2015/N. 1

ISSN 2037-6677

Le procedure per l’allargamento dell’Unione europea: anno 2014 News from Europe. Chronicles on the European enlargement Alessandra Lang

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Le procedure per l’allargamento dell’Unione europea: anno 2014 di Alessandra Lang

1. – Al 31-12-2014, lo stato dei negoziati era il seguente: Capitoli: 1 Libera circolazione delle merci 2 Libera circolazione dei lavoratori 3 Diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi 4 Libera circolazione dei capitali 5 Appalti pubblici 6 Diritto societario 7 Proprietà intellettuale 8 Politica della concorrenza 9 Servizi finanziari 10 Società dell’informazione e media 11 Agricoltura 12 Sicurezza alimentare, politica veterinaria e fitosanitaria 13 Pesca 14 Politica dei trasporti 15 Energia 16 Fiscalità 17 Politica economica e monetaria 18 Statistiche 19 Politica sociale e occupazione 20 Imprese e politica industriale 21 Reti transeuropee http://www.dpce.it

Turchia S – S

Islanda A C –

Montenegro – – –

A – A A – S A S A

– A C C C A A – –

A A A A – – A – –

S S – A – A – A A

– A A A A A A C C

– – – – – A – A – 219

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22 Politica regionale e coordinamento degli strumenti strutturali 23 Sistema giudiziario e diritti fondamentali 24 Giustizia, libertà e sicurezza 25 Ricerca e sviluppo 26 Istruzione e cultura 27 Ambiente 28 Tutela della salute e dei consumatori 29 Unione doganale 30 Relazioni esterne 31 Politica estera, di sicurezza e di difesa 32 Controllo finanziario 33 Disposizioni finanziarie e di bilancio 34 Istituzioni 35 Altro Totale capitoli aperti Totale capitoli chiusi

A

A





C

A

– C

– C C A C A A C A A – – 16 11

A C C – A A – A A A – – 14 2

A A S S A A – – – 14 1

Legenda: C = capitolo provvisoriamente chiuso; A = negoziati sul capitolo in corso; S = negoziati sul capitolo sospesi; – = negoziati sul capitolo non ancora avviati. Confrontando la situazione al 31-12-2014 con quella dell’anno precedente, balza agli occhi che gli unici avanzamenti riguardano il Montenegro (2). Nessun nuovo capitolo è stato aperto né con la Turchia (3), né con l’Islanda (4), seppure per motivi assai diversi. I negoziati di adesione sono stati avviati con la Serbia, ma nessun capitolo è stato ancora aperto (5). All’Albania è stato concesso lo status di paese candidato (6). Nessun progresso si registra invece per ex Repubblica iugoslava di Macedonia (7) e Bosnia-Erzegovina (8). Il 2014 è stato un anno caratterizzato da elezioni in molti dei paesi interessati all’allargamento (Serbia in marzo, ex Repubblica iugoslava di Macedonia in aprile, Kosovo in giugno, Turchia in agosto, Bosnia-Erzegovina in ottobre) e nella stessa Unione europea. Sono quindi cambiati gli interlocutori da entrambe le parti e ciò ha rallentato il già lento passo del processo di allargamento. Per quanto riguarda l’Unione europea, al rinnovo del Parlamento europeo ha fatto seguito il rinnovo della Commissione. Il nuovo Commissario all’allargamento è Johannes Hahn, già commissario alla politica regionale nella precedente Commissione Barroso II, e gradito al Parlamento (audizione alla Commissione Affari esteri del Parlamento europeo: v. Europe, 11166, 1-10-2014, 4). Non è nella persona del nuovo commissario che si nascondo le novità per la politica di allargamento, ma nelle parole non certo ambigue del nuovo Presidente, Jean Claude Juncker. Juncker è stato il “candidato presidente della Commissione” per il gruppo PPE. Durante la campagna elettorale, egli ha diffuso una serie di documenti programmatici, ai quali si è richiamato anche in seguito. Terzo dei tre obiettivi della politica estera, è “una pausa nell’allargamento”: “L’allargamento è stato un successo storico. Tuttavia, l’Europa ha ora bisogno di digerire l’aggiunta di 13 Stati membri negli ultimi 10 anni. I nostri cittadini hanno bisogno di una pausa http://www.dpce.it

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nell’allargamento e di consolidare quanto è stato raggiunto tra i 28 Stati membri. Questo è il motivo per cui sotto la mia Presidenza della Commissione, i negoziati in corso ovviamente continueranno ed in particolare i paesi dei Balcani occidentali avranno bisogno di mantenere una prospettiva europea, ma nei prossimi cinque anni non ci sarà nessun nuovo allargamento dell’UE” (juncker.epp.eu/node/153). Nei prossimi cinque anni, il consolidamento avrà la priorità e l’allargamento aspetterà. Colpisce il contrasto rispetto alla Commissione Barroso II, che invece aveva l’allargamento tra le sue priorità (si v., per esempio, la dichiarazione di Füle al termine del Dialogo ad alto livello con l’Albania, MEMO/14/395 4-6-2014). In questo cambio di prospettiva si cela il rischio che la politica di allargamento perda la sua capacità di attrazione e di stimolo alle riforme per i paesi coinvolti, già indebolite dalla crisi economica e dal conseguente ripiegamento dell’Unione su sé stessa (sul punto, v. J. O’Brennan, ‘On the Slow Train to Nowhere?’ The European Union, ‘Enlargement Fatigue’ and the Western Balkans, in European Foreign Affairs Review, 2014, 221 ss.) I documenti chiave della politica di allargamento 2014 sono comunque stati adottati come al solito: la Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2014-2015 (COM/2014/700, 8-10-2014) e le conclusioni del Consiglio su Allargamento e processo di stabilizzazione e associazione (16991/14, 16-12-2014). Inoltre, è stato istituito lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) per il 2014-2020 (regolamento n. 231/2014, 11-3-2014, in GUUE, L 77, 15-3-2014, 11 ss.). Rispetto al precedente strumento finanziario (istituito con regolamento n. 1085/2006), il nuovo regolamento non prevede più la possibilità di sospendere l’assistenza in caso di violazioni dei principi su cui si fonda il processo di allargamento o di insufficienti progressi nel rispetto dei criteri di adesione. Al contrario, il nuovo regolamento prevede un meccanismo premiale a titolo di ricompensa per i risultati ottenuti (art. 14). La stessa disposizione prevede però che “qualora i progressi realizzati e/o i risultati ottenuti da un beneficiario elencato nell’allegato I [i paesi candidati e potenziali candidati] si attestino ampiamente al di sotto dei livelli convenuti figuranti nei documenti di strategia, la Commissione adegua proporzionalmente le assegnazioni, secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 236/2014”. L’esatta portata della disposizione non appare chiara: potrebbe trattarsi di una forma surrettizia di sanzione per l’assenza di progressi, con un ambito di applicazione più ampio rispetto al regime precedente e il potere decisionale affidato alla Commissione anziché al Consiglio. Per quanto attiene alla strategia della Commissione in materia di allargamento, tre sono i pilastri su cui è basata: lo Stato di diritto, la governance economica e la riforma della pubblica istruzione. Se la relazione del 2013 sviluppava il pilastro “governance economica”, nel 2014 l’attenzione è concentrata sulla riforma della PA. Si tratta di materia che non è oggetto di uno specifico capitolo negoziale, benché una pubblica amministrazione funzionante ed efficiente sia il presupposto di numerosi capitoli, quali Appalti, Controllo finanziario, Sistema giudiziario e diritti fondamentali, Fiscalità, Politica economica e monetaria. Per assistere i paesi dell’allargamento a rafforzare la PA, la Commissione si affida ai finanziamenti accordati tramite l’IPA II e ai gruppi speciali sulla riforma della pubblica amministrazione, per definire le priorità. Si tratta di gruppi che ricalcano i sottocomitati del Consiglio istituito dagli accordi di stabilizzazione e associazione (ASA), e hanno il compito http://www.dpce.it

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di discutere di un tema che ha rilevanza orizzontale, superando l’approccio settoriale dei negoziati di adesione. In altri termini, la riforma della PA è un tema che può essere affrontato meglio nel contesto dell’ASA che del processo di adesione. Quanto alle valutazioni relative ai paesi, in generale è evidente che gli elementi essenziali dello Stato democratico, la dialettica politica e il controllo dei media, non sono ancora acquisiti nei paesi coinvolti dall’allargamento. Non è infatti infrequente leggere che l’opposizione abbandona il Parlamento e non vi rientra; che la stampa è oggetto di intimidazioni e di controlli. Il consolidamento dello Stato di diritto, che però non si può realizzare solo per via di riforme legislative, appare quanto mai necessario. E’ interessante notare che il Consiglio ha istituito un dialogo sullo Stato di diritto, da condurre tra gli Stati membri una volta l’anno, sotto la supervisione dello Stato che esercita la Presidenza (Conclusions of the Council of the European Union and the member states meeting within the Council on ensuring respect fror the rule of law, Bruxelles, 16-12-2014), lasciando intendere che nessun risultato può essere considerato acquisito, ma il monitoraggio dei pari è essenziale e può spingere gli Stati a comportamenti più virtuosi (o solamente rispettosi degli standard basilari).

2. – Nel 2014 sono stati aperti nove capitoli nel negoziato con il Montenegro: Proprietà intellettuale e Società dell’informazione e media (i parametri per la chiusura provvisoria sono contenuti in 8375/14, 31-2-2014), Libera circolazione dei capitali, Politica estera, di sicurezza e di difesa, Controllo finanziario (11318/14, 24-6-2014), Statistiche, Tutela della salute e dei consumatori, Unione doganale, Disposizioni finanziarie e di bilancio (16963/14, 16-12-2014). La valutazione della Commissione nella relazione annuale è sostanzialmente positiva, per quanto riguarda il rispetto di tutti e tre i criteri di adesione. Il Consiglio si allinea sulle posizioni della Commissione e sintetizza le carenze da quest’ultima individuate: la discontinuità dei progressi nel settori del sistema giudiziario e dei diritti fondamentali, sia quanto alle riforme legislative, sia sul versante dell’attuazione, la necessità di ulteriori riforme economiche e amministrative, l’ancora incompleta garanzia della libertà di espressione e dei mezzi di comunicazione (Conclusioni sull’allargamento, par. 28).

3. – La ripresa dei negoziati di adesione con la Turchia che aveva contraddistinto il 2013 non è proseguita nel 2014. Nessun capitolo negoziale è stato aperto, neppure i capitoli 23 e 24 (all’apertura dei quali persino la cancelliera tedesca si era mostrata favorevole: Europe, 11012, 6-12-2014) che avrebbero costituito un quadro di discussione istituzionalizzato sulle questioni relative allo stato di diritto e di diritti fondamentali, veri motivi di tensione tra le parti. Pertanto, le parti non si sono incontrate nel quadro dei negoziati di adesione, ma solo a livello del gruppo di lavoro sul capitolo 23, in cui hanno discusso un rapporto di esperti indipendenti che può costituire la base per un piano di riforme in materia giudiziaria e di libertà di espressione (v. il discorso di Füle: SPEECH/14/473 17-6-2014), e del Consiglio di Associazione. È stato inoltre http://www.dpce.it

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preannunciato l’avvio di un dialogo ad alto livello sull’economia (v. dichiarazione di Hahn e Bozkir, nuovo ministro turco per gli affari europei, STATEMENT/14/1645, 11-11-2014). Le relazioni sono state particolarmente tese, nonostante la volontà di mantenere e continuare i rapporti nel quadro della processo di adesione si stata ribadita più volte. Non vanno però dimenticate le parole di Juncker. Nel preannunciare “una pausa nell’allargamento”, egli conclude: “Per quanto riguarda la Turchia, il paese è chiaramente ben lontano dalla adesione alla UE. Un governo che blocca Twitter non è pronto per l’adesione”. La Turchia è l’unico paese dell’allargamento espressamente citato e le parole usate non si prestano a equivoci. Nel 2014 si sono verificati alcuni eventi che l’Unione ha inteso come una minaccia all’indipendenza della magistratura e all’imparzialità dei media e una violazione del diritto di espressione. Ci si riferisce in particolare alla reazione del governo turco alle accuse di corruzione mosse da alcuni giornali, e alle accuse e all’arresto di giornalisti per attività sovversive. I due eventi sono indipendenti e sono avvenuti in momenti diversi, il primo all’inizio dell’anno (v. ISPI Dossier, Crisi di potere in Turchia, 16-1-2014, http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/crisi-di-potere-turchia-9694), il secondo alla fine, ma sono accomunati dalla medesima impronta autoritaria e repressiva (si v. M. Guidi, La domenica nera del giornalismo turco, 16-12-2014, http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2906#sthash.DEvtlMjw.dpuf). La repressione si è manifestata nei fatti ma anche attraverso l’adozione di provvedimenti normativi volti a limitare l’indipendenza della magistratura e la libertà di espressione. A questo proposito, l’UE ha dichiarato più volte che la Turchia deve consultare l’Unione prima di adottare riforme legislative che incidono su materie oggetto di negoziato di adesione o attengono ai criteri politici (si vedano in particolare la dichiarazioni di Füle STATEMENT/14/1, 10-1-2014, e SPEECH/14/210, 11-3-2014, e il comunicato stampa del Consiglio al termine della riunione del Consiglio di associazione UE-Turchia, 11241/14, 23-6-2014). In realtà, un obbligo siffatto pare difficile da ricavare dal quadro che regola le relazioni bilaterali. Infatti, se la Turchia ha assunto l’impegno di allineare le proprie normative a quelle dell’Unione e di approntare le riforme necessarie per soddisfare i criteri di Copenhagen, e la Commissione svolge uno stretto monitoraggio sui paesi dell’allargamento, non sembra si possa arrivare al punto da pretendere che ogni modifica legislativa, benché in materia di diritti fondamentali, debba essere oggetto di consultazione preventiva.

4. – Nel 2013 l’Islanda ha deciso di sospendere i negoziati di adesione e di ritirare la sua candidatura, benché tale secondo proposito non si ancora stato attuato. La Commissione ha ridotto in modo graduale l’erogazione dell’assistenza finanziaria a carico dell’IPA. In un discorso, il commissario Füle ha dichiarato che non vi è ragione di usare i fondi dei contribuenti europei a favore di uno Stato che rifiuta l’Unione (SPEECH/14/28). Ciò non di meno, il regolamento istitutivo del nuovo strumento di preadesione IPA II menziona l’Islanda tra i paesi potenziali beneficiari, anche se poi nessuna assegnazione è stata decisa a suo favore (si v. l’assenza di ogni riferimento all’Islanda nel comunicato stampa relativo alle assegnazioni per il 2014: IP/14/2760, 17-12-2014). Il Consiglio ha ribadito la sua http://www.dpce.it

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disponibilità a riprendere i negoziati se l’Islanda muterà la sua determinazione, ma nel contempo ha inquadrato i rapporti bilaterali nel nuovo contesto delle relazioni con i paesi dell’Europa occidentale che non sono membri della UE, nei confronti dei quali intende sviluppare un approccio coerente (Council conclusions on a homogeneous extended sigle market and EU relations with Non-EU Western European countries, 16-12-2014). Come anticipato, nel 2014 la richiesta di adesione dell’Islanda non è stata ritirata. Una proposta in questo senso è stata presentata nel mese di febbraio dal Governo al Parlamento (http://www.mfa.is/news-andpublications/nr/7967), ma non risulta sia stata approvata. La decisione di non consultare la popolazione per mezzo di un referendum, come inizialmente previsto, ha suscitato la protesta popolare (Europe, 11028, 28-2-2014, 14) e ha indotto il governo a ripensare la sua decisione.

5. – Il 21-1-2014 si è tenuta la riunione inaugurale dei negoziati di adesione con la Serbia (First Accession Conference with Serbia, 5486/14, 21-1-2014), in cui è stato presentato il quadro negoziale (AD 1/14 CONF-RS 1/14, 9-1-2014). Il capitolo 35 sarà la sede per discutere le questioni relative alla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. Mancati progressi in questo capitolo potranno portare ad un rallentamento nei negoziati relativi ad altri capitoli (v. punto 25 del quadro negoziale). In attuazione al nuovo approccio inaugurato con il Montenegro, anche con la Serbia si inizierà con i capitoli 23 e 24, i criteri per l’apertura dei quali sono già stati definiti. Al contempo, è stato avviato lo screening della legislazione serba, che non si è ancora concluso. Durante l’anno, oggetto di critica è stato il mancato allineamento della Serbia alle decisioni dell’Unione europea che dispongono sanzioni nei confronti della Russia per il coinvolgimento in Ucraina (IP/14/1941, 18-112014; la questione è stata anche discussa nella 2ª riunione del Consiglio ASA: ST 17003/13, 17-12-2014). La Serbia si giustifica affermando di avere così tutelato gli interessi della propria economia e delle proprie imprese (Europe, 11174, 11-10-2014, 13). In base al quadro negoziale, tuttavia, la Serbia deve progressivamente allineare le sue politiche nei confronti degli Stati terzi a quelle dell’Unione (v. punto 26 del quadro negoziale). Progressi nella normalizzazione delle relazioni con il Kosovo sono stati richiesti ad entrambe le parti (v. il discorso di Füle, SPEECH/14/28, 15-1-2014). Le riunioni tra Serbia e Kosovo nell’ambito del dialogo facilitato dall’Alto Rappresentante sono proseguite nel primo semestre. Le questioni dibattute hanno riguardato l’organizzazione della polizia e della magistratura nei comuni a maggioranza serba, per assicurare una presenza etnicamente bilanciata delle due comunità nel corpo amministrativo (Europe, 11006, 29-1-2014, 8; 11051, 2-4-2014, 13). Il dialogo è stato sospeso durante le elezioni e non è stato più ripreso (Europe, 11111, 1-7-2014, 9; 11214, 10-12-2014). Ciononostante, è stato conseguito tra le parti un accordo in materia di energia (Europe, 11160, 23-9-2014, 13). I negoziati per la conclusione dell’accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo, iniziati nel 2013, sono giunti a compimento (SPEECH/14/358, 6-5-2014) e l’accordo è stato parafato. Autorità del Kosovo e dell’UE si sono incontrate nell’ambito del dialogo strutturato sullo Stato di diritto, lanciato nel 2012 con cadenza annuale, e http://www.dpce.it

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focalizzato sui temi relativi al potere giudiziario, alla lotta alla criminalità organizzata e alla lotta alla corruzione. L’incontro del 2014 ha permesso al Kosovo di presentare i risultati e i progressi compiuti l’anno precedente e preparare la strategia e il piano d’azione che serviranno per orientare i finanziamenti dell’UE e degli altri donatori internazionali e dovrebbe permettere al Kosovo di assumere le responsabilità in materia di Stato di diritto ora affidate a EULEX (IP/14/29, 16-1-2014). La missione EULEX Kosovo dell’Unione europea è stata prorogata fino al 14-6-2016 (decisione 2014/349/PESC) e rifinanziata fino al 14-6-2015 (decisione 2014/685/PESC). Un grave scandalo ha colpito la missione. Un articolo pubblicato su Koha Ditore accusa i membri di Eulex di aver lasciato cadere le accuse contro funzionari di rango elevato del Kosovo in cambio di denaro, e di aver minacciato il giornalista che aveva condotto l’inchiesta (Europe, 11186, 29-10-2014, 14). Eulex ha condotto una inchiesta interna e nominato un procuratore speciale per indagare sulle accuse. Il procuratore ha accusato tre membri di Eulex di corruzione: il capo procuratore Jaroslava Novotna, l’ex giudice Francesco Florit e il procuratore Jonathan Ratel (Europe, 11188, 31-10-2014, 10). L’Alto Rappresentante ha incaricato Jean Paul Jacqué di riesaminare le procedure che Eulex segue per adempiere al proprio mandato, segnatamente per quanto riguarda l’esame delle accuse di corruzione, e di proporre le necessarie modifiche per migliorare la gestione dei casi complessi. Vari membri del Parlamento europeo hanno chiesto che siano condotte indagini sulle accuse e sia coinvolto l’OLAF, minacciando di istituire una commissione temporanea di inchiesta (Europe, 11190, 7-11-2014, 15). Il Mediatore europeo ha aperto un’inchiesta di propria iniziativa, per accertare se il Servizio europeo per l’azione esterna, nel quale Eulex è incardinata, e Eulex stessa avessero correttamente gestito le accuse di corruzione. L’inchiesta è stata poi chiusa, perché l’esperto incaricato dall’Alto Rappresentante ha assicurato che si occuperà di tutti i profili emersi (OI/15/2014/PMC, inchiesta aperta il 14-11-2014 e chiusa il 5-12-2014).

6. – Nel 2014 il Dialogo ad alto livello tra UE e Albania, la sede per discutere delle riforme indispensabili per poter ottenere lo status di candidato e determinare le priorità da conseguire, si è riunito due volte (MEMO/14/163, 6-3-2014, MEMO/14/395 4-6-2014). A giugno, il Consiglio ha conferito al paese lo status di candidato (3326ª riunione del Consiglio Affari generali, 11198/14, 24-6-2014), subordinatamente all’approvazione del Consiglio europeo, effettivamente ottenuta pochi giorni dopo (EUCO/79/14, 26/27-62014, punto 34). Il Consiglio si è basato sul rapporto della Commissione sui progressi compiuti dal paese in materia di lotta alla corruzione e al crimine organizzato (COM/2014/331, 4-6-2014), commissionato nel dicembre 2013. Il COREPER, organo preparatorio del Consiglio, non era riuscito a raggiungere un accordo, nella seduta tenuta una settimana prima del Consiglio Affari generali, perché gli Stati erano divisi: secondo indiscrezioni di stampa, mentre sei paesi erano contrari o scettici (Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna, Repubblica Ceca), altri 16 (tra cui l’Italia) avevano espresso una posizione favorevole (Europe, 20-6-2014, 11104, 14). Uno dei problemi da più parti e più spesso sollevato riguarda il dialogo governo-opposizione, che in Albania non http://www.dpce.it

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riesce a svolgersi nel Parlamento, per il boicottaggio dell’opposizione e l’atteggiamento prevaricatorio del governo. La Commissione, nel suo rapporto di giugno, ha proposto la creazione di un consiglio nazionale per l’integrazione europea, dove siano rappresentate tutte le parti interessate, come sede per comporre i contrasti tra governo e opposizione. L’Albania ha dato il suo consenso alla proposta (v. punto 7 delle conclusioni dell’incontro del dialogo ad alto livello del 4-6-2014 cit.), che però stenta a mettere in pratica, se nella relazione annuale la Commissione afferma che il consiglio deve essere ancora istituito.

7. – Nessuna novità, per l’ennesima volta, per quanto riguarda la ex Repubblica Iugoslava di Macedonia (FYROM): la Commissione ha proposto l’avvio dei negoziati di adesione (Strategia di allargamento 2014, p. 25, punto 31 delle conclusioni e raccomandazioni), ma il Consiglio ha rinviato la decisione all’anno successivo (Conclusioni su Allargamento e processo di associazione e stabilizzazione, punto 41). Anche il Parlamento aveva invitato il Consiglio di aprire i negoziati (Risoluzione P7_TA-PROV(2014)0103, 6-2-2014). L’irritazione della Commissione, convinta che il Consiglio commetta un errore politico a continuare a negare il suo via libera, traspare dalle parole di Füle al Parlamento europeo (“Without a clear European Union prospect there are serious risks of backsliding”, SPEECH/14/101, 5-2-2014) e dalla stessa Strategia di allargamento (a proposito della ancora irrisolta – e dirimente – controversia con la Grecia sulla questione del nome, “la Commissione ribadisce che, se si fossero avviati lo screening e le discussioni in sede di Consiglio sul quadro negoziale, si sarebbe impresso l’impulso necessario per trovare una soluzione negoziata e accettata da entrambe le parti alla questione del nome ancor prima di aprire i capitoli negoziali”: punto 30). Il Consiglio, invece, non accenna a ripensamenti e, prima di decidere, attende l’ennesima relazione della Commissione “riguardo all’attuazione delle riforme, anche nel contesto del dialogo ad alto livello sull’adesione, nonché agli interventi tangibili compiuti per promuovere le relazioni di buon vicinato e per raggiungere una soluzione negoziata e accettata da ambo le parti riguardo alla questione del nome del paese”. Dello stallo è evidenza anche il fatto che nessuna riunione nell’ambito del dialogo ad alto livello sull’adesione ha avuto luogo nel 2014 (Strategia di allargamento, p. 25, punto 29), nonostante gli auspici espressi all’inizio dell’anno (MEMO/14/48, 22-1-2014, IP/14/294, 20-3-2014).

8. – “Ad un punto morto”: così nelle conclusioni del Consiglio su Allargamento e processo di stabilizzazione e associazione si legge essere la posizione della Bosnia-Erzegovina nel processo di integrazione all’UE. Le cause vanno rinvenute nella perdurante incapacità del paese di risolvere i problemi principali in sospeso, primo fra tutti la riforma costituzionale per dare attuazione alla sentenza Sejdic e Finci della Corte di Strasburgo (sentenza del 22-122009, appl. 27996/06 e 34836/06. Per una valutazione molto critica della condizionalità negativa, consistente nella sospensione dell’assistenza finanziaria, e dell’insistenza dell’Unione a legare il processo di allargamento all’attuazione della sentenza, si v. E. Benedetti, Il principio di “condizionalità” nei processi di allargamento dell’UE: la Bosnia-Erzegovina ed http://www.dpce.it

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il caso Sejdic-Finci, in Ordine internazionale e diritti umani, 2014, 435 ss.). A ciò si aggiungono il rifiuto di acconsentire ad una modifica dell’accordo interinale e dell’ASA per preservare gli scambi con la Croazia e l’incapacità di dare ascolto alle richieste di riforme economiche espresse dalla popolazione nelle manifestazioni dell’inizio del 2014 (Consiglio Affari esteri, Conclusioni sulla Bosnia-Erzegovina, 8763/14, 14/15-4-2014). Nel corso dell’anno si sono tenute le elezioni politiche che, pur apprezzate perché condotte nel rispetto degli standard internazionali (Consiglio Affari esteri, 14451/14, 20-10-2014), continuano ad essere in violazione della sentenza della Corte di Strasburgo (Europe, 11176, 15-10-2014, 13). Per cercare di ottenere qualche risultato, l’Unione ha elaborato un nuovo approccio nelle relazioni con il paese, dando seguito e forma ad una proposta di Regno Unito e Germania (Europe, 11192, 7-11-2014, 15). L’approccio è contenuto nelle Conclusioni del Consiglio sulla Bosnia-Erzegovina (Bruxelles, 15-12-2014). Non si tratta di transigere sui punti essenziali: la conservazione dell’integrità territoriale e dell’unità del paese, l’attuazione della sentenza Sejdic e Finci, sono condizioni ribadite. Si propone alla Bosnia-Erzegovina di dare “its irrevocable written commitment to undertake reforms in the framework of the EU accession process”, con l’obiettivo di legare l’azione di governo ad ogni livello al perseguimento degli obiettivi necessari a rendere possibile l’adesione. Il paese dovrebbe impegnarsi in primo luogo a definire, in consultazione con la UE, un calendario delle riforme politiche, sociali ed economiche da attuare con il coinvolgimento della società civile, partendo da quelle necessarie a soddisfare i criteri di Copenhagen. In seguito, il paese dovrebbe impegnarsi a compiere ulteriori riforme per rafforzare l’efficienza e il funzionamento delle istituzioni politiche ai diversi livelli di governo. Quando questi impegni saranno stati assunti dalla Presidenza della Bosnia-Erzegovina, firmati dai leader politici e avallati dal Parlamento, il Consiglio deciderà sull’entrata in vigore dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione, che era stato firmato nel 2008. In parallelo, la UE annuncia (ma non nelle conclusioni che definiscono il nuovo approccio) un aumento del sostegno finanziario (Europe, 9-12-2014, 11213). Inoltre, il dialogo strutturato sulla giustizia è stato esteso ad alcuni temi ulteriori sullo stato di diritto che rientrano nel Capitolo 23 (Strategia di allargamento 2014 cit., p. 42). La novità dell’approccio proposto sembra consistere nella volontà di imporre alla Bosnia-Erzegovina l’assunzione di un impegno politico scritto, discusso e accettato da tutti i partiti politici e dalle istituzioni nazionali, e di non accontentarsi più di affermazioni che non esprimono il consenso di tutti i soggetti che tali impegni dovrebbero rispettare (di tale sentimento si può trovare traccia nel discorso di Füle in visita in Bosnia-Erzegovina: MEMO/14/117, 18-2-2014). Resta da vedere se l’offerta – la decisione sull’entrata in vigore dell’ASA – costituirà un incentivo sufficiente.

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Capitoli: Turchia Islanda Montenegro. 1 Libera circolazione delle merci S A –. 2 Libera circolazione dei lavoratori – C –. 3 Diritto di stabilimento e libera.

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Email [email protected]. • Master degree of Information Technology in ITB ( Institute Teknologi ... Students will be able to create Computer Technicians and. Network Engineer. Software Engineering. Students will be educated in software development

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