Identità, supremazia, ultimatum, eredità: la parabola di Jason Bourne Le spettacolari vicende del personaggio inventato da Robert Ludlum ruotano intorno a due semplici concetti: l’alterità irriducibile fra individuo e potere, e il bisogno del potere di sfrenarsi e non avere limiti, infischiandosene dei controlli democratici e della libertà degli individui.

Jason Bourne è un’arma segreta, il frutto di un esperimento della CIA, che ha sottoposto un agente a prove disumane per renderlo quasi invincibile. Come Capitan America... Per interpretarlo al cinema, è stato scelto Matt Damon, e hanno fatto centro; nei primi tre episodi, Damon affina un personaggio indimenticabile, dal quale dispiace staccarsi. Ha la faccia pulita, ma si dimostra capace di tutto. Il pubblico vuole che sia innocente, ma la sua innocenza riguarda tutt’al più il presente, non l’oscuro passato. Nel quarto capitolo, senza di lui, si apre una trama parallela, incentrata su un altro agente dalle qualità eccezionali, Aaron Cross, interpretato da Jeremy Renner. Un quinto episodio è annunciato nel 2016, con il ritorno di Damon e del regista Paul Greengrass, già artefice del secondo e del terzo film (la regia del primo è di Doug Liman, quella del quarto di Tony Gilroy). La produzione è Universal, il regista della seconda unità, specialista nelle scene d’azione, è Dan Bradley, le musiche originali sono di John Powell, la canzone che si impone come motivo ricorrente è Extreme Ways, di Moby.

La prima apparizione di Jason Bourne risale al 1980, nel romanzo di Ludlum Un nome senza volto; il personaggio è poi comparso in sette romanzi, gli ultimi scritti da Eric Van Lustbader, che ha proseguito la saga dopo la morte del suo creatore. Il genere è quello spionistico, ma non assistiamo a guerre fredde fra servizi di Paesi diversi: tutto il gioco si sviluppa dentro la CIA, fra cospirazioni, complotti, progetti deviati, sistematiche menzogne a uso delle autorità politiche e dell’opinione pubblica. In varie interviste, Ludlum ha parlato della sua indignazione verso il potere senza regole e il fanatismo patriottico, che tutto giustifica. Ha espresso la sua sfiducia verso l’autorità. Ha composto storie intricate, ma questa saga pone al pubblico una domanda elementare: cosa è successo a David Webb per farlo diventare Jason Bourne? E sotto il tragico condizionamento che l’ha trasformato in un’arma micidiale, c’è ancora speranza di una vita normale? Ognuno dei quattro capitoli ruota intorno alla perdita e alla riconquista di un’identità. Più che dalle parti di James Bond o dei Tre Giorni del Condor, siamo vicini all’incubo di Manchurian Candidate. Ogni singola trama segue una parabola con precise costanti linguistiche: non mancheranno un paio di combattimenti corpo e corpo, un inseguimento in auto o in moto, un depistaggio per far perdere le proprie tracce, un dialogo fra capi della CIA con opposte visioni sul da farsi. Su ciò che è giusto, su ciò che è necessario.

Jason a Marie: Ti so dire la targa di tutte e sei le macchine parcheggiate qui davanti. Ti so dire che la nostra cameriera è mancina e il tizio seduto al bancone fa 97 chili di peso e sa usare le mani. So che il posto migliore per cercare una pistola è la cabina di quel camion grigio. E che a quest’altitudine posso correre per 700 metri prima che le mani mi comincino a tremare. Come mai so tutto questo e non so chi sono? Nel cercare di capire chi è, Jason Bourne scopre che la CIA è fuori controllo. Chi la dirige, ha organizzato un sistema di scatole cinesi, progetti segreti ne nascondono altri (l’Operazione Treadstone, il “programma ombrello” chiamato Blackbriar). Sono stati formati agenti dormienti, addestrati ad agire nell’ombra, da innescare con un semplice comando. L’omicidio politico è esplicitamente vietato, ma l’Agenzia non esita a praticarlo… Bourne non può cambiare il passato, ma ha bisogno di conoscerlo. Istintivamente, sa di aver commesso dei delitti, è mosso da una singolare specie di senso di colpa. Quando Marie viene assassinata, il suo movente assume una tragica ambiguità: vendetta e redenzione. Gli autori compiono una scelta netta: il pubblico non sa mai niente di più di quel che sa il protagonista. Altra scelta essenziale è quella che limita al minimo l’uso degli effetti speciali e degli stunt-men. La ricerca di realismo si nutre di location sovraffollate – la Gare du Nord a Parigi, la Puerta de Atocha a Madrid, Waterloo Station a Londra, le strade di Goa, Manila e Tangeri – con una quantità di scene girate dal vero, non riprodotte in studio. Dove è impossibile distinguere le comparse dalla gente comune.

The Bourne Identity, Doug Liman 2002 – 8

Comincia nel Mediterraneo, con un peschereccio italiano che ritrova il corpo esanime di un uomo alla deriva, incredibilmente ancora vivo nonostante due pallottole parzialmente conficcate nella schiena (un giubbotto tecnologico ha assorbito i colpi). Soffre di amnesia. Scopre di chiamarsi Jason Bourne. Sotto la sua pelle, un microchip con il numero di una cassetta di sicurezza. Deve recarsi a Zurigo, in una banca svizzera (la scena di quando sbarca a terra, è stata girata ad Imperia, porto di Oneglia). Braccato da sicari spietati, Bourne attraversa l’Europa cercando di scoprire quale sia la sua vera identità, trovando aiuto in Marie Kreutz (Franka Potente), una giovane tedesca dai capelli rossi in cui si è imbattuto per caso, e che mostra di credere in lui. Senza saperlo, Bourne possiede doti fuori dall’ordinario nel combattimento a mani nude, sa usare ogni arma, guidare ogni tipo di veicolo, ha un formidabile senso dell’orientamento, conosce una quantità di lingue. Questo imprinting gli si rivela al momento del bisogno. Lungo le strade di Parigi, la scena che si sviluppa tra la Mini Cooper rossa e le auto della polizia è stata giudicata come uno degli inseguimenti più belli della storia del cinema. Marie è coraggiosa, ma Bourne capisce che deve allontanarla, per salvarle la vita. Alexander Conklin (Chris Cooper) è il dirigente della CIA responsabile dell’Operazione Treadstone, un programma segreto finalizzato al reclutamento di spie da utilizzare come killer al di fuori di ogni regola: Jason Bourne era il migliore di questi agenti. Quando Conklin arriva a capire che si è liberato dal lavaggio del cervello e non è più controllabile, decide di farlo uccidere. Vengono sguinzagliati i migliori killer disponibili in Europa, fra cui “il Professore” (Clive Owen); costui riesce ad avvicinarsi a Bourne, ma viene mortalmente ferito durante lo scontro. A questo punto, nell’Agenzia si decide di eliminare Conklin: l’ordine parte dal suo diretto superiore, Ward Abbott (Brian Cox). Quanto a Jason Bourne, sembra riuscire nell’intento: far perdere le proprie tracce ed essere lasciato in pace, inseguendo il miraggio di una vita normale. Forse con Marie, in un’assolata isoletta dell’Egeo.

The Bourne Supremacy, Paul Greengrass 2004 – 9

A Goa, India, Jason e Marie si sono sistemati da un paio d’anni. Hanno fatto perdere le loro tracce, ma quasi ogni notte Jason è perseguitato da incubi che lo rimandano al suo misterioso passato. La nuova vita viene sconvolta dall’arrivo di un misterioso cecchino russo, Kirill, che con un fucile telescopico colpisce Marie. Jason la vede morire e riesce a stento a salvarsi. Ritorna in Europa con l’intenzione di chiudere per sempre i conti con il proprio passato. Non sa che Kirill ha fatto in modo di implicarlo in un duplice omicidio, avvenuto a Berlino durante un’operazione della CIA. Per indagare sul caso, arrivano nella capitale tedesca Pamela Landy (Joan Allen), vicedirettore dell’Agenzia, e Ward Abbott. Landy: Voglio dei fatti. Abbott: Dei fatti? Jason Bourne si chiama l’unico fatto. Non ce la raccontiamo, Conklin teneva quei ragazzi tesi al limite della rottura, Bourne era il suo numero uno, è partito per un operazione, l’ha fallita e non è più tornato, Conklin non ce l’ha fatta, non ha trovato Bourne, la situazione gli è scappata di mano. L: E tu hai fatto uccidere Conklin... Se non ce la vogliamo raccontare. A: Ho dato 30 anni e due matrimoni all'agenzia, ho spalato merda in quattro continenti, vado in pensione tra un anno ma se tu credi che lascerò che tu mi prenda per le palle cosi, puoi andare all’inferno. Bourne trova aiuto nella giovane analista Nicky Parsons (Julia Stiles). Convinta della sua innocenza, Pamela Landy gli fa sapere che il suo vero nome è David Webb. Landy sospetta di Abbott, comprende che è più interessato a uccidere Bourne che a catturarlo; per nascondere le proprie responsabilità, l’anziano dirigente non esita a uccidere a mani nude un giovane agente della CIA. Smascherato da Bourne, sceglie di suicidarsi. Dopo un lungo inseguimento in auto per le strade di Mosca (il taxi giallo dopo la parigina Mini rossa), Bourne si libera definitivamente della minaccia di Kirill. Prima di svanire nel nulla, il protagonista si reca da Irena, la figlia delle sue prime vittime: non può fare a meno di rivelarle la falsità di quella che fu la versione ufficiale, è stato lui a uccidere i suoi genitori.

The Bourne Ultimatum, Paul Greengrass 2007– 8

L’azione si sviluppa fra Mosca, Parigi, Torino, Londra e Madrid fino ad arrivare a New York. Ferito, claudicante, Bourne è determinato a scoprire chi l’abbia trasformato in una spietata macchina da guerra, ma dentro l’Agenzia continua a esserci qualcuno che vuole solo vederlo morto. Scopre di aver svolto il servizio militare nei Berretti Verdi, per poi essere stato sottoposto a un corso chiamato Operazione Treadstone, guidato dal dottor Albert Hirsch (Albert Finney). Si trattò di un feroce addestramento fisico e psicologico, di cui facevano parte immersioni soffocanti in acqua fredda e deprivazione del sonno, al termine del quale l’agente venne sottoposto a una prova conclusiva: sparare a un uomo legato e incappucciato… Contro il parere di Pamela Lindy, fra chi cerca di ucciderlo, eliminando ogni traccia di Treadstone, spicca un altro, cinico dirigente dell’Agenzia, Noah Vonsen (David Strathairn). Vonsen: Mi chiedevo quando avrebbe fatto questa telefonata; come ha avuto questo numero? Bourne: Non avrà davvero pensato che sarei venuto a Tudor city, vero? V: No, certo che no, ma se è con me che vuole parlare possiamo organizzare un incontro. B: Lei dov'è? V: Seduto nel mio ufficio. B: Ne dubito. V: Perché ne dubita? B: Se fosse nel suo ufficio ora staremmo facendo questa conversazione faccia a faccia. Un giornalista inglese viene assassinato da un killer dell’Agenzia. Alla cui direzione è stato chiamato l’ammiraglio Kramer (Scott Glenn), non meno infido e bugiardo dei suoi predecessori. Affrontare le proprie colpe e diventare una persona migliore: è questo che muove le azioni di Jason Bourne, ancora una volta solo contro tutti e senza potersi fidare di nessuno. O quasi: non ha più ricordi di quella che forse fu un storia d’amore con Nicky Parsons. Accerchiato, la sua sorte sembra segnata. Colpito da una fucilata, precipita da una notevole altezza nel Tamigi. Dopo qualche secondo, immobile in acqua, mentre Nicky segue la notizia in televisione, Bourne si riprende, nuota via e scompare. Il cadavere non è stato trovato, dice la tv: la giovane donna sorride…

The Bourne Legacy, Tony Gilroy 2012– 7

Alaska: in condizioni atmosferiche proibitive e con l’aiuto di strani farmaci, assistiamo a una prova di addestramento dell’agente della CIA Aaron Cross (Jeremy Renner), che presto si trova a ripercorrere strade già attraversate da Bourne; già sceneggiatore degli episodi precedenti, il regista ha spiegato trattarsi di uno spin-off, un’espansione laterale dell’universo narrativo dei primi film. Sull’onda delle rivelazioni di Pamela Landy, inchieste giornalistiche stanno portando alla luce l’esistenza di programmi governativi finalizzati al lavaggio del cervello di agenti geneticamente modificati. Sarà una scienziata di laboratorio, Marta (Rachel Weisz), sopravvissuta alla strage dei suoi colleghi, ad aiutare Cross a sfuggire alla caccia che gli viene data dall’interno della CIA, dove il colonnello Eric Byer (Edward Norton), ha arbitrariamente deciso che resta una sola cosa da fare: chiudere il programma clandestino, uccidendo tutti gli agenti coinvolti. Ric Byer a Aaron Cross: Siamo i mangiapeccati. In pratica, prendiamo gli escrementi morali che troviamo strada facendo e li seppelliamo dentro di noi. In modo che la nostra causa possa mantenersi pura. È questo il compito. Noi siamo moralmente indifendibili e assolutamente necessari. Scopo di certi programmi top secret, è sfornare agenti con i cromosomi alterati, grazie a pillole dai misteriosi ingredienti, che potenziano le facoltà fisiche e intellettuali. Per liberarsi dalla mortale dipendenza dalle pillole, Aaron e Marta devono recarsi nelle Filippine, dove distruggono la fabbrica di medicinali che nasconde il reparto dove si producono i farmaci per gli agenti segreti. Fra Renner e Weisz si innesca una chimica notevole. Scampati a mortali pericoli, il lieto fine li vede sopra una barca di pescatori, in un esotico, incantevole paesaggio.