le consegnò l'involto. «Scusami, ragazzo» dissi. «Ho bisogno dei tuoi servigi.» «Che cosa posso fare per te?» domandò lui. Poi i suoi occhi si spalancarono per lo stupore prima che il timore li velasse. Si guardò attorno con minimi movimenti furtivi. «Seguimi.» Mi guidò lungo uno stretto vicolo fino a un'abitazione buia. Restai lì nell'oscurità mentre Fisk accendeva alcune lampade. Spessi tendaggi erano appesi alle finestre e soltanto poche sedie ornavano la stanza deserta. «Qui è dove ci incontriamo» spiegò Fisk. «Ci?» Lui sorrise. «I membri della Gilda degli Aiutanti. Programmiamo la giornata, dividiamo i soldi, e ci scambiamo pettegolezzi sui nostri clienti.» «Ma è fantastico.» Mi si riempì il cuore di orgoglio per ciò che Fisk aveva raggiunto. Il piccolo mendicante sudicio che avevo incontrato durante la mia prima visita alla Cittadella si era trasformato in un membro produttivo della sua famiglia. L'orgoglio di Fisk stesso si rivelava nei suoi occhi castano chiaro. «È tutto grazie a te, mia prima cliente!» Invece di mendicare denaro, adesso Fisk e gli altri bambini poveri aiutavano gli acquirenti a trovare buoni affari, portavano pacchi e facevano pressoché qualsiasi cosa per un piccolo compenso. Il sorriso gli svanì dal faccino. «Amabile Yelena, non dovresti essere qui. C'è una taglia sulla tua testa.» «Quanto?» «Cinque monete d'oro!» «Tutto qui? Pensavo fosse più sui dieci o quindici» scherzai. «Cinque sono un sacco di soldi. Tanto che non mi fiderei nemmeno di mio cugino, per paura che ti denunciasse. Qui è pericoloso per te. Per tutti.» «Che cosa sta succedendo?»

«I membri del nuovo Clan Daviian hanno preso il sopravvento. Da principio erano solo un paio, ma adesso imperversano ovunque. La notizia del loro coinvolgimento nel genocidio dei Semedisabbia ha spaventato tutti. Gente che vive alla Cittadella è stata interrogata, e certi mendicanti sono scomparsi. Corre voce che i membri del Consiglio abbiano perso il controllo, eppure si stanno preparando a una guerra.» Fisk scosse il capo. Possedeva una saggezza insolita per un ragazzo di quell'età. Piansi la perdita della sua infanzia. Essere figlio di mendicanti l'aveva derubato del divertimento, della meraviglia, e della possibilità di compiere errori senza conseguenze fatali. «E il Mastio?» domandai. «Sprangato. Nessuno entra o esce se non sotto scorta di Daviian armati.» La situazione era peggiore di quanto mi fossi aspettata. «Ho bisogno di te per portare un messaggio a uno dei Consiglieri.» «Quale?» «Il mio parente, Bavol Zaltana. Ma non voglio che tu abbia niente di scritto. Dev'essere un messaggio verbale. Puoi farcela?» Fisk si accigliò, riflettendo. «Sarà difficile. I Consiglieri hanno tutti una scorta mentre sono in giro per la Cittadella, ma forse potrei organizzare un diversivo...» Si strofinò le mani lungo le braccia mentre valutava il compito. «Posso provarci. Niente promesse. Se si fa troppo caldo, io ne sono fuori. E la cosa...» «Mi costerà, lo so. Ma tu non devi ripetere il messaggio a nessun altro.» «D'accordo.» Ci stringemmo le mani per suggellare l'affare. Dissi a Fisk il messaggio. Lui andò a reclutare un paio di aiutanti e io tornai al mercato per acquistare qualche articolo e da mangiare, ammazzando il tempo senza dare nell'occhio. Il mio sguardo continuava a tornare alle torri del Mastio. Situato entro le mura della Cittadella, occupava la sezione nordorientale. Incapace di soffocare il desiderio di vedere il portale d'accesso dai

pilastri rosati, mi incamminai in quella direzione. Invece di apparire calda e invitante, la fredda pietra pareva impenetrabile e scoraggiante. Non vedevo l'ora di prendere contatto con i miei amici e colleghi all'interno. Dov'erano Dax e Gelsi? Era stato loro permesso di continuare i propri studi? Mi sentivo cieca e tagliata fuori, frustrata e smarrita. Come se fossi stata esiliata e non potessi vederli mai più. Guardie Daviian stavano a fianco dei guardiani del Mastio. Sentendomi troppo esposta, tornai alla stanza riunioni di Fisk ad aspettare il suo ritorno. Il tempo passava con lentezza esasperante. Un piccolo ragno marrone costruiva la sua elaborata tela nell'angolo della stanza. Per aiutarlo, cacciai un insetto da posare sui fili appiccicosi. Fisk arrivò mentre cercavo di acchiappare una falena. Gonfiò il petto in fuori e dichiarò riuscita la missione. «Il Consigliere Zaltana ha detto che vuole incontrarsi con te stasera a casa sua.» Fisk si sgonfiò un tantino alla frase successiva. «Ha avvertito che la sua residenza è sorvegliata da un Distorsore. Che cos'è un Distorsore?» «Un mago Daviian.» Riflettei sulla complicazione. «A che ora?» «Qualsiasi, ma se sei in giro per la Cittadella dopo mezzanotte, le guardie ti arrestano, lo suggerirei dopo il pasto serale. Di solito c'è un turbine di attività, perché le botteghe chiudono e tutti vanno a casa.» Fisk sospirò. «Una volta era un buon momento per chiedere l'elemosina. La gente si sentiva in colpa passando vicino a un bambino senza casa quando loro avevano un caldo comodo letto che li aspettava.» «Una volta era così, Fisk. Questo è il passato. Scommetto che hai una bella casa adesso.» La sua postura si raddrizzò. «La migliore! E questo mi fa ricordare una cosa. Faresti meglio ad andare prima che tornino i miei aiutanti. Ci incontriamo al mattino e di nuovo nel tardo pomeriggio.» Pagai Fisk, ringraziandolo per l'aiuto. «Se mai venissi catturato, non esitare a raccontare loro di me. Non voglio che ti facciano del male a causa mia.» Fisk mi guardò aggrottando la fronte, confuso. «Ma potresti essere

catturata e uccisa dai Daviian.» «Meglio io che te.» «No. Le cose vanno male e andranno peggio. Se tu venissi uccisa, ho l'orribile sensazione che la vita non sarebbe più degna di essere vissuta.» I cupi commenti di Fisk mi seguirono mentre attraversavo la Cittadella. Tenendomi su strade secondane, mi nascosi tra gli edifici finché le strade non si riempirono di residenti che correvano verso casa, proprio come aveva predetto il mio giovane amico. Mi unii al flusso, confondendomi con i passanti mentre il cielo si faceva buio e i lampionai iniziavano il loro giro serale. Quando arrivai all'abitazione di Bavol, rallentai abbastanza a lungo da determinare che la casa era vuota. Feci un altro giro per la strada per essere sicura che nessuno mi seguisse, poi sgusciai dietro l'edificio. Usando i miei grimaldelli, feci scattare la serratura della porta sul retro ed entrai, spaventando una donna. «Oh, povera me!» esclamò lasciando cadere un piccolo rastrello, che rintoccò sull'orlo del focolare di pietra. Il fuoco che la donna stava attizzando si spense. «Non intendevo spaventarti» dissi, pensando in fretta. «Ho un appuntamento urgente con il Consigliere Zaltana.» «Non ricordo mi abbia detto che avremmo avuto ospiti. E certamente nessun ospite arriverebbe introducendosi di soppiatto dalla porta di servizio!» Raccolse il rastrello di ferro e lo sollevò nelle grosse mani. Indossava la tunica sciolta prediletta dagli Zaltana, ma era difficile vedere nella semioscurità. «Abbiamo fissato l'incontro solo oggi» azzardai. «Riguarda questioni del clan.» «Oh, povera me.» Si chinò e rastrellò i carboni. Quando si alzò una fiammella, la usò per accendere una lanterna e mi scrutò attraverso il bagliore. «Misericordia, bambina. Vieni dentro, dunque. Chiudi la porta. Tutto questo è estremamente insolito, ma non so

perché sono sorpresa. Questi sono tempi insoliti, dopo tutto.» La donna riprese ad affaccendarsi in giro per la cucina, affermando che il Consigliere sarebbe stato presto a casa e avrebbe voluto la sua zuppa. L'aiutai ad accendere le lanterne in sala da pranzo e nel soggiorno. La casa di Bavol era decorata con arte della giungla e statue di valmuri. Mi colse una fitta di nostalgia di casa. Quando udii qualcuno alla porta principale, mi nascosi in cucina. «Il suo cane da guardia non entra in casa» mi informò la donna. «Il Consigliere non vuole permetterlo. Il giorno in cui quel cane avrà il permesso di entrare sarà la fine del Consiglio sitiano.» Mi chiesi se il Distorsore avrebbe usato la sua magia per esaminare l'interno. Avrei percepito il potere? Per precauzione rimasi accanto alla porta sul retro. «Chiamami Petalo, bambina» disse la donna, e mi invitò a unirmi a loro per cena, liquidando ogni mia protesta circa il tempo limitato. «Sciocchezze, bambina. Lascia che dica al Consigliere che sei qui.» «Ah, Petalo» la bloccai, «forse sarebbe meglio se semplicemente gli chiedessi di venire qui. I cani hanno l'udito molto acuto.» Lei si batté un dito sulla fronte e poi indicò me prima di uscire. Poco dopo Bavol entrò in cucina con Petalo alle calcagna. Mi salutò con un sorriso stanco. «Astuta ad arrivare prima di me» disse a voce bassa. Si massaggiò le occhiaie scure sotto gli occhi. Rughe di preoccupazione gli incidevano il volto e stava in piedi come se fosse schiacciato da un pesante fardello. «Se ti scoprissero...» Crollò a sedere in bilico sull'orlo di uno sgabello. «Non puoi restare a lungo. Se odono e vedono qualcosa fuori dall'ordinario, il Distorsore interverrà e io gli dirò ogni cosa.» La sua affermazione decisa sulla propria risposta al Distorsore mi fece accapponare la pelle. Che cosa stavano facendo i Daviian per ottenere informazioni e cooperazione? «Sarò rapida, allora. Perché il Consiglio ha permesso ai Parassiti di venire?» Sul viso di Bavol lampeggiò un'espressione allarmata, e si serrò le

mani in grembo. «Petalo, potresti per favore portarmi un bicchiere di whisky?» Lei lo scrutò seccata. Anche se stava mescolando lo stufato nella pentola all'altro capo della cucina, era protesa verso di noi, cercando di ascoltare la nostra conversazione. Con uno sbuffo d'indignazione, la donna lasciò la cucina. Bavol chiuse gli occhi per un istante e fece una smorfia. Ma quando li mise a fuoco su di me, era tornato il suo antico atteggiamento sicuro. «Avremmo dovuto lasciarli morire» sentenziò.

Capitolo 19 «Lasciar morire chi?» domandai, ma Bavol mi ignorò. «Da principio, per tenerli in vita i Daviian pretendevano da noi piccoli favori, un voto in un senso o nell'altro. A poco a poco le richieste sono diventate più frequenti e allarmanti, i visitatori sono cresciuti di numero e a un certo punto ci siamo resi conto che avevamo acconsentito a tutto.» «Tenere in vita chi?» «Abbiamo fatto un errore, ma adesso tu sei qui. Forse non è troppo tardi.» «Bavol, io non...» «I Daviian hanno i nostri bambini.» Lo fissai per un momento in silenzio, attonita. «Come hanno fatto?» Bavol si strinse nelle spalle. «Ha importanza come? Le nostre famiglie vivono con i nostri clan per la maggior parte dell'anno. Noi non siamo a casa per proteggerle.» «Chi hanno preso?» «Mia figlia, Jenniqilla. È scomparsa dal Mercato Illiais. Ho ricevuto istruzioni di non dirlo a nessuno, ma dalle facce degli altri Consiglieri ho capito che i Daviian avevano colpito tutti e ciascuno. Alla fine, ne abbiamo parlato tra noi. Tutti i Consiglieri con bambini ne avevano almeno uno prigioniero. Quanto agli altri, i Daviian hanno rapito il marito della Consigliera Verdelama e la moglie del Consigliere Danzatempesta.» «Dove li tengono?» «Se lo sapessi non sarei qui a parlare con te» scattò lui. «Scusami.» Analizzai le implicazioni. Petalo tornò con due bicchieri di whisky e ne porse uno a me, dopodiché tornò a rimestare le sue pentole. «Quando?» domandai, pensando all'osservazione di Valek che i

Parassiti avevano progettato tutto prima che Cahil venisse coinvolto. «Quattordici giorni fa» bisbigliò Bavol. Pensai a quel periodo. Quattordici giorni parvero quattordici anni quando passai in rassegna tutto quello che era accaduto. I Parassiti avevano catturato i familiari dei Consiglieri appena dopo che io ero fuggita dalla Cittadella. Non era Roze a influenzare il Consiglio, dopotutto. «I Maestri Maghi lo sanno?» «Maestro Buonsangue e Maestro Gemmarosa hanno sospettato qualcosa quando abbiamo scritto la lettera al Comandante. Maestro Pietrapiuma ha interpretato il loro rifiuto come un atto di tradimento. E i Daviian ci hanno costretti a concordare con lei e a firmare il mandato d'arresto che ha contribuito a incarcerare gli altri Maestri Maghi nel Mastio. Loro hanno collaborato» aggiunse Bavol notando il mio sconcerto. «È un peccato che Maestro Cowan sia ancora troppo giovane per esercitare molta influenza su Maestro Pietrapiuma.» «Pensi che Roze stia lavorando con i Daviian?» «No. Sarebbe inorridita di sapere che sono loro a guidare le decisioni. Noi stiamo votando con lei. e di conseguenza lei è contenta e i Daviian le stanno offrendo supporto nella sua campagna contro il Comandante.» «Non potrebbe apprendere dai vostri pensieri del dilemma che vi tormenta?» Lo sguardo di Bavol scattò su di me. «Questa sarebbe una grave infrazione del Codice Etico dei Maghi. Maestro Pietrapiuma non spierebbe mai i nostri pensieri privati.» Avevo una certa difficoltà a credere negli alti principi morali di Roze, ma non possedevo alcuna prova del contrario. «Devo apparecchiare un posto in più per cena, signore?» domandò Petalo. Bavol e io facemmo entrambi segno di no con la testa. La sua espressione ansiosa mi rammentò che dovevo andarmene presto. Petalo sbuffò e portò via dalla cucina una pila di piatti.

Trovare e liberare i membri delle famiglie dei Consiglieri diventava una priorità. C'era un solo modo in cui potevo scoprire dove fossero tenuti, e avrei dovuto usare la magia. «Bavol. potrei essere in grado di trovare tua figlia attraverso te. Tuttavia non posso farlo nella Cittadella. C'è qualche possibilità che tu possa uscirne?» «No. Il mio guardiano è sempre con me.» «Potresti sgusciare fuori dalla porta di servizio?» «Devo prendere contatto con la mia guardia ogni ora. È l'unico sistema perché mi conceda un po' d'intimità.» «E quando stai dormendo?» «Si siede in soggiorno. Petalo non lo sa, dal momento che si ritira molto presto e dorme come un sasso, lo non riesco più a dormire da quando hanno catturato Jenniqilla. Sono in piedi prima del sole e posso rispedirlo fuori.» «Dovrà essere durante la notte, allora. Organizzerò tutto io. Soltanto, non sorprenderti se avrai compagnia nella tua camera da letto domani sera. E lascia aperta la finestra sul retro.» «Quella è la stanza di Petalo» obiettò lui. «Non puoi assicurarti che resti addormentata?» Lui sospirò. «Rimpiango giorni più semplici. Mai più mi lamenterò dell'ostinazione del Consigliere Semedisabbia o dei problemi futili del Consigliere Gemmarosa.» «La cena è pronta» annunciò Petalo. «Ora dovresti andare» disse lui. «Conosci un modo in cui potrei entrare nel Mastio?» «La galleria di emergenza. Ma non so se sia crollata o se sia stata sigillata. I maghi la scavarono all'epoca in cui costruirono il Mastio, durante le guerre dei clan tanto tempo fa. Ho scoperto della sua esistenza solo di recente. Secondo Mago me ne fece cenno pochi giorni prima che arrestassero lui e Quarto Mago.» «Bain e Irys sono ancora prigionieri nelle celle del Mastio?»

«A quanto ne so io, sì.» «Bain ti rivelò dove si trova il tunnel?» «Disse qualcosa a proposito del lato est del Mastio, e di come fosse largo abbastanza per un cavallo.» Bavol si alzò in piedi. «Abbiamo indugiato troppo a lungo. Aspetto di avere di nuovo tue notizie. Sii prudente» si raccomandò prima di andare in sala da pranzo. lo attesi un momento, poi aprii la porta sul retro. Sbirciando fuori, esplorai il viale buio. Appariva deserto, ma senza la magia non potevo esserne sicura. Mi arrischiai a uscire e lasciai la casa di Bavol. Le strade silenziose della Cittadella mi allarmarono. Solo poche persone camminavano per le vie, e la maggior parte di loro erano Parassiti. Perfino le taverne erano buie e desolate. A quanto pareva non c'erano molte possibilità di passare per l'ingresso nord senza essere individuata. Presi in considerazione l'idea di entrare in una delle locande, ma i Parassiti potevano avere assoldato qualcuno che tenesse d'occhio gli stranieri. D'altra parte, restare più a lungo per strada aumentava il rischio di essere catturata. Ormai alla disperazione, trovai una casa con una scala esterna che raggiungeva un angusto ballatoio. Arrampicandomi fino in cima ai gradini senza fare troppo rumore, mi misi in piedi sulla balaustra e mi protesi verso l'orlo del tetto. Scoprii che gli edifici di marmo creavano qualche problema quando cercai di usare il muro per slanciarmi sul tetto. Mi scivolò il piede e riuscii a stento a riprendere l'equilibrio e a evitare di precipitare per quattro piani fino a terra. Alla fine, sfruttai le mie capacità acrobatiche e feci un salto mortale fin sul tetto. Per fortuna, quelle stesse pareti marmoree erano abbastanza spesse da mascherare il rumore del tonfo con cui atterrai. Mi distesi sul tetto piatto, ansimante, felice che Valek non fosse stato lì a vedere la mia goffa scalata. La sua abilità nell'arrampicarsi sulle mura del castello del Comandante mi parve ancor più impressionante. Mi chiesi se si sarebbe preoccupato quando non fossi tornata. Ma forse era un bene che mi fossi trattenuta troppo a lungo con Bavol, considerai. Passaggi ripetuti attraverso le porte avrebbero

destato sospetti. L'aria notturna si fece fredda. Mi rannicchiai nel mantello e dormii. Mi perseguitarono sogni di fuoco. Non importava dove io corressi o dove mi nascondessi, le fiamme mi trovavano sempre. Sempre. Mi svegliai madida di sudore nella luce del mattino, dolorante e febbricitante. La prospettiva di calarmi giù dal tetto non vista e di trovare Fisk era attraente come un bagno freddo. Almeno, scendere si rivelò più facile che salire sul tetto. Corsi giù per le scale e sbucai nel vicolo senza incidenti. Tuttavia il mal di testa non mi dava tregua. Stanca e con gli occhi annebbiati, cercai Fisk al mercato. Poi, ricordandomi del suo luogo d'incontro, mi nascosi nei pressi e lo aspettai. Il gruppo di bambini che lasciò l'edificio mi fece sorridere. Concentrati sul loro lavoro di quella giornata, si muovevano con decisione e se ne andavano in giro con un'aria da affaristi. Dopo che furono scomparsi alla vista, Fisk comparve accanto a me. «È successo qualcosa?» domandò. «Niente di brutto. Ho un altro lavoro per te.» Gli dissi di che cosa avevo bisogno e lui ritenne di potermi aiutare. «Nessuno deve finire nei guai, però.» «Non preoccuparti, hai scelto una notte buona.» «Perché?» «È la Notte di Mezza Stagione. Festeggiamo la metà della stagione fredda. Dà a tutti qualcosa da aspettare.» Fisk sogghignò. «Ixia non ha qualcosa di simile?» «Sì. Tengono un'annuale Festa del Ghiaccio. La gente esibisce i propri prodotti manuali e si riunisce per scambiarsi idee. Semplicemente non mi ero resa conto che fossimo così avanti nella stagione.» «I festeggiamenti dovranno per forza di cose essere più tranquilli quest'anno, ma dovrebbe esserci abbastanza attività da nascondere la nostra.» Questa volta il sorriso di Fisk conteneva una punta di

monelleria che mi ricordò Janco. Avrei scommesso che Janco da bambino fosse stato una vera peste. Almeno non avevo irritato lui e Ari prima di lasciare Ixia. Pur tuttavia, dal momento che non me li ero portati dietro, avrebbero potuto essere arrabbiati con me anche loro. Facemmo piani per la sera e Fisk mi raccontò di un posto in cui potevo nascondermi ad aspettare la notte. Dopo che se ne fu andato, mi diressi verso la Sala del Consiglio e vi feci un giro attorno, pur cercando di non sembrare particolarmente interessata alla struttura squadrata. L'attività ferveva sugli ampi gradini che conducevano al primo piano. Gli uffici dei Consiglieri, il grande salone, l'archivio, la biblioteca e il carcere della Cittadella si trovavano lì dentro. lo ero interessata all'archivio. Vi erano state immagazzinate informazioni da tutti i clan, e io volevo trovare qualche citazione sulla galleria di emergenza dei maghi entro quelle registrazioni. Forse anche in biblioteca avrei potuto scoprire qualche riferimento alla conformazione del Mastio, riflettei. La raccolta privata di libri di Bain molto probabilmente conteneva l'informazione che mi serviva. Non mi sfuggì l'ironia della situazione: Secondo Mago aveva detto a Bavol dell'esistenza del tunnel perché sapeva che lui sarebbe stata la prima persona che io avrei contattato. Ciò che Bavol aveva pensato fosse un interessante frammento di informazioni si rivelava invece un messaggio per me. La mancanza di dettagli, tuttavia, restava un problema. Sapere che il passaggio si trovava sul lato est del Mastio e che era largo abbastanza per un cavallo non mi dava molto su cui proseguire. Il flusso di gente che entrava e usciva dalla Sala del Consiglio continuava risoluto. Tuttavia individuai alcuni Parassiti nei pressi e decisi di non rischiare la vita per la ricerca. Quando mi diressi di nuovo verso il mercato, una strana sensazione mi toccò la schiena, come se un migliaio di minuscoli ragni mi si arrampicassero all'unisono su per la spina dorsale. Girando un angolo, sbirciai di lato. Un maschio Daviian camminava a breve distanza dietro di me. Indossava pantaloni rossi e una corta

cappa marrone con cappuccio. Quando girai un altro angolo, lui mi restò alle calcagna. La sua Scimitarra scintillò alla luce del sole, lo entrai nel mercato. Fermandomi a una bancarella di verdure, sperai che il Parassita mi sorpassasse, ma lui si appoggiò al palo di un lampione. Minuscoli dardi di panico cominciarono a trafiggermi il cuore. Se il Daviian era un Distorsore, non sarei riuscita a seminarlo. Unendomi a un gruppo di donne, restai con loro mentre facevano compere. L'uomo tenne il passo con noi. Avevo bisogno di un diversivo, e in fretta. Una delle donne nel gruppo acquistò una collana di perline. Era stata piuttosto chiassosa e prodiga di opinioni mentre andavamo di banco in banco, palesando la propria irritazione per la mia presenza indesiderata. Quando il proprietario della bancarella le porse l'involto, io mi chinai in avanti e le bisbigliai: «Ha venduto quella stessa collana alla mia amica per due monete d'argento la settimana scorsa». La donna ne aveva appena pagate quattro. Come preventivato, a gran voce esigette lo stesso prezzo e il venditore, sconcertato, cercò di ragionare con lei. La conseguente discussione attirò una folla considerevole e io mi strizzai in mezzo alla gente, sperando di seminare il Daviian. Non ebbi fortuna. Mi individuò e mi seguì. Alcuni acquirenti gli bloccarono momentaneamente la strada, e io mi infilai sotto una delle bancarelle del mercato. Non era la decisione migliore, ma ero a corto di opzioni. Mi rannicchiai sotto il tavolo. Vi era stato drappeggiato sopra un telo color porpora e la stoffa pendeva fino a terra. Sotto vi erano state immagazzinate alcune balle di stoffa e una scatola di bottoni. Mi chiesi quando sarebbe stato sicuro uscire. Sbucare fuori proprio mentre il Parassita se ne andava non sarebbe stato l'ideale, così mi sistemai in una posizione più comoda e attesi. La tela porpora fu tirata da parte. Raggelai. La faccia di un uomo fece capolino attraverso l'apertura. «Il tuo

amico se n'è andato. Ora puoi uscire.» Arretrò quando presi a muovermi. «Grazie» dissi, spazzandomi via lo sporco dal mantello. «Attirare la loro attenzione non è mai una buona cosa» replicò l'uomo. La sua faccia tonda aveva un'espressione seria. «Le persone tendono a sparire, qua attorno. Specialmente quelle con cinque monete d'oro sulla testa.» Calmai i miei battiti furiosi. Il proprietario della bancarella sapeva che mi nascondevo sotto il suo tavolo e non mi aveva denunciato. Almeno non ancora. Forse voleva proporre un baratto? Qualcosa come sei monete d'oro per stare zitto? «Non preoccuparti. Sei un'amica di Fisk e della sua gilda. E il solo fatto che i Daviian sarebbero disposti a pagare cinque monete d'oro per la tua cattura significa che tu, fra tutte le persone, fai loro paura. Spero, per amore della mia famiglia, che la ragione per cui ti temono sia perché tu puoi fare qualcosa per riportarci alla vita normale.» «Faccio loro paura, è vero» concordai, pensando al Consiglio sitiano e a quanto fossero terrorizzati per il fatto che ero un Cercatore d'Anime. «Ma non so se posso restaurare il vostro vecchio modo di vivere. Sono una persona sola.» «Hai l'aiuto di Fisk.» «Finché non finisco i soldi.» «Vero. Quel piccolo briccone è riuscito a costringermi a vivere onestamente!» L'uomo fece una pausa e rifletté. «Non ci sono altri ad aiutarti?» «Tu lo faresti?» Lui batté le palpebre sorpreso. «Come?» «Non tutti questi Parassiti sono Distorsori. Portano scimitarre e lance, ma guardati attorno... sono in minoranza.» «Ma i loro Distorsori posseggono magia potente.» «Voi non avete dei maghi? Nessuno è sfuggito dal Mastio? Nessuno è venuto dagli altri clan?» I suoi occhi si accesero di comprensione. «Sono sparsi in giro per

la Cittadella. Si nascondono per paura.» «Occorre che un cittadino zelante li convinca ad agire nonostante la loro paura, che li organizzi e, quando sarà il momento giusto, li guidi.» «Tu puoi farlo. Tu sei la Cercatrice d'Anime.» Scossi la testa. «La mia presenza metterebbe a rischio i tentativi. lo sono necessaria altrove. Se siete determinati, troverete la persona giusta.» L'uomo lisciò la stoffa sul tavolo, immerso nei propri pensieri. «Mercanti vanno e vengono dalla Cittadella per tutto il tempo... carovane di merci...» «Soltanto, state molto attenti.» Feci per andar via. «Aspetta. Come sapremo quando è il momento giusto?» «Ho la brutta sensazione che non potrete non accorgervene» risposi. Al calar della notte mi incontrai con Fisk e suo zio. La gente che camminava per le strade sembrava di buon umore malgrado la presenza di numerosi Parassiti. Mentre Fisk si occupava di preparare l'azione, io condussi suo zio sul tetto e di lì ci spostammo di edificio in edificio fino all'abitazione di Bavol. Se non erano fuori a festeggiare, gli altri residenti erano già andati a letto. Estrassi dallo zaino la corda che Fisk aveva comprato per me e l'assicurai attorno al comignolo prima di calarne l'estremità verso il basso. Il bagliore dei lampioni non raggiungeva il vicolo sul retro, e mi augurai con una fitta di apprensione che Bavol si fosse ricordato di aprire la finestra. Serrando la fune, scivolai lungo il fianco della casa, trovando per fortuna gli scuri accostati. Mi arrampicai nella camera di Petalo con la massima cautela, e una volta all'interno mi immobilizzai, ascoltando il suo respiro: era regolare, con un russare occasionale. Diedi uno strattone alla corda, poi la tenni salda mentre lo zio di Fisk scivolava giù. Mi raggiunse nella camera con un tonfo. Ci raggelammo entrambi fino a quando Petalo non riprese a respirare tranquillamente.

Bavol, sveglio e pronto, ci aspettava in camera sua. Il mio compagno sgusciò nel letto, tirandosi su le coperte fino al collo, e il Consigliere venne con me alla finestra sul retro. Avendo vissuto per tutta la vita nel baldacchino della giungla, Bavol non ebbe alcun problema a salire la corda, io lo seguii. Viaggiare per i tetti si rivelò ideale. Scendemmo a terra nei pressi della porta nord, e trovammo un posto per nasconderci. Non c'era traffico. Iniziai a preoccuparmi, e più a lungo il cancello rimaneva vuoto più la tensione cresceva dentro di noi. Mentre cercavo di decidere se dovessimo arrischiarci ad attraversarlo, si avvicinò un gruppo di uomini e donne visibilmente ubriachi. Con voci chiassose, alcuni del gruppo decisero che volevano uscire dalla Cittadella, e ne seguì una discussione, che presto degenerò in rissa. Quando le guardie furono coinvolte nella zuffa, Bavol e io sgusciammo oltre il portone senza essere notati, e una volta lontani dalla guardiola ci mettemmo a correre. Il nostro tempo era limitato. Mi augurai che la casetta di Valek fosse abbastanza lontana dalla Cittadella e dai Distorsori. Kiki nitrì nel suo stallo e io le aprii la mia mente.

Signora-di-Lavanda salva, disse. Spettro arrabbiato. Parlerò più tardi. Non c'è tempo adesso. Spinsi Bavol dentro la

casetta. Valek sedeva sul divano, l'espressione furente.

Ignorai la sua collera. Lui più di chiunque altro doveva sapere che la natura di quell'operazione si prestava a circostanze impreviste. Comunque, capii perché la faccia di Bavol sbiancò quando scorse Valek sul divano. «Mi hai incastrato» disse, facendo un passo indietro. «Rilassati, Bavol. Se Valek avesse intenzione di assassinare il Consiglio, a quest'ora tu saresti già morto. Mi sta aiutando.» Valek sbuffò. «Davvero? Buffo che io me lo sia scordato. O è perché qualcuno si è scordato di me?» Il sarcasmo rendeva pungente ogni parola. Di nuovo ignorai la sua rabbia e lo misi al corrente di ciò che

Bavol mi aveva raccontato. Il suo cipiglio si rilassò leggermente mentre soppesava le nuove informazioni. «Bavol, siediti. Chiudi gli occhi. Pensa a tua figlia» ordinai. Quando si fu sistemato sul divano, io mi protesi verso la coltre di potere. Toccare la fonte generò in me un improvviso fiotto di sollievo. Non usavo la magia da due giorni e ricollegarmi mi diede l'impressione come di essere tra le braccia di mia madre. Proiettai la mia coscienza verso Bavol. I suoi pensieri affettuosi indugiarono sulla sua bambina. Lei sembrava essere sugli otto anni. Ciocche dorate striavano i lunghi capelli castani e una spruzzata di lentiggini le punteggiava le guance. Era una bambina bellissima, e piroettava deliziata dopo che le era stato fatto dono di un pezzetto di linfa candita. Attraverso Bavol, mi protesi verso di lei. Dentro il ricordo, la sua contentezza per la caramella era pari alla gioia di passare del tempo con il padre. Spinsi da parte il ricordo e cercai di trovare Jenniqilla. Sentiva la mancanza del padre con penosa disperazione. Infreddolita e affamata, voleva il papà e la mamma più del cibo e del calore. Si dondolava avanti e indietro, cercando di calmare il bambino che teneva tra le braccia. Il pianto del piccino di due anni aveva avviato una reazione a catena tra gli altri bambini. Una donna passeggiava tenendo su un fianco una bimbetta di un anno e l'uomo cercava di rabbonire un altro. La luce fioca nella stanza di legno proveniva da piccole fessure tra le assi grigie. L'area non conteneva alcun mobilio e soltanto due vasi da notte erano stati piazzati dietro una tenda lacera. A giudicare dall'aspro odore acidulo, i pitali non venivano svuotati da un po'. Jenniqilla aveva la pelle ricoperta di sporcizia e prometteva a se stessa che non avrebbe mai più fatto capricci con sua madre per fare il bagno. Dal pavimento sudicio un brivido gelido le saliva nelle gambe e nella schiena.

Jenniqilla, dissi nella sua mente. Dove sei? Lei si guardò attorno, chiedendosi se qualcuno l'avesse chiamata per nome. Non vedendo nessuno, continuò a cantare per Leevi.

Sono tua cugina, Yelena. Ho bisogno di sapere dove sei, così

potrò aiutare te e gli altri. Lei ricordò come una sua seconda cugina fosse stata presa molto tempo prima, ma fosse ritornata. Se lei è scappata via, allora posso farlo anch'io, pensò. Jenniqilla era troppo piccola per accedere alla fonte del potere. Non poteva comunicare con me direttamente, ma sentiva le mie intenzioni. Ricordò il proprio rapimento. Era al mercato con sua madre, quando a un certo punto l'aveva persa di vista. Mentre vagabondava cercandola, un uomo vestito con la tunica sciolta del Clan Semedisabbia l'aveva afferrata per un braccio, e prima che lei potesse strillare, le aveva premuto sulla bocca e sul naso uno straccio dall'odore dolce. Jenniqilla si era svegliata dentro una cassa e aveva pianto chiamando la mamma. Un uomo aveva picchiato sul legno minacciando di ucciderla se non avesse chiuso la bocca. Aveva avvertito del movimento e quando la cassa si era fermata e l'avevano aperta, lo stesso uomo Semedisabbia l'aveva tirata fuori portandola in un vecchio fienile in disarmo che odorava di marcio. Dentro il fienile c'era un'altra struttura, che odorava di legname segato e aveva serrature lucide sulla porta. Quando l'avevano spinta lì dentro, ombre scure si muovevano negli angoli. Sconvolta e confusa, aveva gridato. Una donna si era materializzata da una di quelle forme nere e l'aveva presa in braccio, cullandola. Dopo che si era tranquillizzata, la donna, Brezza Danzatempesta, le aveva spiegato perché tutti loro erano lì.

Chiedi a Brezza dove siete, incoraggiai Jenniqilla. Ma Brezza non ne era sicura. «Credo da qualche parte nelle terre dei Buonsangue» rispose. Il suo viso si fece pensoso, ma quando io mi proiettai verso di lei, benché confusa abbassò esitante le proprie difese mentali.

Sono qui per aiutarvi, dissi a Brezza, spiegandole chi ero e come

l'avevo trovata.

Grazie alla buona sorte, disse lei. Avevo sperato che un mago del Mastio ci cercasse. Perché ci è voluto così tanto? La aggiornai su ciò che sapevo, poi le chiesi di nuovo dove si

trovassero. Ebbi soltanto un breve scorcio. Percepii la sua frustrazione.

Visualizza per me l'area attorno al fienile. Colline coperte di foreste occhieggiavano dietro il fienile e una grossa fattoria di pietra era situata sulla destra. Qualcosa di bizzarro le aveva catturato l'occhio verso sinistra: un raggio di sole riflesso da uno stagno color cremisi. La forma tuttavia era Più strana del colore. La sua mente dovette rivivere il panico e la paura dell'essere gettata fuori da una cassa e portata dentro l'edificio, per trovare l'immagine richiesta.

Un diamante, esclamò. Il laghetto ha la forma di un diamante. Era un inizio. La ringraziai per l'aiuto e promisi che li avrei trovati. Mi ritrassi da Brezza, poi da Jenniqilla, e fui di nuovo da Bavol. Un sottile filamento si annodò attorno alla mia mente mentre tornavo da lui. Come se un altro potere mi avesse catturato in un parassitico abbraccio. Attraverso la mente confusa del Consigliere, tornai nel mio corpo. Valek era scomparso e un acre odore di fumo mi bruciò il naso. Corsi alla finestra. La stalla era in fiamme.

Capitolo 20 «Kiki!» urlai, correndo. L'immagine della giumenta Semedisabbia intrappolata nel suo stallo e avvolta dalle fiamme mi colmò la mente. Una voce urlò il mio nome. Un cavallo nero stava nel pascolo. Un Distorsore Daviian attizzava la fiamma più alta. Più viva. Più ardente. Non importava. Il parassita nella mia mente aveva preso il controllo. Corsi difilato dentro la stalla, tuffandomi nel fuoco. Il calore mi bruciò la faccia e mi scottò l'interno del naso. Fiamme danzavano con delizia sul mio mantello, divorando le fibre con allegra noncuranza. Le suole dei miei stivali si sciolsero. Il fumo mi prosciugò l'aria dai polmoni. Mi si serrò la gola. Coltelli roventi di dolore mi trafissero la pelle, bruciandone gli strati in pagine di agonia. Il rumore di sangue in ebollizione mi sfrigolava nelle orecchie. Il piacere seguì al dolore e i colori del mio mondo mutarono da bianco rovente e giallo accecante a rosso sangue e nero ghiaccio. Sbalordii nel vedere ciò che mi circondava. Immerso in una morbida luce grigia, il piatto mondo si estendeva per miglia in ogni direzione. Con riluttanza, lanciai un'occhiata al mio corpo, aspettandomi di vedere un cadavere bruciato, ma fui sorpresa di non trovare alcun danno. Mi sembrava di essere senza peso, e le mie gambe e braccia erano lievemente trasparenti. Ero diventata uno spettro? Mi trovavo forse nel mondo d'ombra? Allora dov'erano tutti i Semedisabbia che aspettavano me? Forse erano stati una creazione dell'immaginazione di Uomo-di-Luna. Una bassa risata risuonò dietro di me. «Non li vedi perché hai deciso di non vederli» disse una voce.

Una voce che temevo più di qualsiasi cosa. Il Distorsore di Fuoco mi stava accanto. Aveva perduto il suo manto di fiamme e appariva come un uomo comune. Largo di spalle e con corti capelli scuri, era alto quanto Uomo-di-Luna e la sua pelle scintillava come scolpita nel carbone. Sollevò il braccio verso di me. «Avanti, toccalo. Non è difficile.» Esitai. «Mi leggi la mente?» Rise di nuovo. «No. Ti leggo la domanda negli occhi. Malgrado la paura, sei curiosa. Un tratto ammirevole.» Il Distorsore di Fuoco mi accarezzò il braccio con la punta delle dita, lo schizzai indietro. «Ah, quanta paura di restare bruciata! Sapevo che avevo bisogno di un grande fuoco per attirare il mio piccolo pipistrello. Non è stato poi così brutto, vero?» «Be', neanche bello.» Essendo imprigionata lì con lui, la mia paura si mutò in rassegnazione. Lui parve deliziato della mia risposta. Accennando tutt'attorno, disse: «Dunque che ne pensi del mio mondo di fuoco? Piuttosto monotono?». «Sì. Pensavo che fosse...» Esaminai la piana priva di segni distintivi, con terreno nero e cielo cremisi. «Più caldo? Pieno di anime che bruciavano? Che venissi accolta dal tuo antico torturatore, Reyad, per un'eternità di stupri e torture?» «Pieno di anime» ammisi. L'ultima volta che ero stata attirata nel fuoco, avevo visto altre presenze. «Questo è perché eri insieme a Uomo-di-Luna e lui ha scelto di vedere quelle anime disgraziate. Hanno tutte vissuto coloratissime storie, da vive. Tu le hai bloccate fuori dalla tua mente, non volendo vederle e non volendo che Uomo-di-Luna te le mostrasse.» «Le ho viste nel mondo d'ombra, e l'ho sollevato di quelle penose immagini» protestai. «Davvero? Infestano i tuoi sogni? Stai lavorando con Uomo-diLuna per placarle?» Fece una pausa e, quando io non risposi, sorrise. «Certo che no! Le hai chiuse fuori proprio come hai cacciato via

Uomo-di-Luna e tuo fratello dalla tua vita. Presto Valek li seguirà.» «Almeno saranno al sicuro.» «Nessuno è al sicuro.» Stanca di quelle schermaglie verbali, gli domandai che cosa volesse. Il divertimento svanì dal suo viso in un istante. «Il cielo.» Lo fissai. «lo domino il mondo di fuoco. Adesso controllo anche il mondo d'ombra grazie ai maghi Daviian. Ma benché il mondo d'ombra sia terra di confine tra fuoco e cielo, ancora non posso accedere al cielo.» «Perché?» «Perché una volta che dominerò il cielo, potrò ritornare al mondo vivente.» L'orrore mi percorse. «Che cosa c'è nel cielo?» «La fonte di ogni magia.» Non capivo. Tutti i maghi avevano accesso alla fonte del potere. Lui avrebbe impedito agli altri di usarla? «Sai così poco di magia» mi disse con espressione incredula. Lo scrutai. Il suo viso era mutato, da liscio a coperto di cicatrici di bruciature. La sua pelle si increspava come se si stesse sciogliendo. «Perché hai bisogno di me?» «Tu sei l'unica che può portarmi dentro il cielo.» «E perché dovrei farlo?» «Perché questo è ciò che farò io alla tua famiglia e ai tuoi amici.» Mi toccò il braccio. Un dolore bruciante si propagò alla spalla e mi avvolse la testa. Gli occhi mi divennero caldissimi e asciutti. Gli altri occupanti del mondo di fuoco divennero visibili attraverso un oscillante velo di calore. Anime contorte nel dolore danzavano come fiamme appiccate a un ciocco di legno, torcendosi e dibattendosi. La sofferenza si propagava da loro a ondate. La forza delle loro emozioni mi investì.

Arretrai nell'abbraccio del Distorsore di Fuoco. Lui indicò le diverse anime. «Alcune appartengono a questo luogo, come Hetoo e Makko. Altre sono state mandate dai Daviian per nutrirmi. Hanno accresciuto il mio potere al punto che adesso posso spostarmi nel mondo d'ombra e rubare altre anime.» Mi trascinò attraverso quel mare di sofferenza. «Tuo fratello sarebbe un ottimo acquisto per la mia collezione. La sua magia è forte. Uomodi-Luna invece...» Assaporò il nome del Tessitore di Storie. «... mi porterebbe un rinfrescante potere azzurro. Combinati, tua madre e tuo padre mi darebbero energia. Ma li lascerò vivere tutti se mi aiuti.» «Se ti aiuto, sarai in grado di dominare il mondo dei vivi. In che modo questo li salverebbe?» «Mostrerò loro speciale favore.» Sapevo che loro non avrebbero accettato. Tuttavia trascorrere l'eternità in totale infelicità non era un'alternativa attraente. Il Distorsore di Fuoco mi lasciò andare. Le anime svanirono alla vista e ricomparve la monotona piana. «Molto meglio, non è vero?» domandò il Distorsore. «Sì.» «Questa potrebbe essere la tua eternità. Non è molto interessante, ma è un posto sicuro. Tuttavia...» Mi sporsi avanti. «Potresti vivere nel cielo. È tranquillo e colmo di appagamento e gioia.» «Fino a quando non ci arriverai tu.» «Ho solo bisogno di usarlo per un po'. Una volta che sarò tornato tra i vivi, lascerò te a presiedere alla sua beatitudine.» Una prospettiva allettante, solo che lui aveva cambiato la sua storia e io sapevo di non potermi fidare di ciò che diceva o prometteva. Essere morta non mi aveva affatto liberato delie mie responsabilità. Ma forse, se fossi andata in cielo, avrei potuto attingere alla fonte del potere e fermarlo. «Che cosa dovrei fare?»

chiesi. «Occorre che tu trovi un'anima che sta salendo al cielo e la segua.» «E tu?» «lo sarò con te.» Lo guardai confusa. «Quando andrai in cielo, sarai in grado di esplorare ogni aspetto della magia. Ma per arrivarci, hai bisogno di attirare a te un'anima. Tu sai come farlo. Una volta che avrai l'anima, entra nel fuoco. Vieni da me e insieme saliremo in cielo» spiegò. «Ma io sono già morta. Perché non posso prendere una delle anime che non appartengono a questo luogo?» Lui scosse la testa. «Devi venire di tua spontanea volontà. Non sei morta. Ti ho tirato fuori dalle fiamme prima che potessero consumare il tuo corpo. Inoltre, tutte queste anime appartengono a questo luogo. Non meritano di stare in cielo.» Un'altra contraddizione. Non sapevo a cosa credere. E le sue motivazioni non erano chiare, così gli chiesi: «Perché vuoi tornare al mondo dei vivi?». Il suo viso ustionato si contrasse per la rabbia. Sulle sue spalle eruppero lingue di fuoco. «Lui mi ha mandato qui per trascorrere un'eternità nella disperazione. Ma il suo discendente mi ha liberato, mi ha nutrito di potere in cambio di conoscenza e obbedienza. Il mio padrone è forte, ma non così tanto. E ho superato il potere del mio salvatore. Adesso voglio riprendermi la vita che mi è stata rubata.» «Chi ti ha mandato qui?» «Un traditore Efe di nome Guyan. Allora, abbiamo un accordo? Se non è così, ti toccherà rimanere qui.» Si strinse nelle spalle come se la mia decisione non gli interessasse più di tanto, lo riflettei. II nome di Guyan mi era familiare. Era l'antenato di Gede. Dunque, il mio nuovo Tessitore di Storie era in combutta con il Distorsore di Fuoco. Forse Gede e Jal. il capo dei Parassiti, erano la stessa persona. Avrei dovuto tenere a mente quel particolare la prossima volta che avevo in programma una lezione

con Gede. Emisi una risata strozzata. A quel punto, non ci sarebbero state future lezioni per me. Esaminai la pianura piatta, scrutando nella luce tinta di rosso. Una forma grigia scese in picchiata dall'aria, si tuffò e danzò sopra una figura. Mi avvicinai. Era un pipistrello, ma non c'erano insetti o fonti di calore che giustificassero le sue azioni, eppure beccava e tirava la figura. Un'altra tortura per la povera anima? «Che cosa vedi, Yelena?» domandò il Distorsore di Fuoco. «Il tuo futuro?» «Forse.» Distolsi lo sguardo. «Tornerai?» «Sì.» Tese la mano, lo l'afferrai. Il mio mondo si fuse in una vampata di calore e si raffreddò altrettanto rapidamente in un turbine di cenere e fumo. Giacevo tra le macerie della stalla. Travi carbonizzate poggiavano in angoli sghembi, pezzi contorti di metallo annerito costellavano il suolo, e l'arido odore di cuoio bruciato aleggiava nell'aria. Scesi incespicando dalla pila di legna ancora calda. Buchi di bruciature mi disseminavano gli abiti e fuliggine mi striava la pelle. Il mantello era andato. La peluria sulle mie braccia era bruciata. Portai le mani alla testa, fermandomi quando incontrai stoppie mezzo bruciate invece dei capelli. I miei stivali rovinati scricchiolavano sui resti della stalla e sprofondavano in pozze riempite di ceneri mentre camminavo, cercando Kiki. Nessuna risposta ai miei richiami né mentali né fisici. Poi dietro di me risuonò un forte sbattere e mi voltai, vedendo Valek ritto sulla soglia della casupola. Risi nel vedere la sua espressione di completa e totale sorpresa. Poi le gambe mi si fecero di gelatina quando mi resi conto di cosa avrei realmente perso qualora avessi mantenuto la promessa fatta al Distorsore di Fuoco. I miei sforzi erano così incentrati sul tentativo di proteggere lui - di proteggere tutti quanti - che non avevo considerato il prezzo che avrei dovuto pagare. Caddi.

Lui mi fu accanto in un istante. Mi accarezzò il viso con un tocco leggero come una piuma, fissandomi con espressione incerta. «Sei vera?» domandò. «O è soltanto uno scherzo crudele?» «Sono vera. Una vera stupida, Valek. Non avrei mai dovuto dire... non avrei mai dovuto fare...» Trassi un profondo respiro. «Perdonami, ti prego.» «Mi prometteresti di non rifarlo mai più?» chiese lui. «Mi dispiace. Non posso.» «Allora sei senz'altro vera. Una vera spina nel fianco, ma sei quella di cui mi sono innamorato.» Mi attirò a sé. Mi aggrappai a lui con l'orecchio premuto contro il suo petto. Il battito del suo cuore, risoluto e concreto, mi confortò. La mia magia non era in grado di raggiungere la sua anima, ma lui me l'aveva data liberamente. «Perché eri così decisa a spingermi via, amore?» «Paura.» «Non è la prima volta che affronti la paura. Che cosa c'è di diverso ora?» Ottima domanda. La risposta mi atterriva. Fino a quel momento avevo creduto di voler proteggere i miei amici e la mia famiglia dal Distorsore di Fuoco. «Ho paura dei miei poteri.» Le parole mi sgorgarono di bocca, irrompendo attraverso l'invisibile barriera che avevo eretto tra noi. «Se raccogliessi abbastanza anime, so che otterrei potere sufficiente per sconfiggere tutti i Distorsori, incluso il Distorsore di Fuoco. Una prospettiva abbastanza allettante da indurmi a voler proteggere te da me.» Valek si ritrasse e mi sollevò il capo così da potermi guardare negli occhi. «Tutto quello che devi fare è chiedere. Non esiteremmo a darti le nostre anime per sconfiggere i Distorsori.» «No. Dev'esserci un altro modo.» «E cioè...?» «Quando l'avrò scoperto, sarai il primo a saperlo.» E prima che lui potesse commentare, aggiunsi: «Non mi hai ancora risposto. Mi

perdoni?». Lui sospirò in modo teatrale. «Sei perdonata, sì. Adesso andiamo dentro, puzzi di fumo.» Valek mi aiutò ad alzarmi. Quando provai a reggermi da sola, per un momento vacillai sulle gambe malferme. «Dov'è Kiki?» «Quando sei scomparsa dentro la stalla, lei è corsa via e non è ritornata.» Volevo trovarla e rassicurarla, ma al mio corpo mancava l'energia. Camminammo verso la casupola. La vivida luce del mezzodì ardeva nel cielo. Non potevo più pensare al cielo senza ricordare il mio patto con il Distorsore di Fuoco. L'inquietudine mi strinse il petto. «Dov'è Bavol?» domandai per distrarmi. «Il Distorsore Daviian l'ha catturato mentre io cercavo di spegnere il fuoco. Lo uccideranno?» «No. Hanno bisogno di lui e di tutti i Consiglieri per mantenere la finzione che il Consiglio e i Maestri Maghi siano in carica.» «Quanto durerà tutto questo?» «Non molto.» «Verranno a cercarci qui?» Il Distorsore di Fuoco aveva ottenuto ciò che voleva. «No. Ma è necessario che noi riprendiamo il controllo.» «Noi, amore? Credevo potessi gestire la cosa da sola.» Vedermela con il Distorsore di Fuoco era compito mio, ma in quanto al resto, mi occorreva aiuto. «Mi sbagliavo.» Valek scaldò dell'acqua e riempì la tinozza di ferro. Mi tolse i vestiti bruciati. Ora che ebbi finito di fare il bagno, mi aveva portato un cambio d'abiti pulito. «Cos'è questo?» domandò. Reggeva in mano il pipistrello di vetro di Opale. Gli raccontai della mia visita a Opale. «Come collega artista, che cosa pensi della realizzazione?»

Valek esaminò la statuetta, rigirandola da tutti i lati. «È una riproduzione accurata. La colorazione corrisponde a quella di una delle specie più piccole di pipistrelli della giungla. È appiccicoso di magia. La sento, ma non posso vederla. Tu sì?» «L'interno è luminoso come se del fuoco fuso fosse stato catturato nel ghiaccio.» «Varrebbe la pena di vederlo, allora.» Pensando a ciò che il Distorsore di Fuoco aveva fatto per mostrarmi il suo mondo, toccai la spalla di Valek e mi aprii a lui, lasciandogli vedere il pipistrello attraverso di me. «Aah... spettacolare. Tutti possono vedere questo effetto?» «Solo i maghi.» E il Comandante, pensai. «Ottimo. Questo mette a tacere quella questione, io non sono un mago.» «Allora cosa sei? Non sei nemmeno una persona comune.» Valek finse di essere mortificato. «Andiamo» dissi. «Le tue abilità di combattente hanno un aspetto pressoché magico. La tua capacità di muoverti senza fare rumore e di confonderti con le ombre e con la gente sembra straordinaria. Puoi comunicare con me da enormi distanze, ma io non posso contattarti.» «Un anti-mago?» «Forse, ma scommetto che Bain potrebbe trovarne la prova in uno dei suoi libri.» Raccontai a Valek del tunnel e dei famigliari dei Consiglieri, descrivendogli il laghetto. Lui rifletté. «Sembrerebbe il Lago Diamante nelle terre dei Gemmarosa. È vicino al confine dei Buonsangue. Il Clan Gemmarosa ha creato una serie di laghi che assomigliano alle forme delle gemme, e l'acqua riflette i colori.» «Perché rosso?» «Perché il Clan Gemmarosa è famoso per i suoi rubini tagliati a forma di diamante. Perfino il Comandante ne ha uno da sei carati su un anello, ma ha smesso di portarlo dopo il colpo di stato. Mi

chiedo...» Di nuovo, lo sguardo di Valek si fece distante. «Cosa?» Mi guardò come se stesse valutando se rivelarmi qualcosa di importante. «Hai mostrato al Comandante il tuo pipistrello?» «Sì.» «E?» Esitai. Avevo dato la mia parola al Comandante Ambrose che avrei mantenuto il segreto riguardo a ciò che lui chiamava 'a sua mutazione". Raccontare a Valek del pipistrello avrebbe "franto quella promessa? «So del Comandante, amore. Come hai potuto credere che potessi aver passato con lui gli ultimi ventun anni senza accorgermi di nulla?» «lo...» «Dopotutto...» Valek fece una smorfia paurosa. «... io sono Tantimago!» Risi. «Perché non me l'hai detto?» «Per la stessa ragione per cui non l'hai fatto tu.» Riavvolse il pipistrello nella stoffa e lo risistemò nello zaino. «Il Comandante ha visto il bagliore, lo penso che il suo corpo contenga due anime, ma non ho idea del come o del perché ciò sia magico. E se davvero possiede dei poteri, perché non è deflagrato dopo la pubertà?» «Due anime? La madre di Ambrose morì durante la sua nascita e ci fu una certa confusione. La levatrice insisteva che era nato un maschio, tuttavia più tardi suo padre si trovò tra le braccia una bambina. Cercarono traccia di un secondo neonato ma non trovarono nulla, e così attribuirono l'accaduto al fatto che la levatrice era sconvolta per la perdita della paziente. Ambrose era solito incolpare quell'invisibile gemello ogni volta che era nei guai, il che, dai suoi racconti, avveniva piuttosto spesso. La sua famiglia lo assecondò quando cominciò a indossare abiti da ragazzo e a farsi chiamare Ambrose. Parve poca cosa in a confronto ad alcune altre sue stranezze.»

«Sua madre possedeva poteri magici?» «Era ritenuta una guaritrice, ma non so se guarisse con la magia o con rimedi ordinari.» Valek svuotò la tinozza mentre io tentavo di sistemare i miei capelli rovinati. Alcune sezioni erano rimaste lunghe, mentre altre erano come stoppie, bruciate fino alla radice. «Lascia fare a me, amore.» Valek mi tolse la spazzola dalle mani e frugò tra le proprie cose fino a trovare il suo rasoio. «Mi dispiace, nient'altro servirà.» «Come sei diventato così bravo con i capelli?» «Ho passato una stagione a lavorare sotto copertura come pettinatrice personale della Regina Jewel. Aveva capelli bellissimi e folti.» «Aspetta, ero convinta che tutti i servitori della Regina dovessero essere donne.» «Buona cosa che nessuno abbia pensato di guardare sotto la mia gonna.» Valek sogghignò con sfacciata delizia mentre mi tagliava i capelli. Grosse ciocche cadevano fluttuando sul pavimento. Le fissai, cercando di convincermi che perdere i miei capelli non era importante. Tanto più che non ne avrei avuto bisogno nel mondo di fuoco. Dopo che ebbe finito, Valek disse: «Questo sarà d'aiuto con il tuo travestimento». «Il mio travestimento?» «Ti stanno cercando tutti. Se ti travesti da uomo, sarai molto più difficile da trovare. Tuttavia...» Studiò il mio viso. «Userò un po' di trucco. Essere un uomo non attirerà attenzione indesiderata a meno che non notino che non hai sopracciglia.» Mi toccai con la punta delle dita la sporgenza sopra gli occhi, tastando pelle glabra. Mi chiesi se sarebbero ricresciute. Di nuovo, allontanai l'idea. Non avrebbe avuto importanza alla fin fine. «Che cosa dobbiamo fare per prima cosa? Cercare di trovare la galleria che conduce al Mastio, ammesso che esista? Oppure andare a liberare i familiari dei Consiglieri?»

«Dovremmo...» Valek annusò l'aria come se sentisse un odore pericoloso. «Sta arrivando qualcuno.»

Capitolo 21 Mi fece cenno di aspettare e uscì senza un rumore, lo afferrai il mio coltello a serramanico e attraversai il soggiorno di soppiatto. Un mormorio di voci filtrava dalla cucina. La porta si spalancò non appena la raggiunsi. Brandii il coltello contro la massiccia figura sulla soglia. «Cos'è successo ai tuoi capelli?» domandò Ari. «Sei tutta intera?» Janco lo seguì all'interno. «Guarda cosa succede quando te la svigni senza di noi!» «Essere catturata e portata a Sitia dentro una cassa non lo chiamerei esattamente svignarsela» ribattei. Janco inclinò la testa da una parte e dall'altra. «Aha! Sembri proprio un cespuglio spinoso di DM-4. Se ti seppellissimo fino al collo, potremmo...» «Janco» lo ammonì Ari con voce strascicata. «Se voi signori avete finito, gradirei sapere perché avete disobbedito ai miei ordini» disse Valek. Janco scoccò uno dei suoi sorrisi da predatore come se avesse previsto quella domanda e si fosse già preparato una risposta. «Noi non abbiamo disobbedito ad alcuno dei tuoi ordini. Hai detto di tenere d'occhio il fratello di Yelena, il tipo grosso dall'aria minacciosa e gli altri. Così abbiamo fatto.» Valek incrociò le braccia e attese. «Ma non hai specificato che cosa dovessimo fare se le persone a noi affidate fossero venute a Sitia» aggiunse Ari. «Come hanno potuto fuggire dal castello e passare il confine?» L'espressione sul viso di Valek rivelava la sua estrema irritazione. Un lampo di allegria illuminò gli occhi di Janco. «Questa è una gran bella domanda. Ari, per favore, racconta al nostro industrioso capo come sono scappati i Sitiani.» Ari scoccò al compagno un'occhiata malevola, che non intaccò

minimamente il buonumore di Janco. «Hanno avuto un aiutino» ammise. Di nuovo, Valek non disse niente. Ari cominciò ad agitarsi, e io mi coprii la bocca per impedirmi di ridere. Quell'omone assomigliava a un bambino di dieci anni che sapeva di essere in procinto di passare un grosso guaio. «Li abbiamo aiutati noi.»

«Noi?» gli fece eco Janco. «lo» ammise Ari con aria miserevole. «Contento adesso?» «Sì.» Janco si stropicciò le mani. «Così va bene. Avanti, Ari, digli perché... Tuttavia, io penso che l'abbiano magicato» concluse agitando le dita. «Non hanno usato magia. Solo buonsenso e logica.» Valek sollevò un sopracciglio. «Stanno accadendo strane cose qui» continuò Ari. «Se noi non le raddrizziamo, la cosa si diffonderà come una malattia e ci ucciderà tutti.» «Chi ti ha detto questo?» chiesi. «Uomo-di-Luna.» «E dove sono adesso?» domandò Valek. «Accampati a circa un miglio a nord di qui» rispose Ari. Lo scalpitio di cavalli ci raggiunse prima che Valek potesse commentare. Attraverso la finestra, vidi Kiki seguita da Topaz, Garnet e Rusalka. «Come ci hanno trovato?» La voce di Valek era come un Pugnale di ghiaccio. Janco parve sorpreso. «Non sapevano dove stessimo andando. Ho detto loro di aspettarci.» «Non è frustrante quando nessuno obbedisce ai tuoi ordini?» chiese Valek. Andammo fuori. Tauno cavalcava Kiki e lei venne dritta da me. Mi spinse il petto con il naso. Le aprii la mia mente.

Non andare più dentro fuoco, disse. Non risposi. Invece la grattai dietro le orecchie mentre Tauno le scivolava giù dal dorso. Lui mi salutò con un'occhiata fredda e tornò dagli altri. Leif, Uomo-di-Luna e Marrok indugiarono accanto ai loro cavalli mentre parlavano con Ari e Janco. Dal cipiglio di mio fratello e dal fare sprezzante di Tauno capii che erano in collera con me. Non potevo biasimarli: mi ero comportata male. Animazione accendeva il viso di Marrok, e sperai che Uomo-di-Luna fosse riuscito a ritessere la sua mente in un tutto coerente. Entrarono tutti, ma io rimasi indietro, prendendomi cura dei cavalli il meglio possibile con spazzole bruciacchiate e fieno abbrustolito! Parte della palizzata del pascolo aveva preso fuoco ed era crollata. Fissai il varco, sapendo che i ben addestrati cavalli Semedisabbia non avevano bisogno di recinto e che Onyx e Topaz sarebbero rimasti con loro. Tentai comunque di riparare la sezione distrutta mentre il sole calava e l'aria notturna si faceva gelida. Continuai a lavorare anche quando i cavalli decisero che faceva troppo freddo all'aperto e lasciarono il pascolo per cercare calore sotto un ciuffo d'alberi. Valek arrivò mentre picchiavo su un paletto con una pesante pietra, mi bloccò e mi tolse di mano il martello di fortuna. «Vieni dentro, amore. Abbiamo dei piani da discutere.» La riluttanza mi tratteneva i piedi come se camminassi nelle sabbie mobili. La conversazione nel soggiorno si estinse nel momento in cui entrai. Uomo-di-Luna mi guardò con occhi colmi di tristezza e mi chiesi se sapesse del mio patto con il Distorsore di Fuoco o se fosse solo contrariato dalle mie azioni. Era stato acceso un fuoco, lo vi sedetti vicino, scaldandomi le dita gelate e sanguinanti, non più spaventata dalle fiamme. Le anime intrappolate dentro il fuoco si contorsero. Il loro dolore e la loro presenza erano chiari, e mi chiesi come fossi riuscita a ignorarle in precedenza. Distolsi lo sguardo. Tutti mi fissavano. Ari e Janco stavano in

piedi, come se fossero pronti a balzare in azione. «Ho passato il vostro esame?» domandai. «Non tuffandomi dentro le fiamme, intendo.» «Non si tratta di questo» rispose Janco. «Hai un pipistrello piuttosto brutto attaccato al braccio.» In effetti, un pipistrello delle dimensioni di una mano mi scrutava dalla parte superiore del mio braccio sinistro. I suoi occhi ardevano d'intelligenza; i suoi artigli mi affondavano nella manica. Lo portai fuori, i miei tentativi di liberarlo fallirono. Non voleva andarsene. Pareva soddisfatto di starsene sulla mia spalla, così tornai dentro. Nessuno fece commenti sul mio nuovo amico. In effetti, Leif guardava il pipistrello con espressione pensosa. Gli altri attesero. Passò un momento, finché non mi resi conto che aspettavano che fossi io a cominciare. A prendere le decisioni. A mettere in moto gli eventi. Anche dopo che li avevo lasciati prigionieri del Comandante, guardavano ancora a me. E questa volta, invece di indietreggiare e spingerli via, accettai la responsabilità. Accettai il fatto che potevano venire feriti o uccisi, e compresi che la mia vita sarebbe stata il prezzo per impedire al Distorsore di Fuoco di tornare. «Leif» dissi. Lui balzò su come se qualcuno l'avesse morso. «Voglio che tu e Uomo-di-Luna andiate alla biblioteca della Sala del Consiglio e cerchiate indizi su una galleria per entrare nel Mastio.» Spiegai le osservazioni di Bain. «Uomo-di-Luna può travestirsi da Parassita e speriamo non vi catturino. Non usate la magia, d'ora in avanti. Non farà che tirarveli addosso.» Uomo-di-Luna e Leif annuirono. «Marrok?» «Sissignore.» «Sei in grado di combattere?» «Pronto, volenteroso e abile, signore.» Feci una pausa, inghiottendo un improvviso nodo in gola. Stando

alle loro espressioni determinate, erano tutti volenterosi. Almeno, il sorrisetto soddisfatto di Valek era meglio che sentirlo dire Te l'avevo

detto, io.

«Ottimo. Marrok e Tauno accompagneranno Valek e me. Andremo a sud per liberare gli ostaggi.» Ari si schiarì la gola come se volesse protestare. «Non mi sono scordata di voi due. Ho bisogno che entriate nella Cittadella e aiutiate a organizzare la resistenza.» «Resistenza?» domandò Valek. «Non ne ho mai sentito parlare.» «Ho messo un'idea nella testa di un mercante, e penso che, se Ari e Janco si travestissero da commercianti, potrebbero muoversi per la Cittadella. Ari dovrà tingersi i capelli. Oh, e trovate un ragazzino che si chiama Fisk. Ditegli che siete miei amici e lui vi aiuterà a trovare contatti.» «E quando e dove, o Possente Yelena, dobbiamo resistere?» chiese Janco. «Ai cancelli del Mastio. Quando, di preciso non lo so ancora, ma accadrà qualcosa e lo capirete.» Janco e Ari si scambiarono un'occhiata. «Adoro la fiducia» commentò Janco. «E quando cominciamo, amore?» «Ciascuno si faccia una bella notte di sonno e cominceremo i preparativi domattina. Partiremo di buon'ora. Avete abbastanza travestimenti per tutti e quattro o ci occorre fare scorte? Soldi?» Valek sorrise. «Intendi, razziare qualche filo del bucato? Rubare un paio di borse? No. Le mie case sicure sono ben fornite di ogni genere di articoli.» Leif fu l'unico a essere allarmato dalla sua affermazione. La stanza si animò del rumore di conversazioni multiple. Furono stesi piani e decise azioni. La scontentezza di Tauno all'idea di essere separato da Uomo-di-Luna divenne palese. Chiese perché lo volessimo. Gli spiegai che avevamo bisogno di un bravo esploratore. «Che ne dite di Marrok?» domandò.

«Lui ci serve solo in caso abbiano trasferito i prigionieri. Può seguirne la pista fino alla nuova sistemazione.» Volevo anche parlare con lui e scoprire perché avesse accusato Leif e me di aver contribuito alla fuga di Ferde. Il mattino seguente, il mio gruppo sellò i cavalli. Dal momento che non avremmo attraversato le Pianure Avibiane, Valek cavalcava Onyx, Tauno era in sella a Carnet e Marrok montava Topaz. Valek aveva usato le sue tecniche per trasformarci in membri del Clan Krystal, e indossavamo le caratteristiche tuniche grigio chiaro e le scure brache aderenti di lana, che si accordavano con le corte cappe con cappuccio e stivali neri. Prima che partissimo, Leif mi porse un fagotto delle sue erbe. «Dal momento che non puoi usare la magia, potresti aver bisogno di queste. Ci sono istruzioni su come usare ciascuna di esse dentro l'involto.» «Leif, io...» «Lo so. Sinceramente, non mi piaceva la persona diffidente e meschina che eri diventata a Ixia. Il fuoco ha riportato indietro la mia vera sorella. Quindi sta' attenta, perché mi piacerebbe averla attorno per un po'.» «Fa' attenzione anche tu. Non farti prendere. Non vorrei doverlo dire a nostra madre. Non sarebbe contenta.» Leif guardò Ari e Janco, che litigavano per chi avrebbe guidato il carro e chi avrebbe montato la guardia. «Discutono sempre così?» Scoppiai a ridere. «È parte delle loro attrattive.» Leif sospirò. «Mi sorprende che ce l'abbiamo fatta ad arrivare a Sitia senza essere scoperti.» Fece una pausa per riflettere. «Credo che effettivamente mi mancheranno.» «A me succede sempre.» Stabilimmo per ciascuno un tempo e un luogo d'incontro, sapendo che la casetta non sarebbe più stata sicura. Salutai Leif e gli altri e ci dirigemmo a ovest, sperando di raggiungere il confine con le terre del Clan Krystal al cader della notte. Di lì avremmo seguito il confine verso sud, fino al territorio dei Danzatempesta. Poi

avremmo attraversato la regione dei Danzatempesta e dei Buonsangue prima di raggiungere il confine con quello dei Gemmarosa. Se qualcuno ci avesse fermati durante il tragitto, avevamo ideato una storia di copertura. Stavamo consegnando campioni di quarzo al Clan Gemmarosa. Il clan di Irys tagliava e levigava gemme e pietre di ogni tipo; disegnavano e producevano praticamente tutta la gioielleria di Sitia. Travestita da uomo, adottai il nome di Ellion e chiesi a tutti di chiamarmi così. La giornata si fece calda nel vivido sole e noi ci portammo a un'andatura rapida. Valek sperava che il clima temperato attirasse gente nelle strade. «Perché?» chiese Tauno. «Saremo un gruppo tra molti, anziché gli unici» spiegò Valek. Cavalcarono assieme discutendo del modo migliore per trovare il fienile che racchiudeva i familiari dei Consiglieri. Kiki stava a fianco di Topaz. Le era mancata la sua compagnia e io mi chiesi se Cahil piangesse la perdita del suo cavallo. Erano stati sempre insieme da quando Cahil era giovanissimo. I miei occhi si posarono su Garnet. Rabbrividii immaginando di dover affrontare l'ira del Mastro di Stalla: Garnet era con noi da parecchio tempo, ormai, e io avevo perso il miele avibiano che avevo comprato per addolcire il Mastro di Stalla. Mi avrebbe fatto pulire finimenti e spazzare stalli per settimane. Sbuffai divertita. Avevo trovato una nota positiva nel trascorrere l'eternità con il Distorsore di Fuoco: niente letame da spalare. E niente pipistrello. Il mio nuovo amico stava appeso all'orlo del mio cappuccio. Il suo peso posava comodamente nell'incavo della mia spalla e lui pareva soddisfatto di passare dormendo le ore di luce. Marrok rimase silenzioso per l'intera giornata, ma io volevo sapere che cosa gli fosse successo alla Cittadella. «Cahil mi ha raggirato» rispose quando glielo chiesi. «Ci sono cascato. Quando mi ha detto che era rimasto con Ferde per scoprire

la portata delle operazioni dei Daviian gli ho creduto. Ho aderito entusiasticamente al suo piano per attirare di nuovo Ferde alla Cittadella. Ho rimpianto la tua interferenza inopportuna. Lui mi ha convinto a confessare e a nominare te e Leif come complici. Sosteneva che l'avrebbe aiutato a persuadere il Consiglio ad attaccare Ixia. Aveva promesso...» Marrok fece una pausa, passandosi una mano lungo la guancia destra. «Dopo che confessai, mi si rivoltò contro. Un errore che ho pagato caro...» Rabbrividì. «Sto ancora pagando, in effetti.» «I tradimenti fanno male» concordai. Marrok mi guardò con sorpresa. «Non penserai che lasciarci a Ixia sia stato un tradimento?» «No. Non era quella la mia intenzione. Volevo proteggervi, e sono stata onesta con voi fin dal principio. Solo che non ero onesta con me stessa. Un errore.» «Che stai ancora pagando?» Marrok sorrise, e quel gesto lisciò i segni del tempo e delle preoccupazioni sul suo viso vissuto, facendolo sembrare più giovane. «Sì. Il problema con gli errori è che tendono a prolungarsi. Ma una volta che avremo finito con i Parassiti e Cahil, io avrò pagato per tutti i miei sbagli. Appieno.» Marrok mi rivolse un'occhiata interrogativa, ma io non volli entrare nei dettagli. Chiesi invece: «Rammenti quando sei stato liberato dalla Cittadella?». Lui sogghignò tristemente. «Mi dispiace, no. All'epoca non ero in condizioni di pensare. Uomo-di-Luna è una meraviglia. Gli devo la vita.» Si guardò attorno, poi abbassò la voce. «A essere qui senza di lui, mi sento... fragile. E questo è duro da ammettere per un vecchio soldato.» Cavalcammo in silenzio per il resto del tragitto. Intorno a mezzanotte piantammo il campo. Buffo come ci dedicammo automaticamente ai rispettivi compiti senza discutere. Tauno andò a caccia di conigli e io mi dedicai ai cavalli. Valek cercò legna per il fuoco e Marrok preparò il pasto. «Sono abituato alle razioni dei soldati durante le marce, dunque

non vi aspettate che questo sia saporito come quello di Leif» annunciò Marrok mentre metteva nei piatti la sua versione dello stufato di coniglio. Era lievemente insipido, ma ci riempì lo stomaco. Dopo cena, stendemmo le nostre stuoie per dormire e stilammo dei turni di guardia, lo condivisi una coperta con Valek, desiderando stare vicino a lui. Lo strinsi forte. «Che c'è, amore?» mi bisbigliò all'orecchio. «Di rado sei così silenziosa.» «Sono solo preoccupata per le famiglie dei Consiglieri.» «lo credo che abbiamo la situazione in pugno. Tra la mia pozione soporifera per le guardie, il tuo curaro per i Distorsori e l'elemento sorpresa, dovremmo liberarli in un batter d'occhio.» «E se uno dei prigionieri fosse malato? O morente? Se usassi la magia, rischierei di far sapere ai Parassiti dove sono e cosa sto facendo.» «Allora dovrai decidere che cosa è più importante: la vita di una persona o il successo della missione per il futuro di Sitia. Non ha senso preoccuparsi. Usa piuttosto la tua energia per decidere come reagiresti in ogni circostanza che riesci a immaginare. È più prudente prepararsi a tutte le eventualità che agitarsi.» Aveva ragione. Alla fine mi addormentai. Ombre infestarono il mio sonno. Scorrazzavano per il mondo d'ombra, smarrite e spaventate. Ogni volta che appariva il vivido calore, si nascondevano e aspettavano che il rovente cacciatore svanisse. Ogni volta il cacciatore ne catturava altre nella sua rete di fuoco. Loro non capivano perché venisse e non sapevano niente del ponte per il cielo. Stavano aggrappate a questo mondo, bramose di vendetta e di giustizia. Avevano bisogno di una guida che le convincesse a staccarsi e mostrasse loro la via. «Ellion... Ellion... Yelena! Svegliati.» Spinsi via il braccio, con l'intenzione di girarmi dall'altra parte. «Stanca» borbottai.

«Sì, lo siamo tutti. Ma è il tuo turno» disse Valek. Battei le palpebre. Non volevano stare aperte. «C'è un bricco di tè sul fuoco.» Quando io non accennai a muovermi, lui mi spinse giù dal materassino e si rannicchiò al mio posto sotto le coltri. «Aah. Ancora caldo.» «Sei cattivo» dissi, ma lui finse di dormire. Avevamo trascorso gli ultimi quattro giorni cavalcando ogni minuto che potevamo per trasformare un viaggio di sette giorni in uno di cinque. E dal momento che Tauno era partito prima di cena per esplorare la zona, avevamo una persona in meno a sorvegliare il campo. Il mio pipistrello planava al di sopra del calore ascendente del fuoco. Era sempre stato con me durante il giorno e a caccia di cibo la notte. Bramai di volare con lui, librandomi sopra la terra. Tauno tornò il mattino seguente riferendo che non c'era alcun segno di attività lungo il nostro percorso verso il confine dei Gemmarosa. «C'è un buon posto per accamparsi circa due miglia a sud del confine» disse. «Vi raggiungerò là.» E se ne andò. Mi chiesi che cosa l'avesse tenuto sveglio. Diversamente da Tauno, io avevo dormito qualche ora la notte precedente. Forse non avrei più dovuto lamentarmi. Facemmo i bagagli e seguimmo la pista di Tauno. Dopo un'altra giornata tranquilla, trovammo il luogo per accamparci senza alcun problema. Tauno ricomparve con la cena che gli pendeva dalla cintura. «Ho scoperto la posizione del fienile» disse macellando i conigli. «Si trova a quattro miglia a ovest in una piccola conca.» Valek lo interrogò per avere dettagli. «Dovremo colpire nel buio» disse. «Ci muoveremo dopo mezzanotte, lasceremo i cavalli tra gli alberi e poi attaccheremo.» Tauno fu d'accordo. Fece a cubetti la carne e la versò nella pentola, «lo dormirò, allora.» Mentre Marrok rimestava lo stufato, Valek preparò le cerbottane di canna e io sellai i cavalli. Garnet sospirò quando fissai

strettamente le fibbie del suo sottopancia. «Non è lontano» dissi a voce alta. «Poi potrai riposare.» Raggiunsi Marrok e Valek accanto al fuoco. Stavano mangiando il loro stufato e io riempii una ciotola per me. Il sugo aveva un sapore migliore; c'era un tocco di speziato. «Questo è buono» dissi a Marrok. «Penso che tu ci stia Prendendo la mano. Che cos'hai aggiunto?» «Un nuovo ingrediente. Sai dire cos'è?» Quando assaggiai un'altra cucchiaiata, mi rigirai il liquido nella bocca prima di inghiottire. Il retrogusto mi ricordò la ricetta dei biscottini preferiti di Rand. «Zenzero?» Valek lasciò cadere il suo stufato. Balzò in piedi ma vacillò. Un'espressione di orrore gli increspò la fronte. «Radice di ranuncolo!» «Veleno?» «No.» Piombò sulle ginocchia. «Pozione soporifera.» Valek crollò a terra. Ma appena prima di chiudere gli occhi, mi fece l'occhiolino. Mi guardai attorno. Marrok era chino sulla sua ciotola, apparentemente addormentato. Una stanchezza profonda fino all'osso mi si diffuse per tutto il corpo, ma rimasi sveglia. Forse non avevo inghiottito abbastanza radice di ranuncolo. Non volendo farmi scoprire consapevole, estrassi il coltello a serramanico e nascosi l'arma nel palmo della mano con il pollice posato sul pulsante. Afflosciandomi, lasciai cadere di lato la parte superiore del corpo. Lo stufato mi si rovesciò dal grembo sul terreno, inzuppandomi i pantaloni. Grandioso. Finsi di dormire. I muscoli mi si irrigidirono e il freddo mi si insinuò nelle ossa. Cercando di non rabbrividire, tesi le orecchie per udire qualsiasi rumore mi desse un indizio su cosa stava succedendo. I cavalli nitrirono in allarme e io aprii la mia mente a Kiki per la prima volta da giorni, sperando che il minimo uso della mia magia non allertasse nessuno.

Cattivo odore, disse lei. Uomo Taciturno ha legato redini.

Uomo Taciturno? Lei sbuffò e mi mostrò un'immagine di Tauno.

Perché l'avrebbe fatto? Chiedi Garnet. Dove siete andati oggi, Garnet?, domandai. Vedere gente. Odorare paura. Interruppi il collegamento quando sentii delle voci che si avvicinavano. «È stato facile! Tutto quel parlare sulla Cercatrice d'Anime e il Guerriero Fantasma, e guardali! Dormono come bambini» disse una voce maschile. «La fiducia è un potente alleato, giusto, Tauno?» chiese una voce femminile. Aveva lo stesso accento dei Semedisabbia. Tauno era in combutta con loro? Oppure l'avevano catturato e costretto ad aiutarli? «Giusto. E la fiducia è cieca. Nessuno ha sospettato di me, neppure dopo l'imboscata nelle pianure.» Rise. «La fiducia è per gli stupidi. Perfino gli Anziani Semedisabbia non ne avevano idea. La mia abilità nel trovare gli accampamenti Daviian li sbalordiva.» Ridacchiarono, divertiti. La rabbia mi filtrò nel sangue. Tauno poteva aver fiducia che gli avrei fatto rimpiangere le sue azioni. Mentre quelli decidevano cosa fare, io contai quattro diverse voci. Due uomini e una donna, più il traditore Tauno. Progettavano di usare Marrok per blandire il Consiglio, e di portare me al loro capo, Jal. «Uccidi il Guerriero Fantasma» ordinò uno dei Parassiti. «Assicurati di tagliargli la gola e raccogliere il suo sangue. Sarà una giusta vendetta per Alea e suo fratello.» Attesi. Delle braccia mi cinsero il petto e un altro paio le caviglie, sollevandomi dal terreno. «Adesso!» urlò Valek. Azionai il coltello e raccolsi le ginocchia verso il petto, attirando il

sorpreso Parassita che mi teneva per i piedi sulla mia lama. Sangue caldo mi sgorgò sulle mani. Strappai l'arma dal suo stomaco prima che l'altro Parassita mi lasciasse cadere a terra. Mi affannai ad alzarmi in piedi mentre estraeva la scimitarra. Coltello a serramanico contro scimitarra. Sfida impari. E avevo usato il curaro della mia lama sul primo uomo. Quello non sarebbe stato uno scontro lungo. Lanciai un'occhiata a Valek. Combatteva contro Tauno e la donna. La sua spada contro le loro lance. Minore disparità. Sperai di poter resistere abbastanza a lungo perché Valek mi aiutasse. «Lascia cadere l'arma» mi ordinò il Parassita. Quando non obbedii, lui menò un fendente e io schivai di lato. Fece un affondo, lo indietreggiai. Mulinò verso il mio collo. lo mi chinai. Lui guidava e io danzavo. A corto di fiato per lo sforzo, il Parassita disse: «Non ti faremo del male se ti arrendi». Dopo un altro assalto, mi resi conto di ciò che stava facendo. «Non ti è permesso uccidermi» lo provocai. «Jal mi vuole viva così da potermi dare in pasto al suo cucciolo, il Distorsore di Fuoco!» La mia boria lo fece infuriare. Aumentò la cadenza dei fendenti. Pessima decisione. «Posso sempre farti male. Farti sanguinare. Torturarti.» La sua lama mi squarciò il mantello. Feci un passo indietro mentre sgorgava sangue dal taglio lungo il mio braccio. Davvero pessima decisione. Lui avanzò, lo arretrai. La sua scimitarra trovò altre aree scoperte e presto le mie gambe e braccia furono costellate di tagli sanguinanti. Sentivo la testa girare e i miei piedi si muovevano con insolita lentezza. La mia energia si prosciugava con velocità allarmante. A un tratto comparve il mio pipistrello. Si tuffò in picchiata verso il mio avversario, tirandogli i capelli. Il Parassita agitò le braccia, offrendomi un'apertura, ma il coltello mi sembrava pesantissimo e il mio corpo reagì troppo lentamente. Il Parassita doveva essere un forte Distorsore, pensai. Aveva indebolito le mie difese mentali senza che me ne accorgessi.

Il Distorsore fissò il pipistrello e la povera creatura si schiantò sul terreno. «Questo è tutto quello che sai fare?» domandò. «E la tua grande magia d'anime? Credo che il Distorsore di Fuoco sarà deluso.» Si strinse nelle spalle. «Gli ordini sono ordini.» Menò un fendente con l'arma. Le mie braccia si mossero, ma non riuscirono a impedire all'elsa della sua scimitarra di colpirmi alla tempia. La vista mi si offuscò mentre mi afflosciavo a terra. Il mondo girò. Rotolai lontano dal Distorsore. Quando raggiunsi gli zoccoli di Kiki, lasciai che il buio mi reclamasse. Un martello mi picchiava sul lato della testa. Svegliati, sembrava che dicesse. Apri gli occhi. Altro martellare. Rifiutai. La volta successiva, un pulsare sordo si insinuò nel mio oblio. Andiamo, pulsò. Forza, apri gli occhi. Per favore. Mi svegliai, sentendomi come un tagliere. Braccia e gambe mi bruciavano di dolore e mi doleva la testa. Valek era chino su di me, e mi versava acqua sui tagli, infiammandoli. «Ohi! Smettila!» protestai. «Finalmente» disse lui. Ma non smise. Tamponò le ferite, pulendo le lacerazioni, e sedette all'indietro sui talloni. «Questo dovrà bastare per il momento. Forza. Dobbiamo partire.» Quando io non accennai a muovermi, lui mi tirò a sedere. Un'ondata di nausea mi travolse. «Ecco.» Mi infilò tra le mani delle foglie rosse. «Le ho trovate nelle tue bisacce da sella. Il biglietto diceva di mangiarle per il mal di testa.» Ne masticai una. Lo stomaco mi si placò, ma la vista rimase offuscata. Scrutai nella semioscurità, deducendo che la fosca bolla bianca nel cielo fosse la luna. Avevo dormito per tutto il giorno? Le parole di Valek infine penetrarono nella mia coscienza. «Andare dove?»

Valek mi strattonò in piedi. «Dobbiamo trovare il fienile.» I miei pensieri si muovevano ancora come fossero ricoperti di melassa. «Fienile?» Valek rovesciò il rimanente dell'acqua della borraccia sulla mia testa tosata. Rabbrividii quando la brezza fredda mi colpì il cranio bagnato. «Quando i Parassiti non torneranno insieme a noi, gli altri capiranno che è successo qualcosa, e a quel punto o uccideranno gli ostaggi o si sposteranno verso un altro luogo.» Valek pronunciò ogni singola parola come se parlasse con un deficiente. «Ecco.» Mi porse dei vestiti asciutti. «Sbrigati.» Mi cambiai. Il carnaio in giro per il nostro accampamento mi diede la nausea, così succhiai un'altra foglia rossa. Valek aveva ucciso la donna e Tauno. Traditore! Marrok dormiva ancora. E il Distorsore giaceva sul fianco. La sua testa appariva deformata, come se fosse stata colpita dal calcio di un cavallo.

Kiki?, domandai. Uomo cattivo. Nessuno fa male a Signora-di-Lavanda. Grazie. Mentine? Quando abbiamo finito. E mele, anche! Indossai la mia camicetta color corallo e la gonna pantalone abbinata. Riflettevano la luce lunare, notai. Nessuna speranza di passare inosservata. Valek si mise gli abiti del Distorsore e si applicò del trucco per imitare la tonalità della sua carnagione. La paura mi spiraleggiò su per la spina dorsale quando immaginai che cos'aveva intenzione di fare. Almeno, non avrei dovuto essere un'esca per un serpente della collana, pensai sospirando. Slegammo gli altri cavalli. L'odore di sangue li rendeva ombrosi, e furono contenti di partire benché fossero stanchi. Valek e io cavalcavamo Kiki e Onyx guidando gli altri. Percorremmo in silenzio le quattro miglia fino al fienile. Accostandoci con cautela al limitare dei boschi, mi sforzai di scorgere un segno del nascondiglio dei Parassiti. Un misterioso bagliore rosso scintillava al di sopra del Lago

Diamante. La minuscola struttura appariva abbandonata, ma dopo un momento le figure a guardia delle porte divennero visibili. «Quale cavallo?» domandai. «Onyx. Kiki è troppo conosciuta.» Smontai e dissi ai cavalli di restare nei boschi finché non li avessi chiamati. «Togliti il mantello» disse Valek. «Sdraiati davanti a me.» Tolse il piede dalla staffa. lo mi issai e mi distesi di traverso sulla sella. Lui mi porse il coltello a serramanico. L'arma era stata ripulita e la lama era ritratta. «È stata trattata con curaro.» Valek afferrò le redini con la mano sinistra e impugnò una scimitarra nella destra. «Fingi di essere priva di sensi» ordinò mentre schioccava la lingua per far partire Onyx. Uscimmo all'aperto, sperando di apparire come il Distorsore di ritorno con la sua preda. Simulando di essere un peso morto, ballonzolavo sulla sella di Onyx e quel movimento mi diede la nausea. Un inneggiare di gioia risuonò nel silenzio mentre ci avvicinavamo. Mi preparai al segnale di Valek. «Dove sono gli altri?» chiese una voce maschile. «Stanno arrivando» rispose Valek in tono ruvido. «Finalmente! L'abbiamo presa!» esclamò un altro uomo tirandomi le gambe. «Aiutami.» Valek scivolò giù di sella dal lato opposto, tenendo Onyx tra sé e il Parassita. Un'altra persona corse in aiuto del compagno. «La terremo addormentata finché non l'avremo portata da Jal. Prendi il carro, partirete stanotte» ordinò l'uomo prendendomi in braccio. «Dov'è Jal?» domandò Valek. L'uomo si immobilizzo e io mi arrischiai a dare una sbirciatina. La punta della scimitarra di Valek toccava il collo del Parassita. Benché ne avesse una anche lui e portasse una lancia agganciata alla schiena, le sue mani erano occupate a reggere me.

«Al Mastio dei Maghi. Va' avanti e trova Jal. Soltanto, bada di portare anche lei.» L'uomo mi lanciò verso Valek e gridò aiuto. A quella distanza ravvicinata, neppure Valek poteva levarsi dalla traiettoria. Lo colpii in pieno petto. Ruzzolammo a terra, ma io continuai a rotolare finché non mi liberai dal suo corpo. Balzando in piedi, mi voltai in tempo per vedere Valek rotolare via per evitare di essere affettato dalla lama del Parassita. Altri quattro con armi brandite correvano verso di noi. Feci scattare il coltello a serramanico e lo scagliai contro l'uomo che attaccava Valek. Quello grugnì quando la lama gli punse la spalla, ma non si fermò fino a quando il curaro sulla lama non entrò in circolo paralizzandogli i muscoli. Afferrai la lancia dell'uomo mentre Valek recuperava la sua arma e la stazione eretta. Un secondo più tardi, gli altri ci raggiunsero e gli eventi si confusero in un unico lungo scontro. Usai a mio vantaggio la lunghezza della lancia, impedendo alle scimitarre di raggiungermi. Dopo una finta verso il busto, spazzai i piedi di sotto al mio avversario. Non esitai ad affondargli la punta della lancia nel collo. La sua anima si levò dal corpo e vi aleggiò sopra. Dovevo aiutarla? Prima che potessi decidere, si avvicinò un altro uomo. Ma si bloccò prima di raggiungerci e io sentii stringhe di magia strattonarmi la lancia. Un Distorsore che sapeva muovere gli oggetti! La lancia volò via dalla mia stretta, si girò e puntò dritto contro di me. «Jal mi vuole viva» gli rammentai. Lui avanzò. «Perché non usi il tuo potere per fermarmi? temi che il Distorsore di Fuoco possa raccontare a Jal quello che stai facendo?» «Date un premio a quest'uomo. Il suo intelletto è davvero stupefacente» lo canzonai. La punta della lancia venne più vicino e mi punse nell'incavo della gola. «Arrenditi o la sgozzo» gridò il Distorsore a Valek. Valek si disimpegnò, interrogandomi con lo sguardo. «Non lo farà» dissi io. «Hai ragione. Che ne dite di arrendervi? O darò fuoco al fienile.»

Il Distorsore indicò l'edificio. «Volete essere responsabili della morte di dieci bambini?»

Capitolo 22 «No! Non farlo» urlai. «Lascia andare i bambini e io verrò con te.» «Lo so che tu lo farai» rispose il Distorsore. «Sono più preoccupato per il Guerriero Spettro.» Guardò Valek. «Metti giù l'arma.» Valek posò a terra la scimitarra, ma mentre si raddrizzava fece scattare due volte la mano. Un minuscolo dardo punse il collo del Distorsore, che sobbalzò per la sorpresa. «Muoviti» ordinò Valek. Io mi contorsi, evitando l'affondo della lancia, ma non fui abbastanza veloce per impedire al filo tagliente di farmi un taglio sul collo. Una linea di dolore bruciante si incise nella mia mente, ma la scordai non appena vidi il Distorsore voltarsi. Sotto la porta del fienile scaturì del fuoco, poi l'uomo crollò accanto al suo compagno, finalmente sopraffatto dalla pozione soporifera di Valek. Il fumo mi raggiunse il naso, accendendo ricordi di terrore e paura. «Valek, andiamo!» Gli accennai di muoversi e chiamai i cavalli con un fischio. Loro arrivarono e io corsi verso il fienile. Kiki aiuta!, dissi. Valek era riuscito ad aprire la porta incendiata, ma le fiamme strisciavano verso il tetto. Topaz e Onyx scartarono sfuggendo al fumo acre, ma Kiki e Garnet sfidarono il calore. «Di' loro di spostarsi sul lato sinistro» urlai a Valek al di sopra del ruggito del fuoco. Lui si lanciò attraverso l'ingresso e io condussi Kiki e Garnet sul lato destro. Attesi per due orribili secondi, poi picchiai sulla parete del fienile.

Kiki Garnet. Calciate. Mi tuffai di lato. Gli animali puntarono gli

zoccoli anteriori e aprirono un foro nella parete con le possenti zampe posteriori. Quando l'apertura fu abbastanza larga per gli adulti, fermai i cavalli. Strappando via qualche asse scheggiata, guardai dentro e chiamai i prigionieri. Nonostante la vivida luce dell'incendio, la

stanza era oscurata dal fumo. Ma una persona mi afferrò la mano. Tirai fuori dal buco bambini che tossivano, contandoli via via che uscivano. Il fumo si addensava sempre di più e l'inferno avanzava. Quando il marito della Consigliera Verdelama strisciò fuori con un bambino piccolo aggrappato alla schiena e un lattante serrato al petto, avevo contato dieci bambini e un adulto. «Dov'è Brezza?» chiesi. Lottando con lo sforzo di espellere il fumo dai polmoni, l'uomo indicò l'apertura. «Crollato.» Starnutì in cerca d'aria. «Non ho potuto... prenderli tutti.» Feci per entrare, ma lui mi tirò indietro. «Tetto.» Tossì. Cacciammo i bambini lontano dal fienile pochi istanti prima che il tetto crollasse in una cascata di scintille e un'esplosione di schianti. Ricontai i bambini. Dieci. Un solo adulto. Niente Brezza. Niente Valek. Lui era ancora nel fienile! Orrore e angoscia mi strinsero la gola e mi lacerarono il cuore. Schizzai verso l'edificio in fiamme. Il calore emanava a ondate dalla struttura, spingendomi indietro. Le travi del tetto erano cadute sopra i Parassiti. Le fiamme lambirono i loro corpi e risucchiarono le loro anime nell'inferno. Un oblò verso il mondo di fuoco si aprì davanti a me. Avrei potuto agguantare una delle anime dei Parassiti e tornare dal Distorsore di Fuoco, ma non ero pronta. Avevo ancora alcune cose da portare a termine e alcuni addii da pronunciare prima di abbracciare il fuoco. Poi lo avrei bramato, pensai. Vivere senza Valek non aveva per me alcuna attrattiva. La vampa infuriò per tutta la notte, e quando sorse il sole si placò in un ampio cumulo di braci fumanti. Era ancora troppo caldo perché potessi cercare tra le macerie qualche segno di Valek o di Brezza. Condussi invece i bambini verso il Lago Diamante perché si dessero una ripulita e cercai di ignorare il dolore che mi bruciava

dentro. Il marito della Consigliera Verdelama, Kell, aiutò a sfamare i bambini e a curare le loro ferite. Kiki e Garnet bevvero dal lago, e io lavai via la fuliggine dai loro mantelli. L'acqua era limpida. Il colore rosso veniva dal fondo del lago, come se qualcuno avesse dipinto le rocce e la ghiaia. Forse l'avevano fatto. Dopotutto, era un lago artificiale. Quando i bisogni di tutti furono soddisfatti, ci dirigemmo di nuovo verso l'accampamento. Trovammo Marrok impegnato nel macabro compito di seppellire i cadaveri. «Suppongo di aver dormito durante la battaglia» disse. «Abbiamo vinto?» Inclinò la testa accennando a Tauno. «O perso?» «Entrambe le cose» risposi. Il mio strazio per Valek minacciò di traboccarmi dalla gola. Mi morsi con violenza il labbro e sentii sapore di sangue. «Ti spiacerebbe spiegare?» Lo aggiornai su cos'era accaduto. Lui accolse il tradimento di Tauno con un cinico sbuffo e un'amara smorfia delle labbra che riflettevano i suoi neri pensieri a proposito della fiducia. Dopo che ebbi finito, commentò: «Almeno il tuo piccolo amico sta bene». «Amico?» Lui indicò un albero lì vicino. «Pensavo fosse morto, ma quando sono andato a raccoglierlo è volato via. Mi ha fatto Prendere uno spavento dell'accidente.» Mi diressi verso di lui. Il pipistrello stava appeso a testa in giù a un ramo basso. Aprì per metà un occhio, poi lo richiuse, soddisfatto. Chissà come, avevo creato con il pipistrello un legame emotivo che era simile a quello con Kiki. Le riflessioni sulla mia affinità con gli animali avrebbero dovuto attendere, tuttavia. Questioni più pressanti dovevano essere affrontate: trovare il corpo di Valek, per dirne una. Ma dissi: «Dobbiamo trovare un posto sicuro per i familiari dei Consiglieri». La figlia di Bavol Zaltana, Jenniqilla, mi tirò il mantello. «Voglio andare a casa» disse. Benché fosse felice di essere libera, la tristezza

offuscava i suoi occhi e lo sfinimento segnava il suo giovane viso. Mi accovacciai accanto a lei. «Lo so, ma ho bisogno che fingiate di essere ancora degli ostaggi, solo per un po' di tempo ancora. È veramente importante. Potete aiutarci?» La determinazione le riempì lo sguardo, rammentandomi Fisk. Assegnai dei piccoli compiti a tutti i bambini più grandi, e loro si mossero con rinnovata energia, contenti di avere di nuovo uno scopo. «E io?» chiese Kell Verdelama. Le terre dei Verdelama erano a est di quelle dei Buonsangue. «Conosci un posto dove possiamo nascondervi tutti?» Lui fissò lo sguardo in lontananza. Alto e nodoso, assomigliava al mio amico Dax, un altro membro del suo clan. Sperai che Dax e Gelsi stessero bene, e il pensiero che fossero le prossime vittime del rituale Kirakawa mi rese impaziente di mettermi in moto. Kell percepì il mio umore. La sua attenzione si incentrò su di me. «Mia sorella ha una fattoria, fuori Booruby, che potrebbe ospitarci tutti.» «Nelle terre del Clan Cowan?» «Sì.» Sbuffò. «Ha sposato uno di pianura, ma è un brav'uomo e ci aiuterà.» Guardai il cencioso gruppo di bambini. Booruby era più a est di quanto volessi andare, e sarebbe stato un viaggio lento. Kiki nitrì rivolta a me. Prendi carro, disse.

Il carro è bruciato nell'incendio. La sentii sbuffare d'impazienza. Cavalli scappati. Prendi carro. Dove sono?

Incastrati. Vieni. Kiki sbatté la coda. Marrok venne con me. Montammo Kiki e lei si diresse a sudovest attraverso un boschetto.

Che ne è di Onyx e Topaz?, le domandai. Percepii la sua pena. Non sento odore.

Raggiungemmo il carro. Quando il fuoco era divampato, i cavalli terrorizzati erano schizzati via attraverso il bosco finché il carro non si era incuneato tra due alberi. Gli animali si erano calmati, ma le loro teste sollevate e gli orecchi tesi significavano che non si sentivano al sicuro. Il carro era stato riempito di casse vuote a forma di bara, ma trovammo una cassetta di attrezzi sotto il pianale. Liberare il carro fu difficile e prese molto tempo. Mentre aggiustava la ruota spezzata, Marrok perse la pazienza e mi cacciò via. «La tua impazienza sta solo peggiorando la situazione. Va' a fare una passeggiata, Yelena. Questo è un lavoro per una persona sola comunque.» Quando esitai, aggiunse: «Va' a cercarlo, o non troverai pace. E neanche noi». Essere occupata era stata una buona cosa. Mentre camminavo nella foresta silenziosa non c'era niente a distrarmi dai miei fiammeggianti pensieri. Nessun sollievo al dolore straziante che mi divorava, da dentro, come se avessi inghiottito un carbone ardente. Il fienile era ridotto a un ammasso di resti bruciati. Solo poche travi sul perimetro della struttura conservavano la loro forma. Ogni altra cosa era stata ridotta a ceneri grigie e bianche. Del fumo si alzava in spirali da pochi punti, ma una brezza odorosa di pino aveva soffiato via le acri esalazioni. Lo scricchiolio dei miei stivali sulle macerie fece echeggiare nei miei orecchi un suono solitario e definitivo. Ogni speranza scomparve quando trovai i pugnali di Valek. Annerite e deformate, le lame erano mezze fuse. Crollai su mani e ginocchia e singhiozzai, trasformando in poltiglia la cenere sotto di me. Ansimando, con le costole doloranti e la gola abrasa, cercai di espellere la tristezza che mi lacerava, smettendo solo quando tutta l'umidità fu svanita dal mio corpo. Sedetti all’indietro sui talloni e mi asciugai la faccia, impastando fuliggine e lacrime. Una volta che il mio respiro fu tornato alla normalità, raccolsi una manciata della cenere vicino ai pugnali di Valek e lasciai che il vento la disperdesse. Presto, amore. Ti raggiungerò presto. La

consapevolezza che saremmo stati di nuovo insieme nell'altro mondo era la mia unica consolazione. Alla fine tornai da Marrok. Aveva aggiustato la ruota. Dopo avermi guardato in faccia, mi strinse la spalla. Mi ero lavata via la sporcizia, ma sapevo di avere gli occhi rossi e gonfi di pianto. Trovare una strada attorno al bosco consumò la luce del giorno che ci rimaneva, e quando arrivammo al campo, Kell aveva ormai sistemato i bambini accanto al fuoco, lo avrei voluto svegliare tutti e partire, ma lui mi convinse che i bambini si sarebbero agitati se li avessimo svegliati e nascosti in quelle casse di notte. Dopo aver ricordato la mia stessa orribile esperienza con quei cassoni, fui d'accordo. Se Valek non avesse colpito il Distorsore, io sarei stata infilata dentro una di quelle gabbie e i familiari dei Consiglieri sarebbero stati ancora degli ostaggi, ma Valek e Brezza sarebbero stati ancora vivi. Fissai i bambini addormentati. Jenniqilla teneva un braccio protettivo sopra Leevi e il più piccolo era accoccolato accanto a lui, succhiandosi il pollice mentre dormiva. In quello stato, incarnavano innocenza e pace, gioia e amore. Valek conosceva i rischi quando era entrato nel fienile, e non aveva esitato, lo avrei fatto lo stesso. Undici esseri viventi per un solo atto di generosità. Proporzione non da disprezzare. Nonostante il carro, il viaggio per Booruby durò quattro giorni. Quattro giorni di preoccupazione, frustrazione, fame, notti insonni e rumore. Quando arrivammo, nutrivo un nuovo apprezzamento verso i genitori, e fui lieta di vedere la sorella di Kell quanto lo era lei di vedere noi. Racchiuse Kell in uno stretto abbraccio per vari secondi, lo mi morsi il labbro e guardai da un'altra parte. Le mie braccia vuote mi davano dolore. Situata a circa due miglia a sud di Booruby, la fattoria sorgeva in un luogo isolato, tuttavia il marito della donna fu rapido a portarci all'interno. I bambini ricevettero il loro primo pasto caldo da settimane. Marrok e io facemmo piani per tornare al luogo

d'incontro e riunirci agli altri. Mantenni la mente concentrata sull'azione; altrimenti, sapevo che mi sarei arresa allo strazio che mi consumava da dentro. Ci saremmo arrischiati a passare per il confine occidentale delle Pianure Avibiane. L'andatura a folata di vento di Garnet e Kiki ci avrebbe permesso di recuperare il tempo perduto viaggiando verso Booruby. Prima che partissimo, Kell mi domandò: «Come saprò quando per i bambini sarà sicuro tornare a casa?». Riflettei. «Se tutto va per il verso giusto, riceverai un messaggio.» «E se non andasse per il verso giusto?» L'emozione mi strozzò le parole, ricordandomi che sua moglie era uno dei Consiglieri. Se io avessi fallito, lei sarebbe stata tra le prime di molte vittime. «Se non senti niente entro quindici giorni, significa che i Daviian sono al potere. Manda i bambini alle loro case e spera.» «Sperare cosa?» «Che qualcuno in futuro sia abbastanza forte da ribellarsi contro i Parassiti Daviian. E vincere.» Kell parve dubbioso. «Abbiamo quattro Maestri Maghi e un Cercatore d'Anime, eppure quelli sono riusciti lo stesso a prendere il controllo.» «È già accaduto in passato. Una persona può portare pace a Siria.» Non aggiunsi che quell'uomo aveva spianato le Montagne Avibiane nel farlo. Ma questo mi spinse a chiedermi se il leggendario guerriero Semedisabbia avesse avuto aiuto. La mia mente ripassò il racconto di Uomo-di-Luna sulle origini del Clan Semedisabbia e ricordai che il nome del guerriero era Guyan. Guyan aveva imprigionato il Distorsore di Fuoco, e il suo discendente Gede l'aveva liberato. Il cerchio si era chiuso. Marrok e io salutammo Kell e i bambini e ci dirigemmo a nordovest, progettando di schivare Booruby nel viaggio verso le pianure. Il mio piccolo pipistrello pendeva dalla criniera di Kiki e non sembrava infastidito dal movimento caracollante.

I nostri piani cambiarono quando scorsi in lontananza la manifattura di vetro della famiglia di Opale ed ebbi un'idea improvvisa. Prima che potessi esplorare pienamente le mie intenzioni, ci eravamo fermati fuori dal loro cancello. Marrok accettò la nostra deviazione senza crucciarsi. «Devo aspettare qui?» domandò. «Sì. Non ci vorrà molto.» Lasciai Kiki con lui. Mentre mi avvicinavo alla porta della loro casa, Opale uscì dalla fabbrica. Esitò, ma si avvicinò, guardando con sospetto me e Marrok. «Posso aiutarvi, signore?» mi chiese. Mi ero completamente dimenticata dei miei capelli. Ma almeno avevo la certezza che il travestimento funzionava. Sorrisi per la prima volta da giorni. Lei mi scrutò socchiudendo gli occhi. «Yelena?» Poi si guardò attorno con preoccupazione. «Vieni dentro! C'è una taglia sulla tua testa!» Mi trascinò in casa. «Grazie al cielo stai bene» disse serrandomi in un rapido abbraccio. «Cos'è successo ai tuoi capelli?» «È una lunga, lunga storia. I tuoi familiari sono nei paraggi?» «No. Sono andati in città. Papà ha ricevuto una consegna di sabbia che era piena di ciottoli, così è andato a lamentarsi, e mamma...» «Opale, mi servono altri dei tuoi animaletti di vetro.» «Davvero? Hai venduto il pipistrello?» «No. Tuttavia, ho scoperto di poter usare i tuoi animali per comunicare con altri maghi lontani senza usare la magia. Mi piacerebbe comprarne tanti quanti mi è possibile.» «Wow! Non l'avrei mai creduto.» «Quanti ne hai?» «Sei. Sono nella fabbrica.» Attraversammo in fretta il cortile e quando entrammo nella fabbrica il calore delle fornaci mi risucchiò tutta l'umidità dalla bocca. Seguii Opale nell'aria densa e in mezzo al ruggito dei fuochi. Allineati su un tavolo contro la parete di fondo c'erano una mezza

dozzina di animali di vetro. Ardevano tutti di un fuoco interno. Mentre Opale li impacchettava, io contai le monete. Un'altra idea mi lampeggiò alla mente quando lei mi porse il pacchetto. «Puoi mostrarmi come li fai?» chiesi. «Ci vuole un sacco di pratica per imparare.» Scossi la testa. «Voglio solo guardarti mentre ne fai uno.» Lei acconsentì. Scegliendo un tubo d'acciaio cavo lungo un metro e mezzo, aprì lo sportellino della fornace. Vivida luce aranciata e intenso calore emanarono dall'apertura, ma lei imperterrita immerse l'estremità del tubo in un largo recipiente di ceramica dentro la fornace, che era pieno di vetro fuso. Rigirando il tubo, ne raccolse un pugnetto simile a una caramella e lo tirò fuori, chiudendo lo sportello con l'anca. Il lingotto pulsava di una luce rossa rovente come se fosse vivo. «Devi continuare a far girare il soffiatore, altrimenti il vetro cola» spiegò Opale al di sopra del frastuono. Rotolò la massa su un tavolo metallico per spostare il vetro all'estremità del tubo, e le diede forma così che sembrava che il tubo avesse una palla trasparente attaccata alla punta. Poi, con rapidi movimenti, posò il tubo sull'orlo del tavolo e soffiò nell'altra estremità. La magia mi sfiorò il braccio mentre le sue guance si gonfiavano. Il vetro all'estremità opposta non si gonfiò d'aria, ma un filo di magia rimase intrappolato dentro il suo nucleo. «In teoria il globo dovrebbe espandersi, ma il mio non lo fa mai» disse lei tornando alla fornace e raccogliendo un altro strato di vetro fuso sopra il primo. Portò il tubo a una panca destinata a contenere quello e altri arnesi di metallo occorrenti per dare forma al vetro. Secchi d'acqua stavano a stretta portata di mano. Opale afferrò un paio di pinze d'acciaio e pinzò e strizzò il lingottino con la mano destra mentre con la sinistra continuava a far girare il tubo. «Devi agire rapidamente perché si raffredda in fretta.» Entro pochi secondi la palla si trasformò in un gatto seduto sulle zampe posteriori. Opale si alzò e rimise il gatto nella fornace, ma questa volta si limitò a far ruotare il tubo al di sopra del vaso. «Devi mantenere calore in abbondanza nel vetro, o non riesci a lavorarci»

spiegò. Tornando a sedere sulla sua panca, cambiò le pinze con un altro paio, più grandi e lunghe come il suo avambraccio. «Tenaglie, un grandioso arnese per tutti gli usi. Sto incidendo una linea di rottura, così potrò staccare il pezzo dal tubo.» Quando il solco fu di suo gradimento, riprese in mano le pinze e le immerse nel secchio d'acqua. Poi fece colare alcune gocce dentro il solco di rottura. «Bisogna stare attenti a non buttare acqua sul pezzo, così si lavora dalla parte del tubo.» Il vetro sibilò e una ragnatela di crepe si allargò sulla parte intorno al metallo. Opale portò il tubo verso un altro forno vicino alle fornaci dentro il quale erano impilati scaffali di vassoi e batté l'estremità delle pinze sul suo tubo. Il gatto cadde sul vassoio e lei chiuse lo sportello. «Se il vetro si raffredda troppo in fretta, si crepa. Questo è un forno di temperazione.» Opale indicò le guide che correvano sotto il forno. «Per raffreddare lentamente il pezzo, il forno viene allontanato progressivamente dalla fornace nel corso delle prossime dodici ore.» «Perché soffi dentro il tubo se il vetro per te non si espande?» domandai. «È un passaggio che devo fare.» Fece un movimento vago con le braccia, come cercando le parole giuste. «Quando lo fa Mara, crea bellissimi vasi e bottiglie. Il mio finisce sempre per assomigliare a un animale e se non soffio dentro il tubo non assomiglia a un bel niente del tutto.» Ripulì l'area di lavoro, prendendo gli utensili dall'acqua e asciugandoli prima di riporti. La panca doveva essere pronta per il prossimo progetto, e lavorare con il vetro non dava il tempo di cercare gli attrezzi. «Amo creare cose. Non c'è niente di più bello» disse, più a se stessa che a me. «Lavorare il vetro. Cambiare il fuoco in ghiaccio.» Ringraziai Opale per la dimostrazione e raggiunsi Marrok. Era appoggiato contro Carnet. «Decisamente, la tua definizione di non ci vorrà molto non coincide con la mia» disse a mo' di saluto. «Ti sei imbattuta in un

altro cambiamento di piani?» «Sì. Prima o poi ci farai l'abitudine.» «Sissignore!» Sogghignò. «Sarcasmo? Te ne sei andato in giro troppo a lungo insieme a Leif. Cos'è successo al rude vecchio soldato che eseguiva gli ordini senza pensare?» Il suo contegno si fece serio. «Ha perso la mente. E quando l'ha ritrovata, le sue priorità erano state tutte riviste.» «In meglio?» «Solo il tempo lo dirà.» Montammo a cavallo e ci dirigemmo al confine occidentale delle Pianure Avibiane. Una volta là, Kiki e Carnet scattarono alla loro andatura a folata di vento e divorarono molte miglia prima che ci fermassimo per la notte. Sperai che il nostro passaggio non attirasse alcuna attenzione indesiderata. I miei pensieri indugiavano sull'abilità di Opale di lavorare il vetro. Meglio che cedere alla profonda disperazione che minacciava di sopraffarmi ogni volta che pensavo a Valek. Il nostro viaggio verso il luogo d'incontro durò tre giorni, durante i quali Marrok aveva individuato tracce di una vasta armata che aveva sconfinato dalle Pianure Avibiane e svoltato a nord verso la Cittadella. Di notte, il bagliore di molti fuochi accendeva il cielo lontano e fumo di legna contaminava l'aria. Ci eravamo accordati per incontrare Uomo-di-Luna e gli altri a Collina del Gufo, una cittadina entro le terre dei Pietrapiuma. Secondo Leif, si poteva aver fiducia che il proprietario della Locanda del Quadrivio non ci avrebbe denunciati. «Mi deve un favore» era stata la spiegazione. Collina del Gufo era situata su una piccola altura a circa tre miglia a nordest della Cittadella. Le quattro torri del Mastio dei Maghi erano visibili dalla strada che si addentrava in città e una vivida luce aranciata brillava da dentro le mura. II fuoco domestico del Distorsore di Fuoco?

Ancora travestiti da commercianti del Clan Krystal, Marrok e io entrammo in città. Collocata nei pressi dei principali crocicchi, la sala comune della Locanda del Quadrivio brulicava di attività, ma la stalla era piena solo per metà. Il garzone di stalla ci suggerì di arrivare in anticipo per la cena in quanto la locanda era una fermata consueta per le carovane. «Una notte in meno di razioni da viaggio» spiegò il ragazzino mentre mi aiutava a strigliare Kiki. «E i mercanti preferiscono accamparsi qui anziché pernottare nella Cittadella.» «Perché?» domandai. «Circolano un sacco di chiacchiere, e non so a cosa credere. Ma i mercanti che tornano indietro dicono che tutti hanno paura di questi nuovi Daviian, e sostengono che i Daviian hanno convinto il Consiglio a prepararsi per una guerra.» «Contro Ixia?» «Non lo so. Hanno rastrellato ogni persona abile. Benn diceva che i Daviian sono in combutta con Ixia, e che una volta che una persona viene catturata loro la ipnotizzano e la usano nell'esercito per trasformare Sitia in un altro Distretto Militare ixiano. DM-9!» Il ragazzo mi elargì altre speculazioni ancor più azzardate, lo sapevo che il Comandante non era in combutta con i Daviian, ma la possibilità di usare l'esercito sitiano contro la stessa Sitia suonava come una tattica dei Parassiti. Quando finimmo con i cavalli, entrai nella locanda. Marrok aveva già pagato due stanze per la notte. «Stiamo finendo i soldi» annunciò. «Gli altri sono già qui?» domandai. «Ari e Janco sono in sala da pranzo. Leif e Uomo-di-Luna non sono ancora arrivati.» Questo mi preoccupò. Erano passati tredici giorni da quando eravamo partiti per liberare gli ostaggi, più che a sufficienza perché scoprissero qualcosa sul tunnel d'emergenza del Mastio. Nell'angolo in fondo alla sala comune della locanda, Ari e Janco tenevano banco, tracannando boccali di birra circondati da un

gruppo di mercanti. Espressioni gravi contraevano i volti di tutti, e ci scrutarono con sospetto. Marrok e io scegliemmo un tavolo dalla parte opposta della stanza. Alla fine, il crocchio di gente si sciolse e Ari e Janco si unirono a noi. Ari si era tinto i capelli di nero ed entrambi si erano scuriti la pelle. «Janco, vedo delle lentiggini?» domandai, senza riuscire a soffocare una risatina. «Non ridere. È questo sole del sud. Siamo a metà della stagione fredda e c'è il sole! Bah.» Mi guardò. «Comunque, preferisco avere le lentiggini che essere pelato!» Mi portai la mano ai capelli. «Stanno ricrescendo.» «Basta» disse Ari, e l'umore attorno al nostro tavolo si incupì immediatamente. «Ce l'avete fatta?» La domanda mi trafisse come se le sue parole fossero pugnali fiammeggianti. Lottai per raccogliere i pensieri; per scacciare le emozioni lontano dal nero, bruciante strazio che rifiutava di smorzarsi. Marrok vide la mia incapacità a rispondere e raccontò loro di Tauno, del salvataggio e di Valek. Vedere il mio dolore e il mio sconvolgimento riflessi negli occhi dei miei amici divenne intollerabile. Mi scusai e andai fuori. Prendendo profonde boccate della fredda aria notturna, vagabondai per la cittadina. Poche persone camminavano per le strade di terra battuta. Sentii il mantello tirare quando il pipistrello mi atterrò sul braccio. Mi fissò come se volesse dirmi qualcosa, poi volò verso sinistra. Dopo poco tornò, planandomi attorno alla testa, e di nuovo volò a sinistra. Cogliendo il suggerimento, lo seguii finché non raggiungemmo un edificio cadente. Il pipistrello si sistemò sul tetto, come in attesa, lo tirai la porta deformata aprendola con trepidazione, ma l'interno conteneva una raccolta di barili in disuso e ruote di carro spezzate. Quando mi voltai per andarmene, misi un piede su una palla di legno. Il giocattolo di un bambino. La raccolsi e lo esaminai. Il mio pipistrello voleva che trovassi o vedessi qualcosa lì dentro. Soffocai la crescente frustrazione e mi concentrai sull'usare gli altri

sensi. Chiudendo gli occhi, inspirai. L'odore stantio di disfacimento dominava, ma individuai un debole olezzo di limoni. Seguii l'aroma pulito e fresco (cosa non facile, inciampando e picchiando gli stinchi sugli oggetti che ingombravano il pavimento) finché non arrivai nell'angolo in fondo. Là un formicolio mi danzava sulla pelle, solleticandomi. D'istinto bisbigliai: «Rivelati» e aprii gli occhi. Una luce grigia sbocciò davanti a me e si trasformò in un bambino. Sedeva su uno dei barili. Uno spettro. Un'anima smarrita. «Dov'è mia madre?» chiese con una voce sottile, incerta. «Anche lei era malata. È andata via e non è più tornata neanche quando piangevo e la chiamavo.» Mi avvicinai al bambino. La luce che emanava da lui rischiarava la stanza. I resti arrugginiti dell'intelaiatura di un letto e altri oggetti indicavano che l'area era stata utilizzata molto tempo prima come camera da letto. Il pipistrello si mise a volare in cerchio sopra la testa del bambino. Lo liquidai con un gesto della mano e borbottai: «Sì, sì, lo so. Ci arrivo». Con uno squittio che suonò come un esasperato finalmente!, volò fuori. Posi al bambino delle domande su sua madre e la sua famiglia. Proprio come avevo sospettato, erano vissuti e morti lì molti anni prima. «lo so dove sono» dissi. «Posso portarti da loro.» Il bambino sorrise. Quando tesi la mano, l'afferrò. Lo attirai a me, inalando la sua anima prima di inviarla al cielo. Il vero lavoro di un Cercatore d'Anime. Non recuperare anime e riportarle nei loro corpi era il mio compito, bensì guidarle al luogo a cui appartenevano. Il mio vero scopo finalmente divampò alla vita. Stono e Gelsi avrebbero dovuto entrambi essere liberati nel cielo. Le loro personalità erano cambiate perché erano infelici essendo loro negata la pace. La morte non era la fine. E io sapevo che Valek mi aspettava, ma non avrebbe voluto

vedermi finché non avessi finito di cercare tutte le anime perdute o bloccate nel posto sbagliato e non le avessi inviate alle loro destinazioni. Non c'era stato un Cercatore d'Anime in oltre centoventicinque anni, considerai. Come mai, allora, Sitia non era piena di anime smarrite? Forse erano rare. Mi si diffuse nel corpo una rinnovata determinazione a trovare un modo per sconfiggere il Distorsore di Fuoco. Lasciai l'edificio e mi bloccai. Cinque anime aleggiavano in diversi punti lungo la strada. Un frullare d'ali annunciò l'arrivo del mio pipistrello. Si posò sulla mia spalla. «Le hai chiamate tu?» gli domandai. «O sono stata io?» Immaginavo che avrei dovuto essere più specifica quando avevo chiamato il bambino. O era così, oppure adesso avevo imparato un giochetto che non potevo interrompere. Raccolsi e liberai diverse anime mentre ritornavo alla Locanda del Quadrivio. La maggior parte salì al cielo. Una grondava odio e quando sprofondò nel terreno mi preoccupai che potesse aver accresciuto i poteri del Distorsore di Fuoco. Prima che potessi entrare nella locanda, dietro di me risuonò uno scalpiccio di zoccoli. Mi girai in tempo per vedere Leif arrestare Rusalka. Il suo panico mi raggiunse prima delle sue parole. «Uomo-di-Luna» ansimò. «Uomo-di-Luna è stato catturato!»

Capitolo 23 Entrati nella sala comune della locanda, tutti e cinque passammo in rassegna i dettagli in nostro possesso. Uomo-di-Luna era stato catturato nel pomeriggio. «Non abbiamo trovato alcun riferimento alla galleria nella biblioteca della Sala del Consiglio» disse Leif. «Abbiamo incontrato un vecchio mago che si sta nascondendo dai Parassiti. Un altro ci aveva detto che lui aveva informazioni sulla costruzione del Mastio, ma in realtà aveva solo vaghi dettagli. Sa creare uno scudo-nulla e mi ha insegnato a farne uno. Non avrei dovuto provarci. La magia ha richiamato i Distorsori e siamo stati attaccati non appena abbiamo lasciato la casa.» «Come sei scappato?» chiese Janco. Leif spalancò le braccia. «Un minuto eravamo circondati da Parassiti, il momento dopo un gruppo di mercanti che vociavano e bambini che strillavano ci ha praticamente investiti. Nel caos generale, un uomo mi ha afferrato la mano e mi ha tirato fuori. Mi sono nascosto finché non è stato buio. Uno dei bambini della Gilda degli Aiutanti mi ha detto che Uomo-di-Luna non era riuscito a fuggire.» «I Parassiti sapranno che siamo qui» intervenne Ari. «Dobbiamo andarcene subito. C'è una carovana accampata a circa due miglia a nord di qui. Possiamo stare con loro.» «Da che parte è diretta la carovana?» chiesi. «Hanno una consegna alla Cittadella domani, e poi andranno a sud attraverso le terre dei Verdelama. Perché?» «Oh, no!» esclamò Leif. «Ha quello sguardo negli occhi. Che cosa stai tramando, sorellina?» «Dobbiamo arrivare dentro il Mastio.» «Impossibile. C'è una bolla di magia protettiva attorno all'edificio. Non sappiamo dove sia l'ingresso della galleria. Alcuni Distorsori hanno acquisito potere al livello di maestro. Tu sei potente, ma non

ti avvicini neanche al loro livello. Ti catturerebbero in un batter d'occhio.» Leif incrociò le braccia come se la sua affermazione concludesse la discussione. «Questa è una grande idea» dissi io. «Che cosa?» Ignorai le perplessità di Leif. «Ari, la gente della Cittadella è pronta a ribellarsi?» «Sono organizzati, hanno armi e alcuni maghi. Quello che davvero mi piacerebbe fare è tenere qualche sessione di addestramento, ma non è possibile. Sono pronti quanto potranno mai esserlo.» «La carovana sarebbe disposta a noleggiarci uno dei loro carri?» domandai. «Si potrebbe concordare qualcosa.» Sul viso di Janco brillò un barlume di comprensione. «Se ti portiamo dentro, possiamo tenerci i cinque pezzi d'oro?» «Solo se ci riportate indietro» risposi. «Non mi entusiasmano le probabilità» disse Janco. Poi si illuminò. «Tuttavia, io adoro scommettere sul perdente.» «Non c'è nessuna probabilità di riuscita. È un suicidio» sentenziò Leif. «Guardala a questo modo, Leif. Comunque vada, metterà fine al nostro discutere» dissi io. «Come?» «Se moriamo, hai ragione tu. Se vivete, ho ragione io.» «Mi sento davvero meglio adesso.» Janco sbuffò. «Ti ricordo che il sarcasmo è dannoso per lo spirito di gruppo.» Ari si accigliò. «Volevi dire, se viviamo, vero Yelena?» Non risposi. Valek mi aspettava dall'altra parte. La mia ricompensa. Preparammo i bagagli e ci mettemmo in cammino. I mercanti

della carovana accettarono di includerci nel loro gruppo e trascorremmo gran parte della notte a preparare il nostro carro. Quando finimmo con le modifiche al veicolo, ci fermammo attorno a esso a mettere a punto il piano per la giornata seguente. «Marrok, tu monterai Garnet. Janco può prendere Kiki, e tu, Ari, guiderai il carro. Qualsiasi cosa succeda, fa' in modo che arriviamo ai cancelli del Mastio» ordinai. «Sissignore.» «Che cosa faremo tu e io?» domandò Leif. lo feci una smorfia. «Noi siamo il carico.» L'ultima cosa che desideravo era entrare di nuovo dentro una di quelle casse, ma non c'era altro modo. «Ari mi userà come scusa per portarci dentro. Esigerà i suoi cinque pezzi d'oro per avermi condotto dai Parassiti.» «Non ho mai pensato che avrei rimpianto i miei giorni come esca di un serpente della collana» commentò Leif. «Quello per i cittadini della Cittadella sarà il segnale della rivolta, che dovrebbe tenere occupati una manciata di Parassiti e Distorsori.» «Ma tutti quei potenti Distorsori?» domandò Leif. «Sai fare uno scudo-nulla?» Lui esitò. «Sì.» «Quando inizierà la rivolta, tutti i maghi verranno al cancello del Mastio e ti aiuteranno a costruire e mantenere uno scudo-nulla» dissi. «Ma non durerà a lungo.» «Mi occorre solo poco tempo.» «Tempo per cosa?» «Per arrivare al Distorsore di Fuoco.» Leif mi squadrò. «Puoi combatterlo?» «No.» «Spiegami perché questa non è una missione suicida.» «Penso di poterlo fermare e trattenere nel mondo di fuoco. E nel farlo penso che potrei riuscire a strappare loro alcuni dei poteri dei Distorsori. Se Bain e Irys sono ancora vivi, e se tu raccogli quanti più

maghi puoi, allora potreste riuscire a contrastare i Distorsori.» «Ci sono un sacco di se e di penso» obiettò Janco. «E non c'è nessun quando» aggiunse Ari. «Quando?» domandò Leif. «Quando lei torna. Perché c'è un quando, vero, Yelena?» chiese Ari. «L'unico modo in cui posso trattenerlo nel mondo di fuoco è restandoci anch'io.» Le parole avevano sapore di cenere nella mia bocca. Pensare a un evento era completamente diverso che asserirlo a voce alta. Una volta detto, era definitivo. Ma Valek sarebbe stato là e io l'avrei trovato. Nessun se, penso o quando a questo proposito. «Dev'esserci un altro modo» disse Leif. «Tu riesci sempre a escogitare piani ingegnosi.» «Non questa volta.» Tutti rimasero in silenzio. Stavo per suggerire che ci prendessimo tutti un po' di riposo quando Leif chiese: «E se non riusciamo a contrastare i Distorsori?». «Allora sarà meglio che abbiate al vostro fianco una persona che sia refrattaria alla magia» disse una voce da dietro il carro. Ci guardammo l'un l'altro. La stessa domanda pendeva dalle labbra di ognuno. La voce di uno spettro? «Tuttavia, questa volta apprezzerei se tu non mi lasciassi indietro.» Valek avanzò. Appariva solido. Il suo viso angoloso era atteggiato a un'espressione di annoiato divertimento. La debole luce lunare si rifletteva dalla sua testa glabra. Indossava la tunica marrone e i calzoni di un membro del Clan Buonsangue. Incredulità seguì alla sorpresa; mi protesi a toccarlo. Lui mi attirò vicino e il mio mondo si colmò della vista, dell'odore e del contatto di Valek. Secondi, minuti, giorni, stagioni avrebbero potuto passare e io non l'avrei notato né me ne sarei curata. Mi aggrappai a lui come se i miei piedi penzolassero sopra un precipizio. Il suo cuore mi pulsava

nell'orecchio. Il suo sangue fluiva nelle mie vene. Modellai il mio corpo alla sua carne solida, bramosa di fondermi con lui e non lasciare che nulla, neppure l'aria, si frapponesse tra noi. Sollievo e gioia danzavano nel mio cuore, estinguendo il dolore fino a quando non mi tornò alla mente la promessa che avevo fatto al Distorsore di Fuoco. Allora divampò in me una tristezza bruciante, che mi inondò i sensi. La mia ricompensa per tener d'occhio il Distorsore di Fuoco avrebbe dovuto aspettare. Tuttavia, era meglio che fosse ancora qui. Animata da rinnovata risolutezza, mi calmai mentre gli altri si allontanavano, lasciando Valek e me da soli. Le sue labbra trovarono le mie. Le nostre anime si abbracciarono. Il vuoto dentro di me si riempì. Poi lui si scostò, senza fiato. «Piano, amore.» Il suo ansimare si trasformò in un accesso di tosse. «Come sei sopravvissuto al fuoco?» domandai. «Il tetto è crollato e tu non...» «Sono successe due cose in una volta. Almeno, credo.» Mi rivolse un sorriso ironico. «Stavo trasportando Brezza quando il tetto è crollato. La forza dell'impatto ci ha spediti attraverso il pavimento dentro una piccola cantina nelle fondamenta.» Valek si massaggiò le costole e fece una smorfia. «Sei ferito e io non posso guarirti!» Un brutto taglio serpeggiava lungo il lato della sua testa. «Solo ammaccato.» Si passò delicatamente una mano sul capo. «Una trave mi ha stordito e probabilmente sarei morto per il fumo e il calore, ma Brezza ci ha tenuti in una sacca di aria fresca. Era stata colpita da un pezzo della parete del fienile quando tutto è crollato, ma è rinvenuta e ha usato la sua magia per evocare un cuscino d'aria attorno a noi, così da impedire alle macerie fiammeggianti di riempire la nostra buca.» «Perché non vi ho visti il mattino dopo? Perché non avete chiamato?» «Il tetto aveva formato come una tenda attorno a noi. e non c'era

niente che voi poteste fare per aiutarci finché il fuoco non si fosse estinto.» La sua mano corse ancora una volta alle costole. «Non avevo abbastanza aria per gridare e Brezza aveva bisogno di tutta la sua forza per mantenerci in vita.» «Perché non ha spento il fuoco con un soffio? O salvato i bambini?» «I suoi poteri sono limitati. Fa tutto parte di quella sua capacità di danzare nella tempesta.» Accennò oltre il carro. «Puoi chiederglielo. L'ho portata con me.» Quando vide il mio sguardo interrogativo, aggiunse: «Avremo bisogno di tutto l'aiuto che riusciamo a ottenere». Guardai dall'altra parte del carro. Brezza teneva le redini di Onyx e Topaz. Kiki li aveva già trovati e vezzeggiava Topaz dandogli dei colpetti con il muso. Garnet stava lì vicino. Il disagio di Brezza all'essere circondata dai cavalli si rifletteva nell'espressione inquieta sul suo viso. «Hai appreso altro?» chiesi a Valek. «Sì. Trovare abiti quando sei mezzo nudo è più difficile di quanto pensi. E i cavalli spaventati possono galoppare molto lontano nella direzione sbagliata prima che tu li trovi.» Studiò il gruppo di cavalli. «Onyx e Topaz sono veloci, ma non c'è niente come un cavallo Semedisabbia quando hai fretta. E malgrado la tua deviazione fino a Booruby, amore, ho avuto un bel daffare a tenerti dietro.» «Avresti potuto trovare il modo per dirmi che stavate bene. Ho passato l'ultima settimana in uno stato di totale disperazione.» «Adesso sai come mi sono sentito io quando tu sei saltata dentro l'incendio della stalla. E sai come mi sentirò se non tornerai dallo scontro con il Distorsore di Fuoco.» Aprii la bocca, poi la chiusi. «Stavi origliando.» «Avevo sperato di sentirvi parlare di come vi mancassero le mie altruistiche qualità, le mie leggendarie capacità di combattente e di amante.» Mi guardò malizioso. «Invece, state facendo piani per domani. Interessante come la vita vada avanti suo malgrado.» Valek tornò serio e mi fissò con infuocata intensità. «Con tutto quel pianificare, amore, sono sicuro che saprai trovare un modo per tornare.»

«Non sono abbastanza astuta.» La frustrazione mi si avvolse attorno al petto e strinse fino a farmi venire voglia di gridare. «Non so abbastanza sulla magia! Credo che nessuno la conosca davvero. Stiamo solo pasticciando qua e là, usandola e abusandone.» «Ne sei davvero convinta?» «Sì. Tuttavia ammetterò di essere un'ipocrita. Mi riprometto di non usarla più, ma al primo segno di guai ricorro di nuovo ai miei poteri.» La mia capacità di guidare le anime non aveva intaccato la mia energia quanto usare la magia. Evidentemente non attingevo alla fonte del potere. Era un atto naturale, proprio come respirare. «Quando penso alla magia, tutto ciò che vedo è il male che ha fatto a questo mondo.» «Allora non stai guardando nei posti giusti.» E questo, detto da qualcuno che era immune agli effetti della magia! lo avevo visto con i miei occhi il rituale Kirakawa, la magia di sangue, la corruzione del potere, il massacro dei Semedisabbia e le anime tormentate. Doveva finire. Valek studiò la mia espressione. «Penso a ciò che hai detto al Comandante a proposito della magia.» «Tendo a concordare con il Comandante a proposito del fatto che la magia corrompe.» «Allora perché hai raccontato al Comandante di come la magia potrebbe imbrigliare il potere di una tormenta e salvare la sua gente, invece di discutere la possibilità di usare il potere come un'arma? Se la magia corrompe, allora perché non ha corrotto te? O Irys? Uomodi-Luna? Leif?» «Non lo abbiamo permesso.» «Giusto! Hai tu la scelta.» «Ma è una grande tentazione. La magia crea dipendenza. È solo questione di tempo.» «Oh, sì. Sitia ha combattuto i Distorsori per secoli. Tuttavia non lo si direbbe a giudicare dalla pace e dalla prosperità che si vede in giro.» Dalle parole di Valek stillava sarcasmo. «Vediamo, quanto tempo fa i maghi usarono la magia di sangue? Mi pare che Uomo-di-

Luna abbia detto duemila anni. Allora hai ragione! È solo questione di tempo. Questione di un duemila anni. Soppeserò ogni giorno queste probabilità.» «Non mi ero mai resa conto di quanto tu sappia essere irritante.» «Sai che ho ragione.» «Potrei dimostrarti che hai torto, lo posso essere corrotta.» Fu il mio turno di guardarlo maliziosa. Valek rivolse lo sguardo a Janco e agli altri. Gironzolavano attorno a un fuocherello, cercando di apparire noncuranti, ma io sapevo che ascoltavano ogni singola parola. «Non davanti ai bambini, amore. Ma ti prenderò in parola.» La notte scomparve in fretta. Terminammo di allestire il carro e di aggiornare i nostri piani per includervi Valek e Brezza. Gli altri avevano accettato con facilità il ritorno di Valek, anche se Janco fece un commento sulla sua mancanza di capelli. «Mai notato come le coppie tendano ad assomigliarsi?» domandò. Impassibile, Valek ribatté: «Sì. In effetti, stavo proprio pensando quanto vi assomigliate tu e Topaz. È inquietante.» Ari ridacchiò all'espressione afflitta di Janco, prima di annunciare: «La carovana partirà presto. In che settore della fila dobbiamo stare?». «Vicino al fondo, direi, ma non all'ultimo posto» diede istruzioni Valek. «Non appena saremo fuori vista dal corpo di guardia, dirigetevi al Mastio.» «Sissignore.» Ari scattò sull'attenti. Fissai il nostro gruppetto. Marrok scrutava Valek con antipatia, ma aveva assunto la postura di un soldato in attesa di ordini. Leif si masticava il labbro, un'abitudine nervosa. Il viso di Brezza era bianco di paura, ma teneva la bocca serrata in una linea determinata. Mi aveva detto che il suo potere era debole per un Danzatempesta, ma poteva suscitare il vento e sollevare abbastanza polvere da offuscare la visuale ai Daviian.

«Non sappiamo che cosa incontreremo dentro il Mastio. Ascoltate le istruzioni e obbedite agli ordini anche se non hanno senso» ordinò Valek. «Sissignore» risposero tutti all'unisono, Brezza compresa. Prima che raggiungessimo le rispettive postazioni, consegnai tre degli animali di vetro di Opale a Leif e gli altri tre a Brezza. «Questi per cosa sono?» domandò mio fratello. «Tenetene uno ciascuno, e date i restanti a Uomo-di-Luna, Irys, Bain e Dax se sono ancora vivi.» Inghiottii il nodo che all'improvviso mi si era formato in gola. «Credo di poter usare gli animali per comunicare con voi quando sarò nel mondo di fuoco.» Leif mi scrutò con occhi tristi, ma io guardai altrove prima che potesse dire alcunché. «Andiamo, voi per primi.» Accennai al carretto. Leif, Brezza e Valek si nascosero nelle tre casse sul fondo del carro. Sopra di queste ne mettemmo un'altra vuota insieme ad alcune vere mercanzie. Poi io mi distesi nella cassa in cima alla pila. Quando Marrok chiuse il coperchio, all'improvviso mi prese il panico. La gola mi si chiuse quando i tappeti furono impilati sopra la cassa. Il carro si mosse con uno scossone. Volevo uscire. Mi sentivo in trappola. Gli altri potevano uscire dalle loro scatole attraverso i pannelli nascosti che avevamo installato sul fondo del carro, lo no. Non avrebbe funzionato. I Parassiti l'avrebbero scoperto prima che potessimo raggiungere il Mastio. E poi cosa sarebbe accaduto? Inalai alcuni respiri per farmi forza. Se ci avessero catturati, io sarei stata data in pasto al Distorsore di Fuoco, proprio come volevo. Tutto quello che avremmo perso era l'elemento sorpresa. Benché utile, ritenevo che anche con esso le probabilità che gli altri sopravvivessero all'incontro sarebbero state prossime a zero. La mia morbosa sequenza di pensiero non aiutava la mia condizione mentale, così mi concentrai sul movimento del carro. Era stata una nottata lunga ed emotivamente estenuante. Caddi addormentata durante il tragitto verso la Cittadella. Il suono di una voce non familiare mi destò dal sonno. Ci

eravamo fermati, e dalle voci dedussi che eravamo all'ingresso nord della Cittadella. Le voci si fecero più vicine e una persona picchiò sulla mia cassa. Sobbalzai, serrando le labbra per non gridare. «Che cosa c'è qui?» chiese un uomo. «Le più fini lenzuola di seta tessute dal Clan della Luna, signore» rispose il mercante. «Forse vi piacerebbe acquistarne un paio? Toccate la stoffa e capirete che vostra moglie sarà assolutamente impaziente di provarle.» L'uomo rise. «Non spenderò la paga di un mese per una notte con mia moglie. È per questo che l'ho sposata.» Le loro risate si estinsero piano piano mentre la guardia interrogava il mercante sul motivo per cui entrava nella Cittadella. Dopo quelle che parvero ore, il carro riprese a muoversi. Ari accelerò l'andatura e dedussi che ci eravamo separati dalla carovana. Quando mi raggiunsero i rumori del mercato, il carro rallentò. Ari chiamò i proprietari delle bancarelle, dando loro il segnale di prepararsi alla rivolta. Una rete di messaggeri si sarebbe dispiegata per diffondere la notizia, poi sarebbe tornata per diramare il segnale di agire. Lo scontro sarebbe scoppiato quando il nostro carro fosse entrato nel Mastio. Proseguimmo. Dopo un po' il veicolo girò un angolo e si fermò con uno scossone. Ari imprecò e il suono stridente di molti cavalli ci circondò. «Oh, no. Questo proprio non va» esclamò una voce familiare. Cahil. Cahil e i suoi uomini ci avevano trovati. Intrappolata dentro la cassa, non potevo fare niente se non aspettare l'inevitabile. Sperai che Valek e gli altri nascosti nel carretto riuscissero a svignarsela. «Suppongo abbiate Yelena nascosta da qualche parte nel carro» indagò Cahil. «Abbiamo chi, signore?» domandò Ari, facendo l'ingenuo. «Tutto quello che ho sono merci per il mercato.» «Per il mercato? Il mercato che avete appena attraversato senza

fermarvi a scaricare? Non ci credo. Malgrado i vostri tradimenti e i deboli tentativi di spiegare la vostra presenza, io so esattamente chi siete e perché siete qui. In effetti, sono stato mandato da Jal per venire a scortarvi al Mastio.» Udii un cigolio quando Ari spostò il proprio peso e avvertii un lieve fruscio sotto di me. Probabilmente Valek che apriva il suo pannello di fuga. «Rilassati» disse Cahil. «Non sono qui per catturarvi. Sono qui per unirmi a voi. E spero, per amore di tutte le nostre vite, che abbiate un piano decente.» Dovetti lasciare che le parole di Cahil penetrassero. Aveva appena detto che voleva unirsi a noi? «Un piano, signore?» chiese Ari. Cahil sbuffò esasperato. «Yelena! Leif!» chiamò. «Venite fuori e dite al vostro grosso amico che sto dicendo la verità. Guardate voi stessi. I miei uomini non hanno estratto le...» Un guaito sorpreso seguì un tonfo. Poi Ari scese dal carro e i tappeti sopra la mia cassa furono strappati via. Il coperchio si sollevò. Avevo in mano il coltello a serramanico, ma mi salutò il viso divertito di Ari. Mi aiutò a mettermi in piedi. Sconcertata, mi guardai intorno. Valek era sceso dal carro e teneva un pugnale alla gola di Cahil. Gli uomini di Cahil erano ancora in sella, e pur apparendo tesi e all'erta, non avevano estratto alcuna arma. Leif e Janco raggiunsero Ari e tutti e tre estrassero le loro lame. Marrok restò su Garnet. «Dimmi, per quale motivo non dovrei tagliarti la gola?» Valek chiese a Cahil. «Non riuscirete a entrare nel Mastio senza di me» rispose lui, restando immobile e con le mani bene in vista. «Perché questo improvviso cambiamento di parte?» domandai io. Lo sguardo di Cahil incontrò il mio. Dai suoi occhi ancora irradiava odio, ma il dolore del tradimento li offuscava. «Avevi ragione.» Pronunciò ogni singola parola come se gli facesse male. «Mi stanno usando e...»

«E cosa?» incalzai. «I rituali e le uccisioni sono sfuggiti di mano. Non ce la faccio più a essere parte di tutto ciò.» Guardò Marrok. «Non sono stato allevato per essere un assassino. Sono stato allevato per essere un capo. Mi guadagnerò il trono alla vecchia maniera.» Benché l'espressione sul viso di Marrok non mutasse mai, il suo corpo si rilassò. «Come facciamo a sapere che dici la verità?» chiese Ari. «Yelena può capirlo attraverso la magia.» Scossi la testa. «Non posso usarla. Metterà Jal in allarme e a rischio la missione.» «Lei sa già che siete qui. L'avete ostacolata parecchie volte, tuttavia sarà più difficile adesso, perché ha acquistato un'incredibile quantità di potere attraverso il rituale Kirakawa.» «Lei?» chiedemmo all'unisono Valek e io. «Pensavamo che Jal fosse Gede» aggiunsi io. Cahil batté le palpebre scrutandoci per un momento. «Non lo sapevate? Che cos'altro non sapete? Stavate progettando un attacco al Mastio, giusto? Pensavo aveste capito tutto.» «Pensavi male» dissi seccata. «Abbiamo dovuto formulare supposizioni sullo stato delle cose dentro il Mastio.» «Allora questo per me è un modo per provare la mia lealtà. Vi racconterò che cosa sta succedendo e vi aiuterò a entrare. D'accordo?» Valek e io ci scambiammo un'occhiata. «Devo ancora ucciderlo?» mi domandò Valek. «Al primo segno di tradimento, sì» risposi. «E dopo che tutto questo sarà finito?» «Allora sarà a discrezione tua.» Cahil ci fissò. «Aspettate. Sto rischiando la vita per aiutarvi. Gradirei qualche garanzia.» «Siamo arrivati a un punto in cui non ci sono garanzie. Per

nessuno di noi» risposi. «Questo non è molto incoraggiante» commentò Cahil. «Non ci si aspetta che lo sia. Dovresti sapere cosa succede quando si gioca col fuoco, Cahil. Alla fine ci si brucia. Adesso, dicci quello che sai» ordinai. Valek tolse il coltello dalla gola di Cahil e arretrò. Cahil controllò la zona. Avevamo attirato una certa folla, ma constatai con sollievo che non c'erano Parassiti. Poi questo particolare mi colpì: perché non se ne vedevano? Lo chiesi a Cahil. Lui mi rivolse un sorriso sardonico. «Sono tutti al Mastio. Roze ha in programma un rituale Kirakawa su larga scala, utilizzando tutti i maghi che ha catturato per potenziare tutti i suoi Distorsori prediletti in una sola passata. E tu sarai il colpo di grazia.» Il sangue mi si mutò in ghiaccio. «Roze?» Un'espressione di superiorità illuminò il viso di Cahil. «Sì, Roze Pietrapiuma, Primo Mago, conosciuta anche come Jalila Daviian, Primo Distorsore e fondatrice del Clan Daviian.» Dalla faccia di Leif sparì ogni colore. «Ma come? Perché?» «Non ne avevo idea finché Ferde non fu catturato. Lei mi chiese di liberarlo in cambio del sostegno del Consiglio per invadere Ixia» rispose Cahil. «Pensai fosse una missione sotto copertura per capire chi altri ci fosse dietro la ricerca di potere di Ferde. Tuttavia, quando scoprii la verità su di lei e sugli altri Distorsori, devo ammettere che all'epoca non mi disturbò. Lei prometteva di attaccare Ixia e di farmi re.» «Quanti Distorsori sono coinvolti in questa storia e chi sono le vittime per il rituale?» domandai. «Ci sono sei Distorsori molto potenti, inclusi Roze e Gede. Sono stati molto attenti a concedere solo a pochi eletti di aumentare i propri poteri e di conservare le informazioni cruciali sul rituale Kirakawa. Poi ci sono cinquanta soldati Parassiti e dieci Distorsori di poteri medi. A due di questi dovrebbero essere conferiti poteri del livello di maestro durante il rituale di massa. Le vittime per questo rituale saranno gli altri tre Maestri, che sono imprigionati nelle celle

del Mastio, Uomo-di-Luna e i Consiglieri.» «E gli studenti?» «Gli apprendisti più anziani sono stati messi in cella. I più giovani obbediscono per paura.» «Come progetta Roze di controllare i Maestri Maghi?» «Ha potere sufficiente per farlo, ma credo che progetti di inoculare loro del curaro per risparmiare energia. Poi, una volta che saranno legati a terra, una dose di teobroma indebolirà le loro difese.» «Sembrano avere una scorta illimitata di curaro» meditai a voce alta. «Gede Daviian ha fornito loro la droga. Ha anche aiutato a reclutare Semedisabbia insoddisfatti per il Clan Daviian. E avere come cagnolino un Distorsore di Fuoco lo ha reso il più riverito dei loro membri.» Rimuginai sull'informazione. «Come progetti di portarci dentro?» «Come mia prigioniera. Lei sa che sono venuto a cercarti. Ti porterò da lei e dal momento che i miei sentimenti per te non sono mutati, non dovrò nemmeno recitare. Non percependo niente di sbagliato, Roze probabilmente mi ordinerà di portare gli altri...» Cahil indicò Ari e Janco. «... alle celle.» «Perché dovrei collaborare con te?» «Perché io avrò Leif, e ti garantirò di tenerlo al sicuro in cambio della tua cooperazione.» La mia mente galoppava attraverso le opzioni e le possibilità. Per la prima volta, mi sentii speranzosa circa la sopravvivenza dei miei amici. «Cahil, quando porterai gli altri alle celle, puoi liberare tutti quelli che ci sono dentro?» «Fintantoché Roze è occupata.» Valek sorrise. «Qual è il piano, amore?» Ci avvicinammo al cancello del Mastio ad andatura lenta, lo sedevo davanti a Cahil sul suo cavallo. Ari e Marrok stavano sul

carro con le mani legate dietro la schiena. Valek e Janco erano nascosti nelle casse sul fondo, e Leif cavalcava Kiki insieme a uno degli uomini di Cahil, seduto dietro di lui e armato di coltello. Non dovetti fingere di essere spaventata e preoccupata per i miei amici. Ci fu fatto cenno di passare l'ingresso senza esitazione. Ari aveva informato i cittadini della Cittadella di aspettare dieci minuti prima di riversarsi all'ingresso del Mastio. Dieci minuti durante i quali Cahil e gli altri avrebbero dovuto liberare i prigionieri, e io sarei balzata dentro il fuoco. Sperai fossero abbastanza. Il carro aggirò l'edificio dell'amministrazione e si diresse verso i dormitori degli apprendisti, che formavano un anello attorno a un'area aperta. Pochi studenti passarono di corsa, tenendo lo sguardo fisso a terra mentre svolgevano le proprie faccende. Il tappeto erboso era stato trasformato. Fissai sconvolta la desolazione. Il falò ce lo aspettavamo, ma l'erba attorno alla pira era stata coperta di sabbia. Chiazze rosso-brunastre impregnavano la sabbia e vi erano stati conficcati dei pali. Era il terreno di uccisione per il rituale Kirakawa. E la prossima vittima era già stata legata e preparata. Tagli sanguinanti gli attraversavano a zig-zag addome, gambe e braccia. Benché sofferente, Uomo-di-Luna riuscì ancora a sorridere. «Adesso possiamo dare inizio alla festa» disse. Roze lo guardò accigliata e lui si contorse nell'agonia. Primo Mago era ritta accanto a Uomo-di-Luna. Gede era vicino a lei. Altri Distorsori stavano ad anello attorno alla pira, osservando con occhi da predatori. «Vedo che finalmente sei riuscito a fare qualcosa di giusto, Cahil» commentò Roze. «Portala qui.» Cahil scivolò giù di sella e mi afferrò per la vita. Sapeva che non era necessario aiutarmi a scendere, così pensai che avesse un motivo e lasciai che mi strappasse giù dalla sella facendomi poi cadere sul terreno. «Dove vuoi andare?» chiese in un bisbiglio serrato mentre mi

tirava in piedi con uno strattone. «Più vicino che posso al fuoco.» «Sul serio?» «Sì» risposi, benché il mio cuore battesse una risposta diversa. No!, martellava. Andiamocene! Scappa! Lui mi afferrò per un braccio e mi trascinò da Roze, fermandosi a pochi piedi dal fuoco. Il calore pulsava a ondate. Mi gocciolò sudore lungo la schiena. Roze fece un cenno a un paio di Distorsori. «Ce ne sono due nascosti nelle casse. Prendeteli.» I Distorsori e alcuni soldati avanzarono verso il carro. Dopo un po' di picchiare e imprecare, Janco e Brezza furono tirati fuori. «Ci sono tre scompartì, ma il terzo è vuoto» gridò uno degli uomini di Roze. Lei mi guardò con una domanda negli occhi. «Per me. Così sono riuscita a entrare nella Cittadella.» Era la verità. Mantenni la mente concentrata sul compito immediato e non le permisi di interrogarsi su Valek. «A questa distanza, Yelena, ti rendi conto che le tue difese mentali non sono che un guscio sottile? Vedrò le tue menzogne prima ancora che tu possa formularle. Ricordatene.» Annuii e rafforzai la mia barriera. Lei rise e ordinò ai soldati di portare gli altri alle celle. «Mi occuperò di loro più tardi.» Una volta che il carro sparì, scrutò me e Cahil. «La tua cattura è stata troppo facile» disse. «Devi pensare che io sia un'ingenua, ma non importa, mi basta una scheggia di potere per scoprire che cosa stai tramando.» La sua forte magia mi invase la mente. Mi concentrai sul desiderio di salvare Uomo-di-Luna, Leif e gli altri mentre cercavo di schivare il suo attacco mentale. Non funzionò. Per distrarla, domandai: «Perché?». «Discreto tentativo.» La sua magia si abbatté attraverso le mie

difese e si impossessò del mio corpo. «Sei in mio potere, adesso. Sitia è salva.» «Salva da me?» Almeno riuscivo ancora a parlare. In effetti, pur con la sua forza incredibile, Roze poteva controllare o la mia mente o il mio corpo. Non entrambi. «Salva da te. Dal Comandante. Da Valek. Il nostro modo di vivere è al sicuro.» «Uccidendo i Siriani? Usando magia di sangue?» «Un piccolo prezzo da pagare per la nostra ininterrotta prosperità. Non potevo lasciare che il Comandante ci invadesse. Il Consiglio non ha saputo vedere il problema, lo ho creato i Daviian come riserva... un'arma segreta per quando avessimo avuto bisogno di loro. Ha funzionato. Il Consiglio alla fine ha concordato con me.» Una tronfia soddisfazione le brillò negli occhi. Tramite il nostro legame mentale, percepii che lei non capiva l'intera verità oppure aveva deciso di ignorarla. «I Daviian hanno costretto il Consiglio a concordare con te. Tenendo in ostaggio i loro bambini.» Un'irritazione estrema increspò la fronte di Roze, che scoccò a Gede un'occhiata al veleno. Lui saggiamente restò in silenzio, ma i suoi muscoli si tesero. «Sei sicura di avere il controllo dei Daviian?» chiesi. «Certamente. E una volta che avremo scelto un nuovo Consiglio, attaccheremo Ixia e la libereremo. Gli abitanti accoglieranno con gioia il nostro modo di vivere.» Sorrise. «Così tu avresti salvato Sitia, eh? Dimmi, in che modo sacrificare il Consiglio è diverso dal farli assassinare da Valek?» Roze si accigliò e un'ondata di dolore pulsò attraverso il mio corpo. I miei pensieri si dispersero mentre un tormento incessante mi torceva i muscoli. Quando ripresi i sensi, ero distesa sulla sabbia, e guardavo in su verso di lei.

«Scegliere nuovi Consiglieri non è lo stesso che nominare nuovi

Generali?» domandai.

Un'altra scossa di dolore mi sfrigolò lungo la spina dorsale. Inarcai

la schiena e urlai. Il sudore mi colava dalla testa e mi inzuppava gli abiti. Il cuore mi pompava come se dovesse correre per salvarsi la vita. Ansimai. «Vuoi chiedermi qualcos'altro?» domandò Roze con una luce pericolosa negli occhi. «Sì. In che modo i tuoi atti sono diversi da quelli del Comandante?» Lei esitò, e io cercai di aumentare il vantaggio. «Volevi proteggere Sitia dal Comandante, ma nel farlo sei diventata esattamente come lui.» La sua bocca si aprì per protestare, ma io la interruppi. «Sei preoccupata che il Comandante voglia invadere Sitia e trasformare i tuoi clan in Distretti Militari. Ma tu stai progettando di invadere Ixia e trasformare i suoi Distretti Militari in clan. In che modo questo è diverso? Spiegamelo!» Roze arse d'ira e scosse il capo, «lo sono... lui è...» Poi rise. «Perché dovrei ascoltarti? Tu sei un Cercatore d'Anime. Vuoi controllare Sitia. Naturale che cerchi di farmi vacillare con le tue menzogne.» Gede si rilassò e ridacchiò con Roze. «Ti ritorcerà contro le tue stesse parole. Dovresti ucciderla adesso.» Roze prese un respiro. «Aspetta il rituale! In fondo io ho qualcosa che vuoi!» dissi. «Che cosa potresti avere che io non possa prenderti?» «Secondo il rituale, una vittima volontaria rilascia più potere di una che resiste.» «E che cosa vorresti in cambio?» «Le vite di tutti i miei amici.» «No. Una soltanto. Scegli tu.» «Uomo-di-Luna, allora.» Sperai che gli altri riuscissero a sfuggire. Primo Mago lasciò la presa su di me. Mi alzai in piedi, ma lei puntò un dito. «Stenditi sulla sabbia» ordinò. «Posso fare un'altra domanda, prima?»

«Una.» «Che cosa succede al Distorsore di Fuoco dopo questo rituale?» «Una volta che tu sarai morta, il nostro patto sarà completato. Gli abbiamo promesso il tuo potere, e di nutrirlo in cambio della conoscenza sulla magia di sangue. Allora avrà abbastanza potere per dominare il mondo infero.» Ci raggiunse un grido e sentii un assalto magico. Roze si voltò e fece cenno ai suoi Distorsori. «Occupatevi di loro.» Imperterrita, mi disse: «Sai che non arriveranno neppure vicino a noi. I miei Distorsori e io abbiamo potere sufficiente per fermarli». «Sì, lo so.» «Ma non penso che tu lo creda. Osserva ciò che posso fare. Questo un tempo mi svuotava di energia. Adesso ci vuole solo un pensiero.» Il suo sguardo andò a quello di Uomo-di-Luna. La faccia del Semedisabbia impallidì e il suo corpo sobbalzò, poi si immobilizzò. Il luccichio dei suoi occhi si fece opaco e la sua anima lasciò il corpo.

Capitolo 24 Mi tuffai sulla sua forma riversa e inalai la sua anima prima di piombare sulla sabbia. Cede ansimò. «Lui era per il rituale.» Roze rise. «Non preoccuparti. Adesso lei mi darà due fonti di potere quando le strapperò il cuore.» «Avevamo fatto un patto, Roze. La mia collaborazione in cambio della vita di Uomo-di-Luna.» Mi spazzolai la sabbia dagli abiti. «E non collaborerai se premerò un coltello alla gola di Leif?» chiese lei. Dall'espressione sulla mia faccia, capì che l'avrei fatto. «Sei troppo molle, Cercatrice d'Anime. Avresti potuto suscitare un esercito senz'anima. Sarebbero stati imbattibili. La magia non funziona su di loro. Solo il fuoco.» Un altro grido lacerò l'aria, ma stavolta dalla direzione opposta. Un Parassita corse verso di noi. «Che c'è adesso?» domandò Roze. «I cancelli del Mastio sono sotto attacco» rispose lui ansimante. Lei lanciò un'occhiata ai Distorsori che combattevano contro i maghi del Mastio. Una visione della battaglia si formò nella mia mente. La ferocia del combattimento diminuì. La serie di immagini magiche che confondevano se n'era andata e i demoni di polvere turbinante di Brezza erano morti. La gente cadeva a terra dopo essere stata colpita con dardi intinti nel curaro. Leif, Ari e Bain giacevano paralizzati. Janco combatteva contro un soldato, tenendo l'uomo tra sé e le cerbottane. I suoi movimenti rallentarono quando un altro Distorsore focalizzò su di lui la sua magia. Gli uomini di Roze avevano avuto la meglio; era solo questione di tempo, ormai. «Non è rimasto nessuno che possa liberarti» disse Roze. La sua osservazione colpì nel segno quando richiamò dalla battaglia alcuni Distorsori perché si occupassero della rivolta ai cancelli.

Ma c'era ancora una persona che non vedevo, e questo mi dava qualche speranza. «Sai, Roze, non hai ancora compreso tutto quanto.» Lei mi osservò, dubbiosa. «Che cosa mi è sfuggito? Valek? Oh, so che è qui. La magia può anche non influenzarlo, ma il curaro metterà fuori gioco anche lui.» «No. Il Distorsore di Fuoco.» «In che senso?» «Non hai tenuto conto del fatto che lui potrebbe avere piani diversi dai tuoi.» «Non essere ridicola. Gede e io lo nutriamo. Gli diamo il suo potere. Chi altri potrebbe aiutarlo?» «lo.» Corsi verso il fuoco. Lo strillo di Roze suonò debole al di sopra del ruggito della vampa. Il calore mi avvolse in un amorevole abbraccio. Il dolore bruciante si trasformò in punture di piacere. Ma questa volta il mondo non si distese nell'uniforme piana di nero. L'aria era ammorbata dal puzzo del decadimento. Anime che si torcevano e gridavano di tormento mi circondarono.

Aiuto! Aiuto!, gridavano. Il Distorsore di Fuoco ordinò loro di fare silenzio e le spinse lontano da me. «Lei è qui per me» disse. «Non vi aiuterà.» Poi mi esaminò. «Oh. mi hai portato una leccornia. Non sarà solo un'anima per il cielo ad accrescere la mia forza, bensì il luminoso potere di Uomo-di-Luna.» Uomo-di-Luna stava accanto a me. Scrutò in giro per il mondo di fuoco con moderato interesse. «Mi dispiace che tu sia qui» dissi. «Non avevo in progetto che per questo dovessi essere tu.» «Perché no? lo sono la tua guida, Yelena. In vita e in morte. Questo non cambia mai.» «Ma tu hai detto che Gede era il mio nuovo Tessitore di Storie.» «Stavi cercando una strada facile. Gede te la offriva. Ma avresti

potuto reclamarmi di nuovo come tuo Tessitore di Storie in qualsiasi momento.» «Come?» «Bastava chiedere. O piuttosto implorare il mio ritorno... molto meglio per il mio ego.» Il Distorsore di Fuoco si piazzò tra noi. «Che teneri. Adesso portami al cielo» ordinò. «No» risposi io. «Non puoi rifiutarmelo. Abbiamo fatto un patto.» «Ho detto che sarei tornata. Non ho promesso che ti avrei portato in cielo.» «Allora tu e Uomo-di-Luna resterete qui nell'infelicità e io userò il tuo potere per raggiungere il cielo.» Avanzò e mi afferrò per le braccia. La pelle mi bollì mentre scorticanti coltelli di dolore mi si diffondevano per il corpo. Urlai, ma lui non aveva la capacità di prendere ciò che voleva. Dovevo dargliela io. Allora provò un'altra tattica. Agitando una mano, aprì una finestra e potei vedere Roze e i suoi Distorsori. Leif, Barn, Ari, Janco, Brezza, Cahil e Marrok erano tutti legati a paletti conficcati nella sabbia. «Hanno perso. Ne restano ancora pochi, ma quando anche quelli saranno catturati, comincerà lo spasso. Tuttavia, se tu mi condurrai al cielo io fermerò Roze e libererò tutti i tuoi amici e famigliari.» Guardai Uomo-di-Luna. «Se non aiuti il Distorsore di Fuoco» mi disse lui, «rimarremo bloccati qui e Roze spedirà ciascuno di loro a soffrire in questo mondo insieme a noi.» Questo era esattamente lo scenario che avevo sperato di evitare. «Stai dicendo che è questo che dovrei fare?» «No. Mi limito a illustrare le conseguenze.» «Allora che cosa dovrei fare?»

«È una decisione che spetta a te. Sei tu la Cercatrice d'Anime. Trova la tua anima.» Avrei voluto strangolarlo, ma era già morto. «Pensi di potermi dare una risposta diretta, per una volta?» domandai. «In effetti potrei.» Spalancai gli occhi mentre frustrazione e un senso di inutilità mi avvolgevano. Percependo che ero combattuta, il Distorsore di Fuoco lasciò che le anime si avvicinassero di nuovo, così che potessi vedere il destino dei miei amici. Le loro grida si fecero stridule ai miei orecchi e il calore mi tostò la pelle, rendendo difficile concentrarmi. L'odore fetido mi aggrediva i sensi. «Osserva» disse, e indicò la scena al di là del fuoco. «Roze ha ingabbiato Irys in un bozzolo di magia. La costringerà a stendersi sulla sabbia e a farsi legare.» Effettivamente Irys stava avanzando verso Roze. Si inginocchiò davanti a lei. Gli occhi di Irys scoccarono un'occhiata di lato prima che gli altri Distorsori la bloccassero nella sabbia. Seguii il suo sguardo e individuai Valek. Combatteva contro quattro Distorsori con delle spade, ma sapevo che gli lanciavano contro ogni oncia di magia. E a giudicare dallo sguardo intento di Roze, anche lei stava indirizzando tutto il proprio potere contro di lui. Benché su di lui la magia non funzionasse, Valek sentiva ugualmente la sua presenza ed essa gli rallentava i movimenti. Un soldato aspettava nei pressi con una cerbottana, cercando la prima opportunità per colpirlo con un dardo al curaro. «Valek sarà il prossimo» disse il Distorsore di Fuoco. «Che cosa vuoi fare? Guardar morire i tuoi amici e il tuo amante oppure guidarmi al cielo?» Tesi una mano a Uomo-di-Luna e l'altra al Distorsore di Fuoco. «Andiamo» dissi. Un ghigno di trionfo si allargò sulla faccia del Distorsore di Fuoco. Uomo-di-Luna rimase impassibile. Mi strinse la mano. Anche se sembrava fatto di fumo, sentii le sue dita solide nelle mie. Uomo-di-

Luna mi guardò. La forma ovale dei suoi occhi era identica a quella di Roze. Perché non avevo notato prima la somiglianza? I commenti di Primo Mago mi riecheggiarono nella mente. Potevo rianimare il corpo di Uomo-di-Luna dopo averlo portato in cielo? Secondo Roze, i corpi privi d'anima non erano suscettibili alla magia. Potevo creare una piccola armata per aiutare Irys e Valek? Il mio pipistrello mi volò attorno alla testa. Strano. Come poteva essere lì? Uomo-di-Luna sospirò. Non miravo al punto. Non aveva importanza come il pipistrello fosse arrivato lì, ma perché fosse lì. Pipistrelli. Il pipistrello di vetro di Opale. Feci per mettermi la mano in tasca, ma la risposta bloccò il movimento. La sorella di Opale. Tula! Quando Ferde le aveva rubato l'anima strangolandola, io avevo usato la magia per far respirare Tula, ma non appena avevo smesso, lei aveva smesso. Non possedevo il potere di suscitare un esercito senz'anima, compresi all'improvviso... Il mago nato centocinquant'anni prima non era un Cercatore d'Anime, bensì un Ladro d'Anime. Io ero un vero Cercatore d'Anime. E sapevo che cosa comportava il mio lavoro. Il Distorsore di Fuoco si fece impaziente alla mia esitazione e fece per afferrarmi la mano libera: io la strappai via. Il pipistrello lanciò un grido di gioia e scomparve. Cercai Roze con la mente, vedendo la sua anima e le anime di tutte le sue vittime intrappolate dentro di lei. Il loro sangue le era stato iniettato nella pelle per legarle a lei. lo spinsi in su quel sangue, spremendo e costringendolo a uscirle dai pori, liberando le anime, inviandole in cielo. Roze guaì e si rimboccò la manica. Un liquido nerastro le filtrava dalle braccia, gocciolando sulla sabbia. Il putrido odore di sangue rancido la circondò come una nebbia. A ogni anima che toglievo, Roze diventava più debole, finché non rimase soltanto il suo potere.

Poi proiettai la mia mente verso Gede e feci lo stesso con lui. Una per una raccolsi le anime dagli altri maghi, indebolendoli. Il Distorsore di Fuoco scagliò una bestemmia e si slanciò su di me. Uomo-di-Luna lo intercettò battendosi con lui così che io potessi mantenere l'attenzione sul Mastio. La magica presa di Roze su Irys si era allentata quando io le avevo tolto potere. Liberata dalla magia, Quarto Mago usò le proprie abilità per attirare accanto a sé un coltello e tagliare la fune. Una volta libera, corse verso alcuni altri che non erano stati punti col curaro, ma che come lei erano stati catturati con la magia. Brezza e Marrok si unirono a lei e aggredirono Roze. Gli avversari di Valek erano stati distratti dalla scena che li circondava, dandogli l'opportunità di eliminarli, e quando l'uomo con la cerbottana corse via, Valek portò la propria attenzione su Roze. Soddisfatta che ai miei amici andasse tutto bene, mi concentrai sul Distorsore di Fuoco. Teneva Uomo-di-Luna in una stretta stritolante, comprimendogli l'anima per legarlo al mondo di fuoco. «Fermo» dissi. «Non acquisterai altro potere oggi.» Tirai Uomo-diLuna con la mia magia e lui scoccò fuori dalla presa del Distorsore di Fuoco, «lo cerco anime e mi assicuro che arrivino all'idonea destinazione. Lui non appartiene a questo luogo. Ma tu sì.» Mi scostai. Lui cercò di fermarmi, ma era un'anima come tutte le altre e io lo controllavo. Spostandomi attraverso il mondo di fuoco, trovai quelle che non vi appartenevano e le rilasciai nel cielo. Il Distorsore di Fuoco mi urlava contro ogni volta che ne liberavo una, ma io lo ignorai. Passò lungo tempo mentre mi occupavo di tutte, ma la mia energia aumentava a ogni rilascio. «Perché non sono stanca?» chiesi a Uomo-di-Luna. Lui sorrise. «Pensa a ciò che hai appreso oggi.» Mi guardai attorno. Il potere del Distorsore di Fuoco era diminuito a ogni anima liberata. Forse rubare il suo potere aveva accresciuto il mio? «No.» Uomo-di-Luna sembrava un po' esasperato, come se non riuscisse a credere che fossi così tarda di comprendonio. Ricavai un

certo piacere dalla sua espressione. Alterare il suo contegno imperturbabile richiedeva uno sforzo enorme da parte mia. Il Distorsore di Fuoco mi rivolse un'occhiata di brace. «È solo questione di tempo prima che io riacquisti la mia forza» disse. «C'è sempre qualcuno che brama più potere e io sarò qui ad aspettarlo.» «Non se posso farci qualcosa» dissi io. «Per impedirlo, dovrai trascorrere l'eternità con me. La conoscenza è là fuori, adesso. Un altro sciocco scoprirà come contattarmi attraverso le fiamme.» Non aveva torto. Ma io ero il Cercatore d'Anime. Per poter svolgere il mio lavoro, avrei dovuto restare nell'oltremondo e mandare le anime nel loro giusto luogo. Pensando al mio compito, rammentai una promessa fatta a Uomo-di-Luna. «Puoi guidarmi al mondo d'ombra?» gli domandai. «No. Ma tu puoi condurre me.» «E tu ti definiresti una guida?» Lui sorrise serenamente. «Ti odio.» Gli afferrai la mano. Pensai al mondo d'ombra con la sua grigia piana e il cielo plumbeo. Il riverbero rosso impallidì e presto la distesa uniforme si allargò davanti a noi. «Questo è soltanto il corridoio tra i mondi, Yelena. Guarda più in profondità per vedere il vero mondo d'ombra.» Un'altra misteriosa istruzione. Malgrado tutte le mie capacità, ancora non potevo indurre Uomo-di-Luna e darmi una risposta diretta. Scacciai la frustrazione e mi concentrai su chi stavo cercando di trovare: i Semedisabbia che erano stati uccisi dai Parassiti nelle Pianure Avibiane. L'area piatta cominciò a incresparsi e a trasformarsi nelle pianure. Crebbero piccoli affioramenti di rocce e dal liscio terreno grigio germogliarono erba e pochi cespugli. Poi spuntò un grappolo di tende di tela erette intorno a un focolare. La scena davanti a me assomigliava a un accampamento Semedisabbia, tuttavia non vi era

alcun colore. Solo nero e bianco e ogni sfumatura di grigio. I Semedisabbia si raccoglievano insieme in quel campo nella fittizia Pianura Avibiana, vivendo nell'ombra proiettata dal mondo reale. Si aggrappavano ai loro ricordi di vita, non rendendosi conto che la pace li attendeva in cielo. Camminai in mezzo a loro e parlai. Il loro numero crebbe e dovetti impedirmi di rivivere l'orrore dell'attacco e del massacro da parte dei Parassiti. Promisi di vegliare sui Semedisabbia sopravvissuti che si erano nascosti durante l'attacco. Potevano essere passati giorni e settimane mentre li convincevo a passare oltre. Non avevo la cognizione del tempo. Di nuovo, mentre inviavo le anime al cielo, una per volta, la mia forza crebbe. «Ci sono molte altre anime aggrappate al mondo d'ombra» dissi a Uomo-di-Luna, pensando a tutte le città e cittadine a Siria e Ixia. «Lascia che ti riporti al tuo corpo e potrai raccontare agli altri la mia sorte.» «Non posso tornare» rispose lui. «Il mio corpo è morto, diversamente dal tuo. E anche se tu mi guarissi, sarei infelice e desidererei la morte.» «Come Stono e Gelsi?» «Sì. Alla fine entrambi troveranno di nuovo la loro via al luogo a cui appartengono.» «Allora ti manderò al cielo. Meriti di stare là.» «Non finché non capisci.» «lo capisco. Sto facendo il mio lavoro. Mi sono rassegnata a vivere qui per tenere al sicuro Siria e Ixia da ulteriori Distorsori!» Serrai le mani assieme per impedire che si stringessero attorno allo spesso collo del Signor lo-so-tutto-e-tu-no. «Ti sei rassegnata sul serio?» domandò lui. «lo...» Sbuffai di frustrazione. Avrei preferito tornare indietro con Valek, Kiki, i miei genitori, Leif. Irys, Ari, Janco e gli altri miei amici. Avevo imparato il mio vero lavoro, ma c'erano ancora molti aspetti della mia magia e della magia altrui che avrei voluto esplorare. Pensai all'abilità unica di Opale. Poi rammentai il mio pipistrello di

vetro. Era sopravvissuto al fuoco? Mi tastai nelle tasche. Curioso come i miei abiti avessero resistito alle fiamme. Le mie dita toccarono qualcosa di liscio. Estrassi l'animale dal mantello. Il nucleo interno ardeva di magia. Fissando la luce, vidi il volto triste di Leif. Mi scrutò con dolore, poi con incredulità quando gli sorrisi. «Saluti dall'oltremondo» dissi. «Yelena! Che...? Dove sei...? Torna indietro!» «Non posso. Dimmi, che cosa è successo?» Mi fece un rapido resoconto di come si fosse svolta la battaglia dopo che ero balzata nel fuoco. La maggior parte dei Distorsori erano morti; soltanto Roze, Gede e altri quattro erano ancora vivi e si trovavano nelle celle del Mastio, in attesa di giudizio. «Saranno impiccati per tradimento e omicidio» concluse Leif. Poi si fece cupo. «Abbiamo seppellito Uomo-di-Luna la scorsa settimana.» «La scorsa settimana? Ma...» «Sei via da settimane. Abbiamo tenuto acceso il fuoco, nella speranza che tu ritorni. Anche Valek non vuole lasciarcelo estinguere. Sta aiutando i Consiglieri e i Maestri Maghi a riprendersi dalla prova e ad appianare le relazioni con il Comandante tramite l'Ambasciatrice Signe. Valek è passato da flagello di Sitia a eroe di Sitia.» Leif sorrise sardonico. Valek. L'unica persona con cui non mi sarebbe spiaciuto trascorrere l'eternità. Leif continuò: «E il resto di noi si sta confrontando con il futuro. Molti studenti sono stati uccisi dai Parassiti. Stiamo ancora facendo l'elenco di chi è rimasto. Il tuo amico Dax sta bene, ma Gelsi è morta resistendo a un Distorsore.» Uomo-di-Luna aveva ragione, Gelsi aveva trovato la via del ritorno. Sperai che Stono non soffrisse troppo prima che la sua anima trovasse il cielo. Mio fratello fece una pausa. «L'esercito siriano sta dando la caccia ai Parassiti che sono fuggiti. I Semedisabbia sono tornati alle pianure per ripopolarsi.» Leif sospirò. «Manchi a tutti. Perché non puoi tornare indietro?»

«Occorre che qualcuno impedisca al Distorsore di Fuoco di riacquistare potere.» Leif si accigliò mentre rifletteva, poi parve speranzoso. «Bain ha bruciato quei vecchi testi Efe per impedire a chiunque di apprendere la magia di sangue.» «Ma ci sono altri che sanno come eseguire il rituale, e anche se li giustizierete, saranno qui nel mondo di fuoco e in grado di comunicare con qualcuno che sia deciso a scovarli.» «Tu sei un Cercatore d'Anime, non puoi mandarli da qualche parte fuori portata?» chiese Leif. «Non meritano di stare in cielo.» «Perché no?» domandò Uomo-di-Luna. La mia mente ripassò ciò che sapevo del cielo, che era molto poco. «Credo che lo contaminerebbero. È puro e i loro atti malvagi lo insozzerebbero.» «Finalmente! Che cos'è il cielo?» Già, che cos'era? Quando mandavo là le anime, mi sentivo rinfrescata, piena di energie anche se usavo il potere, cosa che solitamente mi provocava affaticamento. Aggiungevo anime al cielo. E così facendo ampliavo la coltre di potere che circondava il mondo. La fonte della magia! L'anima del mondo. Uomo-di-Luna mi guardò raggiante. «Adesso puoi mandarci anche me! E poi puoi tornare alla tua vita.» Ridacchiò alla mia espressione dubbiosa. «Troverai un modo, Yelena. Lo fai sempre.» «Ultimo esempio di ermetico ammonimento?» «Consideralo il mio regalo d'addio.» Esitai per un momento. Una volta che Uomo-di-Luna se ne fosse andato, sarei stata completamente sola. «Ragione di più per non rimanere» replicò lui. «Una cosa c'è che non mi mancherà.»

«E sarebbe?» «Il tuo leggermi la mente tutto il tempo e farmi indovinare le cose da me.» «Fa parte dell'essere il tuo Tessitore di Storie. Non finisce, sai. Udrai la mia voce nella tua mente di tanto in tanto, a darti i miei consigli unici.» Gemetti. «E io che pensavo che vivere nell'oltremondo per l'eternità fosse brutto!» Prima di inviarlo al cielo lo fissai, cercando di memorizzare i suoi lineamenti, incluso il ghigno sardonico, nella mia mente. Quando scomparve, sentii la sua assenza come un rivestimento ghiacciato sulla pelle. Mi resi conto che stringevo ancora il pipistrello di Opale, ma la connessione con Leif era interrotta. Vagabondai per il mondo d'ombra e trovai altre anime perse. Spesso controllavo nel mondo di fuoco per assicurarmi che il Distorsore rimanesse dov'era. Lui imprecava, insultava e cercava di blandirmi, a seconda dell'umore. Irys, Leif e Bain mi parlavano tutti attraverso gli animali di vetro. Erano gli unici che avevano la capacità di usarli. Attraverso di loro seppi che Roze, Gede e gli altri Distorsori sarebbero stati presto impiccati. Mi preparai a riceverli nel mondo di fuoco. Nel frattempo fissavo il mio pipistrello, cercando senza successo di collegarmi a Valek. Il desiderio di parlargli, di stringerlo, mi artigliava il corpo. La frustrazione per l'incapacità di comunicare con lui fece aprire una finestra sul mondo reale, e potei vedere gli eventi attorno al mio fuoco. Risi provando quell'intenso sentimento di appartenenza. Il mio fuoco. Ma tornai seria. Sapevo che, dopo che avessero impiccato Roze e gli altri, il mio fuoco sarebbe stato spento e la mia finestra sul mondo chiusa per sempre. Il Consiglio progettava di impiccare Roze e i suoi complici su forche innalzate nella sabbia chiazzata di sangue e poi bruciare i loro corpi nel mio fuoco. Un insulto riservato solo ai traditori. La sabbia sarebbe stata raccolta e forse i giardinieri avrebbero piantato erba in quello spazio. O degli alberi. Fiori. Un monumento

alla memoria? Forse una struttura simile a una delle statue o fontane di giada della Cittadella. Per ricordare me e Uomo-di-Luna. Adesso stavo diventando lacrimosa e melodrammatica. Se non la smettevo, mi sarei ritrovata a progettare il monumento, tracciando le dimensioni nella sabbia. Mi chiesi che cosa ne avrebbero fatto di tutta quella sabbia. L'avrebbero mandata a Booruby perché fosse fusa in vetro? Affinché Opale potesse trasformare il fuoco in ghiaccio? Mi raggelai per il colpo quando un'idea folle mi si formò nella mente. Riflettendoci, trovai molte falle e ragioni per cui non poteva funzionare. Ma successo o no, almeno avrei potuto dire di averci provato. E poi, il solo sforzo avrebbe impedito a Uomo-di-Luna di tormentarmi per un po'. Chiamai Leif attraverso il mio pipistrello, sperando che ci fosse abbastanza tempo. Lui apparve ansioso di essere d'aiuto e si precipitò a fare i preparativi. Gli eventi dovevano accadere in uno specifico ordine perché il mio piano funzionasse. Tornai al mondo di fiamma. Il Distorsore di Fuoco sarebbe stato il soggetto per il nostro primo esperimento. Guardando fuori dalla mia finestra, attesi che Leif ritornasse. Non mi piaceva stare lì. Il rumore stridente mi trapanava il cranio e l'odore putrido permeava l'aria. Preferivo la silenziosa noia del mondo d'ombra. Il Distorsore di Fuoco godeva della mia ansia. «Guarda come brami di tornare. La tua sofferenza è il mio solo piacere. E godrà di tenerti qui. Già percepisco un ragazzo infelice che cerca vendetta sui suoi tormentatori. Se il suo desiderio cresce, presto sarò in grado di parlargli. A meno che tu non me lo impedisca.» Le sue parole fecero divampare dentro di me il dubbio su ciò che avevo progettato. Stavo agendo egoisticamente? Potevo ancora salvare anime perdute nel mondo d'ombra? Tuttavia, la prima volta l'avevo fatto con gli spettri a Collina del Gufo. Soffocando tutte le mie paure, decisi di ignorare i commenti del Distorsore di Fuoco. Trascorsero quelle che a me parvero un paio di settimane, ma

poteva essere stato un mese o più. Stando ai brevi scorci del Mastio che riuscivo a cogliere, la stagione fredda era terminata e la stagione tiepida era in pieno vigore. Ricevevo aggiornamenti da Leif, ma ora che avevo una possibilità di fuggire, la mia impazienza cresceva. Finalmente, tutti gli elementi furono al loro posto. Le forche furono costruite e le attrezzature occorrenti portate dentro. L'incredibile sollievo che provai nel vedere Opale mi sorprese. La sua bocca era stretta in pura determinazione mentre approntava i suoi utensili. Un'altra preoccupazione mi attraversò la mente. Dentro l'oltremondo non avevo provato freddo, caldo, fame o sete. Ma se riattraversavo il fuoco, mi avrebbe bruciato? L'avrei scoperto piuttosto presto. Il Distorsore di Fuoco si librava accanto a me, con palese divertimento. Opale afferrò un lungo tubo metallico e lo infilò nella fornace. Mi chiesi dove si fossero procurati le attrezzature per fare il vetro. Rigirò il tubo e lo tirò fuori. E iniziò a creare un animale di vetro. Quando fece per soffiare dentro il tubo, io inalai l'anima del Distorsore di Fuoco. Lui guaì di sorpresa e mi ustionò la pelle mentre lo inviavo attraverso Opale e dentro il vetro. Urlò di terrore e oppose resistenza. Ma io lo controllavo. Era un'anima, dopotutto. Opale trasalì come se si fosse scottata, ma tornò al suo lavoro, facendo il maiale più brutto e di aspetto più sgraziato che avessi mai visto. Quando ebbe posato l'animale nel forno di condizionamento, cominciò l'attesa. Il nostro esperimento aveva funzionato? Se il Distorsore di Fuoco era veramente intrappolato dentro il vetro, allora avremmo inscatolato tutti i Distorsori che sapevano praticare magia di sangue, impedendo loro di trasmettere l'informazione. E io avrei potuto andare a casa. Trascorsero dodici lunghissime ore prima che Opale tirasse fuori il maiale e sollevasse la statuetta perché tutti la vedessero. Solo in quel momento notai quante persone fossero venute ad assistere. Mi aspettavo Leif, i Maestri Maghi e i Consiglieri, ma pareva che Fisk e i

membri dell'intera Gilda degli Aiutanti fossero lì. Mia madre e mio padre indugiavano verso il fondo. La mano di Perl era avvinghiata alla gola per l'angoscia, ma lei appariva determinata quanto Opale. Cahil e un reggimento di soldati, incluso Marrok, stavano sull'attenti. Ari e Janco attendevano insieme a Leif. Janco aveva un'espressione accigliata, mostrando il suo estremo disgusto per la magia. Valek brillava del suo personale fuoco interiore. Per lui, avrei rischiato il calore delle fiamme. Rivolsi l'attenzione alla creazione di Opale. Pulsava di una torbida luce rossa. Il Distorsore di Fuoco era chiuso all'interno. L'uditorio acclamò. Opale posò il maiale nella sabbia e raccolse un'altra porzione di vetro fuso, preparandosi per l'anima successiva. Roze, sotto il controllo dei tre Maestri Maghi, fu costretta a salire i gradini del patibolo. Il cappio le fu stretto attorno al collo e il boia indietreggiò. La faccia di Roze si contorse di rabbia, e urlò. Il tempo si raggelò per un istante e io sentii come sarebbe stato trovarsi lì terrorizzata, in attesa che il pavimento di spalancasse e la mia vita finisse con un breve schiocco del collo. Se avessi scelto il patibolo invece che diventare l'assaggiatore ufficiale del Comandante, due anni prima, mi chiesi se sarebbe accaduto qualcosa di tutto ciò. Guardai Roze cadere, come al rallentatore. Il suo corpo strattonò l'estremità della corda. La sua anima fuggì, lo la catturai. I suoi pensieri d'odio mi colmarono la mente. Quella di guardiana

dell'oltremondo è una carica che ti si addice, Yelena. Il tuo posto è qui. Non crederai veramente di poter tornare indietro? Sarai temuta da tutti e diventerai una reietta a tempo di record. Se fossi un Ladro d'Anime, sarei d'accordo con te. risposi. Non mi spaventi. Roze. Non ci sei mai riuscita e questo ti infastidiva più del fatto che io sia un Cercatore d'Anime. Opale soffiò. Inviai Roze nel suo ultimo viaggio. Poi Gede. Poi gli altri quattro Distorsori. Sette in tutto, incluso il Distorsore di Fuoco. Quando tutti i Distorsori furono imprigionati nelle statuette di

vetro, Opale si accasciò a terra esausta. Adesso potevo andare. Mi guardai attorno, cercando di determinare se avessi omesso qualcosa, se restasse un'anima che potesse far danno. Le parole di Roze avevano in sé una punta di verità: indipendentemente dalle mie spiegazioni, i Siriani avrebbero avuto terrore di me e il sospetto e l'inquietudine del Consiglio sarebbero durati per lungo tempo. Diedi il benvenuto alle difficoltà. Erano parte della vita, e io avevo in progetto di godermi ogni minuto. Mentre attraversavo la mia finestra sul Mastio, mi raggiunsero per primi dei suoni. Il ruggito del fuoco. Leif che chiamava il mio nome. Poi un calore bruciante mi risucchiò il respiro. Vivido giallo e arancio mi trafissero gli occhi. Il mio mantello prese fuoco. Mi tuffai verso la sabbia e mi rotolai sul terreno per soffocare le fiamme. Tanti saluti all'ingresso solenne che avevo immaginato!

Capitolo 25 Trascorsi le prime ore del ritorno avvolta da un eccitato chiacchiericcio di tutti i miei amici e famigliari. Tutti tranne Valek. Ma sapevo che l'avrei visto quando l'orda si fosse dispersa. Una volta che il mio fuoco ebbe terminato il suo macabro compito di ridurre in cenere i traditori, fu estinto. Ne uscì un denso fumo che restò attaccato a terra finché Brezza Danzatempesta non creò un fresco venticello per spazzarlo via. Notai con molto interesse con quale velocità la vita riprendeva. Benché lieti che fossi tornata, i Consiglieri se ne andarono per una riunione. Fisk e i membri della sua gilda corsero al lavoro al mercato. Prima di andarsene, Fisk mi lampeggiò un ampio sorriso e disse: «Amabile Yelena, avrai bisogno di nuovi abiti per la stagione calda. Conosco la miglior cucitrice della Cittadella. Vieni a trovarmi quando sarai pronta.» La stagione calda? Ari mi disse che era appena iniziata. Ero vissuta nell'oltremondo per settantun giorni, saltando l'intera stagione tiepida. Guardai al tempo con emozioni miste: lieta che le mie percezioni nell'oltremondo non corrispondessero alla realtà, specialmente se mai avessi dovuto tornare; e turbata perché non ero lì ad aiutare a ripulire il disastro che i Parassiti si erano lasciati dietro. Ari e Janco borbottavano per il tempo caldo e appiccicoso e confessarono il desiderio di tornare a casa a Ixia. «Ci siamo divertiti a far fuori tutti quei Daviian» disse Janco. «Ma sono sicuro che Maren sente la nostra mancanza.» Ari parve dubbioso. Si era lavato via dai capelli la tintura nera, e la sua pelle chiara si era bruciata al sole di Sitia. La pelle di Janco invece era abbronzata, e si intonava ai suoi abiti sitiani. «Oh, questo?» disse Janco quando accennai al suo nuovo colorito. «Ti sei persa molte belle giornate.» «Janco è stato a prendere il sole a ogni occasione che aveva» disse Ari con palese disprezzo. «Affermava di tenere acceso il fuoco, ma

l'ho beccato un po' di volte a sonnecchiare sulla sabbia.» «Una volta sola!» protestò Janco. Cominciarono a bisticciare, lo risi e mi allontanai, ma udii Ari gridare: «Campo di addestramento, alle cinque in punto». Gli urgenti richiami di Kiki mi avevano rimproverato in continuazione da quando ero tornata, così mi affrettai verso le scuderie per passare un'ora con lei. Forse Valek si sarebbe fatto vedere e avremmo potuto riallacciare i contatti sulla paglia. Le grattai le orecchie, le diedi delle mentine e mi accucciai dietro una pila di balle di fieno quando il Mastro di Stalla venne a cercarmi, probabilmente intenzionato a farmi la predica per aver tenuto in prestito Garnet così a lungo.

Signora-di-Lavanda non va via di nuovo, disse Kiki nella mia

mente.

Cercherò di evitarlo. Niente promesse, tuttavia. Lei sbuffò. Prossima volta va Kiki. Una Cercatrice di Cavalli? Aiuta Signora-di-Lavanda, rispose lei, come se ciò ponesse fine alla

discussione.

Anche se non vedevo l'ora di tornare alle mie stanze nella torre di Irys, i miei genitori insistettero perché andassi nei loro alloggi nell'ala degli ospiti del Mastio dopo aver fatto visita alle scuderie. Leif, Irys e Bain mi seguirono, e tutti e sei sedemmo in salotto a sorseggiare del tè. Incuneata tra mio padre e mia madre sul divano, ero praticamente prigioniera. Il mio desiderio di vedere Valek avrebbe dovuto aspettare. Bain e Irys erano interessati soprattutto a ciò che era accaduto nei mondi di fuoco e d'ombra. Dopo che ebbi tracciato loro un breve resoconto, Bain mi fece promettere che gli avrei fatto visita per raccontargli i dettagli per il suo libro. «A proposito, hai passato l'esame per il livello di Maestro» annunciò Irys. «Cosa?» L'improvviso cambiamento d'argomento mi colse con la

guardia abbassata, e il tè mi andò di traverso. «Sei penetrata nell'oltremondo e sei tornata con uno spirito guida. Il tuo incontro con il Distorsore di Fuoco è stato la tua sfida, e la sua sconfitta il tuo successo.» «Ma io non ho uno spirito guida.» Leif rise. «Il pipistrello! Lo pensavo che era bizzarro. Oltre il fatto palese che lui voleva vivere con te.» «Leif, questo non è gentile, considerando tutto quello che tua sorella ha fatto per te» lo rimproverò Perl. «Oh, giusto. Come posso dimenticare che ha fatto di me un'esca per un serpente, mi ha lasciato agli arresti domiciliari a Ixia e mi ha contrabbandato fin dentro il Mastio in una bara? E non dimenticate quella volta...» Ignorai il predicare di Leif, domandandomi invece: perché un pipistrello? Perché non qualcosa di pauroso come un drago di fuoco o un serpente della collana? Irys aveva un falco, Bain un leopardo del vento e Zitora un unicorno. Pensando a Zitora, mi ripromisi di andare a visitarla in infermeria l'indomani. Era stata seriamente ferita durante lo scontro con i Distorsori, e la sua guarigione era stata lenta. Continuavo a sbirciare dalla finestra, sperando di vedere Valek. La mia mente sfornava scuse a ripetizione per piantare tutti e andare a cercarlo. Bain interruppe la lista di lamentele di Leif contro di me. «Secondo la nostra prassi, Yelena ora è Quarto Mago.» Sollevai la mano per prevenire ogni ulteriore folle speculazione. «No. Non so accendere fuochi né muovere oggetti come sanno fare i Maestri, lo sono un Cercatore d'Anime. Il mio lavoro è trovare anime perdute e mandarle a casa, incluse le anime di Ixia. Per non parlare del fatto che c'è ancora bisogno di un Ufficiale di Collegamento tra le due nazioni. Ho intenzione di riassumere quel ruolo.» E il primo ordine del giorno sarebbe stato chiarire le intenzioni di Cahil. Il suo aiuto nello sconfiggere Roze e scovare i nidi dei Parassiti

si era rivelato inestimabile per il Consiglio, ma io non ero convinta che il suo nuovo ruolo significasse che lui non avrebbe cercato un qualche sistema per reclamare il trono di Ixia. «Che cosa ne facciamo di quelle prigioni di vetro?» domandò Leif. «Sono sotto stretta sorveglianza, ma non vorremmo che cadessero nelle mani sbagliate.» «Che cosa succederebbe se si rompessero?» chiese Perl. Tutti guardarono me. «Se le anime vengono liberate, andranno nel mondo di fuoco, a meno che non ci sia un altro Cercatore d'Anime a disporle altrove.» «Altrove?» Leif sollevò le sopracciglia. «Dentro un altro corpo o nel cielo.» Sospirai. «Dovremo trovare un posto per proteggerle e nasconderle.» «Il Mastio» propose Barn. «Una delle profonde caverne della Giungla Illiais» suggerì Esaù. «Sotto le Montagne di Smeraldo» consigliò Irys. «Sommerse nel punto più profondo del mare» le fece eco mio fratello. «Sepolte sotto il ghiaccio del nord» raccomandò Perl. «Tutte buone idee, ma occorrerà che il Consiglio dibatta l'argomento e decida.» Il mio sguardo incontrò quello di Irys. Lei mi rivolse un sorriso tirato. Sapevamo entrambe che il Consiglio avrebbe litigato per mesi, e che stava a me trovare una dimora per loro. Trascorsi il resto del pomeriggio con la mia famiglia. Perl ed Esaù mi fecero promettere che sarei andata a trovarli. «Una bella visita rilassante» ordinò Perl. «Senza dare la caccia a Parassiti o salvare qualcuno. Ci siederemo a chiacchierare e ti preparerò un nuovo profumo.» «Sì, madre.» Mi costrinse a mangiare prima che potessi andarmene. Corsi al cortile da esercitazione, sperando che Valek fosse là.

Non c'era. Quell'uomo mi stava torturando di proposito!, pensai, lo l'avevo fatto aspettare oltre due mesi. Forse stava ricambiando il favore. Ari e Janco tiravano di scherma con le spade. E come al solito, benché Janco canticchiasse le sue rime e Ari usasse la forza bruta, erano pari in abilità. Si interruppero nel vedermi. «Vieni» mi invitò Janco. «Ari vuole assicurarsi che tu sia in ottima forma prima che partiamo.» «lo?» domandò Ari. «Sì, tu. Altrimenti sarai preoccupato per lei.» «Sarò preoccupato?» «Ma certo.» Janco liquidò con un gesto i commenti del compagno. «Inoltre, questa è solo una tregua prima della prossima tempesta. Dobbiamo essere pronti!» Questa volta intervenni io. «La prossima tempesta?» Janco sospirò in modo teatrale. «C'è sempre un'altra tempesta. È così che funziona il mondo. Tempeste di neve, tempeste di pioggia, tempeste di vento, tempeste di sabbia e tempeste di fuoco. Alcune sono feroci e altre sono minuscole. Devi affrontarle una alla volta, ma occorre che tu tenga sempre un occhio su cosa si sta preparando per l'indomani.» Ari roteò gli occhi. «La visuale unica della vita di Janco. Ieri paragonava la vita al cibo.» «Questo perché certi cibi ti lasciano sazi mentre altri...» «Janco» lo interruppi, «preparati per la mia tempesta.» Abbattei il mio bastone verso i suoi piedi. Lui lo schivò con agile grazia, lasciando cadere la spada. Tese la mano al suo archetto e il nostro incontro ebbe inizio. Da quando ero tornata dall'oltremondo, potevo osservare tutti da un nuovo punto di vista. Con un batter di ciglia, scrutavo attraverso i loro corpi e direttamente nelle loro anime. Conoscevo i loro pensieri, sentimenti e intenzioni come se fossero miei. Prima dovevo attingere potere dalla fonte e proiettarmi dentro di loro.

Ora la connessione si stabiliva nell'istante in cui ci pensavo. La comica sorpresa di Janco quando lo sbattei a terra in tre mosse valeva quasi la pena di affrontare un viaggio nell'oltremondo. Quasi. Sbuffò e infuriò e cercò di accampare scuse. Interruppi il nostro secondo combattimento per guidare un'anima al cielo. Molte indugiavano attorno al Mastio e capii che avrei dovuto dare una passata alla Cittadella. Janco osservava le mie azioni magiche come se gli riuscissero disgustose. «Almeno stai spendendo energia. Sarai più facile da battere» disse con un sorrisetto. «Aspetta e spera» ribattei. Dopo aver perso i successivi quattro incontri, Janco alla fine si arrese. «Allora, sono pronta per la prossima tempesta?» domandai, sorridendogli soave. «Tu sei la prossima tempesta.» A parte l'ego ferito, Janco e Ari erano compiaciuti delle mie abilità di combattente. «Hai trovato il tuo centro» disse Ari con una nota di approvazione nella voce. «Non hai paura di abbracciare ciò che sei. Adesso Janco non dovrà più preoccuparsi.» «Lascerò che sia Ari a nutrire tutta la preoccupazione per entrambi. Oh, aspetta! Lo fa già.» «Non io. Sei tu quello che piagnucolava e si agitava per Yelena in tutte queste settimane.» «Non è vero.» Si lanciarono in un'altra partita di bisticci. Non avevo mai pensato che mi sarei divertita ad ascoltarli, ma fu così. Finché non vidi Cahil venire verso il cortile da addestramento. Teneva in mano il suo lungo spadone. Lo osservai avvicinarsi, preparandomi a difendermi se fosse stato il caso. Studiai le sue emozioni con la mia seconda vista. Odio, determinazione e ansia dominavano i suoi sentimenti. Cahil si arrestò alla staccionata. «Non sono venuto qui per

combattere» esordì. «Voglio parlarti.» Ari e Janco non parvero preoccupati dalla sua presenza, e continuarono il loro dibattito. Ma loro non si erano mai trovati dalla parte sbagliata dell'ira di Cahil. Mi avvicinai con l'archetto stretto in pugno, tenendo la staccionata di legno tra noi. «Di che cosa vuoi parlare?» domandai. Cahil trasse un profondo respiro. «Volevo...» «Va' avanti. Dillo.» Negli occhi celesti di Cahil divampò l'irritazione, ma lui la contenne. «Volevo spiegare.» «Spiegare perché sei maligno, spietato, opportunista...» «Yelena! Vuoi chiudere il becco?» La mia espressione doveva averlo intimorito, perché si affrettò a continuare. «Tu tiri fuori il peggio di me. Puoi ascoltare?» Una pausa. «Per favore?» «D'accordo.» «Quando scoprii di non avere sangue regale, che l'intero scopo della mia vita era una beffa, rifiutai di crederci. Perfino quando Marrok ammise che ero solo il figlio di un soldato, non volli ascoltarlo. Trasferii invece la mia rabbia contro di te e Valek e decisi che avrei trovato un modo perché il Consiglio supportasse un attacco a Ixia per reclamare il trono.» Abbassò lo sguardo sulla spada che aveva in mano. «Sai che cos'ho fatto dopo. Ho perso la strada e ho ingoiato ogni boccone delle menzogne di Roze.» Mi porse la sua spada. Era stata la spada del Re di Ixia. Recuperata dopo che il sovrano era stato assassinato, era stata data a Cahil come parte dell'inganno per fargli credere di essere il nipote del legittimo re. «Dalla al Comandante per me» disse Cahil. «Dovrebbe essere sua.» «Hai rinunciato al desiderio di dominare Ixia?» Lui mi guardò e vidi nella sua anima una rinnovata sensazione di avere uno scopo. «No. Cerco ancora di liberare Ixia dal severo dominio del Comandante. Ma non credo più che il trono mi spetti

di diritto. Ho in progetto di guadagnarmi quel privilegio.» «Allora questo sarà motivo di alcune interessanti discussioni tra noi.» Ressi il suo sguardo. «Puoi contarci.» La convocazione da parte dell'Ambasciatrice Signe arrivò dopo un lungo ammollo in un bagno bollente. Mi cambiai il mantello danneggiato e gli abiti affumicati con un paio di calzoni di cotone e una camicia puliti. I capelli non mi erano cresciuti mentre ero nell'oltremondo. Le ciocche lunghe un dito, tuttavia, erano lunghe abbastanza da starmi aderenti alla testa. L'Ambasciatrice attendeva nell'edificio dell'amministrazione del Mastio. Aveva l'uso di una sala riunioni e di un ufficio durante la sua permanenza. Mi affrettai su per le scale e dentro l'edificio di marmo, sperando di vedere Valek. La delusione mi rimescolò lo stomaco e ancora una volta mi chiesi se mi stesse evitando di proposito. L'Ambasciatrice Signe mi salutò con calore, informandosi della mia salute. Studiai il suo viso, così simile ai lineamenti delicati del Comandante, e tuttavia privo della piena forza di quella scintilla possente che abitava negli occhi d'oro di Ambrose. Con la mia nuova vista, scorsi le due anime che lottavano per il predominio. Facevano a turno, ma io potevo vedere la rossa spirale di conflitto all'interno. «Irys Gemmarosa mi ha informato che vorresti riassumere i tuoi compiti come Collegamento. È vero?» «Sì. Diventare un consulente del Comandante è una grande tentazione, ma sento che le mie capacità dovrebbero servire sia Ixia sia Sitia mantenendo aperte le relazioni e facendo crescere la comprensione tra le due nazioni.» «Capisco. Allora il primo punto all'ordine del giorno dovrebbe essere concordare un salario.» «Un salario?» «Non puoi essere pagata dai maghi o dal Consiglio. Devi ricevere eguali compensi da Sitia e da Ixia per mantenere la tua neutralità.»

Sorrise. «Con tutto quello che hai fatto di recente, ti suggerirei di contrattare per una somma considerevole.» «Ovviamente, ci sono molte cose a cui dovrò pensare nel mio nuovo ruolo.» «Confido, allora, che la tua educazione sia completa?» Risi. «Non ci sarà mai un momento in cui sarà completa, ma ho raggiunto un accordo con le mie capacità.» «Ottimo. Non vedo l'ora di intraprendere i negoziati.» Prima che l'Ambasciatrice potesse congedarmi, aggiunsi: «Ho qualcosa per il Comandante». Lei mi guardò, in attesa. «Ce l'ha la vostra guardia. Non mi ha permesso di portarla dentro.» Alzatasi dallo scrittoio, l'ambasciatrice aprì la porta e tornò con la spada del Re. «Potrei parlare con il Comandante?» richiesi. La trasformazione da Ambasciatrice a Comandante avvenne in un batter di ciglia. Perfino i tratti fisici mutarono da femminili a maschili. L'avevo già visto accadere, ma questa volta osservavo con la mia seconda vista e la trasformazione mi rivelò molte cose. «Per che cos'è questa?» chiese il Comandante studiando l'arma nella sua mano. «Cahil mi ha chiesto di restituirvela. Avete conquistato il diritto di brandirla oltre diciassette anni fa.» Un'espressione pensosa gli calò sul viso mentre posava la spada sulla scrivania. «Cahil. Che cosa dovrei fare di lui?» Raccontai al Comandante dei suoi piani. «Potrebbe causarvi problemi in futuro, tuttavia spero che i miei sforzi gli faranno cambiare parere.» «So che Valek sarebbe felice di ucciderlo.» Considerò quello scenario. «Ma potrebbe rivelarsi utile, specialmente nel trattare con la generazione più giovane.» Vide il mio cipiglio perplesso. «Darà loro qualcosa da fare.»

«Oppure darà loro qualcuno dietro cui schierarsi.» «Fa parte del divertimento, suppongo. È tutto?» «No.» Diedi al Comandante uno degli animali di vetro di Opale. Lui ammirò il leopardo arboricolo e mi ringraziò per il dono. «Il bagliore che vedete è magico» dissi. Il suo sguardo mi trafisse e percepii la sua sensazione di tradimento come se l'avessi avvelenato. Posò la statuetta sullo scrittoio. Gli spiegai perché poteva vedere il fuoco. «Posso vedere due anime dentro il vostro corpo. Vostra madre non volle lasciarvi solo quando morì, così restò con voi. La sua magia vi permette di vedere il bagliore. Ed è la sua paura di essere scoperta che vi ha reso diffidente della magia in tutte le sue forme.» Il Comandante Ambrose era così rigido, che pensai un qualsiasi movimento l'avrebbe schiantato in mille pezzi. «Come sai questo?» «Sono un Cercatore d'Anime. Trovo le anime perdute e le mando al cielo. Lei vuole andare? Voi volete che lei vada?» «Non lo so. lo...» «Pensateci. Sapete dove trovarmi. Non c'è limite di tempo.» Mi guardai indietro prima di andarmene. Lui fissava il leopardo arboricolo, perso nei propri pensieri. Era caduta la notte mentre parlavo con il Comandante. Camminando per il campus silenzioso, respiravo la brezza calda, sguazzando negli odori di vita e nella sensazione dell'aria sulla pelle. Esaminai l'ambiente circostante, cercando qualche segno di Valek. Irys aveva acceso tutte le lanterne nella sua torre. Anche se mi aveva dato tre piani della struttura per mio uso personale, mi trovai a pensare a un salario, e la mia mente volò alla casetta di Valek nelle terre dei Pietrapiuma. Sarebbe stato carino essere vicino a Kiki e scappare via ogni notte dalla politica del Consiglio e del Comandante. La casetta era vicina anche al confine ixiano. Sarebbe stato territorio neutrale.

Un posto tutto mio. Non potevo reclamare nessuna stanza, cella o abitazione come mia. Sarebbe stata la prima volta. La mia eccitazione crebbe. Salii faticosamente tre piani della torre fino alla mia camera da letto. Il mobilio sparso e lo strato di polvere creavano un ambiente poco accogliente, tuttavia la biancheria del letto era fresca. Aprii gli scuri per far entrare aria pulita e sentii una presenza dietro di me. Senza voltarmi, domandai: «Che cosa ti ha trattenuto così a lungo?». Valek si appoggiò contro la mia schiena. Le sue braccia mi si avvolsero attorno alla vita. «Potrei chiederti la stessa cosa.» Mi girò perché lo guardassi in faccia. «Non volevo dividerti con nessuno, amore. Abbiamo un sacco di tempo da recuperare.» Si sporse in avanti e mi baciò. Mi abbeverai della sua essenza, che placò la mia anima. Alla fine mi staccai, e posai la testa sul suo petto, appagata semplicemente di sentire il battito del suo cuore contro la guancia. «Questa è la seconda volta che ti perdo» disse lui. «Si potrebbe pensare che sia più facile, ma non riuscivo ad alleviare il dolore. Mi sentivo come se il mio cuore fosse stato trapassato da uno spiedo e stesse cuocendo sul fuoco.» Le sue braccia si strinsero attorno a me come se lui temesse che sgusciassi via dalla sua presa. «Vorrei implorarti di promettermi di non sparire mai più, ma so che non lo farai.» «Non posso. Proprio come tu non puoi promettere di cessare di essere fedele al Comandante. Abbiamo entrambi altri doveri.» Lui sbuffò divertito. «Potremmo andare in pensione.» «Da Ufficiale di Collegamento, ma non da Cercatore d'Anime. Ci sono molte anime smarrite da guidare.» Sempre acuto nell'analizzare le situazioni, Valek arretrò abbastanza per studiarmi. «Quante? Sono passati centoventicinque anni da quando Sitia ha arrostito l'ultimo Cercatore d'Anime. Centinaia?» «Non lo so. I Cercatori d'Anime documentati nei libri di storia

erano in realtà Ladri d'Anime. Guyan potrebbe essere stato l'unico negli ultimi duemila anni. Bain sarebbe deliziato di aiutarmi in questo incarico. Ma avrò bisogno di viaggiare per Sitia e per Ixia per aiutarle tutte. Vuoi venire con me? Potrebbe essere divertente.» «Tu, io e un paio di migliaia di spettri? Suona affollato» scherzò lui. «Almeno hai già trovato un'anima, amore.» «Quella di Uomo-di-Luna?» «La mia. E ho fiducia che non la perderai.» «L'unica magia a influire sul famigerato Valek.» Ciò mi rammentò una domanda che avevo intenzione di fargli. Nel mondo d'ombra, avevo avuto tempo in abbondanza per esaminare ogni singola sfaccettatura di Valek. «Quanti anni avevi quando gli uomini del Re uccisero i tuoi fratelli?» Ignorai il suo sguardo interrogativo. «Quanti?» «Tredici.» Un antico dolore gli tirò gli angoli della bocca. «Questo spiega tutto!» «Tutto cosa?» «Perché sei refrattario alla magia. Tredici anni è più o meno l'età in cui le persone riescono ad accedere alla fonte del potere. Il trauma di vedere i tuoi fratelli uccisi probabilmente ha fatto sì che tu attirassi così tanto potere da formare uno scudo-nulla. Uno scudo così impenetrabile che non puoi più avere accesso alla magia.» «Dopo una stagione nell'oltremondo, adesso sei un'esperta in tutte le cose che hanno a che fare con la magia?» Benché lui fosse pronto a liquidare l'idea, il turbamento di quella rivelazione era evidente nei suoi occhi. «Sono un'esperta in tutte le cose di Valek.» «Allora analizza questo, amore.» Mi attirò a sé e mi baciò. Quando le sue mani mi tirarono la stoffa della camicia, lo fermai. «Valek, per quanto io desideri che tu rimanga, ho bisogno che tu mi faccia un favore.» «Qualsiasi cosa, amore.»

Sorrisi alla sua fedeltà. Aveva acconsentito senza esitazione, senza sapere di cosa avessi bisogno. «Voglio che tu rubi quelle prigioni di vetro e le nasconda in un posto sicuro dove nessuno le troverà. Non dire né a me né a chiunque altro dove le hai messe.» «Non vuoi saperlo. Sei sicura?» «Sì. Posso pur sempre essere corrotta dalla magia. E se mai ti chiederò la loro collocazione, tu non dovrai dirmelo. In nessun caso. Prometti.» «Sissignore.» «Ottimo.» Mi sentii sollevata. «Potrebbe volermici qualche giorno o settimana. Tu dove sarai?» Gli raccontai di come volessi restare quale Collegamento. «Ho in progetto di requisire una certa casetta nelle terre dei Pietrapiuma e dichiarare quel pezzetto di terra territorio neutrale.» «Requisire?» sorrise. «Sì. Avere delle case-sicure per spie ixiane a Sitia non è molto amichevole. Spiarci l'un l'altro non porta al genere di dialogo aperto che dovrebbe instaurarsi tra le due nazioni.» «Dovrai ricostruire la stalla. Assumere un garzone» scherzò Valek. «Non preoccuparti. Ho già uno sguattero in mente. Un tipo leale e piacevole, che sarà ai miei ordini.» Valek sollevò un sopracciglio mentre il desiderio gli danzava negli occhi. «Ma davvero. Sono sicuro che il giovanotto è estremamente ansioso di svolgere i suoi doveri.» Fece scivolare una mano sotto la mia camicia e sulla mia pelle. Il calore mi si diffuse per lo stomaco e il petto. Cercai di allontanarmi, ma l'altro suo braccio mi serpeggiò dietro la schiena. «Dovresti finire un lavoro prima di iniziarne un altro» dissi. «La notte è appena cominciata.» Mi sfilò la camicia. «Ho tempo in abbondanza per prendermi cura della mia signora prima di sbrigare la sua commissione.» Le sue labbra trovarono le mie, poi mi stuzzicò il collo. «Prima devo...» Fece una pausa per depormi una fila di baci lungo il petto.

«... aiutare la mia signora...» Mi prese tra le braccia e mi fece stendere. «... ad andare a letto.» Poi mi tolse il resto degli abiti e ogni preoccupazione circa le prigioni di vetro scomparve quando le carezze di Valek presero il controllo dei miei sensi. Il mio intero essere si concentrò sul suo profumo e sulla sua pelle liscia. I miei polmoni si riempirono del respiro di Valek. Il mio cuore pompò il sangue di Valek. Pensai i suoi pensieri e condivisi il suo piacere. Appagamento, pace e gioia fluirono attraverso i nostri corpi. Abbracciati, possedemmo un pezzo del cielo.

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