Amartya Sen, tra etica ed economia: libertà e sviluppo (n.1933) è un economista e filosofo indiano, Premio Nobel per l'economia nel1998)

L'economista indiano (nato nel 1933), premio Nobel per l'economia del 1998 (‘for his contributions to welfare economics’, quella branca dell'economia che studia gli effetti sociali della allocazione delle risorse e dei beni), è tra le voci internazionali più autorevoli e impegnate nella lotta alla povertà e alla disuguaglianza. Sen è uno dei critici più severi della concezione dominante dell'economia nel Novecento, che la riduce ‘a una sola dimensione’, al solo ‘pensiero calcolante’, alla massimizzazione dell'interesse egoistico del singolo attore. Richiamandosi esplicitamente a Kautilya, filosofo indiano del IV sec. a.C., ma anche alla migliore riflessione occidentale (da Aristotele ad Adam Smith), Sen rivendica la necessità di mantenere sempre, accanto al pensiero calcolante (che pure domina nella ‘scienza del governo” e nella ‘scienza della ricchezza’), il pensiero pensante (metafisico ed etico), ossia quello capace di cogliere il senso, la direzione complessiva dell'agire umano. Contro il riduttivismo dell'approccio ‘ingegneristico’ in economia Il neopositivismo ha sicuramente contribuito a favorire l'assolutizzazione dell'approccio logistico e ingegneristico in economia, in quanto per troppo tempo ha dichiarato ‘insensate’ le proposizioni dell'etica e le ha espunte dall'analisi razionale dei moventi e dei comportamenti umani. La stessa nozione di razionalità veniva ridotta a tutela e garanzia della coerenza interna delle scelte degli attori che venivano pensati (hobbesianamente) come mossi dall'egotico ‘conatus sese conservandi’. Tale concezione mostra non poche crepe, e già nel 1970 Sen dimostra matematicamente che ‘l'ottimo paretiano’ (quel criterio di efficienza ottimale nella produzione e nello scambio, che si raggiunge allorché "l'utilità di nessuno può essere accresciuta senza ridurre l'utilità di qualcun altro") può essere in contraddizione con altri assunti dello stesso liberismo economico; inoltre, nulla ci dice su come questa utilità venga redistribuita (la massima efficienza economica può essere compatibile con una grande iniquità sociale). In seguito, Sen ha bene evidenziato (On Ethics and Economics, 1987) che il welfare, l'utilità individuale, non è l'unica cosa che ha valore nel determinare le scelte delle persone, e che l'utilità non rappresenta adeguatamente il ben-essere (Well-being). L'egoismo e i puri meccanismi di mercato hanno un ruolo importante ma limitato: "accade spesso che il livello di reddito non sia un indicatore adeguato di aspetti importanti come la libertà di vivere a lungo, la capacità di sottrarsi a malattie evitabili, la possibilità di trovare un impiego decente o di vivere in una comunità pacifica e libera dal crimine" (Development as Freedom, 1999), tutte cose che ‘fanno la qualità della vita’ e che motivano anche le azioni delle persone. Ora, questi altri indicatori permettono di rappresentare più adeguatamente il soggetto decidente (anche nelle attività economiche, e non è un caso che la recente branca della ‘experimental economics’ stia dando importanti conferme agli assunti teorici di Sen). Lo sviluppo è libertà. La triplice radice del concetto di libertà. La “capability" Lo sviluppo non può essere identificato semplicemente con l'aumento del reddito pro capite o con il progresso tecnologico … I livelli di reddito della popolazione sono importanti, perché ogni livello coincide con una certa possibilità di acquistare beni e servizi e di godere del tenore di vita corrispondente"; ma analfabetismo, mancanza di libertà civili e politiche, limitano pesantemente la libertà di azione delle persone.

La valutazione dello sviluppo non può, pertanto, essere separata da quelle delle possibilità di vita e di libertà di cui godono effettivamente le persone. Quale libertà? Oltre alle due classiche accezioni: libertà-da (immunità) e libertà-di (autonomia), assume un ruolo centrale la nozione di capability, capacit-azione, ossia quelle possibilità di azione che una persona può mettere in atto (anche se poi decide di non farlo), disponendo di una certa quantità (paniere) di beni. Scrive in: "la capacit-azione di una persona non è che l'insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti" – ciò che una persona può desiderare di fare o di essere, in quanto gli attribuisce valore – "che essa è in grado di realizzare. È dunque una specie di libertà: la libertà sostanziale di realizzare più combinazioni alternative di funzionamenti o, detto in modo meno formale, di mettere in atto stili di vita alternativi" (Development as Freedom, 1999). C'è tutta una serie di libertà che aumentano le capacit-azioni delle persone e che pertanto sono da considerarsi essenziali a un autentico sviluppo economico: sfuggire alle deprivazioni più acute (morte per fame, malattie evitabili ecc.), saper leggere, scrivere, contare, poter godere di diritti civili e politici (Sen ha scritto cose definitive sul ruolo della stampa libera nel ridurre il rischio di carestie in India), occasioni sociali e reti di protezione sociale (scuola, sanità pubblica, politiche di sostegno al reddito dei poveri e dei temporaneamente espulsi dal processo produttivo ecc.). In sintesi: tutto ciò che consente ai più di scegliersi una vita a cui (a ragion veduta) le persone danno valore. Oltre il PIL Dagli anni ’30 del Novecento il PIL (prodotto interno lordo) è l’indicatore principe dello stato di un paese e del benessere dei suoi abitanti. Sommando la quantità e il valore dei beni e dei servizi prodotti in un paese (o, viceversa, i redditi dei suoi abitanti), il PIL ha fino a oggi rappresentato il numero che consente di misurare e confrontare paesi diversi, il ritmo e l’entità di sviluppo economico di un territorio. Esso, però, poco o nulla dice su come effettivamente vive la gente, o su chi ha effettivamente aumentato il proprio reddito. Per misurare qualità della vita, gioia e benessere (well-being, non soltanto welfare) servono altri parametri. Nel 2004 l'Ocse ha lanciato il ‘Global Project on Measuring the Progress of Society’; nel 2008 Sarkozy ha affidato a Sen, Stiglitz e Fitoussi (e altri 22 economisti) l'individuazione di indicatori ambientali e sociali che permettano di andare ‘oltre il Pil’. Nell’attuale fase di recessione economica è ancora più urgente che i governi, costretti a misure draconiane per fronteggiare la crisi, sappiano fissare chiaramente le priorità di ridistribuzione del reddito, per non deprimere le capacit-azioni delle fasce più deboli della popolazione. "Lo Stato - scrive Sen - non deve rinunciare nemmeno in tempi di crisi, al ruolo di supporto nell'allargamento delle libertà di fatto degli individui; ad esempio, garantendo istruzione pubblica, cure sanitarie, reti di sicurezza sociale, agevolazioni del microcredito, buone politiche macroeconomiche, salvaguardando la concorrenza industriale e assicurando la sostenibilità epidemiologica e ambientale … sarebbe un errore pensare che la libertà dell'individuo si oppone alla società"; conti in ordine, ma anche cooperazione e fiducia sociale: anche in tempi di crisi "la questione principale non è limitare, ma espandere la libertà, dobbiamo liberare l'idea di libertà non come permesso, ma come scelta".