ISSN 2037-6677

DPCE online 2016-1

TUNISIA – Approvata la legge che istituisce la Corte costituzionale di Tania Abbiate

Il 3 dicembre scorso, l’Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP) ha approvato la legge organica n. 2015/50 relativa alla Corte costituzionale (d’ora in avanti semplicemente “Corte”), adempiendo così un ulteriore passo nel processo di attuazione della Costituzione del 27 gennaio 2014. L’adozione di questa normativa era prescritta dall’art. 148 c. 5 della Carta costituzionale, il quale prevedeva anche un limite temporale: il Parlamento avrebbe infatti dovuto approvare la legge entro un anno dalle elezioni legislative dell’ottobre 2014. La legge si compone di 80 articoli articolati in quattro Titoli, suddivisi a loro volta in vari capitoli e sezioni. Ai sensi dell’art. 2, la Corte avrà sede a Tunisi, ma potrà decidere all’occorrenza di riunirsi altrove. Essa si doterà di un regolamento interno (art. 4) e assumerà le decisioni a maggioranza assoluta (art. 5). Per quanto riguarda la sua composizione il Titolo II definisce nel dettaglio le indicazioni generali contenute nell’art. 118 della Costituzione: in particolare, i giudici dovranno necessariamente possedere la nazionalità tunisina da almeno cinque anni, avere 45 anni o più, aver maturato un’esperienza di almeno 20 anni, essere persone competenti, indipendenti, imparziali www.dpce.it

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ed integre, non aver ricoperto posizioni politiche nei 10 anni precedenti, godere dei diritti civili e politici, non essere incorsi in sanzioni disciplinari e non essere stati condannati (art. 8). L’art. 9 specifica poi le condizioni per gli specialisti di diritto, mentre i successivi articoli 10-16 si riferiscono alla nomina dei giudici da parte degli altri tre organi costituzionali (il Consiglio superiore della magistratura, il Presidente della Repubblica e l’Assemblea dei rappresentanti del popolo). La legge specifica, infatti, che la Corte costituzionale si comporrà di dodici membri, di cui quattro di nomina presidenziale, quattro di nomina del Presidente dell’ARP, quattro di nomina del Consiglio superiore della magistratura (CSM). Per quanto riguarda le garanzie, la legge prevede che i giudici godano di immunità penale (art. 22) e ricevano una remunerazione pari a quella dei Ministri (art. 23). L’art. 25 dispone che i giudici dichiarino il loro patrimonio alla Corte dei conti entro un anno dalla loro nomina e tale disposizione risponde forse più che altre alla storia del Paese: la lunga tradizione di arricchimenti di componenti degli organi di governo spiega infatti l’attenzione verso la trasparenza finanziaria. L’art. 26 dispone il divieto di cumulare la funzione di giudice con altre cariche statali e l’art. 27 prevede il divieto di esternazioni pubbliche ad eccezione degli articoli scientifici. Appare interessante notare che la legge prevede, all’art. 28, l’istituto del recall del giudice, che può dispiegarsi con l’approvazione dei due terzi dei membri della Corte. Tale

previsione

risulta

problematica

in

quanto

rischia

di

indebolire

considerevolmente il principio di indipendenza della Corte. Il Titolo III è dedicato all’organizzazione e al funzionamento della Corte: ai sensi dell’art. 29 il Presidente svolge un ruolo di rappresentanza e assicura il corretto svolgimento delle funzioni della Corte; in tale compito, egli è assistito da un Segretario generale (art. 30). Il Titolo IV è dedicato alle competenze della Corte e alle relative procedure di funzionamento: in relazione a quest’ultimo aspetto, in particolare, la disciplina appare alquanto originale in prospettiva comparata, prevedendo la legge che vi siano almeno due relatori per ogni decisione (art. 38). Il Capitolo I (artt. 40-42) si riferisce www.dpce.it

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alla funzione di controllo dei progetti di revisione costituzionale, già previsto dall’art. 120 della Costituzione; il Capitolo II (artt. 45-53) verte sul controllo preventivo dei progetti di legge, enunciando il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 52); il Capitolo III (artt. 54-61) si riferisce al controllo di costituzionalità delle leggi, prevedendo che la declaratoria di incostituzionalità ha un’efficacia erga omnes non retroattiva, anche per quanto riguarda l’incostituzionalità della legge elettorale (art. 60); il Capitolo V (artt. 62-64) riguarda il controllo di costituzionalità del regolamento dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo; il Capitolo VI (artt. 65- 76) enuncia le altre competenze relative a: la destituzione del Presidente della Repubblica, possibile solo per grave violazione della Costituzione (artt. 65-68); l’accertamento della vacanza del Presidente della Repubblica (artt. 6970); il giuramento del Presidente della Repubblica in caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (art. 71); la decisione in materia di stato d’eccezione (artt. 72-73); ai conflitti di competenza tra Presidente della Repubblica e Capo di Governo (artt. 74-76). La legge si chiude infine con alcune disposizioni transitorie e finali (artt. 77-80) relative ai primi due rinnovi dell’organo costituzionale, che ricalcano l’art. 148 c.6 della Costituzione (art. 77), alla competenza sulla legittimità del regolamento dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo, già approvato nel dicembre 2014 (art. 78), alla trasmissione dei dossier da parte dell’Istanza provvisoria per il controllo di costituzionalità, l’organo provvisorio creato nell’aprile 2014 per controllare la costituzionalità dei progetti di legge fino all’entrata in vigore della Corte costituzionale (art. 79) e alla conclusione dell’attività di quest’ultimo organo in seguito all’entrata in funzione della Corte costituzionale (art. 80). Occorre sottolineare che nell’ottobre 2015, la Commissione di Venezia si era pronunciata sul progetto di legge istitutivo della Corte costituzionale, in seguito ad una richiesta esplicita espressa nell’agosto 2015 da parte del Ministero degli Affari esteri tunisino. Con tale opinione, l’organo ausiliario del Consiglio d’Europa aveva messo in luce gli aspetti più carenti del progetto di legge, pur affermando che «Dans l’ensemble, le projet de loi organique relative à la Cour constitutionnelle de Tunisie respecte les règles et principes prévus par la Constitution et les normes

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internationales; il devrait contribuer à un fonctionnement efficace de la Cour» (art. 69 dell’opinione n. 817/2015). L’ARP sembra aver accolto gran parte delle raccomandazioni espresse dalla Commissione, relative in particolare a: 1) l’indipendenza da parte del Governo per la nomina del Segretario generale; 2) la possibilità per il giudice costituzionale di difendersi prima di essere destituito; 3) la pubblicità delle sedute della Corte, abbinata però alla possibilità di tenere udienze a porte chiuse; 4) la definizione per legge degli effetti delle decisioni. In merito al primo aspetto, occorre sottolineare che mentre il progetto di legge prevedeva che spettava al Governo nominare il Segretario generale, l’art. 31 della legge organica stabilisce che tale figura istituzionale è nominata tramite decreto governativo su proposta del Presidente della Corte costituzionale. Per quanto riguarda la garanzia del diritto di difesa del giudice, la legge organica prevede che la votazione sulla sua destituzione sia preceduta dall’audizione del soggetto interessato (art. 28). relativamente al terzo punto problematico segnalato dalla Commissione di Venezia, l’art. 36 stabilisce che le sedute della Corte sono pubbliche, ma essa può decidere eccezionalmente di riunirsi a porte chiuse. Per quanto riguarda, infine, la definizione per legge degli effetti delle decisioni, il già menzionato art. 60 della legge, fa riferimento all’efficacia erga omnes. Il Parlamento tunisino non si è limitato però a modificare pedissequamente il progetto di legge così come richiesto dall’organo ausiliario del Consiglio d’Europa: basti in questo caso richiamare il fatto che, malgrado l’invito ad abbassare l’età minima dei giudici di costituzionalità (45 anni), l’ARP non ha provveduto a modificare tale età. Su altri aspetti che apparivano problematici ad avviso della Commissione di Venezia, il Parlamento ha desistito dall’inserirli nella legge: è questo il caso, ad esempio, della questione relativa alle opinioni separate. La legge organica prevede altresì disposizioni che non erano presenti nel progetto di legge, come l’istituto della revoca del giudice. Malgrado l’approvazione della legge, l’organo di giustizia costituzionale non è stato ancora istituito, dal momento che il Parlamento tunisino non ha ancora approvato la legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura, che è uno degli organi incaricati di nominare un terzo dei membri della Corte. L’approvazione di tale legge, infatti, si è rivelata essere particolarmente problematica, come www.dpce.it

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dimostrano le due pronunce di incostituzionalità emesse nel corso del 2015 dall’Istanza provvisoria per il controllo di costituzionalità delle leggi in merito al progetto di legge istitutivo del CSM. Benché il ritardo nell’istituzione della Corte costituzionale trovi dunque giustificazione nelle difficoltà relative al CSM, la mancata entrata in vigore dell’organo di giustizia costituzionale è particolarmente grave, allorché si consideri che sussistono ancora numerose leggi di stampo autoritario nell’ordinamento tunisino, che ad oggi non possono tuttavia essere epurate, dal momento che l’Istanza provvisoria per il controllo di costituzionalità delle leggi è competente a pronunciarsi solo sui progetti di legge approvati dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo e non può dunque giudicare le leggi in vigore. L’approvazione della legge istituiva della Corte non costituisce dunque che il primo passo nel cammino di piena

affermazione

dell’ordinamento

costituzionale

disegnato

dalla

Carta

costituzione del gennaio 2014.

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